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Non di rado capita di vedere macchine ferme in sosta sui cigli delle strade, a ridosso dei marciapiedi e sentirsi ripetere la frase “Torno subito”, “Il tempo di un caffè” e chi più ne ha più ne metta. Oltre ad essere vietata la sosta e la fermata sui marciapiede, il rischio è soprattutto quello di distruggere la pavimentazione degli stessi rendendo pericoloso il passaggio dei pedoni. A Potenza questo lo sappiamo bene, come testimoniano anche le foto, ma soprattutto capita di sentire sempre più spesso di anziani inciampati e cadute rovinose a causa di mattonelle divelte. È il caso di via Mazzini, più volte segnalatoci dai nostri lettori. Abbiamo contattato quindi l’assessore alla Viabilità del Comune di Potenza, Giuseppe Pernice, a cui abbiamo chiesto lo stato dell’arte della situazione.

Siamo più che al corrente, abbiamo fatto anche tre sopralluoghi sul posto, la macchina amministrativa ha i suoi tempi, ma siamo ritornati in campo dopo un periodo di blocco. A metà ottobre abbiamo individuato già come risolvere il problema, e rifaremo quel tratto di marciapiede dove la pavimentazione è inesistente”.

d: Quali sono i tempi per questi lavori?

r:Abbiamo già fatto l’affidamento dei lavori e proprio in queste mattine la pratica verrà chiusa. Nella prossima settimana i cittadini di via Mazzini vedranno il marciapiede ritornare allo stato originale e in sicurezza. Non di rado si vedono però auto parcheggiate proprio a ridosso dei marciapiedi, ad intralciare sia il passaggio pedonale, ma soprattutto causando la rottura degli stessi.

d: I cittadini chiedono più controlli e la presenza capillare della polizia municipale nelle vie cittadine per contrastare questo fenomeno.

r: Si tratta di un’atavica storia di maleducazione, sono d’accordo sul fatto che esiste una parte di cittadini che parcheggia dove vuole, con grande strafottenza, non tenendo conto che ci sono anziani, donne con passeggini che utilizzano i marciapiedi, a cui arrecano un danno. Il mio invito pertanto ai cittadini che vedono episodi di questo tipo, dichiamare il numero fisso della Polizia Municipale proprio per segnalare queste situazioni. Magari lo facessero tutti, cosicché quei cittadini irrispettosi della legge, capirebbero che le auto non vanno lasciate sui marciapiedi, nemmeno il tempo di un caffè. Sento dire molto spesso che i vigili non fanno niente, ma questa è un’offesa nei confronti della Polizia Municipale che davvero fa tanto per questa città, ma non è possibile pensare di avere un controllo totale,sempre e in ogni luogo. L’unico modo per combattere l’inciviltà è quindi quello di contattare i vigili urbani che provvederanno a fare delle multe: la maggior parte delle volte, tra l’altro, i marciapiedi si rompono anche a causa di questi parcheggi selvaggi!

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di Antonella Sabia

 

 

 

Di tanto in tanto torniamo ad occuparci di una questione che sta a cuore a tanti in città: la situazione di Bucaletto. Nelle scorse settimane si è tenuto un confronto online tra l’ex Presidente del Comitato di quartiere di Bucaletto, Angelo Quaratino, e l’assessore comunale alle Politiche Sociali e Abitative con delega speciale a Bucaletto, Fernando Picerno, in cui si è discusso appunto della situazione di degrado che continua a imperversare nella nota area del capoluogo, con particolare riferimento a strade dissestate, prefabbricati fatiscenti, droga e rifiuti. Abbiamo contattato proprio il sig. Quaratino per capire se qualche passo avanti è stato fatto da quell'ultimo confronto con il Comune.

In quell’occasione ho esposto delle problematiche ormai storiche, che negli ultimi anni si sono ulteriormente aggravate. Con grande rammarico e preoccupazione mi sono reso conto che anche il cittadino non risponde più a tutto questo”. Pare dunque che gli abitanti di Bucaletto è come se si fossero rassegnati. “Direi “calcificati” – continua Quaratino – c'è ormai chi ha raggiunto la sua età, chi pensa non ne valga più la pena, altri perché condizionati dalla politica e dai favoritismi, mentre in questa situazione bisogna avere il coraggio di parlare, per evitare di finire sulla bocca di tutti, come più volte sta accadendo anche a livello nazionale. Il problema è che spesso la politica gioca su questo comportamento dei cittadini, così come accade ovunque”.

Il Sig. Quaratino ha poi toccato il tema dei Comitati di quartiere che da qualche anno sono rimasti senza rappresentanza in attesa di un nuovo Regolamento. “Fino a 15-20 anni fa, quando ero in carica come Presidente del Comitato di quartiere, qualcosa riuscivamo a risolverla, finché non ci fu lo sfratto dei comitati, su cui ancora oggi c’è molta incertezza anche a livello burocratico. Ai miei tempi, non si faceva politica nei comitati, ma eravamo in sintonia con gli altri presidenti, uniti da un senso di cooperazione e amore per il proprio territorio (ricordo con piacere i signori Scopa, Paciello, Colangelo)”.

Tornando al tema centrale, su Bucaletto ci ha detto: “Già 15 anni fa, avevo predisposto un sopralluogo igienico sanitario da cui emerse l’anti-igienicità dei prefabbricati, l’impossibilità di vivere al loro interno per le famiglie. Per non parlare della questione dell’eternit, oggi pian piano questo materiale viene disperso nell’ambiente e come tutti sappiamo è molto pericoloso per le persone che respirano quest’aria, in particolare i bambini che giocano nel quartiere, vicino zone transennate da semplici nastri. Sarebbe necessario che tutto questo venisse sgomberato con un decreto ufficiale dell’amministrazione regionale, di cui però non si è mai discusso”.

Sulla questione appartamenti: “Negli anni successivi al terremoto, la maggior parte delle famiglie sono andate a vivere a Malvaccaro, poche sono rimaste ancora Bucaletto, nel mentre il quartiere veniva completamente ghettizzato: si assiste tutt'oggi a situazioni di tossicodipendenza, famiglie con problemi di giustizia, il quartiere è abitato prevalentemente da extracomunitari, persone separate o vedove. A Bucaletto oggi ci sono tre centri Caritas, quando si parla di povertà diventa facile l’associazione con il nostro quartiere, anche nei servizi giornalistici, quando in realtà la povertà esiste in ogni zona della Basilicata, ma su di noi si pone sempre un occhio negativo”.

Al termine del confronto con l'assessore Picerno, la promessa di un nuovo incontro in presenza per cercare soluzioni immediate alle problematiche. “Mi risulta che oggi a Bucaletto sono destinati 36 milioni di euro, che rimangono inutilizzati a causa della burocrazia, come ha riferito l'assessore. Hanno speso tantissimi soldi per costruire una fontana che però non ha mai pianto acqua, oggi è diventata altro che un deposito di acque reflue. Penso inoltre alla disinfestazione che prima si faceva una volta ogni sei mesi, così come le buche diventate ormai profondissime. Si sta giocando sulla pelle dei cittadini, però, sarebbe necessario buttare a terra tutto quello che è stato costruito post terremoto, non singole unità, e ricostruire in toto il quartiere, senza però incorrere nell’errore dei precedenti 100 alloggi che sono stati costruiti e poi destinati non solo alle famiglie dei terremotati, ma per graduatoria sono andati a chi ne aveva diritto (su 100 famiglie, solo una quarantina appartengono a quelle del Terremoto)”, ha continuato Quaratino.

Una chiosa infine sulle Associazioni che insistono nel quartiere: “Voglio sottolineare che oggi io è come se non avessi l’autorità di andare a discutere di questo presso il Comune, poiché di fatto i comitati di quartiere non esistono più. Al tempo stesso, anche le associazioni non hanno diritto di prendere iniziativa sulle questioni di Bucaletto poiché non sono autorizzate a rappresentare il quartiere, bensì limitate ad aiutare le persone in difficoltà e organizzare manifestazioni culturali, poiché non eletti dai cittadini”.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Giuseppe “Peppino” Maglione è il nuovo sindaco di Melfi. Eletto al primo turno alla guida della coalizione di centrodestra, l’ex presidente (per circa venticinque anni) del Melfi calcio, ha riportato 6.337 voti, pari al 59,01 % del totale. Secondo si è piazzato il candidato del centrosinistra, Luigi Simonetti, con 2.770 voti (25,79%), terza la candidata del Movimento 5 Stelle, Alessia Araneo, con 1.632 voti pari al 15,20%.

Il nuovo Primo Cittadino ha i modi delicati e la voce tenue, acuta e gentile. E proprio sulla “gentilezza” pare voler improntare il suo operato da Sindaco.

d: Lei nella sua vita ha già avuto diverse “esistenze”, imprenditore, presidente del Melfi, oggi sindaco della Città Federiciana. Quando tre anni fa lascò la società sportiva, avrebbe mai immaginato che il suo prossimo ruolo sarebbe stato quello di Primo Cittadino?

r: Tre anni fa in effetti no, non avrei mai pensato di essere qui con lei a fare questa intervista, ma di recente avevo potuto toccare con mano l’esigenza, espressa dalla gente, che ci fosse un diverso tipo di amministrazione della città.

d: Fino a questo momento lei non deve proprio nulla alla politica?

r: Assolutamente no, non ho una tessera di partito, e non ho mai fatto politica. Tuttavia stare a guardare lo stato di degrado in cui era piombato il mio paese mi sarebbe parso come esserne partecipe, anzi complice. Impegnarmi in prima persona per me è stato come rispondere a una chiamata, a una vocazione, e certo non basta aver vinto, e toccherà darsi da fare subito.

d: “Degrado” è un termine abbastanza forte.

r: La campagna elettorale della mia coalizione si è concretizzata andando in giro per i quartieri, e ci siamo resi conto che c’è un vero e proprio degrado urbano: la città è abbastanza sfibrata, con quartieri isolati, privi di servizi e di strutture (materiali e immateriali), a cominciare dai parchi giochi e dai luoghi di incontro. Circoli culturali, biblioteche: nella nostra città manca tanto. Vedo giovani che non riescono a socializzare, e che bisogna assolutamente riguadagnare alla cittadinanza attiva. Ultimamente il cittadino veniva tenuto troppo spesso fuori da quel palazzo in cui l’amministrazione si era arroccata.

d: Veniamo alle questioni che troverà in cima sulle pratiche della sua scrivania. In primis la Stellantis: la crisi dei microchip rischia di gettare fuoco su una questione già abbastanza rovente.

r: La mia presenza a Roma era proprio per dimostrare che Melfi C’E’. E’ vero, il progetto di Stellantis è quello di portare, nel 2024, alla produzione di quattro auto elettriche qui a Melfi; tuttavia l’assemblaggio di queste macchine è molto più snello e semplice a livello di componentistica, il che comporterà un utilizzo di manodopera inferiore. Quindi occorre capire cosa succederà a chi non verrà utilizzato e poi Stellantis deve rispondere a un altro quesito: cosa succederà da qui al 2024? Con la crisi dei semiconduttori e dei microchip qui stiamo avendo delle lavorazioni di cinque, sei giorni al mese! E questo preoccupa. Ovvio che a monte c’è una questione di redistribuzione dei chip fra gli stati ed è insomma una questione da affrontare su più tavoli. Il Governo deve rispondere garantendo gli ammortizzatori sociali a questi dipendenti e favorire, con incentivi e con ristori, le aziende collegate e che hanno problemi con questa crisi.

d: In campagna elettorale lei avrà sicuramente parlato con molti operai, qual è la loro preoccupazione principale?

r: Preoccupa molto la faccenda degli incentivi (si parla di 75mila euro lordi) per consentire l’uscita dal posto di lavoro alla Stellantis. Gli operai, fra cui molti padri di famiglia con mutui, vi leggono un brutto segnale.

d: Questione tribunale: in un recente comunicato il consigliere regionale pentastellato Leggieri lamentava la scarsa attenzione che Bardi avrebbe prestato all’argomento, pur in presenza dell’opportunità rappresentata dalla Commissione interministeriale per la Giustizia nel Sud.

r: Lo “spostamento” del   tribunale da Melfi a Potenza, notoriamente, non ha portato benefici a nessuno, tantomeno economici, anzi, ha aggravato il carico di processi inevasi nel capoluogo. Sappiamo bene anche che forse il tutto è accaduto in un momento in cui una “manina” esterna ha fatto sì che si lasciasse aperto Lagonegro accorpandolo con Sala Consilina, ma ora è il momento di fare fronte comune –senza polemiche- per riportare il tribunale qui a Melfi. I numeri ci sono, anche perché c’è il super-carcere. Stellantis-Tribunale-Ospedale, è il “trittico” posto all’attenzione anche del governo regionale e nazionale.

d: Infatti, la prossima domanda era proprio sull’ospedale…

r: E’ una struttura strettamente legata a un’area industriale con trenta aziende e quindicimila dipendenti. Ci vuole dunque un ospedale efficiente, a partire dal Pronto Soccorso per arrivare a tutti i reparti. Occorre rafforzarlo, e noi vigileremo, perché alcuni reparti si stanno depotenziando, nonostante le eccellenze in campo medico e paramedico che ci sono.

d: Mentre parliamo, il presidente Bardi si arrovella sul rimpasto in giunta. L’assessore alla sanità, Leone, è uno di quelli che pare maggiormente in discussione, se non proprio “sul banco degli imputati”, politicamente parlando.

r: Veniamo comunque da due anni di Pandemia, che hanno sicuramente influito, e io non voglio stilare pagelle.

d: Riformulo, allora: il nuovo assessore cosa dovrà fare, che finora non è stato fatto?

r: Dovrà avere un’attenzione particolare per tutti i presidii ospedalieri del territorio, e non parlo solo di Melfi. Occorrerà poi creare della sinergie fra pubblico e privato, vedi vertenza Polimedica (in settimana Bardi ha poi annunciato, tramite delibera, di aver preso un impegno coi lavoratori: «Ci saranno nuove risorse e pagamenti più veloci per garantire i posti di lavoro e le prestazioni sanitarie per i lucani». ndr). Questa sinergia fra pubblico e privato –che finora forse è mancata- potrà dare ai cittadini una migliore risposta sui tempi d’attesa, nonché sull’accesso alle strutture regionali (ed evitare i viaggi fuori regione).

d: Bardi ha molto esultato per la sua elezione a sindaco e vi siete già incontrati (sia prima che dopo l’elezione), ma le faccio lo stesso la domanda che rivolgo a tutti: “Se potesse prenderlo SOTTOBRACCIO, ovvero confidenzialmente, cosa gli direbbe?”.

r: (sorride) In realtà è stato lui a dirmi: «Vedi, io e te ci possiamo intendere, perché non siamo politici e possiamo parlare non in politichese, bensì sui fatti concreti».

d: Se lei potesse dargli un suggerimento, non sui nomi, ma sugli obiettivi della prossima, nuova giunta?

r: Nei prossimi due anni ci si gioca anche la riconferma, e ai cittadini vanno date risposte pronte e serie. Quindi io dico: scegliamo persone che davvero hanno a cuore la nostra regione e che soprattutto la vivono e ne CONOSCONO bene i problemi: le persone che vengono da fuori hanno bisogno di troppo tempo per adattarsi. Insomma, i prossimi due anni devono essere di azione, basta parole. Non dico che finora non si è lavorato, ma che adesso occorre mettere in atto ciò che finora si è programmato. Ne va del futuro della Basilicata, ma anche del centrodestra.

d: E se dovesse fare un piccolo spot per Melfi? “Giovani non andate via perché….”

r: Perché le politiche culturali e giovanili sono la chiave di volta per far risalire questo paese. Dal canto nostro faremo una politica di sviluppo con incentivi per tutte le categorie (magari su Imu e Tari), riqualificheremo il centro storico (riempiendolo di presidii attivi, di attività, di botteghe), e soprattutto faremo dei concorsi per assumere giovani, perché il nostro Comune è sottodimensionato dal punto di vista del personale. Riporteremo finalmente in questo paese la meritocrazia e la qualità.

d: Di quanti posti di lavoro stiamo parlando?

r: Ho chiesto al segretario comunale, e ci saranno almeno dieci-quindici risorse da rimpinguare. Ma il discorso non si limita a questo, c’è tutto un turismo da far ripartire, e non ci manca davvero niente. Abbiamo tutto, abbiamo pietre che parlano di un passato antico e che finora non sono state ascoltate.

d: Cosa le ha detto sua moglie quando le ha annunciato che si candidava?

r: «Quand’eri presidente del Melfi, per venticinque anni il sabato e la domenica non ti ho visto. Adesso ti candidi a sindaco e parli di “missione”, ma la vera “missione” è la mia!» (risate) Ovviamente ha apprezzato il mio volermi mettere al servizio del paese.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “Cristo si è fermato a Eboli”. Alcune cose di quel mondo vanno recuperate.

d: La canzone?

r: “Generale”.

d: Nessun riferimento a Bardi?

r: No (ride), ma la canzone di De Gregori è sempre attuale in tema di guerre (anche economiche: vedi conseguenze sui microchip) nel mondo. Qui a Melfi ci terrei a fare un lavoro di “riconciliazione”, anche con l’opposizione, affinché si possa lavorare tutti in favore della città. L’ho già detto ai mie due competitor.

d: Il film?

r: Mi piacciono i film d’amore a lieto fine. Racchiudono certi valori che i miei genitori mi hanno insegnato. Vorrei ripartire dalla forza dell’amore, un amore senza misura (per citare Sant’Agostino) per questa città.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome al comune di Melfi: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: A pensarci, non mi piacerebbe avere una targa. Preferirei rimanere nel cuore della gente per ciò che ho fatto.

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

Il sessantatreenne Federico Valicenti, dall’alto anche delle sue numerose e prestigiose ospitate televisive (“Uno Mattina”, “La Vita in diretta”, “La prova del cuoco”, “Masterchef”) è lo chef lucano più noto a livello nazionale. Il segreto non è solo il gusto incredibile dei suoi piatti, serviti al famoso “Luna Rossa” di Terranova di Pollino (Pz), ma anche le ampie spruzzate di “cibosofia” con cui sono “conditi”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Dopo quarant’anni di carriera, ancora non saprei dire come nasce Valicenti lo chef. Si tratta probabilmente di uno di quei percorsi nati quasi senza consapevolezza e poi progrediti col tempo.

d: I suoi non erano dunque del mestiere?

r: No e nemmeno io. Sono un geometra mancato e non sapevo friggere un uovo. Poi aprii il ristorante quasi per caso con un amico, e via via mi ci appassionai. Parlando coi contadini e andando “a fare la spesa” in campagna appresi che il cibo non è soltanto merce, ma anche cultura. E l’ho portata in tavola. Il coraggio più grande forse è stato quello di rimanere in un paesino come Terranova: oggi le cose sono migliorate un po’, ma quarant’anni fa era davvero arretrato.

d: Lei si definisce dunque “cibosofo”.

r: Significa raccontare il territorio, la propria cultura, col cibo. D’altronde queste lande, dal panorama bellissimo, ci consentono ancora di vivere veramente a contatto con la natura.

d: Dietro i piatti c’è una storia, una tradizione che lei racconta agli avventori.

r: La Basilicata io la definisco un “petit heritage”, un piccolo scrigno che una volta aperto rivela cose incredibili. Siamo una regione arcaica, antica, straordinariamente ricca di prodotti ed EMOZIONI gastronomiche; tuttavia bisogna rifuggire un po’ dalla cosiddetta “cucina povera”, che io considero un falso ideologico, semplicemente perché i poveri non mangiavano. Io vado alla ricerca di piatti buoni, di piatti antichi, per riformularli e portarli in tavola. E’ bellissimo girare la Basilicata, per poi ritrovarsi ad Avigliano con la “carchiola” e rivisitarla; o a Irsina e gli altri paesi del materano per incontrare “’u callaridd” che noi qui chiamiamo “la pignata”.

d: Lei ritrova cose che mangiavano quindi anche i ricchi.

r: Certamente sì. La cucina è una sola, quella buona. Andare a Matera e mangiare la “cialledda” per me è riduttivo, mi metto così alla ricerca dei piatti antichi materani (i cardoncelli cacio e uova, il galletto ripieno di interiora con lo zucchero, il raviolo ripieno di ricotta) ed è fantastico.

d: Lei ha scritto un libro che s’intitola addirittura “Dalla tavola lucana al Paradiso”. Quali sono le “stazioni” intermedie?

r: I santi: a ogni ricorrenza corrispondeva un piatto, un mondo antico che abbiamo perso. A Maratea il giorno di san Biagio venivano mangiate le alici fritte. Il motivo? Mi spiegarono che il Santo aveva tolto la lisca di un pesce dalla gola di un bambino. A Satriano di Lucania, il giorno della Madonna delle Grazie si mangiava il coniglio ripieno, vicini alla cappella della Madonna, e infatti l’icona bizantina raffigura Maria con un coniglio bianco in braccio. Parliamo quindi sempre di devozione. La cucina della Basilicata è poi resa straordinaria da tutti i popoli che l’hanno visitata o ci hanno vissuto, ed è una cosa che non va nascosta, ma esaltata (ad esempio in alcune zone in cui ci sono stati i Longobardi, nella salsiccia –invenzione nostra- non c’è il finocchietto, bensì il coriandolo). Noi Lucani forse siamo i profeti dell’uso delle spezie.

d: Eppure forse noi non abbiamo piena coscienza di tali ricchezze, portati come siamo sempre a sminuire tutto.

r: Sarebbe facile citare Sinisgalli e dire che il Lucano si nasconde sempre. Invece io penso che noi facciamo parte dei Sud del Mondo, ove un po’ dappertutto ci si piange addosso. Scherzosamente io dico spesso: se volete scoprire il lucano, dite a qualcuno che vi fa male l’unghia del piede; se è lucano, vi risponderà che a lui invece fa male tutta la gamba! (risate) Bisogna uscire da questa mentalità, anche gastronomicamente! Guardi, io ho litigato con alcuni amici sommelier che dicevano che l’Aglianico è “il Barolo del Sud” oppure che il rafano è “il tartufo dei poveri!... ma chi l’ha detto? Queste sono ricchezze incredibili! Ma non sappiamo ancora valorizzarle. Dal canto mio sto facendo una pasta da vent’anni (si chiama il “mischiglio”), che fanno tra Teana, Fardella e Calvera: è composta da farine di cereali e legumi e potrebbe diventare l’emblema della dieta mediterranea. Tuttavia deve essere legata a quei territori come valore, e non come qualcosa di folkloristico.

d: Lei è andato spesso in tv, fra le varie trasmissioni è stato ospite anche di “Masterchef”. Com’è stata quella avventura? Si è mai chiesto perché proprio lei e non altri?

r: Anche io chiesi “perché io?” quando mi telefonarono, e quelli risposero “…e perché lei no?”. Il fatto è che io vivo a Terranova, un po’ al di fuori delle direttrici turistiche e all’epoca la Basilicata non aveva ancora la visibilità datagli da Matera 2019, ma loro mi spiegarono che avevano fatto un’inchiesta fra i giornalisti eno-gastronomici e nel 95% dei casi era saltato fuori il mio nome, come oste che fosse anche capace di divulgazione. Per me fu un grande onore essere l’unico chef del Sud chiamato a portare un piatto, in quel caso la “trippa risottata”, un piatto di derivazione spagnola che in dialetto chiamiamo “l’ingrattonata”.

d: Il segreto del suo successo, insomma, qual è?

r: Forse la capacità di dar vita a una narrazione del piatto.

d: E il commensale VUOLE sapere?

r: Assolutamente sì. Oggi si chiama “storytelling”, mentre una volta erano semplicemente “i fattariell”. Noi Lucani sappiamo raccontare il nostro territorio. Se lei guarda nel suo piatto (un antipasto composito –ndr), c’è un po’ tutta la Basilicata. C’è la “scapecia” di trippa, sbollentata in acqua, con aceto e vino bianco, condita con salsa di tartufo nero, salvia e menta; il “peperone crusco” (che io definisco “Patrimonio dell’Umanità” senza aspettare l’Ok dell’Unesco); la “carchiola” da Avigliano, questa pizzetta di farina di mais arrostita, che io faccio con uovo, funghi porcini e una fetta di guanciale del nostro maiale; una patata, con baccalà, cipolla, uva sultanina, fichi secchi, olive nere, noci, mollica di pane, peperoni, uova (nella tradizione, anch’essa devozionale, delle “nove cose”); e poi infine c’è la “ciambotta” (pane ripieno di peperoni, pomodoro, uovo e salsiccia), la colazione del mulattiere, del contadino, del pastore, che arriva qui probabilmente dai Balcani, nel 1500 circa. In cima alla “ciambotta” trova una polpetta, che in Basilicata viene chiamata in 11 modi diversi: cucul, cuculicch’, cucuvell, rumuledd, patatell, paddott, padducc, palluccell, etc… (l’estensore chiede venia per gli eventuali errori ortografici – ndr)

d: Lei ha parlato di “ciambotta”, termine che qui da noi –ahimè- sovente viene usato per descrivere certe “modalità” della politica nostrana.

r: Ci sono tante persone capaci, tuttavia la politica non sta spiegando bene i problemi delle aree interne. Io in queste zone ho dato tutta la mia vita (a Terranova sono stato anche assessore), anche per richiamarvi persone interessate, ma la politica in Basilicata è sicuramente malata di qualcosa. Probabilmente di troppa autoreferenzialità: non ascolta i territori dell’entroterra ed è un peccato.

d: Qual è il “boccone più amaro” da mandare giù per uno chef come lei?

r: Vedere che spariscono e chiudono attività di pastori, agricoltori, contadini…le micro-aziende. Venendo a mancare loro, spariremo anche noi pian piano, perché se non abbiamo chi ci dà i prodotti, è finita. Lo spopolamento delle aree interne è anche questo.

d: Che bilancio possono fare i ristoratori lucani dell’estate appena trascorsa?

r: E’ stato un momento bellissimo, abbiamo lavorato tantissimo e scoperto che la gente AMA venire in questi luoghi. Oggi il turista è cambiato, viene per sentire, ascoltare, per fare una “full immersion”, e noi siamo i paesi della “slow life”, della vita lenta, e io vedo gente rapirsi al racconto degli anziani nelle piazze, presa nel recupero dei sapori e delle tradizioni. Questi paesi POSSONO essere il futuro, ma solo se mantenuti così come sono.

d: Tuttavia proprio a Terranova, in cui ci sono alcuni degli ultimi musicisti, virtuosi e costruttori di zampogne (Leonardo Riccardi, Pino Salomone…) non si è riusciti a creare, chessò, un “polo della zampogna”.

r: Anche quando si suonava si beveva e si mangiava, c’è dunque tutto un mondo di correlazioni da far scoprire: le aree interne non sono “povere”, bensì ricchissime, e non vanno distrutte mettendoci cose che non c’entrano nulla (fabbriche, etc): vanno esaltate così come sono. Certe volte non li capiamo quando vengono qui a parlarci: adesso vogliono trasformare questi paesi in “contenitori per pensionati”, come nel Portogallo, ma qui mancano le infrastrutture più elementari e se ti viene un infarto non sai dove andare. Però abbiamo questo grande mondo, quello del cibo e delle tradizioni: quali sono gli strumenti che debbono darci? Poter vivere qui.

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: (ride). Quello che magari non sa e cioè che in questi paesi si vive stupendamente bene, se SI RIESCE a farci vivere le persone. Tanti giovani vorrebbero tornare qui, ma non possono venirci “tanto per”. Io ho avuto proposte a New York, ho aperto ristoranti a Roma, ma ho capito che non sono i soldi quello che contano, quanto la VITA, lo “slow”, far vivere la mia Basilicata al di fuori dei suoi confini. E sa qual è il bello della ristorazione? Che è meritocratica al massimo.

d: Il film che la rappresenta?

r: “Il pranzo di Babette”, “La Grande Abbuffata”, ma anche “Vatel”, con Depardieu.

d: Il libro?

r: “Il banchetto” di Orazio Bagnasco. Ma il libro migliore è sempre “Dalla tavola lucana al Paradiso!” (ride).

d: La canzone? “Luna Rossa”?

r: (ride) Beh, per forza!

d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

r: “Ha vissuto”.

 

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“Il mio augurio di buon lavoro va a tutti i neo sindaci, ma voglio rivolgere un augurio speciale alle neo sindache Mariangela Coringrato, Tania Gioia e Fiorella Pompa e alle consigliere comunali elette in numero sempre più crescente, auspicando che tutti e tutte mettano in atto, in primo luogo, la necessaria sensibilità paritaria”. Lo dichiara la consigliera regionale di Parità Ivana Pipponzi.

“La mancata rappresentanza di genere – aggiunge - vulnera grandemente il principio della democrazia paritaria che postula l’imprescindibile necessità dell’apporto congiunto, di intelligenza come di sensibilità, di competenza e di visione del mondo, che solo l’armonica compresenza di uomini e donne può conferire al corretto esercizio dell’attività amministrativa”.

A questo proposito, in qualità di Autorità garante della parità e delle pari opportunità e nell’ambito della sua attività di vigilanza e controllo, la consigliera Pipponzi ha inoltrato, come di consueto, una nota a tutti i sindaci eletti in questa tornata evidenziando le regole da seguire per una corretta composizione delle giunte.

Per i Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, spiega la nota, valgono le norme che prevedono che sia garantita la rappresentanza di genere nelle giunte, negli organi collegiali del Comune e negli Enti e organismi da esso dipendente e che il sindaco debba garantire la presenza di ambo i sessi all’interno della Giunta comunale.

“Non specificando la quota di genere che deve essere assicurata, ne consegue che le regole che prevedono deve essere garantita la presenza del sesso meno rappresentato in misura non inferiore al 40 per cento dei componenti dell’organo collegiali - prosegue Pipponzi - non è vincolante per gli Enti territoriali con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti. Nonostante ciò, il sindaco che ritenga di derogare al principio della pari rappresentatività è tenuto a motivare congruamente sull’impossibilità di rispettarlo, relazionando e documentando sull’attività istruttoria svolta. Peraltro, in alcuni casi lo Statuto comunale prevede anche la possibilità di attingere a un assessore esterno. In questo caso è obbligatorio effettuare un pubblico interpello rivolto al genere meno rappresentato, per richiedere in forma pubblica la disponibilità a comporre la giunta stessa, come stabilito dalla sentenza n. 237/2018 del Tar Basilicata che ha annullato la delibera sindacale di un Comune lucano con meno di 3.000 abitanti”.

Quanto ai Comuni con oltre 3.000 abitanti è previsto che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento con arrotondamento aritmetico. “Ovviamente anche per queste amministrazioni comunali – conclude Pipponzi - vale la regola della necessità di documentare l’istruttoria messa in campo per garantire la rappresentanza di genere”. 

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di Antonella Sabia

 

 

 

All'incirca 15 giorni fa è suonata la prima campanella del terzo anno scolastico in tempo di pandemia. Si è partiti, il primo anno, dalla didattica a distanza, come misura emergenziale, il secondo anno è proseguito con un alternarsi di chiusure e aperture, mentre questo terzo anno ha preso il via in presenza, ma già assistiamo a diverse scuole con classi in quarantena e di riflesso, DAD. È proprio la scuola, il tema che abbiamo affrontato con Canio D’Andrea, presidente ADOC Basilicata (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori).

d: Quali sono state le prime problematiche che le famiglie hanno denunciato in questo avvio?

r: Innanzitutto si è posto il solito problema del traffico cittadino, esploso a causa degli autobus extraurbani che sono tornati a circolare in città. Si fermano in diversi punti strategici, diventando quasi autobus urbani, non tutti hanno un capolinea ma circolano per le strade cittadine aumentando di fatto quello che è già il traffico causato dalle automobili e dai bus urbani. A questo si aggiunge certamente il caos che creano gli accompagnatori, i genitori che non rinunciano a portare i figli nelle immediate vicinanze delle scuole.

d: Come ADOC, vi siete mai interfacciarti con le amministrazioni comunali/regionali per cercare una soluzione all’ingresso in città degli extra urbani?

r: Abbiamo un osservatorio sui trasporti, incardinato proprio all’ufficio trasporti della regione Basilicata e all’assessore Merra, a cui partecipano le varie associazioni dei consumatori delegando un rappresentante, dove sono inclusi anche i sindacati, ma finora questo problema non è mai stato concretamente affrontato all’interno di questo osservatorio. Nonostante alcune sollecitazioni scritte, questo tema non è mai stato preso in considerazione, anche perché le aziende dei trasporti sono restie a perdere la gestione del loro servizio, poiché naturalmente perderebbero anche l’utenza.

d: Per caso mi è capitato di leggere su Facebook un post in cui un genitore lamentava di aver dovuto acquistare una 30ina di libri, spendendo oltre 300 €. Come si fa quando in una famiglia ci sono 2 - 3 figli?

r: Quando andavo a scuola io, il libro era unico, per esempio per l’Italiano c’era un libro a cui si aggiungevano eventualmente i Promessi Sposi o la Divina Commedia. Oggi per facilitare anche il peso delle cartelle, si fa come all’università, per un solo esame il libro si spacchetta in due o tre fascicoli. Sono aumentate anche le materie, ai tempi nostri non esisteva il libro di religione, in alcuni casi si fotocopiavano. È pur vero che anche gli editori devono campare in qualche modo, e quindi ogni fascicoletto te lo fanno pagare: la carta, i diritti, la stampa ecc. Diverso tempo fa chiedemmo il libro elettronico, che oggi viene usato da pochissime scuole, praticamente basterebbe andare sulla bacheca, scaricare il libro ed eventualmente stampare solo le pagine che servono. A volte sono gli stessi insegnanti che pretendono che ognuno abbia il proprio libro. La gente è diventata pigra, ricordo che tanti anni fa si mettevano i ragazzi per strada o nei garage a vendere i libri, oggi non accade più.

d: Questione Mensa - La scorsa settimana ci sono state lamentele per l’aumento dei prezzi, e il Comune ha rivisto i termini, come si è risolta la questione secondo lei?

r: Ora sarà il Comune ad accollarsi il costo in più, nel senso che il pasto costa 6 euro e la differenza rispetto al prezzo dell’anno scorso lo pagherà l'amministrazione, ma in realtà lo paghiamo noi, poiché le casse del Comune si alimentano perché i cittadini pagano le tasse. Per quanto ci riguarda, in realtà il problema non è risolto, ci devono spiegare come mai a confronto con altre regioni, il nostro costo rimane sempre più alto, infatti la nostra richiesta è di fare una gara per l'affidamento. Ci interessa capire inoltre come mai decidono di basarsi solo sul menù proposto dall’ASP, e non confrontarsi con i genitori. È giusto sapere che ingredienti vengono usati, quali sono le materie prime, dove vengono acquistate e quanto costano. Soprattutto facendo la spesa dai grossisti, i costi di fatto dovrebbero diminuire, quindi c’è qualcosa che non funziona.

d: In tema scuola, a quali benefici fiscali possono accedere le famiglie?

r: Ci sono le famose cedole, nella scuola elementare infatti i libri non si pagano, semmai si anticipa soltanto. Nella scuola media invece, ci sono per quanto riguarda la città di Potenza, dei buoni del Comune, su delega della Regione, per le famiglie che hanno un certo ISEE. Mentre per quanto riguarda il corredo scolastico, è a carico delle famiglie, talvolta per alcune materie più tecniche è necessario acquistare determinati strumenti, e in generale i costi sono aumentati. Di fatto sono aumentati anche i costi degli alimenti, per preparare la merenda ai figli.

d: Chi vuole rivolgersi ad ADOC, come può fare? Bisogna essere iscritti per chiedere una consulenza?

r: Abbiamo uno sportello, aperto dal lunedì al venerdì, e con le dovute precauzioni accogliamo tutti e cerchiamo di risolvere il problema. Davanti alla porta d’ingresso abbiamo un cartello che recita “consigli a chi si fida”, questo per dire che se ci viene chiesto un consiglio noi indirizziamo la persona, solo nel momento in cui dobbiamo procedere con una conciliazione o necessitiamo di un mandato a procedere, abbiamo bisogno del permesso e quindi di una iscrizione, a mo’ di delega.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Prima della Pandemia –afferma- non era un tipo “social”, ma quando ha capito che le sue “pepate” dirette Facebook (con le sue colorite espressioni dialettali) fungevano da stimolo (per cittadini e non solo), ha deciso di insistere. Il sindaco di Tursi (Mt), il 43enne Salvatore Cosma, ha poi pubblicato un libro (a sue spese, rassicura), significativamente intitolato “Un uomo in trincea”.

d: Lo scorso anno, in pieno Covid, a un certo punto lei è diventato un personaggio “virale”, in tutta Italia, a seguito del video in cui ammoniva i suoi concittadini a rispettare le norme di sicurezza, tramite l’ormai famoso “…altrimenti vi rompo il muso”. Ritiene forse che il popolo sia “minorenne”, come diceva Gian Maria Volontè nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”?

r: Qui parliamo dell’esperienza più difficile che i sindaci hanno mai dovuto affrontare, probabilmente dal Dopoguerra in poi. Sì, ho dovuto usare espressioni forti, ma per comunicare anche e soprattutto la paura e la difficoltà di un primo cittadino, preoccupato per la salute dei suoi compaesani. Ho abbracciato la croce, come sul dirsi, e sono stato in “trincea”, arrivando anche a dove minacciare qualcuno perché non mi ascoltava.

d: In effetti era la primissima fase della Pandemia, in cui c’era molta confusione…

r: …e alcuni cittadini sottovalutavano. Dopotutto, lo stesso assessore regionale alla sanità, Leone, inizialmente aveva parlato di “febbricciola”, e quindi figuriamoci se chi non ha voglia di starsene a casa non abbraccia quel tipo di pensiero.

d: Infatti in alcuni dei suoi video sui social lei è stato molto critico col sistema sanitario regionale (e anche nazionale, come vedremo). A un certo punto ha addirittura parlato di “istituzioni di patate”, se non erro.

Sì, sì.

d: A distanza di un anno e passa la sua opinione è forse cambiata?

r: Qualcosina, con l’ausilio del tempo, è pure migliorata, ma il sistema sanitario ha fatto acqua proprio nell’organizzazione: tamponi, ospedalizzazioni, tracciamenti… I sindaci sono dovuti scendere in prima linea, ma sono stati del tutto abbandonati, dal sistema sanitario regionale (che, ripeto, ha fatto acqua), ma anche e soprattutto dal sistema POLITICO regionale. Non c’erano contatti per chiedere cosa fare e che cosa potesse fare la Regione per i nostri concittadini e per i nostri comuni. Siamo arrivati al punto che Bardi ci voleva addirittura “imbavagliare”.

d: “Imbavagliare” ???

r: Fece un’ordinanza nella quale diceva che le istituzioni non dovevano usare i social per “istigare” i cittadini (si riferisce alla lettera del Governatore sulla “privacy” dei cittadini positivi - ndr), ma nessuno voleva “istigare”, quanto informare su ciò che accadeva e sull’abbandono della Regione a danno dei sindaci e delle comunità.

d: Quindi lei lo rifarebbe quel famoso video?

r: Certamente sì, non una volta, ma mille. Quelle dirette hanno fatto sì che qualcuno si “svegliasse” nei posti di comando, sia regionali sia nazionali.

d: In un video successivo lei disse addirittura di voler vaccinare Speranza “nel cervello”. In quel momento lamentava un ritardo nelle vaccinazioni presso il suo Comune.

r: Sicuramente la forma è stata sbagliata, dettata da un momento di rabbia. In quella fase noi sindaci avevamo organizzato tutti gli hub vaccinali, stavamo già chiamando gli anziani (che erano felicissimi) per vaccinarli all’indomani, quando mi giunge improvvisa la comunicazione che i vaccini non sono arrivati. Chiedo lumi alla Regione e la colpa ricade sul Ministero. In questo “palleggiamento” fra istituzioni, mi sono quindi permesso di inviare dei messaggi al ministro Speranza, che tra l’altro è lucano. Non avendo ricevuto risposte, in una delle mie dirette ho detto quelle frasi –come dire, forti- su di lui…come a dire, “Muoia Sansone con tutti i Filistei”.

d: …ed è stato “richiamato” per questa cosa?

r: Più che un richiamo, sono stato spinto a riflettere che fra istituzioni ci vuole in effetti un linguaggio più sereno e meno colorito.

d: Si è chiarito con Speranza?

r: Mi sono chiarito con Sua Eccellenza il Prefetto di Matera e poi, sì, ho parlato con alcuni collaboratori del Ministro per significare meglio il senso di quella mia diretta -chiamiamola anche provocazione- dettata dalla rabbia: avevo combattuto per avere l’hub a Tursi. Avevo fatto un lavoro immenso e i vaccini non c’erano: secondo lei i cittadini si rivolgono a Bardi e Speranza o al sindaco?!

d: Nel corso di queste interviste, diversi sindaci ci hanno detto che se non ci fossero stati loro, la Basilicata la Pandemia forse non l’avrebbe retta.

r: E hanno detto bene. Ecco perché il sottotitolo del mio libro è “La forza del Tricolore”. Quella fascia noi sindaci ce l’abbiamo attaccata alla pelle. Abbiamo visto che il sistema faceva acqua e ci siamo addossati tutti gli oneri. Ed è grazie alla mia comunità che tutto è andato bene.

d: Ma crede sia successo in tutta Italia o in particolare qui in Basilicata?

r: In Basilicata un po’ di più.

d: Perché?

r: A causa dell’improvvisazione di alcuni amministratori o dirigenti che hanno voluto insistere con quella task force regionale. Se vedi che la squadra non funziona, o la cambi subito, o continui a fare acqua da tutte le parti.

d: Togliamoci subito il dente: la prefazione del suo libro l’ha scritta Aurelio Pace, alla presentazione a Lauria è intervenuto Marcello Pittella: lei si definirebbe in qualche modo un “Pittelliano”?

r: Ho molta stima di Marcello (anche di Gianni), e c’è un legame umano e personale, non “politico”: da presidente della Regione fu molto di aiuto alla mia comunità, diede risposte rapide in un momento particolarmente difficile.

d: Sarebbe?

r: Io mi trovai in una fase di pre-dissesto, e senza i 600mila euro della Regione il mio comune sarebbe andato in default totale. Comunque, a parte la prefazione di Pace, c’è la postfazione di Tiziana Perretti, di Ferrandina, a cui si deve l’idea del libro.

d: Ho aperto una pagina a caso del suo libro, in cui si parla di «stereotipi coi quali mascheriamo i nostri ego, sempre preoccupati della nostra immagine». Un sindaco che fa tutti quei video non è forse preoccupato un po’ anche lui della sua immagine?

r: Ma no, non li ho fatti per la mia immagine: in quei momenti mi sentivo più un padre della mia comunità che non il sindaco. Volevo farmi ascoltare dalle istituzioni, e allora indossavo la fascia, altrimenti la mia divisa è quella della protezione civile, quella del volontario della mia città, come sa, l’ “omino giallo” (così come “l’Esercito Covid” che mi sono inventato per l’occasione) è quello che interviene nei momenti di reale difficoltà e necessità dei cittadini. Anche di carattere economico, com’è stato.

d: Di solito a Salvini si contesta di ostentare questo tipo di maglie e divise…

r: Sì, ma lui le indossa tutte. Non potrei mai indossare la maglia di carabinieri e polizia, che ci hanno aiutato molto, ma che non sono di mia competenza.

d: Lei ha proiettato questa immagine di “uomo forte”, ma c’è stato un momento in cui si è sentito debole e/o ha avuto paura?

r: Nel libro racconto proprio le mie fragilità, cose che magari non si sono viste nelle dirette: ho indossato una corazza per dare coraggio alla mia comunità, ma le paure sono state tante. Una sera tornai a casa stanchissimo, con la febbre a 38 e 8. Temetti si trattasse di Covid, ma il tampone risultò fortunatamente negativo. E poi, certo, c’era sempre la paura di poter sbagliare qualcosa nell’aiutare le persone positive o di essere contagiato a mia volta.

d: Lei ha parlato di difficoltà di interlocuzione con la regione Basilicata, ritiene che questa “crisi” -innescata (anche) dalle annunciate dimissioni di Cupparo (e finora mai formalizzate), e dalla “questione morale” sollevata dallo stesso Bardi- possa complicare ulteriormente le cose?

r: Già c’era un caos totale, anche a seguito del “cambio di casacca” di alcuni consiglieri interessati soltanto al proprio “harem” politico; e poi il tutto è complicato dalla dimissioni “congelate” di Cupparo, che non si sa se dovute a motivi personali, familiari o politici. Se poi lo senti parlare, l’amico Presidente Cupparo (nel senso del Francavilla Calcio), ci manda ancor di più in confusione, perché non si sa se ce l’ha con Moles, con Bardi, se sono questioni sue personali o se non ha mandato già qualche rospo.

d: Cupparo è stato un sindaco con un temperamento simile al suo…

r: Sì, Franco lo stimo molto, l’ho conosciuto come uomo di sport e come sindaco ed eravamo tutti e due con Alfano. L’altra sera l’ho incontrato a Senise, e gli ho chiesto: «Come ti devo chiamare? Presidente, assessore, Franco…?». Lui mi ha risposto: «Fai come sempre, chiamami Presidente».

d: “Presidente” nel senso calcistico.

r: Sì. Perché mi ha spiegato che le dimissioni sono congelate. Di più non mi ha detto, e io ho capito che era meglio non andare oltre perché -conoscendo i nostri rispettivi caratteri- magari la discussione poteva prendere un’altra piega. (sorride)

d: E se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Premetto che alle ultime regionali mi ero candidato (nella lista di Trerotola –ndr), ma non nel centrodestra, il mio “alveo” in quel momento, proprio perché Bardi non lo conoscevo, in quanto sapevo che veniva “da fuori”. In due anni e mezzo l’ho visto solo di sfuggita in alcuni eventi, ma a Tursi non è mai venuto. Gli ricorderei che è stato un generale, e che quindi deve riprendere in mano la situazione, sanando queste “falle” che ci sono, dalla Lega a Fratelli d’Italia, nate dalla ossessiva ricerca di postazioni, dirigenze e via discorrendo. Si lamentavano dei precedenti governi che facevano le “spartizioni” dei posti apicali, e alla fine il cambiamento è stato in peggio!!! Acquedotto, Arpab e tanti altri: le persone messe al vertice sono state prese DALLA politica e messe lì per FARE politica. Io invece dico che va premiata la meritocrazia. L’hanno tanto sbandierata, ma finora non ho visto personaggi nominati in quei ruoli per le loro effettive competenze.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Il peso del coraggio”, della Mannoia, l’ho usata anche in campagna elettorale.

d: Il libro?

r: Leggo più che altro poesie, specie quelle del “mio” Albino Pierro.

d: Il film?

r: “Il Gladiatore”. Piango sempre alla scena in cui lui “ritorna”, dopo l’ultimo combattimento e la morte, a casa dal figlioletto.

d: Fra cent’anni scoprono una targa a suon nome al Comune di Tursi; cosa vorrebbe ci fosse scritto?

r: Mah, credo che anche solo un semplice “grazie” sarebbe sufficiente.

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

E’ forse tipico della nostra regione che non si parli molto di un’opportunità formativo-lavorativa concreta -presente sul territorio nazionale da qualche tempo- nella quale anche Draghi crede molto.

Giuseppe Paternò, che condivide col fratello Rocco (presidente dell’Ordine dei Medici di Potenza), l’occhio chiaro e vispo, è il Presidente della Fondazione ITS “Efficienza Energetica”.

d: “Efficienza energetica” è l’unico ITS presente in Basilicata, ed è nato –cito testuale- “per promuovere la diffusione della cultura tecnica e scientifica e soprattutto per attuare misure di politica attiva del lavoro”. Stiamo dunque parlando di un Istituto Tecnico Superiore, della creazione di professionisti altamente qualificati, di un’alternativa all’Università, insomma.

r: Benissimo, ma stiamo parlando anche di OCCUPAZIONE. All’interno del Ministero della Pubblica Istruzione a un certo punto si è detto: basta con una formazione teorica, partiamo con lo sviluppare attività che siano pratiche e che possano aiutare i giovani a trovare lavoro. La questione è sempre quella: cosa chiedono le imprese e cosa –invece- la scuola offre. Inoltre, con la riforma, attesa per il 2021, in ambito ITS, presto parleremo di una vera e propria prima laurea, “professionalizzante”. L’occupazione è infatti al centro del discorso Draghi.

d: Mi par di capire che al momento, rispetto a un “normale” corso di laurea, l’ITS si propone di indirizzare verso un più concreto sbocco lavorativo.

r: Un percorso formativo si assesta mediamente sulle 400-600 ore; un master è intorno alle 1.500 ore. E sono tutta teoria. Il percorso dell’ITS, invece, è di 2000 ore, di cui 400 sono di attività teorica, uguali per tutti (le varie certificazioni, sulla sicurezza, sull’informatica, sulla linguistica, oppure il patentino dei droni, aggiunto da noi), e poi ci sono 1600 ore, suddivise tra attività di laboratorio e tirocinio in azienda. Sono dunque le imprese che ospitano i giovani. La formazione non è quindi solo teorica, bensì strettamente legata alle attrezzature che le imprese hanno, quelle stesse imprese che hanno dichiarato una volontà di assumere. Ad oggi abbiamo lettere d’intenti di imprese che si dichiarano disposte ad assumere una ventina di persone.

d: Leggo che la probabilità di trovare subito lavoro è dell’80%...

r: L’ultimo monitoraggio parla del 90%. Finora, dopo il primo ciclo, il nostro ITS ha una percentuale di successo del 50%. Riteniamo che nell’arco dell’anno –oggetto di monitoraggio da parte del Ministero- riusciremo a “piazzare” il resto dei giovani.

d: In Basilicata c’è una consapevolezza adeguata di questa opportunità?

r: Con il Pnrr si è parlato molto di ITS, ma la verità è che nessuno ha mai fatto “pratica”. La questione vera è quella di trovare i giovani talenti, perché le imprese che vogliono assumere, mi creda, CI SONO. Sembra un’assurdità, in questo periodo di crisi, ma io posso assicurare che girando le aree industriali lucane trovo le imprese pronte alle assunzioni. Ciò che manca sono i giovani.

d: Perché se ne vanno.

r: I talenti vanno via. E tutto quel che rimane non sempre affronta il tema della propria professione, ma piuttosto aspetta la raccomandazione per essere “piazzato” da qualche parte, per lavorare pochi mesi all’anno. Un percorso come il nostro, di 2000 ore (che corrispondono a due anni di attività di formazione) invece PREPARA al lavoro. Il consiglio che do ai giovani è di puntare sugli ITS.

d: d: Purtroppo questa è anche la regione del “pezzo di carta”, i genitori vogliono vedere una laurea, basta che sia una…

r: Per noi questo è un elemento di grande interesse. Nel nostro percorso abbiamo una convenzione con l’università telematica E-Campus, che riconosce i crediti formativi, fino a 110, che corrispondo a circa due anni di attività universitaria. Parliamo ovviamente, della Facoltà di Ingegneria Industriale con indirizzo energetico: c’è dunque l’opportunità di frequentare l’ITS e di accumulare crediti formativi universitari senza pagare la retta universitaria.

d: Ritengo che in Basilicata ci sia un ITS che si occupa di Energia anche perché questa è la terra del petrolio. Sul vostro sito tuttavia si legge che quello fra “Oil&Gas e fonti rinnovabili” è un matrimonio che si può fare.

r: Nel marzo 2019, nei nostri laboratori, noi producevamo idrogeno. Nessuno lo sapeva, nessuno ne parlava. Oggi invece dell’idrogeno ne parlano tutti con grande interesse. Oil&Gas ha una sua rete di aziende che produce idrogeno, e ha interesse a farlo. Dal canto nostro, abbiamo promosso una start-up, che ha vinto il premio Ambrosetti-Total, partendo proprio dal nostro progetto formativo. Ciò implica che noi non creiamo soltanto dei “super tecnici”, ma aiutiamo i giovani a creare delle imprese. Pochi sanno che abbiamo sottoscritto un accordo con l’Università Cattolica di Milano per promuovere i talenti lucani. Così come la Total utilizza l’Ambrosetti, così come l’Eni utilizza la Fondazione Mattei, la Cattolica utilizza l’ITS per scoprire i talenti e sviluppare start-up di ogni tipo. Infatti, con la nuova riforma in atto (che sarà attiva fra il 2021 e il 2022) noi non saremo più ITS, ma delle Academy, e avremo la possibilità di sviluppare attività formative in più settori produttivi, non soltanto quello Energetico. Per noi in Basilicata è molto importante, perché abbiamo necessità di avere flessibilità, fornendo i vari “supertecnici” di settore.

d: Il petrolio presto o tardi finirà, e la questione “rinnovabili” bussa alla porta con sempre più vigore. Tuttavia c’è sempre chi afferma che chiedere le rinnovabili all’Eni è come chiedere al vinaio di vendere acqua.

r: Non è così. In più, ci sono anche nuove figure. I pannelli solari chi li smaltisce? Quali le società idonee? Se andiamo a vedere, sono sempre le solite, ma aziende locali non ce ne sono. La nostra idea allora è sempre la stessa: proviamo a fare della Basilicata una regione pilota. Soprattutto in ambito start-up e creazione d’impresa. Con questa nuova riforma l’ITS viene vista come la futura “Università delle Professioni”.

d: Come e quali sono i vostri rapporti con la Regione e le altre istituzioni locali? Come valuta il modus e l’esito delle recenti trattative con le compagnie petrolifere?

r: La politica DEVE avere uomini e dirigenti capaci di portare avanti le idee professate. Io non ho problemi a parlare coi politici dei temi che stiamo trattando, e loro non hanno problemi a farlo con me, ma è la pubblica amministrazione a essere ferma. Procedure che dovrebbero durare qualche mese vanno invece avanti per anni.

d: E questo da quando?

r: Da quando noi ITS siamo nati, dal 2018. In Regione avevamo presentato un piano per discutere del “Borgo dell’Energia” a Tempa Rossa.

d: Ebbene?

r: Dopo due anni di discussioni, Total non si è detta al momento disponibile. Tant’è che lo abbiamo “replicato” per Aliano, attraverso il contratto istituzionale: una proposta, per circa tre milioni, onde avere un luogo attrattivo in un’area colpita da depauperamento di popolazione. Il problema è sempre lo stesso: i tempi. Non voglio attribuire responsabilità, anche perché le figure (burocrati, politici e dirigenti) che abbiamo in Basilicata sono queste, ahimè –anche in fatto di numeri- e pazienza, con queste ci dobbiamo confrontare, con chi è adesso al governo della regione. Ma ho avuto difficoltà anche con altre istituzioni.

d: Sì, ma il discorso di Aliano com’è andato a finire?

r: Siamo in attesa di approvazione da parte di Invitalia. Con il Covid i progetti sono stati presi in considerazione in ambito Pnrr.

d: Ma se a Tempa Rossa è stata Total a non dare la disponibilità, la politica non c’entra. Oppure no?

r: Total è sempre un personaggio forte, e quando abbiamo chiesto loro i soldi che servivano per smantellare il campo delle maestranze…di darli a noi per ristrutturare e creare il Borgo dell’Energia…

d: …non siete stati sostenuti dalla Politica…

r: (silenzio) La risposta è stata: li abbiamo già dati ad altri per smantellare. (Sorride).

d: … ma cosa sarebbe questo “Borgo dell’Energia”?

r: La città del futuro. Una specie di campus per universitari e studenti ITS, giovani da tutto il mondo, per inciso.

d: Diceva di aver incontrato difficoltà anche con altre istituzioni.

r: Sì, l’ufficio scolastico regionale, come dire, ha perso molto tempo, per cui ci sono risorse assegnate agli ITS di cui io ancora non so nulla, cioè attendo di essere chiamato per essere informato circa il loro utilizzo. La Regione Basilicata non riesce a utilizzare tutti i fondi destinati agli ITS: noi abbiamo fatto più volte richiesta per poterne parlare e capire se e come possiamo utilizzarli.

d: Siete stati ricevuti?

r: Al momento no (martedì scorso – ndr), perché la persona di cui stiamo parlando è dimissionaria.

d: L’assessore Cupparo?

r: Siamo in attesa di capire chi è il successore, per incontrarlo e avere informazioni dirette.

d: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di pensare al bene dei giovani lucani. Draghi ha dichiarato che gli ITS rappresentano il futuro, il pilastro dei giovani italiani. In una regione di 500mila anime io ritengo che si possa fare moltissimo. Noi non siamo formazione continua, non siamo master, non siamo alta formazione: siamo formazione indirizzata a giovani che hanno voglia di lavorare.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Via l’Italia”. L’Italia ce la può fare, soprattutto con questo innesto del Pnrr.

d: E la Basilicata ce la può fare se…?

r: Si mette a lavorare. E’ il lavoro ciò che manca.

d: Il lavoro per i giovani?

r: No! Mi riferivo al lavoro di chi sta nelle istituzioni!

d: Non si lavora?

r: Direi che il lavoro è condizionato. Non dico che non ho visto dirigenti che lavorano o che fanno straordinari, ma la questione è trovare LE SOLUZIONI ai problemi.

d: Fra qualche anno cosa le piacerebbe leggere a proposito degli ITS?

r: Spero in realtà che se ne parli poco, perché nel frattempo sono diventati un’attività ordinaria, con campus universitari, laboratori e flussi di alternanza scuola-lavoro in ognidove, e flussi di scolaresche da tutta Europa. Ecco, quel che chiederei a Total è proprio questo: possiamo confrontarci con gli studenti francesi? Possiamo ospitarli per far vedere le meraviglie delle estrazioni e di ciò che possiamo esprimere in tutta la Basilicata?!

 

 

 

 

di Antonella Sabia

 

 

 

 

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Il comparto sanità ha vissuto negli ultimi due anni momenti di estrema criticità a livello nazionale, problemi del passato che sono stati estremizzati dal Covid e che vengono costantemente denunciati dall'Associazione Nuova Sanità e Benessere che si occupa di salute e tutela dell'ambiente. Abbiamo affrontato questi temi con l'Avvocato Leonardo Pinto, presidente onorario dell’associazione, che afferma: «Bisogna prima far funzionare bene i presidi sanitari ed ospedalieri esistenti; se non si è in grado di farlo, come accade, è inutile pensare a riforme».

d: Quali sono i punti più critici di questa gestione?

r: Oltre alla disorganizzazione (da Lauria a Maratea, da Chiaromonte a Villa d’Agri, Policoro, Stigliano, Tricarico, passando per Potenza e Matera), un po’ in tutte le strutture ci sono carenze di personale e un mancato svolgimento, ovvero irragionevole durata di concorsi per il reclutamento di personale medico e ausiliario in generale; a tutto questo bisogna aggiungere la gestione clientelare e politica della sanità che c’è stata e c’è nel Paese. È un problema nazionale, ma il passaggio dallo Stato alle Regioni, e la creazione di un sistema aziendale si è rivelato fallimentare, il covid questo l’ha messo ulteriormente in evidenza. Per non parlare dei lunghissimi tempi delle prenotazioni per le visite specialistiche. Questo accade solo nelle strutture pubbliche perché nel privato nell’arco di pochi giorni si risolve.

d: Un buon amministratore quali caratteristiche dovrebbe avere?

r: Un amministratore oculato dovrebbe essere come un medico che prima fa la diagnosi per individuare la malattia e poi fa la prescrizione dei farmaci per guarire il malato. Questi politici si rifiutano di fare la diagnosi per capire perché non funzionano le cose. Questo rifiuto ostinato non riguarda solamente l’attuale situazione, non dimentichiamo che la sanità materana è stata stravolta, e sono ancora in corso dei processi, siamo rispettosi della giustizia e aspettiamo dunque l’esito. Vorrei sottolineare inoltre che non è possibile avere la pretesa di applicare il parametro costo-beneficio in alcuni servizi essenziali, qual è la sanità: parliamo di tutela della salute, che non si ottiene guardando i costi, è prevista dall’articolo 32 della Costituzione, si tratta di diritti personalissimi e inviolabili. Va tutelata la salute del cittadino di Cirigliano, come quello di Pescopagano, a prescindere, facendo ricorso per la copertura della relativa spesa, alla fiscalità pubblica. L’assurdo è che la sanità privata finanziata dalla sanità pubblica funziona, mentre la sanità pubblica che finanzia la privata, non funziona. Non occorrono dunque scienziati, semplicemente buon senso, applicazione e volontà di risolvere i problemi.

d: Come associazione, quali sono le principali richieste all’amministrazione regionale?

r: Lo abbiamo già fatto durante la conferenza e reitero la richiesta di dimissioni dell’assessore Leone, che dopo due anni anziché far migliorare il quadro delle strutture sanitarie lucane, lo ha di fatto peggiorato. Il presidente Bardi deve prendere atto di questo disastro e correre ai ripari con urgenza.

d: Si inizia a parlare di rimpasto, ANBS si augura che Leone possa essere sostituito?

r: L’associazione che mi onoro di rappresentare non si interessa di questioni politiche, abbiamo degli obiettivi precisi previsti nel nostro statuto, la tutela della salute e l'individuazione di un nuovo modello di sanità pubblica e la tutela dell'ambiente.

d: Cosa dovrebbe prevedere questo modello?

r: Innanzitutto deve far funzionare l’esistente; secondo lei può accadere che un medico possa impuntarsi nel dire di non voler andare a lavorare a Stigliano, piuttosto che a Tricarico? Un insegnante, dopo aver vinto un concorso, non può rifiutarsi di andare nella sede assegnata, pena il licenziamento, vale lo stesso per un magistrato che vince il concorso e va dove viene assegnato dal Ministero. Perché mai la politica consente ai medici di rifiutare di prestare il servizio laddove vengono assegnati? Con questo meccanismo si sta chiudendo l’ospedale di Stigliano; istituito per la prima volta nel 1876 nel palazzo Correale, come ospedale della montagna... ma come fa un anziano per un esame di emocromo ad andare a Policoro o a Matera? Con l’arrivo della gestione aziendalistica, si decide di chiudere un ospedale come questo perché i malati sono pochi, ma una gestione pubblica che si caratterizza in questo modo, è una pessima gestione.

d: La pandemia ha messo in luce queste problematiche, da che cosa si dovrebbe ripartire?

r: Dovrei menzionare un altro serissimo problema, nessuno si è preoccupato di creare collegamenti con mezzi pubblici tra i vari comuni e le strutture ospedaliere di riferimento, poiché non tutti hanno la possibilità di farsi accompagnare o recarsi con il proprio mezzo. Questi presupposti non richiedono studi particolari, solo il buon senso politico, è un giudizio impietoso ma non ci sono giustificazioni che tengono.

d: A questa vostra richiesta di dimissioni, e più in generale alle vostre domande, qualcuno ha risposto?

r: Abbiamo avanzato la richiesta da pochi giorni, ma fino ad ora ci risultano solo mormorii politici. Tenga presente che alla nostra conferenza stampa abbiamo invitato gli amministratori regionali comunicando il tema, ma sono risultati presenti solamente i consiglieri Acito e Perrino, gli altri tutti assenti. È un altro sintomo del disinteresse verso un problema del genere, che viene gestito in maniera politicamente negativa. Abbiamo chiesto notizie all’ARPAB e al direttore sulle attività estrattive della TOTAL, ma non ha risposto, impedendo all’associazione il raggiungimento degli scopi sociali. È un problema così evidente che non ci sono spazi per giustificare omissioni e carenze ingiustificabili. È ora che i lucani prendano atto della situazione che si è venuta a determinare a livello politico regionale e riflettere sul futuro.

 

 

 

 

de_stradis_e_miglionico.jpgdi Walter De Stradis

 

 

 

Durante il Lockdown del 2020, si è messo a pensare ai personaggi lucani illustri e la mano ha dato seguito a quelle riflessioni, trasferendole sul foglio da disegno. Dopo essere stati una mostra, i “Ritratti di Basilicata” di Michele Miglionico -già sindaco di Satriano di Lucania e attualmente presidente del Gal “PerCorsi”- sono diventati un libro coi testi dell’associazione “Cosmopolites”.

d: Perché un libro di “ritratti lucani”?

r: E’ una cosa nata durante il primo Lockdown. Dopo lo smart working e le faccende di famiglia, dedicavo del tempo a una mia vecchia passione giovanile, quella del disegno, che avevo interrotto. All’inizio non pensavo a una pubblicazione, semplicemente ho rubato dei fogli Fabriano 4 alle mie figlie, e mi sono messo all’opera con pennarelli indelebili molto semplici, di diverse dimensioni. Così ho iniziato a disegnare i volti di personaggi lucani, o di persone illustri che avevano avuto a che fare con la Basilicata, di volta in volta con una sensibilità diversa. Quando ho disegnato Rocco Scotellaro, per esempio, stavo pensando ai giovani sindaci lucani (come lo ero stato io un tempo), che stavano affrontando la tragedia della Pandemia. Posso testimoniare che a Satriano, per esempio, i cittadini non si sono mai sentiti abbandonati, in forza di un rapporto che si può instaurare solo col sindaco di un piccolo comune.

d: Aiutiamoci dunque con gli spunti che ci possono fornire alcuni dei personaggi ritratti nel libro. Vedo che c’è Carlo Alianello, autore del famoso romanzo “L’eredità della priora”, divenuto negli anni Settanta anche un telefilm, con le musiche di Eugenio Bennato. In regione si parla spesso, a sproposito o meno, di uno “spirito dei briganti” che è andato perduto…

r: Il discorso è complesso, perché se si intende il brigante come figura rivoluzionaria violenta, è un concetto che non mi appartiene. Preferisco pensare al brigante come alla figura di chi non ci sta, colui che vuole difendere la propria terra e le proprie radici –come fu all’epoca- in un processo di trasformazione culturale non condiviso. A me non piace l’idea di essere soltanto “contro”, perché credo si debba proporre anche delle alternative. Ho l’impressione che a volte sia più facile lamentarsi e basta, mentre se ci pensiamo le cose positive ci sono, una su tutte i progressi nel turismo.

d: Secondo lei qual è la più grossa ingiustizia alla quale è sottoposto il Lucano al giorno d’oggi?

r: Ingiustizie vere e proprie non ne vedo. Nelle attività di programmazione e di sviluppo non sempre si è agito con oculatezza, questo sì, ma non parlerei di ingiustizie.

d: Emilio Colombo: lei lo ritrae con una testa bella grossa. Sovente nelle interviste ci viene citato ancora come “modello politico” lucano da seguire. Verrebbe da chiedersi: possibile che siamo rimasti ancora a Colombo? Che non ce ne siano di nuovi?

r: Beh, forse dipende dalle numerose cariche pubbliche che ha avuto e per il periodo storico nel quale ha operato, un periodo in cui sono state realizzate infrastrutture che hanno fatto uscire la Basilicata dall’isolamento del “paese”. Tuttavia, oggi le infrastrutture culturali sono importanti al pari, se non di più, di quelle culturali, e quindi in effetti verrebbe da individuare un diverso riferimento politico.

d: E allora mi dica qual è, secondo lei, un altro personaggio rappresentativo della politica recente…

r: Beh, difficile non pensare –o esserne addirittura orgogliosi- a Roberto Speranza, che sta interpretando il ruolo di Ministro della Salute con efficacia e sobrietà.

d: Però nel suo libro di ritratti non c’è. Non l’ha ispirata.

r: No, infatti, non so perché (ride). Forse perché era il primo Lockdwon, ed era troppo presto per valutarlo. Oggi ritengo che la Facoltà di Medicina sia un grande risultato e che a lungo andare la Storia tributerà un giusto riconoscimento per tutti coloro che si sono battuti per questa opportunità per i giovani lucani (e non solo).

d: Sto guardando il suo ritratto di Carlo Levi, autore di “Cristo si è fermato a Eboli”. Oggi verrebbe forse da dire “Cristo si è fermato a Sicignano” (per i lavori stradali infiniti).

r: (Sorride) Parlo spesso con imprenditori che lamentano difficoltà sia nell’import che nell’export di materiali e forniture. Anche se ci sono zone della Basilicata un po’ più fortunate –in tema di viabilità- rispetto alle zone interne…

d: Il tema del giorno è la possibilità che Amazon crei uno stabilimento in Basilicata. Si è parlato di Tito o Melfi, ma il candidato sindaco Gianni Pittella ha messo sul piatto anche la sua Lauria. Lei avrebbe una zona da proporre?

r: Non mi appassiona il discorso del “dove”. Temo stia diventando una “guerra tra poveri”.

d: La notizia è piombata in piena campagna elettorale.

r: Evvabbè, ma questo è campanilismo sterile. Io mi preoccuperei di verificare innanzitutto che la notizia data dall’uscente assessore Cupparo abbia un fondamento, e poi di fare in modo che Amazon scelga effettivamente la Basilicata, fra le possibilità offerte dal Sud. Questo è ciò che conta davvero. Bisogna lavorare tutti in questa direzione. Prenda la Fiat: all’epoca qualcuno era scettico sulla possibilità che degli operai si sorbissero un’ora e mezzo di pullman all’andata, e altrettante al ritorno. Eppure molti dal mio paese, Satriano, vanno a Melfi, così come tanti altri dal Marmo-Melandro o dalla Val D’Agri. Ne consegue che il bisogno del lavoro in Basilicata è grandissimo. Pertanto, cerchiamo di non sprecare le occasioni: c’è il rischio che a litigare troppo questi di Amazon si stanchino e cambino idea.

d: Nel suo libro ci sono molti personaggi del cinema (Coppola, Wertmuller, Pasolini…): le dimissioni dell’assessore Cupparo, al momento in cui parliamo, sembrano quasi un film “giallo”.

r: Non è questione di chi va via e di chi verrà al suo posto. Tantomeno mi permetto di dare giudizi sull’operato di chicchesia. Ma a me spaventa il VUOTO, creatosi in un momento difficile, in cui si è ancora in fase di programmazione e si cerca di capire come spendere le risorse che arriveranno. Anzi, per citare ciò che diceva l’altro giorno a Brienza un responsabile lucano di un istituto bancario, la parola “spendere” mette paura, meglio sempre parlare di “investire”. Questo momento di fermo, pertanto, a me fa paura, perché rischiamo di perdere tempo prezioso nella pianificazione degli investimenti.

d: Specie in questo momento, allora, se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Appunto di accelerare. I tempi morti nella politica sono come le fasi di studio su un malato: studiare è importante, ma nel frattempo la malattia va avanti, e a volte le terapie individuate si rivelano tardive.

d: Lei ha ritratto anche Mango, veniamo dunque alla musica. Sarà mai possibile creare in Basilicata un grande evento stile “Notte della Taranta” o prima ancora, come sostengono in molti, bisogna pensare alle infrastrutture (che non ci sono)?

r: Con me sfonda una porta aperta. Da sindaco diedi vita al “Lucania Etno Folk”: sottoponemmo l’idea all’allora governatore De Filippo che si mostrò interessato, e coinvolgemmo subito Eugenio Bennato che aveva fatto tutta una ricerca sulla tarantella. Quel festival crebbe molto, e subito. Tuttavia, in poco tempo ci scontrammo con questo “malessere interno”: le risorse pubbliche da investire nella Cultura te le fanno sempre passare come un lusso, un “di più”. Questa cosa non la digerisco. Come Comune, infatti, non avevamo le risorse utili a far diventare quel Festival qualcosa di grande e stabile, e alla fine i contributi assegnati divennero via via sempre più irrisori. E allora io mi chiedo: perché la Puglia ci riesce e noi no? E pensare che noi non abbiamo nulla da invidiare -come patrimonio antropologico e musicale- ma evidentemente non si è capaci, non si comprende che la musica, intesa come attrattore, va sostenuta.

d: Il film che la rappresenta?

r: Non credo ce ne sia uno in particolare.

d: La canzone?

r: Adoro Pierangelo Bertoli, e quindi direi senz’altro “A muso duro”.

d: Il Libro?

r: Ultimamente mi ha molto preso il libro di Barack Obama.

d: Fra cent'anni cosa le piacerebbe ci fosse scritto sulla sua lapide?

r: «Innamorato di questa terra e di questo popolo».

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