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di Walter De Stradis

 

 

 

Prima della Pandemia –afferma- non era un tipo “social”, ma quando ha capito che le sue “pepate” dirette Facebook (con le sue colorite espressioni dialettali) fungevano da stimolo (per cittadini e non solo), ha deciso di insistere. Il sindaco di Tursi (Mt), il 43enne Salvatore Cosma, ha poi pubblicato un libro (a sue spese, rassicura), significativamente intitolato “Un uomo in trincea”.

d: Lo scorso anno, in pieno Covid, a un certo punto lei è diventato un personaggio “virale”, in tutta Italia, a seguito del video in cui ammoniva i suoi concittadini a rispettare le norme di sicurezza, tramite l’ormai famoso “…altrimenti vi rompo il muso”. Ritiene forse che il popolo sia “minorenne”, come diceva Gian Maria Volontè nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”?

r: Qui parliamo dell’esperienza più difficile che i sindaci hanno mai dovuto affrontare, probabilmente dal Dopoguerra in poi. Sì, ho dovuto usare espressioni forti, ma per comunicare anche e soprattutto la paura e la difficoltà di un primo cittadino, preoccupato per la salute dei suoi compaesani. Ho abbracciato la croce, come sul dirsi, e sono stato in “trincea”, arrivando anche a dove minacciare qualcuno perché non mi ascoltava.

d: In effetti era la primissima fase della Pandemia, in cui c’era molta confusione…

r: …e alcuni cittadini sottovalutavano. Dopotutto, lo stesso assessore regionale alla sanità, Leone, inizialmente aveva parlato di “febbricciola”, e quindi figuriamoci se chi non ha voglia di starsene a casa non abbraccia quel tipo di pensiero.

d: Infatti in alcuni dei suoi video sui social lei è stato molto critico col sistema sanitario regionale (e anche nazionale, come vedremo). A un certo punto ha addirittura parlato di “istituzioni di patate”, se non erro.

Sì, sì.

d: A distanza di un anno e passa la sua opinione è forse cambiata?

r: Qualcosina, con l’ausilio del tempo, è pure migliorata, ma il sistema sanitario ha fatto acqua proprio nell’organizzazione: tamponi, ospedalizzazioni, tracciamenti… I sindaci sono dovuti scendere in prima linea, ma sono stati del tutto abbandonati, dal sistema sanitario regionale (che, ripeto, ha fatto acqua), ma anche e soprattutto dal sistema POLITICO regionale. Non c’erano contatti per chiedere cosa fare e che cosa potesse fare la Regione per i nostri concittadini e per i nostri comuni. Siamo arrivati al punto che Bardi ci voleva addirittura “imbavagliare”.

d: “Imbavagliare” ???

r: Fece un’ordinanza nella quale diceva che le istituzioni non dovevano usare i social per “istigare” i cittadini (si riferisce alla lettera del Governatore sulla “privacy” dei cittadini positivi - ndr), ma nessuno voleva “istigare”, quanto informare su ciò che accadeva e sull’abbandono della Regione a danno dei sindaci e delle comunità.

d: Quindi lei lo rifarebbe quel famoso video?

r: Certamente sì, non una volta, ma mille. Quelle dirette hanno fatto sì che qualcuno si “svegliasse” nei posti di comando, sia regionali sia nazionali.

d: In un video successivo lei disse addirittura di voler vaccinare Speranza “nel cervello”. In quel momento lamentava un ritardo nelle vaccinazioni presso il suo Comune.

r: Sicuramente la forma è stata sbagliata, dettata da un momento di rabbia. In quella fase noi sindaci avevamo organizzato tutti gli hub vaccinali, stavamo già chiamando gli anziani (che erano felicissimi) per vaccinarli all’indomani, quando mi giunge improvvisa la comunicazione che i vaccini non sono arrivati. Chiedo lumi alla Regione e la colpa ricade sul Ministero. In questo “palleggiamento” fra istituzioni, mi sono quindi permesso di inviare dei messaggi al ministro Speranza, che tra l’altro è lucano. Non avendo ricevuto risposte, in una delle mie dirette ho detto quelle frasi –come dire, forti- su di lui…come a dire, “Muoia Sansone con tutti i Filistei”.

d: …ed è stato “richiamato” per questa cosa?

r: Più che un richiamo, sono stato spinto a riflettere che fra istituzioni ci vuole in effetti un linguaggio più sereno e meno colorito.

d: Si è chiarito con Speranza?

r: Mi sono chiarito con Sua Eccellenza il Prefetto di Matera e poi, sì, ho parlato con alcuni collaboratori del Ministro per significare meglio il senso di quella mia diretta -chiamiamola anche provocazione- dettata dalla rabbia: avevo combattuto per avere l’hub a Tursi. Avevo fatto un lavoro immenso e i vaccini non c’erano: secondo lei i cittadini si rivolgono a Bardi e Speranza o al sindaco?!

d: Nel corso di queste interviste, diversi sindaci ci hanno detto che se non ci fossero stati loro, la Basilicata la Pandemia forse non l’avrebbe retta.

r: E hanno detto bene. Ecco perché il sottotitolo del mio libro è “La forza del Tricolore”. Quella fascia noi sindaci ce l’abbiamo attaccata alla pelle. Abbiamo visto che il sistema faceva acqua e ci siamo addossati tutti gli oneri. Ed è grazie alla mia comunità che tutto è andato bene.

d: Ma crede sia successo in tutta Italia o in particolare qui in Basilicata?

r: In Basilicata un po’ di più.

d: Perché?

r: A causa dell’improvvisazione di alcuni amministratori o dirigenti che hanno voluto insistere con quella task force regionale. Se vedi che la squadra non funziona, o la cambi subito, o continui a fare acqua da tutte le parti.

d: Togliamoci subito il dente: la prefazione del suo libro l’ha scritta Aurelio Pace, alla presentazione a Lauria è intervenuto Marcello Pittella: lei si definirebbe in qualche modo un “Pittelliano”?

r: Ho molta stima di Marcello (anche di Gianni), e c’è un legame umano e personale, non “politico”: da presidente della Regione fu molto di aiuto alla mia comunità, diede risposte rapide in un momento particolarmente difficile.

d: Sarebbe?

r: Io mi trovai in una fase di pre-dissesto, e senza i 600mila euro della Regione il mio comune sarebbe andato in default totale. Comunque, a parte la prefazione di Pace, c’è la postfazione di Tiziana Perretti, di Ferrandina, a cui si deve l’idea del libro.

d: Ho aperto una pagina a caso del suo libro, in cui si parla di «stereotipi coi quali mascheriamo i nostri ego, sempre preoccupati della nostra immagine». Un sindaco che fa tutti quei video non è forse preoccupato un po’ anche lui della sua immagine?

r: Ma no, non li ho fatti per la mia immagine: in quei momenti mi sentivo più un padre della mia comunità che non il sindaco. Volevo farmi ascoltare dalle istituzioni, e allora indossavo la fascia, altrimenti la mia divisa è quella della protezione civile, quella del volontario della mia città, come sa, l’ “omino giallo” (così come “l’Esercito Covid” che mi sono inventato per l’occasione) è quello che interviene nei momenti di reale difficoltà e necessità dei cittadini. Anche di carattere economico, com’è stato.

d: Di solito a Salvini si contesta di ostentare questo tipo di maglie e divise…

r: Sì, ma lui le indossa tutte. Non potrei mai indossare la maglia di carabinieri e polizia, che ci hanno aiutato molto, ma che non sono di mia competenza.

d: Lei ha proiettato questa immagine di “uomo forte”, ma c’è stato un momento in cui si è sentito debole e/o ha avuto paura?

r: Nel libro racconto proprio le mie fragilità, cose che magari non si sono viste nelle dirette: ho indossato una corazza per dare coraggio alla mia comunità, ma le paure sono state tante. Una sera tornai a casa stanchissimo, con la febbre a 38 e 8. Temetti si trattasse di Covid, ma il tampone risultò fortunatamente negativo. E poi, certo, c’era sempre la paura di poter sbagliare qualcosa nell’aiutare le persone positive o di essere contagiato a mia volta.

d: Lei ha parlato di difficoltà di interlocuzione con la regione Basilicata, ritiene che questa “crisi” -innescata (anche) dalle annunciate dimissioni di Cupparo (e finora mai formalizzate), e dalla “questione morale” sollevata dallo stesso Bardi- possa complicare ulteriormente le cose?

r: Già c’era un caos totale, anche a seguito del “cambio di casacca” di alcuni consiglieri interessati soltanto al proprio “harem” politico; e poi il tutto è complicato dalla dimissioni “congelate” di Cupparo, che non si sa se dovute a motivi personali, familiari o politici. Se poi lo senti parlare, l’amico Presidente Cupparo (nel senso del Francavilla Calcio), ci manda ancor di più in confusione, perché non si sa se ce l’ha con Moles, con Bardi, se sono questioni sue personali o se non ha mandato già qualche rospo.

d: Cupparo è stato un sindaco con un temperamento simile al suo…

r: Sì, Franco lo stimo molto, l’ho conosciuto come uomo di sport e come sindaco ed eravamo tutti e due con Alfano. L’altra sera l’ho incontrato a Senise, e gli ho chiesto: «Come ti devo chiamare? Presidente, assessore, Franco…?». Lui mi ha risposto: «Fai come sempre, chiamami Presidente».

d: “Presidente” nel senso calcistico.

r: Sì. Perché mi ha spiegato che le dimissioni sono congelate. Di più non mi ha detto, e io ho capito che era meglio non andare oltre perché -conoscendo i nostri rispettivi caratteri- magari la discussione poteva prendere un’altra piega. (sorride)

d: E se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Premetto che alle ultime regionali mi ero candidato (nella lista di Trerotola –ndr), ma non nel centrodestra, il mio “alveo” in quel momento, proprio perché Bardi non lo conoscevo, in quanto sapevo che veniva “da fuori”. In due anni e mezzo l’ho visto solo di sfuggita in alcuni eventi, ma a Tursi non è mai venuto. Gli ricorderei che è stato un generale, e che quindi deve riprendere in mano la situazione, sanando queste “falle” che ci sono, dalla Lega a Fratelli d’Italia, nate dalla ossessiva ricerca di postazioni, dirigenze e via discorrendo. Si lamentavano dei precedenti governi che facevano le “spartizioni” dei posti apicali, e alla fine il cambiamento è stato in peggio!!! Acquedotto, Arpab e tanti altri: le persone messe al vertice sono state prese DALLA politica e messe lì per FARE politica. Io invece dico che va premiata la meritocrazia. L’hanno tanto sbandierata, ma finora non ho visto personaggi nominati in quei ruoli per le loro effettive competenze.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Il peso del coraggio”, della Mannoia, l’ho usata anche in campagna elettorale.

d: Il libro?

r: Leggo più che altro poesie, specie quelle del “mio” Albino Pierro.

d: Il film?

r: “Il Gladiatore”. Piango sempre alla scena in cui lui “ritorna”, dopo l’ultimo combattimento e la morte, a casa dal figlioletto.

d: Fra cent’anni scoprono una targa a suon nome al Comune di Tursi; cosa vorrebbe ci fosse scritto?

r: Mah, credo che anche solo un semplice “grazie” sarebbe sufficiente.

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

E’ forse tipico della nostra regione che non si parli molto di un’opportunità formativo-lavorativa concreta -presente sul territorio nazionale da qualche tempo- nella quale anche Draghi crede molto.

Giuseppe Paternò, che condivide col fratello Rocco (presidente dell’Ordine dei Medici di Potenza), l’occhio chiaro e vispo, è il Presidente della Fondazione ITS “Efficienza Energetica”.

d: “Efficienza energetica” è l’unico ITS presente in Basilicata, ed è nato –cito testuale- “per promuovere la diffusione della cultura tecnica e scientifica e soprattutto per attuare misure di politica attiva del lavoro”. Stiamo dunque parlando di un Istituto Tecnico Superiore, della creazione di professionisti altamente qualificati, di un’alternativa all’Università, insomma.

r: Benissimo, ma stiamo parlando anche di OCCUPAZIONE. All’interno del Ministero della Pubblica Istruzione a un certo punto si è detto: basta con una formazione teorica, partiamo con lo sviluppare attività che siano pratiche e che possano aiutare i giovani a trovare lavoro. La questione è sempre quella: cosa chiedono le imprese e cosa –invece- la scuola offre. Inoltre, con la riforma, attesa per il 2021, in ambito ITS, presto parleremo di una vera e propria prima laurea, “professionalizzante”. L’occupazione è infatti al centro del discorso Draghi.

d: Mi par di capire che al momento, rispetto a un “normale” corso di laurea, l’ITS si propone di indirizzare verso un più concreto sbocco lavorativo.

r: Un percorso formativo si assesta mediamente sulle 400-600 ore; un master è intorno alle 1.500 ore. E sono tutta teoria. Il percorso dell’ITS, invece, è di 2000 ore, di cui 400 sono di attività teorica, uguali per tutti (le varie certificazioni, sulla sicurezza, sull’informatica, sulla linguistica, oppure il patentino dei droni, aggiunto da noi), e poi ci sono 1600 ore, suddivise tra attività di laboratorio e tirocinio in azienda. Sono dunque le imprese che ospitano i giovani. La formazione non è quindi solo teorica, bensì strettamente legata alle attrezzature che le imprese hanno, quelle stesse imprese che hanno dichiarato una volontà di assumere. Ad oggi abbiamo lettere d’intenti di imprese che si dichiarano disposte ad assumere una ventina di persone.

d: Leggo che la probabilità di trovare subito lavoro è dell’80%...

r: L’ultimo monitoraggio parla del 90%. Finora, dopo il primo ciclo, il nostro ITS ha una percentuale di successo del 50%. Riteniamo che nell’arco dell’anno –oggetto di monitoraggio da parte del Ministero- riusciremo a “piazzare” il resto dei giovani.

d: In Basilicata c’è una consapevolezza adeguata di questa opportunità?

r: Con il Pnrr si è parlato molto di ITS, ma la verità è che nessuno ha mai fatto “pratica”. La questione vera è quella di trovare i giovani talenti, perché le imprese che vogliono assumere, mi creda, CI SONO. Sembra un’assurdità, in questo periodo di crisi, ma io posso assicurare che girando le aree industriali lucane trovo le imprese pronte alle assunzioni. Ciò che manca sono i giovani.

d: Perché se ne vanno.

r: I talenti vanno via. E tutto quel che rimane non sempre affronta il tema della propria professione, ma piuttosto aspetta la raccomandazione per essere “piazzato” da qualche parte, per lavorare pochi mesi all’anno. Un percorso come il nostro, di 2000 ore (che corrispondono a due anni di attività di formazione) invece PREPARA al lavoro. Il consiglio che do ai giovani è di puntare sugli ITS.

d: d: Purtroppo questa è anche la regione del “pezzo di carta”, i genitori vogliono vedere una laurea, basta che sia una…

r: Per noi questo è un elemento di grande interesse. Nel nostro percorso abbiamo una convenzione con l’università telematica E-Campus, che riconosce i crediti formativi, fino a 110, che corrispondo a circa due anni di attività universitaria. Parliamo ovviamente, della Facoltà di Ingegneria Industriale con indirizzo energetico: c’è dunque l’opportunità di frequentare l’ITS e di accumulare crediti formativi universitari senza pagare la retta universitaria.

d: Ritengo che in Basilicata ci sia un ITS che si occupa di Energia anche perché questa è la terra del petrolio. Sul vostro sito tuttavia si legge che quello fra “Oil&Gas e fonti rinnovabili” è un matrimonio che si può fare.

r: Nel marzo 2019, nei nostri laboratori, noi producevamo idrogeno. Nessuno lo sapeva, nessuno ne parlava. Oggi invece dell’idrogeno ne parlano tutti con grande interesse. Oil&Gas ha una sua rete di aziende che produce idrogeno, e ha interesse a farlo. Dal canto nostro, abbiamo promosso una start-up, che ha vinto il premio Ambrosetti-Total, partendo proprio dal nostro progetto formativo. Ciò implica che noi non creiamo soltanto dei “super tecnici”, ma aiutiamo i giovani a creare delle imprese. Pochi sanno che abbiamo sottoscritto un accordo con l’Università Cattolica di Milano per promuovere i talenti lucani. Così come la Total utilizza l’Ambrosetti, così come l’Eni utilizza la Fondazione Mattei, la Cattolica utilizza l’ITS per scoprire i talenti e sviluppare start-up di ogni tipo. Infatti, con la nuova riforma in atto (che sarà attiva fra il 2021 e il 2022) noi non saremo più ITS, ma delle Academy, e avremo la possibilità di sviluppare attività formative in più settori produttivi, non soltanto quello Energetico. Per noi in Basilicata è molto importante, perché abbiamo necessità di avere flessibilità, fornendo i vari “supertecnici” di settore.

d: Il petrolio presto o tardi finirà, e la questione “rinnovabili” bussa alla porta con sempre più vigore. Tuttavia c’è sempre chi afferma che chiedere le rinnovabili all’Eni è come chiedere al vinaio di vendere acqua.

r: Non è così. In più, ci sono anche nuove figure. I pannelli solari chi li smaltisce? Quali le società idonee? Se andiamo a vedere, sono sempre le solite, ma aziende locali non ce ne sono. La nostra idea allora è sempre la stessa: proviamo a fare della Basilicata una regione pilota. Soprattutto in ambito start-up e creazione d’impresa. Con questa nuova riforma l’ITS viene vista come la futura “Università delle Professioni”.

d: Come e quali sono i vostri rapporti con la Regione e le altre istituzioni locali? Come valuta il modus e l’esito delle recenti trattative con le compagnie petrolifere?

r: La politica DEVE avere uomini e dirigenti capaci di portare avanti le idee professate. Io non ho problemi a parlare coi politici dei temi che stiamo trattando, e loro non hanno problemi a farlo con me, ma è la pubblica amministrazione a essere ferma. Procedure che dovrebbero durare qualche mese vanno invece avanti per anni.

d: E questo da quando?

r: Da quando noi ITS siamo nati, dal 2018. In Regione avevamo presentato un piano per discutere del “Borgo dell’Energia” a Tempa Rossa.

d: Ebbene?

r: Dopo due anni di discussioni, Total non si è detta al momento disponibile. Tant’è che lo abbiamo “replicato” per Aliano, attraverso il contratto istituzionale: una proposta, per circa tre milioni, onde avere un luogo attrattivo in un’area colpita da depauperamento di popolazione. Il problema è sempre lo stesso: i tempi. Non voglio attribuire responsabilità, anche perché le figure (burocrati, politici e dirigenti) che abbiamo in Basilicata sono queste, ahimè –anche in fatto di numeri- e pazienza, con queste ci dobbiamo confrontare, con chi è adesso al governo della regione. Ma ho avuto difficoltà anche con altre istituzioni.

d: Sì, ma il discorso di Aliano com’è andato a finire?

r: Siamo in attesa di approvazione da parte di Invitalia. Con il Covid i progetti sono stati presi in considerazione in ambito Pnrr.

d: Ma se a Tempa Rossa è stata Total a non dare la disponibilità, la politica non c’entra. Oppure no?

r: Total è sempre un personaggio forte, e quando abbiamo chiesto loro i soldi che servivano per smantellare il campo delle maestranze…di darli a noi per ristrutturare e creare il Borgo dell’Energia…

d: …non siete stati sostenuti dalla Politica…

r: (silenzio) La risposta è stata: li abbiamo già dati ad altri per smantellare. (Sorride).

d: … ma cosa sarebbe questo “Borgo dell’Energia”?

r: La città del futuro. Una specie di campus per universitari e studenti ITS, giovani da tutto il mondo, per inciso.

d: Diceva di aver incontrato difficoltà anche con altre istituzioni.

r: Sì, l’ufficio scolastico regionale, come dire, ha perso molto tempo, per cui ci sono risorse assegnate agli ITS di cui io ancora non so nulla, cioè attendo di essere chiamato per essere informato circa il loro utilizzo. La Regione Basilicata non riesce a utilizzare tutti i fondi destinati agli ITS: noi abbiamo fatto più volte richiesta per poterne parlare e capire se e come possiamo utilizzarli.

d: Siete stati ricevuti?

r: Al momento no (martedì scorso – ndr), perché la persona di cui stiamo parlando è dimissionaria.

d: L’assessore Cupparo?

r: Siamo in attesa di capire chi è il successore, per incontrarlo e avere informazioni dirette.

d: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di pensare al bene dei giovani lucani. Draghi ha dichiarato che gli ITS rappresentano il futuro, il pilastro dei giovani italiani. In una regione di 500mila anime io ritengo che si possa fare moltissimo. Noi non siamo formazione continua, non siamo master, non siamo alta formazione: siamo formazione indirizzata a giovani che hanno voglia di lavorare.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Via l’Italia”. L’Italia ce la può fare, soprattutto con questo innesto del Pnrr.

d: E la Basilicata ce la può fare se…?

r: Si mette a lavorare. E’ il lavoro ciò che manca.

d: Il lavoro per i giovani?

r: No! Mi riferivo al lavoro di chi sta nelle istituzioni!

d: Non si lavora?

r: Direi che il lavoro è condizionato. Non dico che non ho visto dirigenti che lavorano o che fanno straordinari, ma la questione è trovare LE SOLUZIONI ai problemi.

d: Fra qualche anno cosa le piacerebbe leggere a proposito degli ITS?

r: Spero in realtà che se ne parli poco, perché nel frattempo sono diventati un’attività ordinaria, con campus universitari, laboratori e flussi di alternanza scuola-lavoro in ognidove, e flussi di scolaresche da tutta Europa. Ecco, quel che chiederei a Total è proprio questo: possiamo confrontarci con gli studenti francesi? Possiamo ospitarli per far vedere le meraviglie delle estrazioni e di ciò che possiamo esprimere in tutta la Basilicata?!

 

 

 

 

di Antonella Sabia

 

 

 

 

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Il comparto sanità ha vissuto negli ultimi due anni momenti di estrema criticità a livello nazionale, problemi del passato che sono stati estremizzati dal Covid e che vengono costantemente denunciati dall'Associazione Nuova Sanità e Benessere che si occupa di salute e tutela dell'ambiente. Abbiamo affrontato questi temi con l'Avvocato Leonardo Pinto, presidente onorario dell’associazione, che afferma: «Bisogna prima far funzionare bene i presidi sanitari ed ospedalieri esistenti; se non si è in grado di farlo, come accade, è inutile pensare a riforme».

d: Quali sono i punti più critici di questa gestione?

r: Oltre alla disorganizzazione (da Lauria a Maratea, da Chiaromonte a Villa d’Agri, Policoro, Stigliano, Tricarico, passando per Potenza e Matera), un po’ in tutte le strutture ci sono carenze di personale e un mancato svolgimento, ovvero irragionevole durata di concorsi per il reclutamento di personale medico e ausiliario in generale; a tutto questo bisogna aggiungere la gestione clientelare e politica della sanità che c’è stata e c’è nel Paese. È un problema nazionale, ma il passaggio dallo Stato alle Regioni, e la creazione di un sistema aziendale si è rivelato fallimentare, il covid questo l’ha messo ulteriormente in evidenza. Per non parlare dei lunghissimi tempi delle prenotazioni per le visite specialistiche. Questo accade solo nelle strutture pubbliche perché nel privato nell’arco di pochi giorni si risolve.

d: Un buon amministratore quali caratteristiche dovrebbe avere?

r: Un amministratore oculato dovrebbe essere come un medico che prima fa la diagnosi per individuare la malattia e poi fa la prescrizione dei farmaci per guarire il malato. Questi politici si rifiutano di fare la diagnosi per capire perché non funzionano le cose. Questo rifiuto ostinato non riguarda solamente l’attuale situazione, non dimentichiamo che la sanità materana è stata stravolta, e sono ancora in corso dei processi, siamo rispettosi della giustizia e aspettiamo dunque l’esito. Vorrei sottolineare inoltre che non è possibile avere la pretesa di applicare il parametro costo-beneficio in alcuni servizi essenziali, qual è la sanità: parliamo di tutela della salute, che non si ottiene guardando i costi, è prevista dall’articolo 32 della Costituzione, si tratta di diritti personalissimi e inviolabili. Va tutelata la salute del cittadino di Cirigliano, come quello di Pescopagano, a prescindere, facendo ricorso per la copertura della relativa spesa, alla fiscalità pubblica. L’assurdo è che la sanità privata finanziata dalla sanità pubblica funziona, mentre la sanità pubblica che finanzia la privata, non funziona. Non occorrono dunque scienziati, semplicemente buon senso, applicazione e volontà di risolvere i problemi.

d: Come associazione, quali sono le principali richieste all’amministrazione regionale?

r: Lo abbiamo già fatto durante la conferenza e reitero la richiesta di dimissioni dell’assessore Leone, che dopo due anni anziché far migliorare il quadro delle strutture sanitarie lucane, lo ha di fatto peggiorato. Il presidente Bardi deve prendere atto di questo disastro e correre ai ripari con urgenza.

d: Si inizia a parlare di rimpasto, ANBS si augura che Leone possa essere sostituito?

r: L’associazione che mi onoro di rappresentare non si interessa di questioni politiche, abbiamo degli obiettivi precisi previsti nel nostro statuto, la tutela della salute e l'individuazione di un nuovo modello di sanità pubblica e la tutela dell'ambiente.

d: Cosa dovrebbe prevedere questo modello?

r: Innanzitutto deve far funzionare l’esistente; secondo lei può accadere che un medico possa impuntarsi nel dire di non voler andare a lavorare a Stigliano, piuttosto che a Tricarico? Un insegnante, dopo aver vinto un concorso, non può rifiutarsi di andare nella sede assegnata, pena il licenziamento, vale lo stesso per un magistrato che vince il concorso e va dove viene assegnato dal Ministero. Perché mai la politica consente ai medici di rifiutare di prestare il servizio laddove vengono assegnati? Con questo meccanismo si sta chiudendo l’ospedale di Stigliano; istituito per la prima volta nel 1876 nel palazzo Correale, come ospedale della montagna... ma come fa un anziano per un esame di emocromo ad andare a Policoro o a Matera? Con l’arrivo della gestione aziendalistica, si decide di chiudere un ospedale come questo perché i malati sono pochi, ma una gestione pubblica che si caratterizza in questo modo, è una pessima gestione.

d: La pandemia ha messo in luce queste problematiche, da che cosa si dovrebbe ripartire?

r: Dovrei menzionare un altro serissimo problema, nessuno si è preoccupato di creare collegamenti con mezzi pubblici tra i vari comuni e le strutture ospedaliere di riferimento, poiché non tutti hanno la possibilità di farsi accompagnare o recarsi con il proprio mezzo. Questi presupposti non richiedono studi particolari, solo il buon senso politico, è un giudizio impietoso ma non ci sono giustificazioni che tengono.

d: A questa vostra richiesta di dimissioni, e più in generale alle vostre domande, qualcuno ha risposto?

r: Abbiamo avanzato la richiesta da pochi giorni, ma fino ad ora ci risultano solo mormorii politici. Tenga presente che alla nostra conferenza stampa abbiamo invitato gli amministratori regionali comunicando il tema, ma sono risultati presenti solamente i consiglieri Acito e Perrino, gli altri tutti assenti. È un altro sintomo del disinteresse verso un problema del genere, che viene gestito in maniera politicamente negativa. Abbiamo chiesto notizie all’ARPAB e al direttore sulle attività estrattive della TOTAL, ma non ha risposto, impedendo all’associazione il raggiungimento degli scopi sociali. È un problema così evidente che non ci sono spazi per giustificare omissioni e carenze ingiustificabili. È ora che i lucani prendano atto della situazione che si è venuta a determinare a livello politico regionale e riflettere sul futuro.

 

 

 

 

de_stradis_e_miglionico.jpgdi Walter De Stradis

 

 

 

Durante il Lockdown del 2020, si è messo a pensare ai personaggi lucani illustri e la mano ha dato seguito a quelle riflessioni, trasferendole sul foglio da disegno. Dopo essere stati una mostra, i “Ritratti di Basilicata” di Michele Miglionico -già sindaco di Satriano di Lucania e attualmente presidente del Gal “PerCorsi”- sono diventati un libro coi testi dell’associazione “Cosmopolites”.

d: Perché un libro di “ritratti lucani”?

r: E’ una cosa nata durante il primo Lockdown. Dopo lo smart working e le faccende di famiglia, dedicavo del tempo a una mia vecchia passione giovanile, quella del disegno, che avevo interrotto. All’inizio non pensavo a una pubblicazione, semplicemente ho rubato dei fogli Fabriano 4 alle mie figlie, e mi sono messo all’opera con pennarelli indelebili molto semplici, di diverse dimensioni. Così ho iniziato a disegnare i volti di personaggi lucani, o di persone illustri che avevano avuto a che fare con la Basilicata, di volta in volta con una sensibilità diversa. Quando ho disegnato Rocco Scotellaro, per esempio, stavo pensando ai giovani sindaci lucani (come lo ero stato io un tempo), che stavano affrontando la tragedia della Pandemia. Posso testimoniare che a Satriano, per esempio, i cittadini non si sono mai sentiti abbandonati, in forza di un rapporto che si può instaurare solo col sindaco di un piccolo comune.

d: Aiutiamoci dunque con gli spunti che ci possono fornire alcuni dei personaggi ritratti nel libro. Vedo che c’è Carlo Alianello, autore del famoso romanzo “L’eredità della priora”, divenuto negli anni Settanta anche un telefilm, con le musiche di Eugenio Bennato. In regione si parla spesso, a sproposito o meno, di uno “spirito dei briganti” che è andato perduto…

r: Il discorso è complesso, perché se si intende il brigante come figura rivoluzionaria violenta, è un concetto che non mi appartiene. Preferisco pensare al brigante come alla figura di chi non ci sta, colui che vuole difendere la propria terra e le proprie radici –come fu all’epoca- in un processo di trasformazione culturale non condiviso. A me non piace l’idea di essere soltanto “contro”, perché credo si debba proporre anche delle alternative. Ho l’impressione che a volte sia più facile lamentarsi e basta, mentre se ci pensiamo le cose positive ci sono, una su tutte i progressi nel turismo.

d: Secondo lei qual è la più grossa ingiustizia alla quale è sottoposto il Lucano al giorno d’oggi?

r: Ingiustizie vere e proprie non ne vedo. Nelle attività di programmazione e di sviluppo non sempre si è agito con oculatezza, questo sì, ma non parlerei di ingiustizie.

d: Emilio Colombo: lei lo ritrae con una testa bella grossa. Sovente nelle interviste ci viene citato ancora come “modello politico” lucano da seguire. Verrebbe da chiedersi: possibile che siamo rimasti ancora a Colombo? Che non ce ne siano di nuovi?

r: Beh, forse dipende dalle numerose cariche pubbliche che ha avuto e per il periodo storico nel quale ha operato, un periodo in cui sono state realizzate infrastrutture che hanno fatto uscire la Basilicata dall’isolamento del “paese”. Tuttavia, oggi le infrastrutture culturali sono importanti al pari, se non di più, di quelle culturali, e quindi in effetti verrebbe da individuare un diverso riferimento politico.

d: E allora mi dica qual è, secondo lei, un altro personaggio rappresentativo della politica recente…

r: Beh, difficile non pensare –o esserne addirittura orgogliosi- a Roberto Speranza, che sta interpretando il ruolo di Ministro della Salute con efficacia e sobrietà.

d: Però nel suo libro di ritratti non c’è. Non l’ha ispirata.

r: No, infatti, non so perché (ride). Forse perché era il primo Lockdwon, ed era troppo presto per valutarlo. Oggi ritengo che la Facoltà di Medicina sia un grande risultato e che a lungo andare la Storia tributerà un giusto riconoscimento per tutti coloro che si sono battuti per questa opportunità per i giovani lucani (e non solo).

d: Sto guardando il suo ritratto di Carlo Levi, autore di “Cristo si è fermato a Eboli”. Oggi verrebbe forse da dire “Cristo si è fermato a Sicignano” (per i lavori stradali infiniti).

r: (Sorride) Parlo spesso con imprenditori che lamentano difficoltà sia nell’import che nell’export di materiali e forniture. Anche se ci sono zone della Basilicata un po’ più fortunate –in tema di viabilità- rispetto alle zone interne…

d: Il tema del giorno è la possibilità che Amazon crei uno stabilimento in Basilicata. Si è parlato di Tito o Melfi, ma il candidato sindaco Gianni Pittella ha messo sul piatto anche la sua Lauria. Lei avrebbe una zona da proporre?

r: Non mi appassiona il discorso del “dove”. Temo stia diventando una “guerra tra poveri”.

d: La notizia è piombata in piena campagna elettorale.

r: Evvabbè, ma questo è campanilismo sterile. Io mi preoccuperei di verificare innanzitutto che la notizia data dall’uscente assessore Cupparo abbia un fondamento, e poi di fare in modo che Amazon scelga effettivamente la Basilicata, fra le possibilità offerte dal Sud. Questo è ciò che conta davvero. Bisogna lavorare tutti in questa direzione. Prenda la Fiat: all’epoca qualcuno era scettico sulla possibilità che degli operai si sorbissero un’ora e mezzo di pullman all’andata, e altrettante al ritorno. Eppure molti dal mio paese, Satriano, vanno a Melfi, così come tanti altri dal Marmo-Melandro o dalla Val D’Agri. Ne consegue che il bisogno del lavoro in Basilicata è grandissimo. Pertanto, cerchiamo di non sprecare le occasioni: c’è il rischio che a litigare troppo questi di Amazon si stanchino e cambino idea.

d: Nel suo libro ci sono molti personaggi del cinema (Coppola, Wertmuller, Pasolini…): le dimissioni dell’assessore Cupparo, al momento in cui parliamo, sembrano quasi un film “giallo”.

r: Non è questione di chi va via e di chi verrà al suo posto. Tantomeno mi permetto di dare giudizi sull’operato di chicchesia. Ma a me spaventa il VUOTO, creatosi in un momento difficile, in cui si è ancora in fase di programmazione e si cerca di capire come spendere le risorse che arriveranno. Anzi, per citare ciò che diceva l’altro giorno a Brienza un responsabile lucano di un istituto bancario, la parola “spendere” mette paura, meglio sempre parlare di “investire”. Questo momento di fermo, pertanto, a me fa paura, perché rischiamo di perdere tempo prezioso nella pianificazione degli investimenti.

d: Specie in questo momento, allora, se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

r: Appunto di accelerare. I tempi morti nella politica sono come le fasi di studio su un malato: studiare è importante, ma nel frattempo la malattia va avanti, e a volte le terapie individuate si rivelano tardive.

d: Lei ha ritratto anche Mango, veniamo dunque alla musica. Sarà mai possibile creare in Basilicata un grande evento stile “Notte della Taranta” o prima ancora, come sostengono in molti, bisogna pensare alle infrastrutture (che non ci sono)?

r: Con me sfonda una porta aperta. Da sindaco diedi vita al “Lucania Etno Folk”: sottoponemmo l’idea all’allora governatore De Filippo che si mostrò interessato, e coinvolgemmo subito Eugenio Bennato che aveva fatto tutta una ricerca sulla tarantella. Quel festival crebbe molto, e subito. Tuttavia, in poco tempo ci scontrammo con questo “malessere interno”: le risorse pubbliche da investire nella Cultura te le fanno sempre passare come un lusso, un “di più”. Questa cosa non la digerisco. Come Comune, infatti, non avevamo le risorse utili a far diventare quel Festival qualcosa di grande e stabile, e alla fine i contributi assegnati divennero via via sempre più irrisori. E allora io mi chiedo: perché la Puglia ci riesce e noi no? E pensare che noi non abbiamo nulla da invidiare -come patrimonio antropologico e musicale- ma evidentemente non si è capaci, non si comprende che la musica, intesa come attrattore, va sostenuta.

d: Il film che la rappresenta?

r: Non credo ce ne sia uno in particolare.

d: La canzone?

r: Adoro Pierangelo Bertoli, e quindi direi senz’altro “A muso duro”.

d: Il Libro?

r: Ultimamente mi ha molto preso il libro di Barack Obama.

d: Fra cent'anni cosa le piacerebbe ci fosse scritto sulla sua lapide?

r: «Innamorato di questa terra e di questo popolo».

 

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La Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi, ha inviato al presidente Bardi, agli assessori e ai consiglieri una nota con cui chiede che la Regione Basilicata adotti il Gender Responsive Public Procurement per promuovere la parità di genere e l’occupazione femminile nelle imprese lucane. Tale nota è stata inviata anche alle Organizzazioni sindacali e datoriali. ne dà comunicazione la stessa Pipponzi.

Come è noto, il tasso di occupazione femminile in Basilicata (come nel Mezzogiorno) pur evidenziando una leggera crescita, si posiziona ben al di sotto del tasso nazionale che si assesta al 49% nel 2020 contro il 37,7 % della Basilicata e il 32,5% del Mezzogiorno (fonte Istat). In Basilicata il tasso di inattività è marcatamente femminile (57,8% ) rispetto a quello maschile che si ferma al 31,3% , tendenzialmente in lieve decrescita dal 2013 al 2019 per entrambi i generi. Nel corso del 2020, purtroppo, il divario occupazionale è stato aggravato dalla crisi economica che, a seguito della pandemia, ha colpito in altissima percentuale le donne.

“Per colmare questo divario - dichiara Pipponzi - sono necessarie misure concrete in grado di segnare un cambio di passo reale verso la parità di genere. Occorre soprattutto incentivare le imprese per creare un sistema che introduca elementi di equità tra lavoratori e lavoratrici, favorendo di conseguenza la crescita sociale ed economica dell’Italia e dei singoli territori regionali. È evidente dunque che il lavoro, e perciò il connesso sviluppo del territorio e della parità di genere, debbano essere sempre collegati ad una Strategia che punti ad utilizzare le risorse del prossimo ciclo di programmazione per ridurre i divari”.

A livello europeo sono stringenti gli indirizzi per l’introduzione del Gender Responsive Pubblic Procurement, un nuovo sistema introdotto a livello europeo e previsto dalla Agenda Onu 20/30 per promuovere la parità di genere come leva dello sviluppo economico sostenibile, prevedendo una nuova responsabilità sociale rivolta alle imprese ed al mondo del lavoro.

Il Gender Procurement, come è noto, è uno strumento introdotto dalla Commissione Europea, inserito nel Pnrr, nell’ambito dei cicli di programmazione, per favorire gli investimenti in parità ed è relativo agli appalti della pubblica amministrazione regionale – ad esempio anche quelli che saranno attivati con il Recovery fund – con punteggi che premiano le imprese che adottino l’uguaglianza di genere nelle retribuzioni, nelle carriere, nel management attraverso l’individuazione di indicatori adeguati. In ossequio ai dettami sovranazionali, potranno essere individuati una serie di criteri che richiedano alle imprese destinatarie degli investimenti concrete azioni a favore della parità in azienda, con specifiche traguardi da raggiungere quanto ad equilibrio di genere nelle posizioni manageriali e di eliminazione del divario retributivo/salariale.

“Recuperando, dunque, i dettami del Piano europeo di ripresa economica - prosegue la Consigliera regionale di parità - si auspica che la Regione Basilicata, alla stregua di quanto fatto in altre Regioni d’Italia, ponga in essere un approccio innovativo alle politiche di programmazione, orientato al genere, con l’obiettivo di sviluppare una nuova responsabilità sociale sulla parità, una leva per favorire la partecipazione delle donne ai processi di sviluppo sostenibile e all’innovazione e promuovendo la partecipazione al mercato del lavoro, sia nei settori produttivi ad alta concentrazione femminile che in quelli innovativi ed emergenti. Si garantirebbe, così, a tutti i cittadini, indipendentemente dal genere, la possibilità di ricevere servizi uguali, aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi stessi, incoraggiando i fornitori a sviluppare e offrire servizi che siano coerenti con gli obiettivi della parità di genere”.

Attraverso il Gender Responsive Pubblic Procurement (Grpp) nelle procedure di gara per gli appalti pubblici si introdurrebbero criteri e misure specifiche.

In particolare, le azioni da porre in essere potrebbero essere articolate su due livelli:

a) I Criteri di aggiudicazione:

Attraverso la previsione di “punteggi tabellari” potrà essere possibile valutare la qualità della struttura organizzativa del personale coinvolto nell’esecuzione della prestazione oggetto dell’appalto.

b) I Criteri aggiuntivi:

Con la previsione di criteri aggiuntivi, da applicare in presenza di offerte valutate come equivalenti, si potrà introdurre la valutazione di criteri sociali che non siano strettamente connessi all’oggetto della prestazione, ponendo così obiettivi di più ampio respiro. In particolare, potrà essere valutata positivamente l’assenza, negli ultimi tre anni, di verbali di conciliazione extragiudiziale per discriminazione di genere di cui al D. Lgs. n. 198/2006 (c.d. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna); l’assenza, negli ultimi tre anni, di una sentenza passata in giudicato di condanna al reintegro nel posto di lavoro della lavoratrice licenziata in violazione del divieto di licenziamento stabilito dall’art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001, ovvero per altra condotta discriminatoria sul posto di lavoro; la presenza di politiche aziendali che favoriscono la conciliazione vita-lavoro (es. la flessibilità oraria, il ricorso allo smart working); la presenza di asili nido aziendali.

Sulla base di alcune esperienze già realizzate, si potranno individuare i seguenti ulteriori elementi, come potenzialmente idonei ad orientare la valutazione:

– imprese che dimostrino di aver condotto periodicamente (con cadenza almeno annuale) un’analisi, in ottica di genere, della popolazione aziendale e dei relativi fabbisogni, in termini di conciliazione vita-lavoro;

– imprese che abbiano attivato percorsi di formazione finalizzati a sensibilizzare i vertici aziendali a considerare “la diversità come valore”, a costituire team multidisciplinari ed equamente composti tra generi;

– imprese che abbiano introdotto misure family friendly, quali i congedi obbligatori per i padri, il bonus gravidanza, l’estensione della durata del congedo obbligatorio, come misure finalizzate a migliorare il benessere organizzativo e il clima organizzativo all’interno dell’azienda, a scardinare gli stereotipi di genere, a favorire la redistribuzione del carico di cura familiare tra uomini e donne.

“A tal riguardo potrebbe essere utile mutuare quanto già predisposto dalla vicina Regione Puglia, che ha calibrato tale mappatura nell’ambito della predisposta Agenda di Genere regionale”, dichiara la Consigliera regionale di parità, che auspica di avere stimolato l'interesse sul tema del divario di genere che da alcuni osservatori indipendenti (Svimez) è considerato quale causa efficiente del sottosviluppo economico del Sud del Paese; da qui la necessità di intervenire con un approccio innovativo, quale il Gender Responsive Pubblic Procurement.

 

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di Walter De Stradis

 

 

Occhiali grandi e barbetta sapientemente incolta, già militante del Partito Democratico e presidente del Forum Regionale dei Giovani, Carmine Lombardi è oggi il vivace segretario regionale della Feneal UIL, ramo sindacale che si occupa di edilizia, industrie affini e dunque di infrastrutture.

(L'intervista si è tenuta mercoledì, ovvero prima delle dimissioni di Cupparo - ndr)

d: Come giustifica la sua esistenza?

r:Mi piace considerarla una missione, a servizio dei più deboli, di chi ha bisogno.

d: Lei anni fa è stato presidente del Forum Regionale dei Giovani, che tuttavia oggi –al netto della Pandemia- mi pare un po’ assente dalle cronache. Può esserci una qualche motivazione di carattere “sociale”?

r:Devo dire che per me è stata una palestra, sicuramente più libera rispetto agli steccati di partito e alle incrostazioni di sistemi più organizzati. Oggi invece direi che inizia a mancare proprio la “materia prima”: questo continuo esodo dei nostri giovani ci sta impoverendo della ricchezza più importante. Basta vedere ciò che sta accadendo alle amministrative: spesso c’è una lista sola, e quando ce n’è un’altra, di solito è “civetta”. Inizia dunque a mancare quel meccanismo di rottura con lo status quo del passato. E tutto questo deve preoccuparci.

d: Però al contempo notiamo anche tutta una serie di giovani sindaci, di giovani assessori, anche a livello regionale.

r:Significa, per fortuna, che quelli che resistono in Basilicata almeno si propongono. Tuttavia mancano le palestre di una volta (le giovanili di partito, le associazioni, il Forum stesso), e questi nuovi spesso arrivano impreparati. In pratica, la “palestra” la fanno nei primi anni di amministrazione.

d: A spese dei cittadini?

r:E poi magari alcuni errori si ripercuotono sugli enti. Bisogna tornare a quei luoghi, a quelle occasioni ove prepararsi ad amministrare la cosa pubblica.

d: Ma se, come abbiamo detto, manca proprio “il materiale” (i giovani), da cosa deve ripartire la politica?

r:Dalle scelte. In questa regione purtroppo si è smesso di pensare, di programmare lo sviluppo (ammesso che ce ne sia ancora la possibilità). Proprio in questi giorni, a margine di una brutta vertenza al centro oli di Viggiano, è emersa questa contraddizione: non si capisce cosa si voglia fare col petrolio, quale sia il rapporto tra chi fa impresa nella nostra regione e le istituzioni stesse. Io mi occupo di infrastrutture: bisogna fare delle scelte, e bisogna farsi trovare pronti all’appuntamento del Pnrr, altrimenti quelle risorse andranno altrove.

d: C’è chi invoca una cabina di regia, fatta di esperti, affinché la Regione spenda bene quei soldi.

r:E’l’ultima opportunità. A livello nazionale occorre che si entri nel vivo della programmazione; a livello locale, bisogna che si presentino subito dei progetti mirati. Dalle scelte che faranno oggi dipenderà il futuro di questa regione. Gli indicatori continuano, purtroppo, a essere tutti negativi: bisogna dunque decidere, territorio per territorio, il da farsi.

d: La giunta regionale le appare dunque ferma al palo?

r:A prescindere dagli schieramenti, ho la sensazione che ci sia il deserto.

d: Deserto di idee?

r:Di idee, di entusiasmo, di uomini. Come dicevo, è qualche decennio che abbiamo smesso di programmare. Mancano i luoghi e i riferimenti, anche umani. Guardi, destra o sinistra non ci interessa più di tanto: c’è bisogno di un nuovo progetto di sviluppo per la nostra terra, ma anche di capire CHI dovrà guidarlo. Ma ho la sensazione, ahimè, che manchino proprio i riferimenti.

d: Manca la leadership?

r:Anche un luogo dove confrontarci. Pensi al Piano Strategico regionale: ne abbiamo perse le tracce. Non è solo questione di Bardi -o prima ancora di Pittella-, manca proprio l’idea di sedersi attorno a un tavolo e confrontarsi e capire cosa serve alla nostra regione. Qui si rischia di scomparire proprio.

d: Uno che legge però potrebbe a questo punto domandarsi: se un sindacalista -che è addentro alle vertenze concrete del lavoro e dello sviluppo- dice che mancano le persone e pure i luoghi ove confrontarsi, allora nel Palazzo cosa fanno dalla mattina alla sera? Si gioca a carte?

r:Mmm, sembra che il discorso della “palestra” valga non solo per i giovani, ma anche per gli altri amministratori. Pensi che Bardi qualche tempo fa ci ha “sfidati”, come sindacato, a tirare fuori le proposte per le infrastrutture. E noi lo abbiamo fatto. Prendiamo l’alta velocità: è mai possibile che la nostra regione non sia toccata da un tipo di infrastruttura utile a metterci in connessione con i grandi centri di interesse nazionale? Stiamo ristrutturando, con grande fatica, il raccordo Sicignano-Potenza, ma è allarmante la lentezza con cui si arriva al risultato. Oggi, infatti, stiamo realizzando opere immaginate negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta del Ventesimo secolo; ma una volta –e con grande ritardo- ultimato il tutto, ci sarà il vuoto.

d: E la vostra risposta alla “sfida” lanciata da Bardi che esito ha avuto?

r:Nessun esito. E questo ci preoccupa molto. E’ ormai troppo tempo che in questa regione non si pratica l’esercizio del confronto. Sono uno o due decenni che in pratica si governano le emergenze, e nulla più. Prendiamo l’apertura della facoltà di medicina a Potenza: ottima cosa, certo, ma dobbiamo anche capire quali sono le scelte per il futuro della sanità regionale. La Pandemia ci ha insegnato che forse occorre investire di più nella medicina di prossimità, sugli ospedali del territorio.

d: Sono diverse le vertenze che riguardano il settore lavoro in Basilicata, dal petrolio all’edilizia: c’è forse un comune denominatore?

r:Sì, le scelte mancate. Sa cosa accadrà nel prossimo futuro in Val D’Agri? Eni stessa dice che nei prossimi anni si andrà con il segno meno, perché tutte le scelte nazionali vanno in una direzione diversa, verso la transizione energetica. Cioè il petrolio prima o poi finirà ed è quindi lo stesso “player” a dirci che altre opportunità non ce ne saranno. E noi, dal canto nostro, cosa abbiamo chiesto in questi anni ad Eni? Risorse per tappare qualche buco! Forse andavano chiesti investimenti, proprio nell’ottica della transizione energetica. E oggi quelle mancate scelte le paghiamo, un’inerzia che ci fa ricadere tutti sempre nel limbo delle emergenze.

d: Forse la politica ha bisogno che ci siano SEMPRE le emergenze, ha bisogno che il cittadino dipenda dalla politica stessa.

r:E questa è la politica con la “p” minuscola. Noi siamo stati abituati meglio, quando SI CREAVANO le opportunità e soprattutto si prevedevano, si immaginavano prima.

d: C’è una figura politica che la ispira particolarmente?

r:A livello internazionale citerei Obama. In Basilicata, beh, anche se molto discussa come personalità politica, e pur con qualche ombra, a mio avviso Emilio Colombo è stato sicuramente un punto di riferimento per la nostra regione. Il suo contesto storico era quello della Basilicata della povertà, ma ha saputo traghettarla nel futuro: certe grandi opere le dobbiamo a lui e a tutta quella storia di grandi personalità che hanno saputo interpretare quel momento particolare della nostra terra.

d: Si sente dire spesso che Roberto Speranza possa essere “il nuovo Emilio Colombo”. Lei cosa ne pensa?

r:Credo che abbia avuto una grande opportunità con l’essere Ministro della Salute proprio in questo momento storico, ma è anche vero che si è trovato ad affrontare un qualcosa, la Pandemia, che nessuno si sarebbe mai aspettato. E devo dire che proprio quella “palestra” da lui vissuta all’epoca delle giovanili di partito o delle amministrazioni locali oggi gli è tornata utile nell’affrontare, con grande pragmatismo, l’attuale emergenza. Penso che la sua presenza nel Governo sia un lustro per la Basilicata e per tutto il Sud.

d: E se invece potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r:Che c’è bisogno di un atto d’amore da parte sua. La Basilicata ha grandi problemi e ha bisogno di grande impegno. Gli chiederei pertanto di mettere attorno a un tavolo tutti gli attori di buona volontà che vogliono disegnare una Basilicata nuova.

d: E per cosa gli tirerebbe il lobo dell’orecchio?

r:Mmm, penso che ci sia bisogno di maggiore presenza, di maggiore vigore nell’iniziativa. Non sappiamo quanti giorni Bardi sia effettivamente presente in Regione, e ci interessa poco, ma i Lucani si attendono una maggiore presenza dal punto di vista delle scelte. Hanno bisogno di percepire che C’E’ un governo regionale che vuole dare una svolta a questa terra. L’hanno votato per questo. Altrimenti continuavano a votare il centrosinistra.

d: E il centrosinistra, dal canto suo, cosa deve fare per recuperare credibilità?

r:Ammettere le proprie colpe. A un certo punto non abbiamo più ascoltato le persone, non abbiamo percepito il loro grido di dolore. Non è certo per colpa dei genitori se questi si sentono sconfitti quando i figli se ne vanno via.

d: Forse si è pensato solo a gestire.

r:Esattamente. Non si è programmato, né deciso alcunché, e abbiamo perso di lucidità.

d: Il film che la rappresenta?

r: “La vita è bella”. Sono cambiati gli attori, ma quella vicenda è ancora viva.

d: La canzone?

r:Non me ne basta solo una: “Il ragazzo della via Gluck” di Celentano; “E pure il vento soffia ancora” di Bertoli e infine, un appello a noi Lucani, “La Storia siamo noi” di De Gregori”.

d: Il libro?

r:Mi limito a citare un libro letto da poco, “Il Sistema”, di Sallusti e Palamara. Una vicenda che non dobbiamo trascurare e che incide molto nelle dinamiche nazionali. E anche locali.

d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

r:Mi piace pensare che chi passerà davanti alla mia immagine possa dire: “Era una brava persona…”. Oggi c’è lo stereotipo dell’uomo forte, invincibile, quando sarebbe sufficiente essere tutti un po’ più …“brave persone”.

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di Antonella Sabia

 

 

 

 

Fioriscono una sola volta all’anno nel deserto cileno, ma in quel giorno rendono la superficie arida, una distesa di colori. Sono le rose di Atacama, che danno anche il nome ad un libro di Luis Sepulveda, storie di persone che hanno saputo resistere con coraggio alle tirannie della vita, a cui l’autore ha voluto regalare un po’ della visibilità che nessun libro di storia gli avrebbe mai donato. Non è un caso la scelta del nome per l’Associazione potentina “Le Rose di Atacama”, nata ormai diversi anni fa dalla voglia di mettere insieme persone con diversi percorsi di vita. “La nostra associazione si è costituita nel 2011, con la forza di sole donne (che ricoprono ruoli apicali nella stessa) con esperienze di vita diverse, tra queste, donne straniere emigrate dal loro paese di origine, ma anche storie come la mia, che dopo tanti anni di lavoro dipendente e un lavoro certo alle spalle, decido di guardarmi intorno e fare altro. Un vero e proprio luogo di confronto che con il tempo è diventato un laboratorio di progettazione”, ci racconta la presidente Anita Sassano.

d: Con quali obiettivi è nata l’associazione?

r: Quello di favorire l’integrazione, la maggior parte dei soci tra cui anche i fondatori erano tutte persone straniere, provenienti da altre realtà. Siamo nati con l’obiettivo di occuparci di iniziative di promozione sociale autofinanziate, raccolta fondi, oltre a essere un luogo di confronto tra le idee. Nel tempo, parlando anche di immigrazione e integrazione, abbiamo avviato casualmente questo percorso di gestione dei progetti, nel 2013, infatti, siamo stati la prima associazione ad accogliere i primissimi 15 migranti quando arrivavano con i barconi.

d: Come è stata questa esperienza all’inizio?

r: È emotivamente coinvolgente e forte, i primi che arrivarono erano messi molto male, sia fisicamente che psicologicamente, siamo dovuti intervenire in alcuni casi anche con gli psicologi. C’è poi tutto l’ambito dei minori non accompagnati, mandati via dai genitori in cerca di fortuna, che accogliamo sin dal 2014 in una struttura.

d: Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato?

r: La difficoltà iniziale è stata quella di crearsi un nome, farsi conoscere: c’è da dire comunque che l’associazione è composta da diversi professionisti, e abbiamo messo in campo tutte le nostre qualità, la capacità di creare relazioni, che ci hanno dato la possibilità di accreditare l’associazione presso gli enti pubblici e altri soggetti che ci hanno dato fiducia. Ritengo che una delle nostre migliori qualità sia la voglia di non lavorare mai da soli, in genere creiamo una rete, perché per noi sono fondamentali le risorse umane, nei vari progetti c’è posto per tanti professionisti: docenti, psicologi, avvocati ecc.

d: Si parlava di storie che si intrecciano: quante hanno segnato il vostro percorso?

r: Le nostre sono quasi tutte storie belle, abbiamo raggiunto tanti successi e ci hanno dato tanti riconoscimenti. Facciamo parte anche dell’UNAR, ente nazionale contro il razzismo, con il quale ci occupiamo di politiche discriminatorie e pari opportunità.

d: Si parla spesso della difficoltà dell’integrazione di queste donne e questi uomini nel nostro contesto sociale e lavorativo, lo può confermare?

r: In linea generale è una cosa piuttosto vera, nello specifico posso dire che siamo stati fortunati oltre che bravi noi. Non abbiamo mai avuto alcun problema nella gestione e nell’accoglienza dei migranti, abbiamo favorito l’integrazione di tanti ragazzi che abbiamo aiutato ad inserirsi lavorativamente, altri continuano a lavorare con noi. Questa cosa quindi io non l’ho vissuta direttamente, ma sicuramente ci sono delle difficoltà che cerchiamo di abbattere, a partire dal problema linguistico, tant’è che uno dei nostri progetti riguarda appunto l’apprendimento della lingua italiana. Tra l’altro, una volta imparata la lingua, talvolta sono anche avvantaggiati rispetto ai ragazzi italiani poiché molti di loro conoscono oltre ai dialetti del loro paese di origine anche inglese e francese, addirittura alcuni anche l’arabo.

d: In questi 10 anni, cosa è cambiato?

r: La nostra accoglienza era diversa, non ci limitavamo alle pratiche burocratiche e alla prima accoglienza, ma andavamo oltre. Questa cosa abbiamo dovuto lasciarla perché ci siamo resi conto, con il decreto Salvini, che le restrizioni economiche non ci permettevano di lavorare più bene. Premetto che chi vuol far bene questo lavoro ovviamente non deve pensare di arricchirsi, perché ciò che si riceve va utilizzato per l’accoglienza, per i bisogni delle persone, ma anche per pagare dignitosamente gli operatori notturni e le risorse umane coinvolte. È per questo che noi ad un certo punto coscientemente ci siamo tirati fuori: ci teniamo ad essere riconosciuti per il lavoro fatto in un certo modo; a nostro discapito e a discapito delle persone che abbiamo dovuto licenziare, abbiamo scelto di non fare più accoglienza.

d: Quali sono i progetti in campo oggi?

r: Sta per entrare nel vivo un progetto che abbiamo presentato lo scorso agosto, alla presenza del Prefetto di Potenza, che si svolgerà tra Senegal e Gambia, MOVE-ment (migration –opportunitè – voyager – employment), che punta all’integrazione e alla migrazione legale dai quei attraverso il ricongiungimento familiare o percorsi di formazione linguistica e professionale, e noi saremo fisicamente lì. C’è poi il progetto A.LI.BAS.,con cui organizziamo dei corsi in regione per i ragazzi, per un primo approccio alla lingua italiana e per avviarli ai mestieri. L’ultimissima esperienza che ci vede coinvolti è nella gestione dell’accoglienza dei migranti stagionali, noi ci siamo aggiudicati una gara, nell’ambito di un avviso dedicato ai percorsi di uscita dallo sfruttamento cofinanziato dal Ministero del Lavoro, ci occupiamo della parte del sociale con tutto il nostro team composto da diverse figure professionali (psicologi, assistenti sociali, educatori,mediatori), ma anche di garantire il trasporti ai migranti.

d: Nella nostra regione si sente spesso di associazioni che si fanno la guerra, mentre prima mi ha colpito molto il passaggio sul vostro interesse a fare rete.

r: In Basilicata viviamo questo dramma. Ognuno pensa solo al suo orticello, mentre a noi piace contattare altre associazioni per creare una sorta di partenariato. È importante conoscersi, cercare di unire le forze e collaborare, per creare e portare avanti dei progetti completi. L’integrazione è possibile.

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"Il 3 ed il 4 ottobre si terranno in 26 comuni lucani (20 della provincia di Potenza e 6 della provincia di Matera) le elezioni amministrative. Dalla disamina delle liste si nota come lo sforzo legislativo (legge 215/2012 che ha imposto la quota di genere pari ad un terzo nei comuni con più di 5.000 abitanti) teso alla parità di genere stia realizzando il suo obiettivo". Lo dichiara la consigliera regionale di Parità, Ivana Pipponzi.

"Infatti, salvo alcune eccezioni, mediamente si registra una presenza di donne anche superiore al terzo. Quanto invece al numero dei candidati sindaci - prosegue la consigliera di Parità - si registra che in provincia di Potenza su 20 comuni solo in 9 concorra anche una donna, mentre in provincia di Matera, su 6 comuni solo in 1 concorre una donna.

Desta attenzione il comune di Viggianello dove si assiste ad uno "scontro" di maschi contro donne, atteso che in una lista ci sono solo maschi e nell'altra solo donne.

Non mi rende certo felice questa divisione - afferma Pipponzi - in quanto l'obiettivo della parità si raggiunge attraverso l'equilibrio dei generi chiamati a collaborare e non a scontrarsi.

Con la medesima legge è stato previsto che nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti si possa esprimere la doppia preferenza, purché di genere diverso. Trattasi di una importante “norma riequilibratrice” volta ad ottenere un’azione positiva di promozione della parità.

Saluto con favore la presenza delle tante donne che si sono candidate in misura via via crescente - conclude la Consigliera regionale di Parità - a testimonianza di quanto sia forte in loro lo spirito di comunità ed il senso civico. Ai candidati, ed in particolare alle candidate, va il mio forte in bocca al lupo, con l'auspicio che anche tra gli eletti e le elette ci sia l'equilibrio di genere”.

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di Walter De Stradis

 

Nella banca per cui lavora è direttore di filiale, al suo paese (Vietri di Potenza) è stato consigliere comunale e anche candidato sindaco, e da luglio scorso è Presidente del Rotary Club Potenza “Torre Guevara”, carica che si rinnova ogni dodici mesi.

Vincenzo Felitti è quindi una figura di rilievo nella Potenza che conta, con la voce tenue e gentile, e i modi pacati.

d: Presidente, mi risulta che il “Guevara” sia il Club Rotary sorto più di recente in Basilicata.

r: Il Rotary a Potenza è nato nel 1950 e il nostro Club, il “Torre Guevara” (che prima si chiamava “Potenza Ovest”) è sorto nel 2002.

d: Mi pare di aver letto che la caratteristica precipua del “Guevara” è quella dell’età media dei soci, che sarebbe abbastanza giovanile.

r: Siamo intorno ai 45 anni, sì. Negli anni è stata fatta una politica di allargamento della compagine, facendo entrare anche persone che non hanno incarichi “di punta”. Io ne sono un esempio, essendo solo un direttore di filiale, mentre prima entrava l’ “eccellenza” per ogni settore…

d: Un direttore di filiale di banca oggi non è più un’eccellenza?

r: (Ride) Beh, un’eccellenza del settore potrebbe essere un direttore generale…

d: Il Rotary è dunque tradizionalmente composto da imprenditori e professionisti, figure apicali della società locale.

r: Sì, ma come dicevo, oggi…

d: …ci sono anche operai?

r: Operai, no, ma nulla vieta che potrebbero venire.

d: E quindi cos’è il Rotary?

r: E’ un club di amici che impiegano il loro tempo per “servire al di sopra di ogni interesse personale”. Il nostro scopo è diffondere i valori del “servizio”.

d: Il suo omologo del Lions Club, il dottor Grande, mi diceva che il loro motto è “we serve”, cioè “servire”. Che differenza c’è fra queste realtà, che a un profano come me sembrano simili?

r: Differenze sostanziali non ne vedo, se non che il Rotary è nato nel 1905 e i Lions qualche anno dopo. Operare sul territorio per il bene della comunità è uno scopo comune.

d: E’ giusto dire comunque che il Rotary è composto dalle figure anche un po’ più in vista del posto?

r: Mi lasci dire che è un luogo comune. Chiunque vuole avvicinarsi al Rotary (da solo o perché è amico del Rotariano) è benvenuto.

d: Si presenta una domanda?

r: Di solito qualcuno di noi invita una persona che ha compreso i nostri principi fondanti a uno dei “caminetti” (riunioni) mensili, dopodiché noi ci facciamo inviare un curriculum dal quale si è evince se ha un’etica, una predisposizione e/o esperienze nel servizio in favore del sociale. Io stesso divenni Rotariano, tredici anni fa, dopo essere stato presentato da un amico. Dopo qualche “caminetto” mi fu appuntata la tradizionale spilla, ed entrai nel club.

d: Avete mai mandato via qualcuno?

r: Non mi risulta.

d: Tuttavia se lei per primo, che è il presidente di un Club, trovava peculiare il non essere un’ “eminenza” nel suo settore professionale, ne deduco che comunque una sorta di “selezione” la si fa.

r: E’ ovvio che è preminente cosa faccia uno nel sociale.

d: Un direttore di banca è dunque una figura impegnata nel sociale?

r: Personalmente lo sono sempre stato, ma in ogni caso, un direttore di banca, specie in un momento di crisi pandemica come questa, è comunque una figura che svolge un ruolo sociale importante. Abbiamo snellito le operazioni e messo in condizione le imprese di avere subito la disponibilità dei soldi messi a disposizione con la garanzia dello Stato.

d: Mi scusi se la provoco un po’: lei sa che c’è tutto un “complottismo”, viepiù in questa fase di crisi mondiale, che vede gli istituti bancari sul banco degli imputati.

r: Sì, lo so. E invece noi abbiamo a che fare quotidianamente col sociale, dall’imprenditore col grosso volume di affari al pensionato che non arriva alla terza settimana del mese.

d: Al Rotary si paga una quota associativa?

r: Sì, sono 800 euro all’anno.

d: Mica pochi. Sembra già questa una prima selezione.

r: No, perché mettiamo anche in condizione di rateizzarla se uno non riesce a pagarla in un’unica soluzione.

d: A che servono questi 800 euro?

r: Oltre alle quote che versiamo al distretto Puglia e Basilicata, ne versiamo altre alla Rotary Foundation, che –per intenderci- è quella che ha sconfitto la poliomelite assieme all’Unicef. Con ciò che rimane facciamo i cosiddetti “service”, ovvero iniziative sociali pagate da noi.

d: E poi ci sono le cene.

r: I convegni, nei quali c’è uno scambio di idee, anche professionali.

d: E la politica non entra, nel Rotary.

r: Assolutamente no.

d: Qualcuno che “ci prova” c’è sempre però, no?

r: Sì, ma poi ha capito che non era aria e si è ritirato in buon ordine. No. Certe idee vengono lasciate fuori dal Grande Albergo (ove avvengono le riunioni).

d: C’è da qualche parte un Rotariano comunista?

r: Probabilmente sì, anche se i comunisti di oggi non sono più quelli che “mangiano i bambini”! Scherzo, naturalmente. (ride).

d: Lei, di suo, si è mai candidato?

r: Al mio paese, Vietri, sono stato consigliere comunale, poi mi candidai addirittura a fare il sindaco, nel 2012.

d: Con quale partito?

r: Nessuno. Era una lista civica, senza appartenenze partitiche. Totalmente neutrale, da questo punto di vista.

d: Veniamo alla vexata quaestio. Lo domandavo anche al suo omologo al Lions: cosa risponde a coloro che sostengono che realtà come la vostra possono tramutarsi nell’ “anticamera” della Massoneria?

r: Mi scusi se mi ripeto: anche questo è diventato un luogo comune. I Rotariani non hanno mai utilizzato i Club per fini personali o per “saltare la fila”. Probabilmente certe cose vengono dette perché, ai tempi che furono, realtà come la nostra vennero “bandite” dalla Chiesa, ma già Paolo VI e Giovanni XXIII poi le riabilitarono. Oggi facciamo spesso dei “service” con missionari ed ecclesiastici.

d: Lei è di Vietri, ma si trova ad essere Presidente del Cub Rotary che col suo simbolo, la Torre Guevara, si identifica col centro storico di Potenza.

r: Ciò dimostra infatti che il Rotary è inclusivo e non ha preclusioni di appartenenza, anche geografica.

d: Venendo sul pratico, quali sono i servizi messi in campo per la comunità potentina?

r: Proprio a riguardo della Torre Guevara, ci siamo impegnati affinché si attivasse tutta una serie di programmi per restituirla ai suoi antichi splendori. Proprio l’altro ieri la Provincia ha approvato un progetto che va in questa direzione.

d: E sul piano sociale?

r: Abbiamo finanziato l’acquisto di mobili per le case-famiglia. Noi Rotariani ci siamo messi davanti ai supermercati a fare banco alimentare. Siamo stati promotori di un progetto di riqualificazione del parco Baden Powell (con orto botanico annesso). Abbiamo fornito attrezzature per i diversamente abili alla palestra Rotary di Bucaletto e donato occhiali alle famiglie bisognose tramite la Caritas di Potenza. E, cosa molto importante, il nostro Club ha partecipato al progetto “Città della Pace” su iniziativa del Premio Nobel Betty Williams. Siamo stati i primi soci di questa associazione che si propone la costruzione di alloggi per bambini orfani e donne provenienti da zone di guerra, una cosa purtroppo più che mai attuale per i fatti dell’Afghanistan.

d: E in ambito Pandemia?

r: Su indicazione dell’Asp abbiamo distribuito tamponi rapidi, abbiamo donato mascherine a delle associazioni e fornito dei tablet ad alcune scuole per la DAD. Un nostro socio in pensione è poi tornato in servizio all’ospedale. Abbiamo donato dispenser igienizzanti al tribunale, alla prefettura, al San Carlo…

d: E la politica, secondo lei, è davvero anch’essa “al servizio” del cittadino lucano? O magari i Lucani, loro per primi, sono un po’ troppo “asserviti” alla Politica?

r: Per certi versi, la seconda ipotesi mi pare preminente. Va detto, però, che la politica dovrebbe e potrebbe fare di più. Ad esempio, in ambito Pandemia, se i comuni e i medici di base fossero stati coinvolti ancora di più nelle vaccinazioni, la cosiddetta “immunità di gregge” magari l’avremmo raggiunta prima.

d: Cosa direbbe al governatore Bardi se potesse prenderlo sottobraccio?

r: Proprio quel che ho detto adesso sulle vaccinazioni.

d: E al sindaco di Potenza, Guarente?

r: Non vivendo a Potenza, ma venendoci spesso, mi rendo conto del problema dello stato delle strade, delle presenza di buche, ma credo che ci stiano lavorando. Il sindaco è stato anche ospite al “passaggio del Martelletto”, ovvero la celebrazione del cambio del Presidente del Club (che si fa ogni anno).

d: Il film che la rappresenta?

r: Una storia di coraggio, “Il Diavolo veste Prada”.

d: Il libro?

r: “Il diario di Anna Frank”.

d: La canzone?

r: “La canzone di Marinella”, di De Andrè. Mi ha sempre addolcito le orecchie.

d: Cosa ne pensa un compassato Rotariano del “porca puttena!” del personaggio Oronzo Canà, che qualcuno avrebbe voluto “censurato” nello spot di Lino Banfi?

r: Mi sembra una cosa che non sta in cielo né in terra. A parte il fatto che il “porca puttena” pare ci abbia portato fortuna agli Europei (il calciatore Ciro Immobile aveva esultato con quella frase, a favor di telecamera - ndr), se guardiamo i social, beh, lì c’è di tutto di più. Anche in tv, o nei telegiornali che mostrano immagini troppo crude a tutte le ore. Ci sarebbe ben altro da censurare.

d: Quand’è che lei dice “porca puttena!” solitamente?

r: In realtà tutta il popolo lucano dovrebbe dirlo più spesso! In primis perché magari porta fortuna anche a noi, e poi perché ci dobbiamo risollevare. Non possiamo sempre subire.

d: Mettiamo che tra cent’anni scoprano una targa a suo nome al Grande Albergo: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Ha vissuto in sincerità, serenità e amicizia».

 

 

 

 

 

libro_vedo_con_le_mani.jpgdi Antonella Sabia

 

 

 

È entusiasta, e anche un po’ incredulo, di questo successo che gli è piombato addosso all’improvviso, dopo la “prima” del libro “Vedo il mondo con le mani”. Abbiamo incontrato Marco Rafaniello, potentino doc, non vedente, proprio nel Parco Baden Powell dove familiari, amici e conoscenti solo qualche giorno fa lo hanno inondato di affetto, lo stesso che ha mostrato a noi, donandoci un pezzetto della sua lezione di vita.

d: Su Facebook ha scritto che si è avverato il suo sogno, ma quando nasce questo sogno?

r: Durante un pomeriggio d’inverno, il periodo buio della mia storia, da vedente a non vedente, e risalta un po’ il contrasto con il giorno d’estate che equivale alla rinascita. Sin da piccolo avevo il sogno di scrivere un libro per portare la mia testimonianza, il mio saper fare tante cose per portare gioia e spensieratezza agli altri. In questo pomeriggio, contattai alcune persone tra cui Eva Bonitatibus che oggi reputo un’amica, una mamma, una persona davvero speciale che mi rispose subito di sì, raccogliendo questo mio progetto di diario collettivo, e una settimana dopo ci mettemmo al lavoro.

d: Chi c’è dunque nel libro?

r: Io sono stato la voce, Eva la penna e la forma. Ci sono poi le testimonianze di controcanto dei miei genitori, delle mie cugine, di due amiche importanti, senza dimenticare mio fratello, che ha la passione del canto e della musica e a gennaio ha composto una canzone da cui ho preso in prestito il titolo “Vedo il mondo con le mani”. Questo legame familiare si concretizza attraverso scrittura e canto, con lui sono presenti anche mia cognata e i miei due nipoti, nella mia storia sono stampate anche le loro nascite. Ho trovato alcune persone fondamentali nel mio percorso, e li ho voluti nel libro affinché i momenti belli e brutti venissero raccontati anche in maniera diversa dalla mia, secondo la loro esperienza, perché non è stato facile nemmeno per loro elaborare.

d: La casa editrice scrive che è la storia di un ragazzo “nato sano e diventato cieco”: come ha affrontato questo viaggio nel buio?

r: Nasco sano, avevo dei piccoli problemi dalla nascita che potevano tranquillamente resistere nel corso degli anni, fin quando i miei genitori per amore, hanno cercato di trovare una soluzione per farmi vivere in maniera più serena, affidandosi ai consigli della medicina, la stessa che però mi ha causato questo grande problema. Oggi non so se però devo maledire o ringraziare quanto accaduto, perché dopo un periodo di elaborazione, c’è stata la mia rinascita. È pur vero che abbiamo vissuto questo calvario, ma oggi non chiedo più la guarigione, ho riscoperto il mondo da un altro punto di vista. Il ragazzo che prima vedeva, faceva animazione, teatro, catechismo e tanto altro, si ritrova oggi a fare il doppio delle cose di prima con una capacità altrettanto potenziata. Quando si parla di diversamente abile, si tratta dell’abilità nell’essere diverso, non vedo quindi l’ostacolo o la difficoltà, è proprio in quel momento che riesco dire di avere un’abilità diversa dalla tua, che forse arriva anche di più a livello emozionale.

d: Potenza è una città accessibile?

r: Potenza non è per niente una città accessibile, è difficile muoversi da soli, io spesso lo faccio ma perché fino a qualche anno fa vedevo e quindi mi so orientare, ma in generale devo essere sempre accompagnato perché ci sono molti ostacoli. Quando ci confrontiamo con l’amministrazione, sottolineiamo sempre che Potenza “non ha bisogno del”, ma “bisogna togliere per”. Un esempio, qualche mese fa al Parco Mondo abbiamo organizzato una camminata al buio, invitando gli amministratori e chiunque volesse a camminare bendati. In quel parco sono stati messi muretti, panchine, fioriere, cose che dovrebbero abbellire ma in realtà creano un ostacolo. Già è diversa la nuova Piazza dei Comuni a Parco Aurora dove ci sono molto meno ostacoli. Ci sono tante tantissime barriere architettoniche che rendono la città inaccessibile, uno alla fine si adatta, ma il nostro invito all’amministrazione è di ascoltarci, non solo per il nostro bene ma per tutta la comunità. Le commissioni comunali ci hanno chiamato più volte a fare dei sopralluoghi, anche per capire come lavorare per migliorarsi. Partendo dai parchi come emblema della città, abbiamo chiesto di fare dei piccoli interventi. Tra l’altro evitando gli sprechi, si potrebbe anche risparmiare in termini economici.

d: Invece come città è accogliente?

r: Io amo la mia città nonostante le tante difficoltà, non la cambierei mai per nulla al mondo. È pur vero che nei viaggi si sperimentano tante cose belle, ma casa è sempre casa. Potenza per me è accogliente, forse perché sono io accogliente con gli altri, alla fine. Con l’associazione ciechi lottiamo per far vivere la città in maniera uguale a tutti, dal disabile, all’anziano, al giovane.

d: Nel libro, racconta più momenti bui o luminosi?

r: Racconto momenti bui, non so quantificarli, ma subito dopo c’è la ripresa. Appena cado mi rialzo, e il libro finisce proprio con l’immagine dei puzzle, a significare che ognuno è importante per l’altro, tanti tasselli compongono la mia storia. Non sono frasi fatte, ma è l’esempio che porto della mia vita, quando trovi un incastro che non va bene, è dura, non si va avanti.

d: Rifacendoci al titolo, le sue mani cosa dicono del mondo intorno?

r: Quando si è vedenti non si nota il particolare, anche quando cerchi qualcosa su una scrivania, la vista ti dà l’occhiata generale, mentre con le mani inizi a capire realmente cosa c’è: senti il foglio ruvido, il vetro liscio, una spilla che magari non avresti visto, hai una percezione più concreta delle cose. L’invito è a chiudere gli occhi e sperimentare, un po’ come facciamo nelle “cene al buio”, utilizzando gli altri sensi.

d: C’è qualcosa che per paura non ha detto nel libro?

r: Mi sono messo a nudo, volevo raccontare tutto della mia storia relativa al mio problema. Negli incontri che abbiamo tenuto online a causa della pandemia, ogni mercoledì per me era un modo per rielaborare, ho pianto molto. Non so se è sfuggita qualche cosa, ma so che ho raccontato la storia di uno che voleva salvare il mondo, dare la vita per gli altri, ma che ad un certo punto ha dovuto imparare a chiedere aiuto.

d: Quanto l’ha aiutata il suo carattere?

r: Carattere, famiglia e amici, tutto ciò che ti circonda è fondamentale perché da soli non si va da nessuna parte. Se alla base non hai una famiglia che ti sta vicino, che ti sostiene e che soprattutto accetta la malattia, rimani crocifisso a vita.

d: C’è un altro libro nel suo futuro?

r: Voglio sottolineare intanto che tutti i proventi di questo libro andranno in beneficenza a Magazzini Sociali, di cui sono socio, che si occupa di eccedenze alimentari, e all'Unione Italiana Ciechi di Potenza, di cui sono vicepresidente, per sostenere i nostri progetti. Nel futuro ad oggi non c’è nulla, ma amo molto il teatro, perciò un giorno si potrebbe pensare ad un lungometraggio, perché no.

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