- Scritto da Redazione
- Sabato, 02 Aprile 2022 09:29
di Antonella Sabia
In un momento così difficile, alle prese con la ripartenza, nonostante il Covid sia ancora in mezzo a noi, e guardando dalla finestra il conflitto russo-ucraino, abbiamo contattato -a distanza di un anno- Marina Buoncristiano, voce della Caritas diocesana di Potenza. Una sorta di “censimento” periodico sulla povertà, il nostro, alla luce dei rincari sulle bollette e dell’aumento del carburante; per capire quanto tutto questo ha peggiorato la situazione (già precaria) delle famiglie indigenti della città.
d: Con i rincari, sono aumentate e/o si sono modificate le richieste di aiuto?
r: Già prima dello scoppio del conflitto tra Ucraina e Russia, c’era stato un aumento nella bolletta elettrica del 130% circa e dell’84% in quella del gas. A febbraio si è sentito questo rialzo e anche famiglie che non si erano mai rivolte alla Caritas, hanno cominciato ad andare in sofferenza. Riporto un esempio per capire la portata: ultimo in ordine di arrivo, un signore che percepisce una pensione sociale intorno ai 630 €, a cui è arrivata una bolletta di energia elettrica di 670 € cioè, un importo superiore rispetto alla pensione. Ora, è vero che nel nuovo decreto c’è la possibilità di rateizzare il 50% del costo, ma bisogna tenere conto che dopo un bimestre, la storia si ripete e si sommano alle bollette successive. Aggiungiamo poi il caro benzina e il rincaro di tutti i prodotti di prima necessità, pane-pasta-latte, le famiglie che già prima con grandissimo sacrificio facevano i salti mortali, privandosi di tutto, oggi davvero non ce la fanno più. È evidente che non si potrà più reggere un carico così grande sulle spalle.
d: La Caritas propone dei report periodici per avere contezza dei numeri?
Non abbiamo report, ma da gennaio ad oggi c’è un trend di crescita che ci lascia presagire che le richieste di aiuto aumenteranno più del 100%. Solo il nostro Centro di Ascolto Diocesano supporta 900 persone, che non hanno bisogno solo di beni di prima necessità, ma proprio di aiuti economici. Quando parliamo di “presa in carico”, non ci riferiamo solo a beni alimentari, perché quelli sono garanti a tutti più volte in un mese, ricordiamo infatti che è presente l’Emporio con progetti dedicati alle famiglie. A livello diocesano, i 25 comuni che vi appartengono, possono fruire dell’aiuto di 32 Centri di Ascolto disseminati in tutta la diocesi e le Caritas parrocchiali sono subissate da richieste di aiuto, oltre alle persone che già venivano aiutate.
d: Abbiamo detto prima che al Covid si è aggiunta la guerra che per quanto ci può sembrare lontana, ci coinvolge molto da vicino. In questa triste vicenda, colpisce molto a livello locale, la grande generosità dei potentini e il forte senso di accoglienza. Ce lo può confermare?
r: Assolutamente sì, Potenza è una città generosissima, abbiamo ricevuto tante donazioni in denaro, che poi attraverso la Caritas italiana, trasferiamonelle sedi in Polonia, Romania, Ungheria e in prima battuta sul fronte Caritas Ucraina, per dare aiuti immediati alle persone che hanno necessità sul posto.Tante famiglie e gruppi di amici, si sono poi resi disponibili alla accoglienza prendendosi carico di qualche famiglia.
d: Tante associazioni si stanno muovendo in questo senso, Portatori del Santo, Magazzini Sociali, Potenza Calcio, quanto conta fare rete in queste circostanze?
r: La rete è vincente, se uno pensa di poter fare tutto da solo, non ce la farebbe. La bellezza della solidarietà risiede nel fatto che ognuno mette un po’ del suo, solo insieme possiamo fare grandi cose e dare delle risposte. Proprio negli scorsi giorni, sono arrivate a Potenza una quarantina di persone, di queste, sei sono state ospitate nella Parrocchia Santa Maria degli Angeli a Pignola, altre sei nella Casa Canonica Santo Spirito di Lavangone, altri sono andati in appartamenti messi a disposizione da gruppi di amici che si fanno carico delle spese. Possiamo dire quindi che siamo un popolo molto solidale, dal grande cuore, dal punto di vista del reddito pro capite tra i più poveri in Italia ma nonostante tutto siamo generosissimi.
d: A livello nazionale e locale si parla tanto di PNRR, secondo lei parte di questi fondi potrà essere impiegata per combattere il fenomeno della povertà? C’è già qualcosa in programma?
r: Assolutamente, il PNRR vede coinvolti anche i Servizi Sociali degli ambiti territoriali, per garantire livelli essenziali di prestazioni, che potrebbero migliorare la qualità della vita dei cittadini più poveri. È chiaro che il mondo del volontariato, nella fattispecie la Caritas, sarebbe lieta di confrontarsi su questi temi con i Comuni, con molti già collaboriamo in maniera sinergica da prima del Covid, dopo se ne sono aggiunti altri. Per cui, esiste già questa sorta di collaborazione e di co-progettazioneper l’inclusione sociale. È un’opportunità, perché i fondi se spesi bene, possono avere un riverbero positivo per la nostra cittadinanza. Bisogna sempre tener conto che la Basilicata continua a spopolarsi in modo davvero preoccupante, è sempre minore la presenza dei giovani rispetto agli anni precedenti, molti servizi sono stati tagliati. È necessario sedersi tutti insieme ad un tavolo e riflettere davvero su cosa si può fare, partendo dalle piccole cose, che mettono in moto processi generativi.
d: È iniziata la stagione dei concorsi alla Regione Basilicata, ci sono state già tantissime polemiche, secondo lei è una buona opportunità per i giovani o un tampone? Teme possano essere favoriti i soliti noti?
r: Sarebbe auspicabile un cambio di passo, per ritornare alla meritocrazia,questa bella parola che tutti invochiamo, ma nella pratica... È mio auspicio e della Caritas, che la meritocrazia cominci a fare la differenza se vogliamo strutturare una società sull’abbattimento delle disuguaglianze, che sono il vero male della nostra terra, sempre più ampie e incolmabili. Siamo un popolo di poveri, a dirlo sono tutte le statistiche, non ce lo stiamo inventando noi. È un fatto culturale, abbiamo bisogno di allungare lo sguardo ecominciare a seminare, per arrivare ad una società in cui i diritti vengono garantiti a tutti. E bisogna anche migliorare sulla rete infrastrutturale, sulle politiche per la famiglia, alla conciliazione tra lavoro e famiglia. Per tutto questo, ci vuole un grande impegno, una grande capacità di governance e ci vuole soprattutto la visione chiara di quello che vorremmo che diventasse la nostra regione domani.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 02 Aprile 2022 09:27
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di Walter De Stradis
E’ il primo materano alla guida della Cisl Basilicata.
Nativo di Montalbano Jonico, il cinquantanovenne Vincenzo Cavallo è stato riconfermato segretario regionale nel corso del congresso conclusosi a Matera a inizio marzo. Assieme a lui è stata confermata anche la segreteria uscente, composta da Luana Franchini e Carlo Quaratino.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: E’ una domanda da un milione di euro. Io vengo da una famiglia umile di Montalbano (mia madre era bracciante e mio padre operaio) e i valori che io oggi cerco di portare nell’organizzazione sono quelli insegnati da loro: su tutti umiltà e rispetto. Mi trovo a gestire la grande casa della Cisl non per un qualche “premio” calato dall’alto (come avviene di solito per i dirigenti del sindacato), ma perché io vi ho fatto tutta la trafila, partendo da semplice delegato di un cantiere forestale all’inizio degli anni Ottanta. E tenga conto che questa, che non ho cercato, è comunque una poltrona che scotta.
d: Perché?
r: Una cosa è fare il segretario regionale di una Federazione, con questioni limitate, che ben conosci, un’altra è guidare una Confederazione, con 45mila iscritti, nella quale devi farti carico dei problemi di tutte le categorie e dei servizi.
d: La sua preoccupazione maggiore oggi qual è?
r: Nonostante la Pandemia sia tutt’altro che finita, sembrava ci fossero degli spiragli sulla ripresa economica (l’anno scorso col +6%, quest’anno le previsioni erano sul 4,7), ma poi la crisi innescata dalla guerra è entrata nelle nostre case. Tuttavia con la Pandemia, l’Europa ha avuto l’occasione di rivedere i meccanismi di solidarietà interna, partorendo il Pnrr, che a sua volta doveva essere un’occasione di SVOLTA per la nostra regione, con tutte quelle risorse in arrivo.
d: Perché dice “doveva”?
r: Perché la mia preoccupazione è questa…anche come Cisl nazionale, da sempre stiamo chiedendo un forte patto sociale vero, anche a livello locale, ove ognuno –sindacati, imprenditori, politici- si assume le proprie responsabilità. Ma intanto il tempo passa, e in questa regione noi abbiamo un vuoto, un’assenza politica che dura da mesi. Una politica che si è arroccata soltanto sulle poltrone.
d: Bardi ha nominato la terza giunta, ma potrebbe non essere finita qui.
r: Non si può giocare sulla pelle dei Lucani. Stando alle notizie, i numeri per andare avanti non li hanno e non si sa cosa accadrà. Noi come Cisl vogliamo dunque un interlocutore serio e stabile, che ha i numeri, perché i fondi del Pnrr sono davvero l’ultimo treno per legare la Basilicata alle regioni più evolute, non già del Nord Italia, ma del Nord Europa.
d: Passiamo alle questioni “quotidiane”. A microfoni spenti mi diceva che tutti i giorni viene a Potenza da Montalbano, immagino che il suo sia una sorta di “viaggio della speranza”…
r: Sì, sono un pendolare, ed è sotto gli occhi di tutti che i lavori sulla Basentana (diventata nel frattempo “strada della morte”) sono fermi; giornalmente osservo che in quei cantieri non ci sono mai operai. In alcuni tratti –ove stanno mettendo gli sparti-traffico- nella migliore delle ipotesi ce ne sono in tutto una decina. L’Anas ha detto che quei lavori saranno pronti per agosto, ma la mia preoccupazione è che ci vorranno anni.
d: Quando il gatto non c’è i topi ballano.
r: Beh, anche quando la politica C’ERA era più o meno la stessa cosa. Bisognerebbe dunque capire perché quei cantieri non vanno avanti.
d: Lei era un operaio forestale: mentre parliamo è in atto l’ennesima emergenza nel settore, perché ancora non si sa quando ripartiranno le giornate lavorative.
r: In dieci anni siamo passati da 7000 addetti ai circa 3000 lavoratori di oggi (più 1000 unità rinvenimenti da altri progetti). E’ vero che nel frattempo sono aumentate le giornate lavorative, ma il problema è che la politica (vecchia e nuova) non ha mai creduto nella reale potenzialità della forestazione in Basilicata. Aprire i cantieri a giugno, per raggiungere gli obiettivi prefissati fra Natale e Capodanno, implica far lavorare i forestali con condizioni climatiche difficili in autunno. La “prima” giunta Bardi aveva affermato che quest’anno si sarebbe aperto con largo anticipo, ma siamo a fine marzo e non c’è stata nessuna interlocuzione: nella migliore delle ipotesi se ne parlerà a giugno, come l’anno scorso.
d: Sa bene, tuttavia, che contestualmente c’è chi ritiene la Forestazione un bacino clientelare, e che pertanto il puntuale gioco del “tira e molla” (con operai che protestano e la Regione che poi li “accontenta”) sia una pantomima messa in atto da entrambe le parti.
r: La classe politica, nel corso degli anni, ha voluto e creato questo gruppo di lavoratori come “assistenzialismo”. Ma il problema non è questo. Una volta per tutte, dobbiamo smettere di pensare che questa classe di lavoratori debba essere asservita alla Politica come bacino di voti. Oggi, anche grazie alle risorse del Pnrr, è possibile andare verso una nuova economia ecologica, in virtù dei nostri boschi e delle nostre acque. Ma i boschi vanno tutelati, e per mancanza di risorse, negli ultimi anni i forestali non hanno più lavorato lì, bensì nei comuni, a pulire aiuole e scuole; impieghi certamente utili e necessari, ma la stragrande maggioranza delle giornate lavorative dovrebbe interessare il ripristino boschivo.
d: A proposito delle nostre risorse, è annosa anche la questione delle “quote lucane” dell’indotto lavoro generato dal petrolio. A quanto pare siamo ancora lontani da un’adeguata contropartita.
r: Sì, confermo. I vari accordi con le compagnie non hanno portato a quella ricompensa, in termini occupazionali, che la gente residente vicino alle trivelle si aspettava. Le royalties stesse non hanno portato miglioramenti in ambito lavoro e sviluppo, ma sovente sono state utilizzate per rifare piazze e marciapiedi. Ma rimane il fatto che la gente va via. Oggi il fenomeno interessa anche gli anziani che, privi di assistenza, raggiungono i figli. E perdendo gli anziani, noi Lucani perdiamo le nostre origini, le nostre radici e le nostre tradizioni. In tutto questo, la classe politica locale continua a fare il gioco delle compagnie.
d: E’ così difficile immaginare di PRETENDERE veri e propri numeri, in ambito assunzioni lucane?
r: Il problema è questo: parliamo di aziende non lucane, che si sono portate dietro i LORO dipendenti; quindi diventa anche difficile per noi sindacalisti chiedere di licenziarli per assumerne di nuovi. Ciò che noi chiediamo è dunque di fare formazione in loco, onde creare quelle figure che servono (e che le stesse aziende ci contestano di non avere sul territorio). Ma per fare questo, ci vuole anche una regia politica, che in Basilicata da tanto tempo non c’è.
d: Veniamo alla Salute: negli ultimi giorni, con i dissidi interni alla maggioranza regionale, abbiamo “scoperto” che l’ex assessore Leone “subiva” molte delle decisioni di Bardi (che non condivideva), pur sperticandosi nelle lodi di circostanza; e che –di converso- per il Governatore, lo stesso Leone oggi non sarebbe buono manco a fare il semplice consigliere. Se stanno davvero così le cose, c’è da domandarsi se i Lucani negli ultimi due anni e mezzo non siano stati presi in giro.
r: La realtà, con la Pandemia, era sotto gli occhi di tutti: i governi italiani avevano via via ridotto la spesa sulla Sanità e in Basilicata, di conseguenza, ancora di più. La politica dei due poli ospedalieri non ci aveva mai convinto, e i fatti ci hanno dato ragione. Non siamo una piccola regione, con 131 comuni distanti tra loro, una popolazione sempre più anziana e strade che non abbiamo: occorre creare dunque una Sanità “di prossimità”. E poi avevamo detto anche un’altra cosa: l’assessore Leone era stato “commissariato” da mesi. Dal canto suo era un medico, quindi alcune cose riusciva a capirle, ma fin quando la Sanità sarà sempre gestita dalla politica (a qualsiasi livello, si pensi a quella Lombarda, a cui tutti guardavamo come modello), ci saranno di questi problemi.
d: La settimana scorsa il vescovo di Melfi esprimeva grande preoccupazione per le sorti di Stellantis e soprattutto dei suoi operai. Si legge di investimenti altrove in Italia…ma noi siamo davvero l’ultimo dei pensieri dell’Azienda?
r: Stellantis continua a dire che Melfi è un sito strategico a livello nazionale, a parole, ma anche l’investimento che partirà da qui a due anni viene messo in discussione da una crisi dell’automotive che è GLOBALE. Acquistare un’auto oggi potrebbe infatti significare aspettare mesi e mesi. Dal canto nostro, non oso pensare cosa comporterebbe per la Basilicata la chiusura di uno stabilimento del genere: un’eventualità che va scongiurata assolutamente. Il passaggio all’auto elettrica non sarà a costo zero, ma in ogni caso non dovrà inficiare i posti di lavoro. Purtroppo, però, Stellantis al giorno d’oggi va a giornate, naviga a vista. Oggi si produce, domani no.
d: La domanda tormentone: se potesse prendere Bardi sottobraccio, magari anche in dialetto, cosa gli direbbe?
r: In “dialetto” gli direi: “Lascia perdere. Per il bene tuo e dei Lucani. Fai un passo indietro, dài la possibilità di tornare al voto». Avere una giunta che non naviga né a vista né a naso, non serve più a nessuno.
d: Avrà sicuramente sentito parlare del deprecabile gesto dell’attore Will Smith. Lei a chi –metaforicamente parlando- darebbe uno schiaffo da Oscar?
r: A QUELLA classe politica che ha governato questa regione per tanto tempo, e che oggi ha dato la possibilità di avere QUESTA classe politica. Che è deludente al massimo, e che il popolo lucano non merita. Ma, come dicevo, il “vulnus” nell’elettorato l’ha creato quella precedente.
d: Il film che la rappresenta?
r: “La vita è bella”, anche tenendo conto di ciò che succede oggi.
d: La canzone?
r: Sono un fan di Ligabue, ma non ho un pezzo preferito.
d: Il Libro?
r: In genere i libri di avventura, perché mi distraggono.
d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano alla Cisl una targa a suo nome, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
r: In genere sono contro le targhe, ma vorrei essere ricordato come uno che portato un cambiamento all’interno dell’organizzazione, ovvero come colui che ha riportato in auge “il gioco di squadra”.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 26 Marzo 2022 09:08
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di Walter De Stradis
Ha la voce bassa, con un flebile accento pugliese (è originario di Lucera, provincia di Foggia).
Dai modi affabili, monsignor Ciro Fanelli, cinquantasette anni, è vescovo della diocesi Melfi-Rapolla-Venosa dall’agosto del 2017. Dalle finestre della sua stanza in Largo Duomo 12, complici anche questi tempi di Pandemia (e non solo), il suo è uno sguardo da un punto di osservazione privilegiato, ma anche seriamente preoccupato.
d: Come giustifica la sua esistenza? Quando ha capito che nella sua vita sarebbe stato un sacerdote?
r: Il desiderio, vero, del sacerdozio mi ha accompagnato sin dall’infanzia. In età giovanile quel desiderio si è però trasformato in interrogativo, facendo sì che io non entrassi sin da subito in seminario (a Napoli, con i Gesuiti), bensì dopo il liceo. La mia, se vogliamo, è dunque stata anche una scelta maturata, sofferta, ma in ogni caso decisa, forte, chiara.
d: La sua famiglia di cosa si occupava? E c’è stata una figura che magari l’ha particolarmente ispirata?
r: Per quanto riguarda il cammino sacerdotale no, ma certamente in me c’era il fascino esercitato da alcuni preti carismatici, questo sì. I miei erano entrambi agricoltori: lì a Lucera, dove sono nato, avevano degli appezzamenti di terreno, ove conducevano quella vita semplice, tipica del mondo contadino dei nostri territori. Da loro ho appreso il mondo valoriale, dell’onesta, dell’accoglienza, e dell’operosità. Perché il pane a casa non arrivava con lo stipendio del 27 del mese, ma con le stagioni e i raccolti, e quindi col Tempo, con la Volontà del Buon Dio e soprattutto con la fatica.
d: Il tema è anche attuale, con l’incancrenirsi delle povertà (anche sociali) e dello spopolamento, causato dalla penuria di opportunità. Che quadro ha lei dell’indigenza nei territori della sua diocesi, e dei Lucani in generale?
r: Direi che la prima "povertà" attuale è proprio il calo della popolazione. Sulle altre siamo in un equilibrio simile alle altre regioni del Sud. Ciò che ci differenzia, pertanto, è proprio questa fuga dei cervelli; cosa che, in sé per sé, se ci riflettiamo, non è una cosa negativa, poiché i nostri giovani portano altrove la ricchezza del territorio di provenienza (a mo’ di biglietto da visita) e poi comunque fanno palestre scientifiche e culturali. Il punto è che dovrebbero essere messi in condizione di TORNARE in Basilicata, con quel valore aggiunto acquisito, e così dare alla loro terra la “scossa” necessaria.
d: E perché non accade?
r: Beh, dipende dalle singole persone, ma anche dal territorio, dall’assetto sociale che non crea le condizioni tali affinché certi profili professionali possano ben radicarsi. Il ruolo della politica dovrebbe essere fondamentale nel creare queste condizioni.
d: Impossibile, proprio qui a Melfi, non parlare delle grandi speranze, e forse anche delle delusioni, rappresentate dalla “Fiat” (oggi Stellantis). Respira anche lei i segnali di preoccupazione che aleggiano, oggi più che mai, sui lavoratori dello stabilimento?
r: Li respiro, sì. Sono arrivato qui nel 2017, proprio nel momento più delicato della “crisi”, diciamo così, della Fiat (la morte di Marchionne e i nuovi assetti di gestione); poi c’è stata l’incidenza della Pandemia e il verificarsi di alcune scelte dell’Azienda, che non sempre hanno risvolti positivi sul nostro stabilimento. Più volte ho partecipato a incontri pubblici, facendo sempre notare che le questioni Stellantis non sono confinate al “piccolo” stabilimento lucano, o al Vulture-Melfese, ma sono bensì una costola del sistema-Italia. La soluzione può essere dunque solo governativa e internazionale.
d: Come “esorcizzare”, secondo lei, lo spettro della delocalizzazione e/o dei licenziamenti?
r: Potenziando il più possibile le professionalità dei nostri operai, facendoli entrare nel nuovo assetto con una maggiore formazione. E poi, potenziare il “nuovo”: a quanto mi risulta quello di Melfi è l’impianto meglio attrezzato. E’ logico, però, che non si può programmare il futuro e lo sviluppo di un intero territorio esclusivamente su Stellantis, poiché anche una sedia ha almeno quattro piedi. E’ un’illusione pensare che la Fiat, da sola, possa risolvere tutti i problemi sociali ed economici. Il lavoro si basa sulla valorizzazione della cultura, dell’ambiente e delle tante altre opportunità che la politica dovrebbe saper intercettare e far crescere.
d: Cosa le chiedono più spesso i fedeli? Immagino il lavoro…
r: Soprattutto nella situazione pazzesca di oggi, gente che sette anni fa magari aiutava gli altri, oggi ti viene a chiedere aiuto per la bolletta, per il condominio, per le cose più elementari. Le mense e gli aiuti alimentari oggi entrano in case che prima nemmeno conoscevano. E penso di aver detto tutto.
d: Immagino abbia parlato col nuovo sindaco, Maglione…
r: Sì, ci siamo incontrati già due volte, e simbolicamente nel corso della festa del santo patrono di Melfi del febbraio scorso. Ma ho preso parte anche a consigli comunali aperti (su suo invito). Con lui abbiamo focalizzato alcuni aspetti, a cominciare da quello del lavoro. Anche in riferimento al Pnrr, che entrambi ci auguriamo possa arrivare DOVE deve arrivare. C’è poi, come accennavo, l’indotto culturale: la cattedrale, il castello, il museo civico, il museo ecclesiastico, le chiese rupestri... C’è tutto un mondo…
d: …che finora è stato valorizzato come? poco, molto…
r: E’ stato valorizzato, anche bene (il museo dell’episcopio di Melfi è straordinario, al pari di quello del castello, e anche le chiese rupestri sono tenute bene). Il punto è non perdere un treno che potrebbe avere effetti più “allargati”. Col sindaco abbiamo però parlato anche di ambiente ed eco-sostenibilità, e in lui ho trovato una persona attenta, così come i suoi collaboratori.
d: Abbiamo accennato anche al Covid, c’è stato per lei un momento particolarmente difficile, una storia particolare che l’ha segnata…
r: Le storie sono tante, ma ce n’è stata una in particolare… quella di una famiglia, a noi vicina, che si è vista distrutta dal virus, con la morte di padre, madre e cugino. E poi c’è tutta la questione del distanziamento, che ci ha creato dei “vulnus” profondi. Tutti siamo stati colpiti, ma ne soffrono particolarmente anziani e giovani, che non hanno potuto socializzare.
d: Per quel che ha visto, il nostro sistema sanitario regionale ha tenuto botta, ha funzionato bene?
r: Hanno fatto fatica, come tutti gli altri in Italia. Non erano attrezzati per una problematica di tale impatto.
d: Nel frattempo, a “sopire” un po’ molti discorsi sulla Pandemia, è intervenuta una guerra.
r: C’è un momento di crisi mondiale che Papa Francesco aveva intravisto, richiamandosi ai valori della fraternità e più volte aveva acceso la lampadina dell’allarme sugli investimenti nel mondo delle armi; così come più volte alcuni scienziati avevano fatto comprendere come alcune delle risorse economiche o energetiche potessero diventare fattori di conflitto a livello mondiale. E questa è una guerra fratricida (sarebbe come se il nostro Sud combattesse contro il Nord) che, come qualcuno ha detto, sta a cento passi da noi.
d: Tornando a questioni più locali, le faccio la nostra domanda “tormentone”: se potesse prendere il presidente della Regione Basilicata sottobraccio, cosa gli direbbe?
r: Le stesse cose che ho detto al sindaco di Melfi: di attenzionare soprattutto il lavoro, per togliere quelle sacche di povertà, di investire molto sulla ricerca di possibilità lavorative, diffuse e diversificate, atte a ridare DIGNITA’ a famiglie e persone; valorizzare il tessuto culturale della Basilicata, che è di suo ricco e denso e che non è secondo a nessuno. E poi c’è il discorso ambiente.
d: Nei giorni scorsi, a proposito di Basilicata & Cultura, si è riparlato spesso del “Vangelo” di Pasolini, regista e scrittore di cui ricorre il centenario. Siamo anche prossimi alla Pasqua e, come sa, quel film fu girato in gran parte in Basilicata, a Matera e a Barile. Il film fu supervisionato e plaudito, anche, dalla Chiesa cattolica. Lei che giudizio ne dà oggi?
r: E’ stata un’operazione di alta cultura. Pasolini a suo tempo era anche una figura controversa, ma era anche un poeta, uno autore che ha saputo usare i diversi “tasti” della cultura per comunicare un messaggio che voleva –ieri, ma potrebbe essere anche oggi- scardinare dei meccanismi che imbrigliavano la società. Tra l’altro, da quello che ho letto di recente, non sembrerebbe che Pasolini fosse totalmente ateo: certo, si dichiarava tale, ma aveva un animo sicuramente religioso. Lui ci ha mostrato la figura di Gesù in una prospettiva cruda…
d: …“rivoluzionaria”…
r: Sì.
d: Il film che la rappresenta?
r: Non ne vedo molti, preferirei citare due libri -dalle tematiche molto attuali- di una scrittrice lettone, Zenta Maurina Raudive: “Perché il rischio è bello” e “Il Lungo viaggio”.
d: Ha anche una canzone?
r: Beh, mi viene in mente quella di Jovanotti, “A te”.
d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome qui alla Diocesi, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
r: «Un uomo che ha creduto nel Vangelo».
- Scritto da Redazione
- Venerdì, 25 Marzo 2022 12:16
Promuovere la mobilità leggera e offrire agli alunni della scuola primaria l’opportunità di acquisire le prime nozioni di segnaletica stradale, svolgendo allo stesso tempo una sana pratica sportiva. Sono questi, gli obiettivi del progetto “Sicurezza in bicicletta”, che TotalEnergies EP Italia propone nell’anno scolastico 2021-2022. L’iniziativa coinvolgerà, fino al termine dell’anno scolastico, i giovanissimi studenti dei 13 comuni della Concessione Gorgoglione.
“Vogliamo dare il nostro contributo - dice Paola Ferretti, responsabile della Comunicazione di TotalEnergies - nel promuovere tra i giovani non solo la pratica sportiva, ma anche i princìpi che oggi devono essere considerati irrinunciabili, come la mobilità leggera e stili di vita più sostenibili”.
Realizzato in collaborazione con l’Asd Motostaffette Potenza, associazione appartenente alla Federazione Ciclistica Italiana che da diversi anni organizza e gestisce nelle scuole lucane progetti analoghi,“Sicurezza in bicicletta” si svilupperà in tre ore di lezioni teoriche e in due ore di prove pratiche per gruppi di 15 persone. Gli studenti coinvolti sono circa 200, per un totale di 30 classi impegnate in 28 lezioni. Nel corso delle lezioni teoriche in aula, saranno illustrateagli alunni le basi dell’educazione stradale, l’uso della bicicletta sia a livello amatoriale che sportivo e dunque le regole per pedalare sulle strade cittadine nel rispetto del codice stradale. Saranno inoltre forniti consigli sulla manutenzione e sulle piccole riparazioni e dato spazio, infine, alle principali nozioni su una sana alimentazione, per un corretto utilizzo delle risorse energetiche in fase di sforzo. La fase praticasi svolgeràcon biciclette fornite dalla Asd Motostaffette Potenza in adeguati spazi messi a disposizione delle strutture scolastiche e consisterà in prove di abilità e gimcane. Alla fine dell’anno scolastico saranno organizzate due manifestazioni conclusive rivolte a tutte le classi partecipanti alla presenza dei rappresentanti della Federazione Ciclistica Italiana e delle istituzioni scolastiche.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 19 Marzo 2022 09:38
di Antonella Sabia
Si dice che il rugby sia lo sport di squadra per eccellenza. Insegna il rispetto verso gli altri, compagni e avversari, tecnici e arbitri, aiuta a credere in se stessi e aumenta la capacità di socializzazione. La nostra inchiesta sugli impianti sportivi potentini e il nostro viaggio all’interno delle federazioni locali, oggi ha come protagonista Michele Sabia, presidente FIR (Federazione Italiana Rugby).
d: Quali sono i numeri del rugby a Potenza?
r: Tra grandi e piccoli, su Potenza e nei comuni di Oppido e Genzano, contavamo all’incirca 200 tesserati. È fondamentale non fare paragoni, penso ad esempio al calcio, perché in tutta Italia i numeri del rugby sono decisamente inferiori rispetto ad altri sport. Per noi era assolutamente un numero eccezionale, avevamo circa 50 tesserati seniores e una squadra di serie C che negli anni ci ha dato grandi soddisfazioni, vincendo dei campionati. Le nostre attivitàsono cominciate all’incirca nel 2009 con il CUS Potenza Rugby, sono diventato Delegato regionale nel 2012, quindi si tratta sostanzialmente di una disciplina sportiva nuova. Aggiungiamo poi due anni di Covid in cui siamo dovuti stare fermi, si può dire che abbiamo lavorato non più di 10 anni.
d: Si parla in alcuni casi di “sport minore”, o se vogliamo dire di nicchia…
r: Nonostante a rugby si giochi dandosele di santa ragione, perché è uno sport fisico e rude,mi piace sempre sottolineare i suoi valori: il grande rispetto delle regole e per l’avversario. Nello stesso stadio dove si gioca a calcio, il rugby dimostra che si può vivere una giornata di sport senza problemi di ordine pubblico, i tifosi bevono e stanno tutti insieme davanti allo stadio, all’interno si può stare seduti accanto all’avversario, e ognuno tifa per la propria squadra. Proprio nelle scorse settimane, abbiamo portato una scuola di Pietragalla ad assistere ad un match della nostra nazionale, i ragazzi hanno potuto toccare con mano la famosa educazione indiretta, vivendo sulla propria pelle l’evento sportivo, e il terzo tempo fuori dallo stadio.
d: A Potenza (e provincia), esiste un solo campo dedicato solo al rugby, il Campo Scuola. Si ritiene soddisfatto?
r: Io mi ritengo fortunato perché è vero che si gioca solo al Campo Scuola, ma per quelle che sono le nostre esigenze è più che sufficiente. A Potenza esiste una sola squadra, CUSPotenza Rugby, e un’altra società che si chiama Giovani Leoni Potenza Rugby. La prima lavora con i grandi, molti però per esigenze personali legate all’università o al lavoro si sono dovuti spostare fuori regione; mentre la seconda lavora con i più piccoli e cerca di fare reclutamento nelle scuole; avevamo intenzione di portare questo progetto giovanile anche nelle scuole della provincia, ma ci siamo dovuti fermare.
d: La difficoltà di entrare nelle scuole oggi è legata al Covid?
r: Principalmente legata alla pandemia, ma abbiamo comunque fornito gli insegnanti del materiale necessario per procedere ad una primaparte teorica. Prima del covid, invece, porto l’esempio della Sinisgalli che uno degli istituti con cui abbiamo lavorato di più negli anni passati, facevamo un progetto pomeridiano che prevedeva attività sportiva nella palestra della scuola, per poi portarli sul campo verde.
d: Prima del Covid, quando si faceva attività anche nella provincia, dove veniva svolta?
r: In linea generale in Italia, ma principalmente al sud, esistono pochissimi campi dedicati esclusivamente al rugby, bensì esistono campi polivalenti dove si fa sia rugby che calcio, considerando che si gioca all’aperto.
d: A Potenza, per quanto riguarda il Campo Scuola, l’amministrazione è stata vicina alle vostre esigenze?
r: Da sempre, devo dirlo, il Comune è vicino alla nostra Federazione, negli ultimi tempi grazie al lavoro svolto dall’ex assessore allo sport, Patrizia Guma, sono stati montati anche i nuovi pali. Il nostro spazio nel campo scuola siamo lieti di condividerlo con l’atletica leggera, lo facciamo da tanti anni, ma non è assolutamente un problema. Mi preme sottolineare inoltre la sensibilità e la disponibilità del Comune non solo della parte politica, ma anche degli uffici, il mio pensiero speciale è rivolto a Donato Sabia, che ci ha sempre sostenuti anche partecipando ai nostri eventi, sia locali che internazionali, come quando seguimmo il Sei Nazioni allo Stadio Flaminio (nella foto).
d: Potenza Città Europea dello Sport 2022: il Covid ha costretto a rimandare l’evento, siamo a marzo, ma purtroppo ancora non esiste un cartellone degli eventi. Stiamo perdendo un’occasione?
r: Quando è iniziato questo discorso, eravamo in piena corsa, presi dai campionati e tante iniziative sul territorio. Era infatti nei nostri obiettivi, organizzare un evento a livello interregionale, perché no guardando anche al nazionale. Era un’idea di carattere generale, soprattutto rivolta al settore giovanile che poi è quello che ti dà la linfa vitale.
d: Per il futuro avete in mente qualche progetto?
r: Siamo in attesa di capire ciò che potremo fare, il mio desiderio è quello di creare presto un evento che coinvolga le scuole della città, ma essendo ormai ferma da due anni l’attività di promozione negli istituti non so dire alla fine come andrà. Mi auguro di poter tornare a lavorare già verso la fine di quest’anno scolastico, anche se mancano soltanto due mesi e ripartire poi a settembre.
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- Sabato, 19 Marzo 2022 09:35
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di Walter De Stradis
«Sono diventato scrittore, fra molte virgolette, il 17 marzo 2010. All’epoca avevo un’agenzia di viaggi in Centro, e un amico entrò e disse: “Hanno trovato il cadavere di Elisa alla Trinità. Adesso dobbiamo fare qualcosa”. Nel giro di pochissime settimane uscì dunque un mio libro-denuncia, intitolato “Senza occhi”, che feci supervisionare –prima di tutto- al fratello Gildo. In quel testo denunciavo la micidiale omertà locale».
Dino De Angelis, pizzetto da moschettiere e inconfondibile ciuffo d’argento, un tempo volto noto del basket locale (è stato il coach di Potenza 84 e dell’Olimpia Matera), da alcuni anni è un “narrautore” (la definizione è di suo conio) di professione. Il suo ultimo spettacolo di “storytelling” (ovvero "racconto di storie") s’intitola “De Angelis e Demoni”.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Assecondando i miei istinti, le mie tendenze, come fanno tutti. Io ho girovagato varie attività lavorative, prima di dedicarmi alla scrittura e alla narrazione, e non credo che mi fermerò qui.
d: Infatti se io le avessi fatto quest’intervista dieci/quindici anni fa, probabilmente avremmo parlato di Basket…
r: In effetti sì. Lo sport per me è un amore passato, di cui c’è nostalgia, ma senza “mancanze”. Sono stato per trentacinque anni coi piedi in quel mondo, bellissimo, che a -differenza di altre cose che accadono nella società- riconosce il MERITO. A fine gara c’è un tabellone, col punteggio, che sancisce se sei stato bravo o meno, a prescindere da valutazioni…personali.
d: Tocchiamo subito un nervo scoperto. A Potenza –magari cominciando proprio dall’ambito letterario- il “merito” è riconosciuto?
r: No, non lo è. La mia famiglia è di Portasalza, il che fa di me un potentino vero (e non siamo rimasti in molti) e dunque posso dirlo. Sì, noi siamo legati molto alle nostre radici, ma viene allora da chiedersi perché tanta gente - non solo i giovani- lascia questa terra. Proprio stamattina leggevo che le statistiche del 2021 ci dicono che altri 8mila lucani sono andati via e molti di loro sono potentini. Perché accade, allora, nonostante tutto questo amore? C’è l’assenza di lavoro, ok, ma forse c’è una mancanza nella riconoscenza, non solo dei meriti, ma anche delle PARI possibilità.
d: Eppure –per rimanere in ambito letterario- di eventi e occasioni sembra ce ne siano tanti. Girano però sempre gli stessi nomi?
r: Ed è un aspetto bello di Potenza, l’associazionismo, cioè il “basso” propulsivo che vuole fare e comunicare. No, non è questione di nomi. Ciò che manca è proprio un coordinamento, che pur da qualche anno qualcuno prova affannosamente a mettere in piedi. Le cose che ci sono allora proviamo a programmarle, a calendarizzarle!
d: Manca anche il fare rete comune.
r: Sì, forse manca anche un po’ una “rete”, cosa che invece noto in ambito musicale, che bazzico da qualche tempo, ove c’è un grande spirito collaborativo.
d: Dicevamo che Potenza è una città poco meritocratica. Da cosa dipende: cerchi magici, il familismo, la politica che dorme…
r: Ripeto, ciò che fa cadere le braccia è la mancanza di pari opportunità, e non è una questione di genere. Vuol dire invece che il figlio di una famiglia umile, o povera, in questo posto ha OBIETTIVAMENTE minori possibilità rispetto a chi vive in un ambito più agiato. E’ un dato di fatto. E non è solo questione di politica (che di sicuro ha le sue belle responsabilità): come dicevamo, fra noi stessi spesso non ci facciamo amare, non collaboriamo, non facciamo rete.
d: Come “narrare” al lettore quanto è successo sia alla giunta regionale sia alla giunta comunale di Potenza, con questo odioso “balletto” delle deleghe?
r: I vari assessori, essendo la nostra una realtà provinciale, li conosciamo tutti. Dal mio piccolo osservatorio, noto però che fino a quando non avevano incarichi politici, li vedevi girare in mezzo a noi, li incontravi al ristorante, e osservavano i problemi dalla NOSTRA angolazione: una volta ottenuti ruoli politici, il loro contatto con la realtà si è completamente AZZERATO. Il paradosso è che ora si trovano dunque a gestire cose e fatti che, da un certo momento della loro vita in poi, hanno IGNORATO. I problemi della Città sono numerosissimi: non credo che la nostra classe politica ne sia veramente al corrente.
d: Proviamo a ricordargliene qualcuno. Se potesse prendere Guarente sottobraccio, cosa gli direbbe?
r: Comincerei a parlargli della mobilità. Un problema complesso, che riguarda lo spostamento dei cittadini, e in cui già i semplici pedoni sembrano del tutti ignorati. Questi ultimi, insieme agli autisti di mezzi pubblici e agli automobilisti, costituiscono una massa che si muove in maniera sconsiderata, non c’è un progetto, non c’è un piano, nonostante noi si abbia il sistema di scale mobili che è il secondo al mondo (!). Uno sproposito, se ci pensa, calato fuori dal reale. All’epoca il buon Santarsiero ipotizzò 18mila passaggi al giorno (cifra che in effetti avrebbe giustificato la struttura), ma i numeri si rivelarono dal primo momento molto meno della metà. Ergo, erano state fatte delle valutazioni sbagliate: un progetto così mastodontico, per una città del tutto svuotata! Per pura passione, ho poi studiato a lungo il sistema di trasporto pubblico urbano (avvalendomi anche della collaborazione di tecnici), rilevando una miniera di incongruenze. Se racconti al forestiero che qui ci sono le scale mobili più lunghe d’Europa, o che qui per un periodo sugli autobus si viaggiava gratis, beh, quello non ci crede. Noi potentini ci siamo un po’ addormentati sui problemi, ma l’occhio del visitatore a volte ti dà la misura del reale.
d: E invece al presidente della Regione, sempre sottobraccio, cosa direbbe?
r: Che a parte il petrolio, la Basilicata ha una marea di altre risorse, che io vedo un po’ dimenticate: il turismo (che non è solo enogastronomia, ma penso anche allo splendore delle “ghost town”, i paesi “fantasma”, su cui ho scritto anche un libro), e i parchi naturali (non credo ci siano politiche specifiche per connetterli).
d: La copertina del suo libro “Con rabbia e con amore” reca uno splendido scorcio di Potenza, in chiaro-scuro. Cominciamo dallo scuro…
r: Le periferie: Serpentone e Bucaletto gridano SOS lancinanti tutti i giorni. Sono situazioni in cui ho messo le mani. Tra le altre cose, faccio parte da anni della Caritas Diocesana della Cittadella e a Cocuzzo ho molti amici che da tempo lamentano il problema della casa e dell’abusivismo. Questioni che andrebbero affrontate in maniera diversa.
d: La povertà sempre più, oltre che materiale, è anche sociale.
r: Il problema è questo. Le zone d’ombra sono sicuramente le periferie. Più in generale, noto una mancanza di “connessione” tra i quartieri. Potenza ha una marea di contrade, che fanno vita a sé, non sono minimamente coinvolte nel discorso urbano. Per un periodo proposi –inutilmente- di fare la sfilata dei Turchi a turno nei quartieri, era solo un’idea per far sentire coinvolti quei tanti, moltissimi, cittadini che non si sentono parte attiva.
d: Il suo ultimo spettacolo s’intitola “De Angelis e Demoni”. Il “demone”, il “mistero” al cuore di Potenza qual è?
r: Il caso di Elisa. Il punto più cupo della nostra storia degli ultimi anni, con quello stato omertoso che ha interessato cittadini a diversi livelli (e che –suppongo- ha visto anche responsabilità a diversi livelli). Ricordo a me stesso, solo a mero titolo di cronaca, che solo grazie a un’attenta giustizia anglosassone è stato riconosciuto il vero colpevole, che forse altrimenti non sarebbe mai venuto fuori.
d: Mi racconti anche di qualche luce, però.
r: Come dicevo, l’associazionismo. E poi il nostro centro storico è una perla. E ancora una volta ce lo dicono i forestieri, perché noi ormai è come se fossimo assuefatti. Io il Centro lo vedo davvero come un teatro di scena, che cambia abito e velocità di utilizzo a seconda dei momenti della giornata: la mattina le mamme portano i figli a scuola, il primo pomeriggio è momento di pranzi e di visite, e la sera –con i soli lampioni rimasti accesi- diventa luogo di passeggiate.
d: La canzone che la rappresenta?
r: Due canzoni “letterarie”: “Year of the cat” di Al Stewart, per le canzoni straniere, e “Atlantide” di De Gregori per quelle italiane.
d: Il film?
r: “C’era una volta in America” (lo vidi appena uscito), e “Il Padrino” (per le origini lucane del regista Coppola).
d: Il libro?
r: Il primo che mi viene in mente è uno dei meno noti di Baricco, “Questa storia”.
d: Ne approfitto: il libro che invece NON la rappresenta?
r: Guardi, non è che non mi rappresenta, ma un libro come “Il Pendolo di Focault” di Umberto Eco, beh… ho avuto un po’ di difficoltà a leggerlo.
d: Un mattonazzo?
r: Leggere dev’essere sempre un piacere, e sin dalle prime pagine.
d: La vedremo mai assessore alla Cultura?
r: (Ride). Su invito a “metterci la faccia”, una vola ci provai, perché era giusto, ma i cittadini non mi hanno votato. Quindi la vedo difficile senza un consenso.
d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
r: «Per vivere non ha mai leccato il culo a nessuno».
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- Sabato, 12 Marzo 2022 09:04
di Antonella Sabia
Il secondo capitolo della nostra inchiesta fra gli operatori sportivi del capoluogo: è il turno di Sandrino Caffaro – presidente regionale Asc (Attività sportive confederate)
d: Le vostre associazioni cosa lamentano? Le attività vengono svolte presso centri convenzionati dal Comune o in strutture private?
r: Le nostre ASD (associazioni sportive dilettantistiche – ndr), nella stragrande maggioranza, hanno le proprie palestre e garantisco che questa situazione ha agevolato la pratica sportiva, nel senso che non si è più stati schiavi nella struttura pubblica. Anche nella nostra città si è iniziato a capire che organizzarsi in privato, significava spendere più o meno le stesse cifre, con l’agevolazione di poter gestire tutto in autonomia, in particolare gli orari. In passato, inoltre, avevamo a disposizione anche molte più strutture pubbliche, tipo le palestre scolastiche, che gestivamo direttamente noi come ASD, finché qualcuno, mi riferisco a qualche amministratore sia della Provincia sia del Comune, ha capito che si poteva fare politica anche e soprattutto attraverso lo sport, così hanno cominciato a monopolizzare non solo gli impianti comunali, ma anche le strutture scolastiche, cambiando i regolamenti, soprattutto senza distinzione tra attività sportive, spazi necessari, arrivando così a farci fare la “guerra tra poveri”. Parlo per esperienza personale, occupandomi di karate, avevamo necessità di un luogo pulito poiché svolgiamo attività scalzi, ed è capitato spesso che avendo due ore a disposizione in una palestra, riuscivamo a fare al massimo un’ora di lezione poiché la prima mezz’ora era dedicata alla pulizia. Molti, come noi, si sono scocciati di questa situazione e hanno preferito crearsi uno spazio proprio. Oggi ho una palestra tutta mia, dove anche nel periodo di Covid ci siamo potuti allenare, e dove possiamo autogestire le nostre attività. Le strutture in città ci sono, ma bisognerebbe mettere da parte il protagonismo di alcuni amministratori, e stando a quanto dice la norma, devono essere le ASD direttamente ad avere contatti con gli istituti scolastici o altri spazi pubblici.
d: Le strutture pubbliche cittadine le ritiene adeguate?
r: Mi piacerebbe sottolineare la situazione del Palazzetto CONI di Montereale, sulla bocca di tutte le amministrazioni che si sono susseguite negli anni, ma alla fine non è mai cambiato nulla. Ogni volta che passo di lì mi piange il cuore, perché in quella struttura sono cresciuti la maggior parte degli atleti, oggi maestri, dalla pallavolo alla pallacanestro, boxe ecc. Era una struttura polivalente, aveva tanti spazi, ognuno dedicato ad una disciplina; nonostante non fosse grandissimo, era un modello da prendere come prototipo, ma purtroppo poi quando entra la politica in questo tipo di questioni, succede quel che succede ciò che è sotto gli occhi di tutti…Oggi il mondo dello sport, grazie anche all’azione privatistica delle ASD, è accessibile a tutti. La struttura privata ti offre un ambiente più salubre, il posto è più curato, ma soprattutto puoi organizzare al meglio le attività, puoi programmarle, senza dover ogni anno stabilire un calendario con altre Federazioni o Enti. Purtroppo gli amministratori non conoscono tutte le avversità che versano nel mondo dello sport, la programmazione sportiva non deve essere fatta per un solo anno, ma deve essere a medio lungo termine anche nell’ottica di eventi da organizzare nel tempo. Mi dispiace sottolineare poi, che noi cosiddetti sport minori (anche se poi andando a spulciare i dati, i numeri li abbiamo noi), quando dobbiamo organizzare un evento anche di un certo rilievo, con la necessità di maggiori spazi, siamo sempre in coda rispetto alle federazioni maggiori, negli impianti come il Pala Rossellino o la Vito Lepore. Pertanto, ritengo che bisogna cambiare mentalità e far capire a questi signori che ci sono alcune strutture che devono essere al servizio della città.
d: Per quanto riguarda la nomina di Potenza a Capitale Europea dello Sport, come Enti di Promozione Sportiva siete stati coinvolti in qualche incontro al Comune?
r: No, nella maniera più assoluta. E questa è una grande lacuna da parte dell’amministrazione comunale, una cosa che mi fa molto arrabbiare, perché oggi in Italia la legge sullo sport riconosce tre organizzazioni: Federazioni Sportive Nazionali, Enti di Promozione Sportiva e Discipline Associate. La differenza è che le FSN e le DA rappresentano singole discipline, mentre gli EPS abbracciano un po’ tutte le attività, ma a livello istituzionale come riconoscimento legale siamo sulla stessa barca, le ASD possono iscriversi ad una delle tre per poi essere inserite nel Registro del CONI. Oggi esiste anche un altro organismo sportivo, Sport e Salute spa, si occupa dei progetti scolastici, di inclusione, promuovendo lo sport per tutti, mentre al CONI è rimasta l’attività agonistica di altro profilo. Gli amministratori devono capire che devono coinvolgere tutti coloro che sono in grado di fare attività sportiva, a prescindere se agonistica o meno. Non ci hanno quindi invitato perché c’è ancora questo retaggio culturale per cui la normativa vigente non è conosciuta. Personalmente rispetto tutti, ma bisogna prendere in considerazione anche gli EPS che promuovono l’attività sportiva di base, includono diverse discipline e soprattutto coinvolgono diverse fasce di età. Non facciamo concorrenza alle Federazioni, ma dobbiamo e vogliamo essere riconosciuti.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 12 Marzo 2022 08:06
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di Walter De Stradis
Quarantatreenne dai tratti ancora giovanili, l’occhialuto ingegnere (è stato presidente dell’Ordine a Matera) Gianluca Rospi, deputato dal 2018, ha trovato la collocazione congeniale in Forza Italia dal novembre scorso. Eletto -da indipendente- nei Cinque Stelle, era poi passato al Gruppo misto, all’interno del quale aveva dunque fondato la componente “Popolo Protagonista” (di area popolare); insieme ad altri deputati, ha successivamente dato vita al gruppo “Coraggio Italia”, un progetto che tuttavia -parole sue- si è “perso per strada”, portandolo quindi al suo definitivo passaggio al partito di Berlusconi. Un approdo che Rospi ha definito “naturale”, vista la cultura politica personale. I Cinque Stelle? «Per loro coniai “oligarchia” -termine che oggi torna sulla stampa a proposito di questioni internazionali legate a Putin- perché lì comandano e gestiscono quattro/cinque persone».
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Devo innanzitutto ringraziare i miei, perché mi hanno consentito di arrivare fin qui; a cominciare dalla professione di ingegnere, che ha nel suo Dna la ricerca di soluzioni per migliorare la vita dei cittadini. E proprio questo spirito mi porta alla mia attuale esperienza in politica.
d: A proposito di “soluzioni”, una delle sue preoccupazioni attuali sembra essere la riforma del Catasto che –al di là della necessità di far emergere il “sommerso”- a suo dire comporterà un aumento di tasse, ai danni delle tasche del comune cittadino.
r: Certo, ma non lo dico solo io, è scritto nella relazione allegata alla legge delega presentata dal Governo, prevedendosi di spostare la tassazione dal lavoro alla casa. Un assurdo, perché la casa è un bene primario per tutti gli Italiani, anzi, l’unico bene per il ceto medio e per i poveri, che saranno gli unici a rimetterci (non certo i ricchi); aumentando anche l’Isee (come conseguenza), parecchie famiglie, che pagano meno sull’Università e asili nido, perderanno tutta questa serie di aiuti.
d: Lei è di Matera e fa parte della Commissione Trasporti: proprio poco fa (è giovedì – ndr), l’ex (?) assessore regionale Merra ha annunciato che, tramite la pubblicazione del decreto, il progetto della linea ferroviaria Ferrandina-Matera La Martella diventa “ufficiale”.
r: E’ stato approvato il progetto definitivo: ci sarà dunque la fase del progetto esecutivo e poi quella delle opere. Certo, dopo vent’anni, è un passo in avanti, e si spera –visto che l’opera è anche commissariata- che nei prossimi anni noi si riesca finalmente ad avere la Ferrovia a Matera. Ma ci sono anche altre opere di cui Governo, Anas e Ferrovie stanno valutando l’ampliamento e/o lo sviluppo: ad esempio la Taranto/Potenza/Battipaglia, un’opera (commissariata anche questa) che rientra nel Pnrr, che però erroneamente viene intesa come “Alta velocità”…
d: …appunto…
r: …NON SARA’ “Alta velocità”, ma sarà solo implementata e ammodernata in alcuni tratti.
d: Quindi conferma che la Basilicata NON sarà beneficiata dall’Alta velocità.
r: Sicuramente, ed è un errore, perché quella direttrice, Taranto/Potenza/Salerno poteva essere un ottimo collegamento ad Alta velocità col porto di Taranto e quello di Salerno.
d: Se questa cosa non si è fatta, qualcuno ha dormito. Magari dalle parti della Regione?
r: Queste dinamiche non dipendono solo dalle Regioni, ma anche da questioni europee e cose pregresse. Passare all’Alta velocità comporta infatti anni e anni di politiche che vanno in quella direzione. E comunque trasformare oggi quel tratto Taranto/Salerno in Alta velocità sarebbe difficoltoso perché significa creare un doppio binario, separato; ergo non colpevolizzerei la politica regionale attuale, ma forse più quella degli anni passati.
d: La Merra –prima dell’azzeramento della giunta- aveva annunciato novità anche sulla Potenza-Foggia.
r: Anche lì si è in fase progettuale, non esecutiva, e c’è lo studio di fattibilità. Mi auguro che si faccia presto, perché quella è un’altra direttrice fondamentale. Come dico spesso, noi dobbiamo cercare di collegare la Basilicata ai porti pugliesi (Bari e Taranto) e non già a quelli del Tirreno, perché verremmo sicuramente schiacciati e considerati come “periferie” (in questo caso di Napoli). Se ragioniamo di “macroarea” o di “macroregione”, discorsi che mi vedono favorevole, quella nostra d’elezione dovrebbe essere col Salento, l’aera di Bari e la Calabria: in questo modo noi Lucani diventeremmo “centrali”, confermandoci come il retro-porto naturale di Taranto, e potendone sfruttare appieno le potenzialità.
d: A proposito di “potenzialità”, oggi dobbiamo giocarci al meglio la partita del Pnrr. Già alcuni sindaci lucani lamentavano carenze di personale (fra pensionamenti e impossibilità/difficoltà nel fare nuove assunzioni), specie in riferimento a chi dovrebbe occuparsi dei vari bandi. Al Nord, come al solito, sarebbero meglio attrezzati.
r: A mio avviso il Pnrr PUO’ funzionare. Noi avremo una quantità enorme di miliardi in arrivo dall’Europa, dieci volte più di prima. E già prima avevamo difficoltà a spendere quei soldi, figuriamoci ora! Come si fa? L’assunzione del personale all’interno dei Comuni da sola non è la soluzione per tutto: qui bisogna lavorare sul partenariato pubblico-privato, coinvolgendo i professionisti e gli imprenditori della società civile per farci fare i progetti e aiutarci a svilupparli. Oggi infatti il problema non è fare i progetti, ma saperli gestire.
d: Lei propone di “coinvolgere la società civile”, ma se guardiano ad altri esempi, come Matera 2019 (e anche lì sono arrivati tanti soldi), ritiene che ciò sia avvenuto? A sentire gli intellettuali locali, non proprio. Cosa ci ha insegnato, e cosa ci ha lasciato, quella esperienza?
r: Ci ha insegnato che quando la società civile ci crede, un progetto va avanti. Sappiamo tutti che Matera 2019 inizialmente non nasce dalla politica, bensì da una serie di associazioni culturali, riferibili a tutta la Basilicata. Dal punto di vista politico, Matera 2019 è stata sì un successo, ma avrebbe potuto essere ancora più efficace. Non è stato così perché la politica stessa si è messa d’intralcio.
d: La politica locale?
r: Sì, l’ha bloccata, se pensiamo che a Matera non si è creato un teatro, che potesse anche “dialogare” con lo “Stabile” di Potenza, l’unico che c’è al momento. Un assurdo per una Capitale della Cultura. C’è stata mancanza di visione. Matera dovrebbe diventare il volano per il quale il turista viene in città, per poi girare attraverso TUTTA la Regione (il Pollino, Maratea, Melfi, Pietrapertosa, Castelmezzano, la Costa Jonica...). La politica è riuscita bene nel creare il turismo e il “brand” relativo, ma non ha creato sinergie col resto del territorio. La Basilicata è TUTTA bella, e tempo fa io lanciai la sfida di “Città Basilicata”, ma l’hanno colta in pochi. Ciò che mi è dispiaciuto, inoltre, è che molte di quelle associazioni non sono state coinvolte nella programmazione del “dopo 2019”.
d: Uno degli argomenti più ricorrenti è quello dei rincari energetici. La Basilicata è terra di petrolio, che prima o poi finirà. Come vede il futuro energetico di questa regione?
r: Dobbiamo essere bravi a sfruttare le risorse energetiche a disposizione, senza far danno all’ambiente. Anche perché oltre al petrolio e all’acqua, l’ambiente è la nostra vera risorsa. Potremmo puntare, inoltre, sull’energia rinnovabile, a creare ad esempio un centro di sperimentazione per l’idrogeno. Le rinnovabili pongono però un problema sul loro accumulo, e quindi dobbiamo utilizzare anche il gas; e poi è necessario sfatare anche un altro mito: è opportuno oggi più che mai tornare a fare ricerca sul nucleare di NUOVA generazione. Esisterebbero delle valide tecnologie capaci di bypassare definitivamente il problema delle scorie.
d: Quando si parla di scorie viene sempre in mente il pericolo di una nuova Scanzano...
r: Credo che ormai si sia chiarito. Seguii personalmente la questione in qualità di presidente dell’Ordine degli ingegneri, anzi, in quella stessa occasione stilammo un documento nel quale si ribadiva che la Basilicata per le sue caratteristiche geo-morfologiche NON era adatta ad ospitare scorie. Scanzano, in qualità di territorio sismico e soggetto a frana NON E’ certo il sito più idoneo. Certo, può non sembrare carino dire che le scorie devono andare altrove (chessò, a Torino), ma tant’è (una soluzione deve pur essere trovata) e comunque, chi si prende l’onere delle scorie deve necessariamente ottenere dei ristori.
d: E la Basilicata secondo lei, parlando di ristori scaturenti dal petrolio, ha avuto tutto quello che si aspettava e/o meritava?
r: Noi abbiamo avuto tante risorse, forse ne avremmo potute avere di più (gli accordi stipulati a livello centrale forse ci hanno un po’ penalizzato) e da impiegare certamente meglio di così. Pensi ai tanti borghi lucani che alle volte di tutti questi soldi non sanno nemmeno cosa farsene. Sarebbe stato meglio impiegare quei fondi per la creazione delle infrastrutture che mancano. Distribuire le royalties a TUTTI i comuni? Non sono per la distribuzione a “pioggia” dei soldi, quanto per il loro impiego.
d: Veniamo alla scelta di Bardi di nominare -in ruoli apicali- professionalità provenienti dal di fuori della Regione …
r: Non è tanto una questione di provenienza geografica, ma di modo di lavorare. Le capacità in Basilicata ci sono senz’altro, ma la scelta iniziale di Bardi forse è legata alla volontà di introdurre persone “scollegate” dal territorio, in questa regione ove per molti anni c’è stata solo una forza politica. Oggi, con l’azzeramento della Giunta (l’intervista si è svolta di Giovedì –ndr), bisogna ripartire con uno slancio in più.
d: Sì, ma da COSA ripartire? Questi due/tre anni di governo sono sembrati più che altro “interlocutori”.
r: Premesso che ha fatto bene ad azzerare la giunta con la volontà di mettere TUTTE persone nuove, direi che qualcosa di buono in questi anni è stato fatto. Si è cercato comunque di fare pulizia (anche se è brutto dirlo così), di rinnovare alcuni uffici e alcune situazioni incancrenite, anche se forse è stato fatto poco (e in questo lei ha ragione). Oggi c’è bisogno di un cambio di passo. Di persone nuove. Forza Italia ha dato alcuni nomi e speriamo che gli altri partiti facciano altrettanto.
d: Insisto, al di là dei nomi: da COSA bisogna ripartire?
r: Dal dialogo con il territorio e con tutte le fasce sociali, con coloro che io definisco la “parte operativa”, gli imprenditori, gli artigiani, quelli che si scontrano giorno dopo giorno con la durezza della realtà locale.
d: Se potesse prendere sotto braccio Bardi, confidenzialmente, cosa gli direbbe?
r: Di prendersi una settimana per girare con me tutti i borghi della regione e parlare non con i sindaci, ma con la gente che in quelle zone vive.
d: La canzone che la rappresenta?
r: “Così celeste” di Zucchero.
d: Il film?
r: “C’era una volta il West” di Sergio Leone.
d: Il libro?
r: “Ventimila leghe sotto i mari”
d: Tra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
r: “Era un uomo del popolo”.
- Scritto da Redazione
- Venerdì, 11 Marzo 2022 19:14
di Antonella Sabia
Nell’ambito delle iniziative legate alla Giornata Internazionale della Donna,la Consigliera Regionale di Parità, avv. Ivana Pipponzi, unitamente all’Ordine degli Avvocati di Potenza e al Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati, ha organizzato il convegno “Donne e discriminazioni dell’egida del diritto”, che si è tenuto questo pomeriggio presso il Palazzo della Cultura di Potenza.
Tema centrale dell’incontro, il macrosistema delle discriminazioni di genere in cui possono incorrere le donne, da quelle sul posto di lavoro, alle violenze in ambito domestico, discriminazioni verso donne disabili, -con la testimonianza di due donne non vedenti, Giovanna Ruggieri e Anna Varriale- oltre a quelle che subiscono le persone LGBT, entrando poi nel dettaglio di quali sono tutte le tutele connesse.
La Consigliera Regionale Pipponzi, ha focalizzato il suo intervento sulle discriminazioni sul posto di lavoro, constatando che si tratta di un fenomeno assolutamente attuale e stringente, ed è quindi inaccettabile che ancora oggi si debba parlare di discriminazioni al lavoro e si debbano continuamente registrare simili azioni, poiché queste condotte si riverberano poi negativamente sull’intera società. Quando si parla di discriminazioni di genere, corre immediatamente l’idea a una cultura ancora sessista e patriarcale. È evidente come anche l’assenza di welfare e di misure di sostegno adeguato, troppo spesso costringano le lavoratrici a scegliere di abbandonare il posto di lavoro, per dedicarsi alla maternità, o addirittura rinunciarci. A questo si aggiungono ulteriori discriminazioni derivanti dal divario retributivo, maggior accesso a part-time e quindi meno ore di lavoro, che si traducono in minori scatti retributivi e minori contributi versati, di conseguenza anche una pensione più bassa.
“La sottovalutazione di questi fenomeni fa sì che essi vengano considerati soltanto come fatti privati della lavoratrice o del lavoratore discriminato e non come una piaga che riguarda l’intera società. Da tutto questo, deriva il fenomeno della denatalità con evidente impatto sull’intero sistema sociale, che deve spingerci a chiedere chi pagherà domani le nostre future pensioni, chi provvederà all’assistenza degli anziani, se non ci sono bambini”, ha affermato l’avv. Pipponzi.
È evidente quindi che si tratta di argomenti collegati tra loro, imprescindibili l’uno dall’altro.
Si è discusso molto anche di un altro fenomeno ampiamente sottovalutato nel passato, le molestie sul posto di lavoro, su cui è intervenuta la ratifica della Convenzione con la Legge n. 4 del 2021, che ha ridato la giusta importanza e forte valorizzazione ai fenomeni di molestie sessuali e violenze sui luoghi di lavoro, considerate vere e proprie discriminazioni.“È fondamentale dunque introdurre azioni forti e incisive di contrasto, naturalmente le istituzioni hanno il dovere di attuare tutte le normative vigenti, quindi sostenere sempre di più e meglio le azioni dei soggetti deputati al contrasto di ogni forma di discriminazione sui luoghi di lavoro. La stessa Consigliera di parità agisce in qualità di pubblico ufficiale nel contrasto alle discriminazioni ai sensi del codice sulle pari opportunità, ed è un’autorità garante nell’attuazione della normativa sulle parità e sulle pari opportunità”, ha concluso l’avv. Pipponzi.
- Scritto da Redazione
- Martedì, 08 Marzo 2022 12:50
L’intervento di Ivana Pipponzi, Consigliera regionale di parità:
“Il mio pensiero corre oggi alle tante donne ed ai loro bambini che in questi giorni soffrono per via della guerra in Ucraina, per questo voglio dedicare loro questa importante giornata.
La giornata internazionale della donna potrà dirsi effettivamente celebrata quanto sarà finalmente sfondato il tetto di cristallo.
Ad oggi, purtroppo, nessuno Stato membro dell’UE ha raggiunto la parità di genere, specie nel contesto lavorativo come sottolineato dalla Commissione Europea quanto alla strategia per la parità 2020-2025. Il nostro Paese sconta un importante divario di genere (meno del 48% delle donne lavora; in Basilicata solo il 36,7%) aggravato dalla pandemia che ha colpito fortemente l’occupazione femminile maggiormente interessata da contratti precari.
Sono ancora stringenti i casi di discriminazioni di genere sul posto di lavoro che vedono il divario di genere quale loro causa efficiente, come verifichiamo noi Consigliere di parità nello svolgimento dei nostri compiti quali pubblici ufficiali nel loro contrasto. Così la ratifica della Convenzione ILO da parte dell’Italia non sarà sufficiente fintanto che le aziende non adotteranno idonee azioni per contrastare molestie e violenze sui luoghi di lavoro, anche inserendo dette condotte nell’ambio del proprio D.V.R. (documento sulla valutazione del rischio).
Così, la mancanza di welfare e di misure strutturali a sostegno della maternità e/o della conciliazione vita-lavoro (che deve diventare sempre di più condivisione in famiglia dei carichi di cura), porta per oltre l’85% le lavoratrici - anche lucane - a dimettersi, così uscendo definitivamente dal mondo del lavoro che, difficilmente, le riaccoglierà alle stesse condizioni, con nocumento per l’intera società.
Il divario di genere si ribalta con la stessa astringenza anche in ambito politico – istituzionale in Basilicata, dove la presenza femminile è bassa e spesso ha imposto l’intervento del mio Ufficio per ripristinare il riequilibrio di genere, come normativamente previsto.
L’Italia è da tempo impegnata in iniziative che mirano a colmare il gender gap nel mercato del lavoro; iniziative - quelle del passato prossimo - che evidentemente non hanno sortito l’effetto sperato in quanto non adeguatamente strutturali. Questo obiettivo è diventato sempre più cogente come ribadito anche nell’ambito del PNRR che ha recepito la proposta della Commissione Europea di dedicare un’attenzione particolare alle donne e promuovere l’occupazione femminile come priorità trasversale di tutte le Missioni del Piano (oltre all’apposita Missione V - incentrata proprio sulla coesione e l’inclusione sociale) da attuarsi nel quinquennio 2021-2026. Il Piano infatti prevede di raggiungere, entro il 2026, un incremento del 5% nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere.
Al fine, perciò, di colmare il gender gap, la mobilitazione delle energie femminili è quindi da considerarsi uno dei pilastri per la ripresa del nostro Paese. Ed in questo senso si è mossa la legge di Bilancio 2022, il decreto legge n.77/2022 e la legge n. 162/2021 che hanno introdotto precise azioni ed obblighi, tra cui: 1) il rapporto sulla situazione del personale e 2) la certificazione sulla parità di genere.
1) Il rapporto sulla situazione del personale per le aziende è diventato obbligatorio, a far data dal 11.02.2022, anche per le aziende con oltre 50 dipendenti; la mancata elaborazione dello stesso è causa di esclusione per i bandi pubblici a valere sul pnrr e pnc e va inviato per la sua verifica alle Consigliere regionali di parità;
2) la certificazione sulla parità di genere potrà essere rilasciata, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a tutte le aziende che dimostreranno l’effettività e l’efficacia delle proprie politiche in tema di parità di genere tra uomo e donna, anche con riferimento alla redazione del detto rapporto. Non dovranno essere esaminati solo progetti o documenti programmatici, ma valutate tutte le misure adottate in concreto dai datori di lavoro per ridurre i divari su opportunità di crescita, parità salariale, gestione delle differenze di genere, tutela della maternità e verificata la mancanza di procedimenti per discriminazioni di genere sul lavoro.
In attesa che vengano emanati i necessari decreti attuativi e che vengano determinate le modalità di accesso ai Fondi, è bene sottolineare il ruolo e la responsabilità che è demandata a noi Consigliere regionali di parità nella certificazione di genere come nella validazione delle azioni poste in essere dalle aziende per attuare la parità di genere dei dipendenti, anche stante il ruolo di Autorità garanti della normativa sulla parità in ambito lavorativo, ai sensi del Codice sulle pari opportunità.
Gli obblighi sopra esposti devono essere visti come opportunità economiche; infatti, ad esempio, il rilascio della certificazione di genere comporterà diversi vantaggi sia per le aziende private che per i lavoratori. Le prime, infatti, avranno accesso, tra gli altri, a un miglior punteggio nelle graduatorie degli appalti e a un esonero parziale del versamento dei contributi previdenziali dei lavoratori (nel limite dell’1% e di 50.000 euro annui). I lavoratori, oltre a veder parificati i propri diritti, si troverebbero a lavorare in contesti sempre meno discriminatori e più inclusivi, contribuendo così alla creazione di un “social climate” virtuoso, anche nell’ambito delle sempre crescenti politiche aziendali “ESG-oriented”. Trattasi di un approccio innovativo alle politiche di programmazione, orientato al genere, con l’obiettivo di sviluppare una nuova responsabilità sociale sulla parità; una leva per favorire la partecipazione delle donne ai processi di sviluppo sostenibile e all’innovazione e promuovendo la partecipazione al mercato del lavoro, sia nei settori produttivi ad alta concentrazione femminile che in quelli innovativi ed emergenti.
Siamo, dunque, di fronte ad una svolta importante: solo attuando pienamente le nuove misure proposte dal Governo centrale potremmo favorire la parità di genere e quindi celebrare in modo coerente la Giornata internazionale della Donna”.