- Redazione
- Sabato, 11 Dicembre 2021 09:21
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di Walter De Stradis
Già sindaco del suo paese (Brienza, provincia di Potenza) e attualmente consigliere comunale di maggioranza (capogruppo), il sessantenne Donato Di Stefano, dall’eloquio rapido e la voce bassa e leggermente soffiata, è il coordinatore regionale della Cia – Confederazione Italiana Agricoltori.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Vivo con grande passione e rigore professionale questa ormai ultratrentennale esperienza in Confederazione, a livello regionale, ma anche nazionale (avendo una responsabilità sul tema delle bonifiche e dell’irrigazione). Sono convinto che l’agricoltura oggi più che mai potrà essere il catalizzatore di un nuovo modello di sviluppo per la Basilicata. Il vero tema su cui stiamo lavorando è la capacità, da parte di questo mondo, di fare reddito. In quest’ottica, nella nuova programmazione, e col Pnnr e il Piano strategico regionale, ritengo possa esserci una “stagione nuova”. In ambito programmazione 21-27, c’è in ballo il discorso fondi strutturali (gli ex FEI), il FESR, il Fondo di Coesione, senza contare tutte le risorse rivenienti dalla royalties.
d: Sulle royalities ci torniamo, ma –considerate anche le polemiche in atto- qual è la vostra posizione sul Piano strategico regionale, licenziato di recente?
r: Già a novembre facemmo alcune proposte. La chiave di volta per noi è la DISCONTINUITÀ col passato, pensando a un “Fondo unico integrato” e al concetto di “intersettorialità”, onde evitare cioè che si lavori per “mono-fondi” (agricoltura, commercio, artigianato, servizi etc.). A Bardi abbiamo chiesto di lavorare sul tema della coesione territoriale, che interessa 120 comuni e 250mila lucani, non tralasciando il contrasto all’emorragia demografica. C’è insomma bisogno di uno Piano strategico per le aree interne, cosa che attualmente non è presente nel Documento.
d: Se dovesse dare un voto?
r: E’ un elenco di buoni propositi. Va riempito di contenuti, ma devo dire che grazie alla sensibilità dei due consulenti, Perri e Cuoco, ci si è aperti al confronto con tavoli tematici. La grande industria e i grandi investimenti nella nostra regione vanno accompagnati da uno sforzo in direzione delle piccole e medie imprese. Abbiamo poi fatto altre: innanzitutto investire sul “capitale natura” (acque, forestazione, energie rinnovabili, suolo).
d: Un veloce passaggio sul petrolio. Se sul Piano strategico -a quanto lei dice- della concertazione c’è stata, lo stesso non sembra essere accaduto per quanto riguarda i tavoli di trattativa con le Compagnie. E’ d’accordo?
r: Noi abbiamo chiesto di essere presenti. Ma ai tavoli partecipano soltanto ALCUNE categorie e i rapporti con le piccole e medie imprese si sono interrotti. Certo che siamo interessati alla questione petrolio. In Val D’Agri, ma anche nell’Alto Sauro-Camastra, i primi a pagare pedaggio per queste estrazioni sono le comunità locali e le colture locali. Noi ribadiamo la nostra proposta: perimetrare, zonizzare, fare le aree “filtro e cuscinetto”, verificare quale tipo di agricoltura, anche “no food”, è possibile realizzare in quelle aree (dal momento che noi non siamo “contro” le estrazioni). Non si può continuare a vivere di penalizzazioni: su dieci persone che telefonano per avere informazioni sul fagiolo di Sarconi o sul pecorino di Moliterno, otto di queste la prima cosa che chiedono è quanto distano le produzioni dai pozzi! Ovvio che c’è un danno d’immagine piuttosto percepibile.
d: Secondo il vostro ultimo Rapporto l’agricoltura lucana sembra aver tenuto botta contro la Pandemia, ma cos’è cambiato veramente?
r: Tutto ciò che prima si consumava anche fuori (ristoranti, pizzerie etc.), oggi è diventato prevalentemente “a uso interno”, domestico, familiare. No è un caso che oggi un prodotto diventato ricercatissimo sia quello delle farine. E mi auguro che non si speculi. Ne consegue che bisogna attrezzarsi: l’e-commerce è salito del 157%, un’impennata hanno avuto anche le consegne a domicilio. Noi stessi stiamo per attuare un grandissimo progetto, l’apertura di quattro punti per consegne a domicilio ed e-commerce: uno su Potenza, uno su Matera, uno in Val D’Agri e l’altro è una piattaforma che coinvolge più di quattrocento aziende agroalimentari.
d: Tutti gli agricoltori lamentano il poco reddito derivante dal grano, malgrado il quasi raddoppio del suo prezzo di vendita (causato anche dall’aumento dei costi dell’energia). La CIA come propone di risolvere il problema dei guadagni degli agricoltori e dei prezzi di vendita al dettaglio di pane e pasta?
r: E’ una bella sfida. E’ il tema dei temi: costruire anche in Italia un sistema per avere sempre più certezze nelle quotazioni e rimuovere speculazioni o (perché di questo si tratta) turbative di mercato. Va dunque costruito un modello di quotazione che tiene conto dell’indicizzazione (basato su alcuni valori base e cioè mezzi tecnici, costo lavoro, trasporto-servizi ed energia): un prodotto non può costare o essere valutato meno di quello che costa per produrlo. Un tentativo interessante è quello degli otto CUN (Comitati Unici Nazionali per le Quotazioni) istituiti dal Ministero. Purtroppo dopo le prime riunioni si sono già registrate le prime defezioni per difficoltà di dialogo. L’altra questione che proponiamo in ambito quotazioni è che tutto debba essere agganciato alla qualità. C’è dunque bisogno di una contrattualistica nazionale interprofessionale e soprattutto di una regionale, sperando di stimolare gli assessori regionali: se sul latte non facciamo un contratto locale, non si potrà mai sperare di recuperare ciò che si fa a livello nazionale!
d: Veniamo al problema della carenza d’acqua da irrigazione nei periodi estivi e dell’eccessivo costo dell’acqua stessa. Cosa proporrebbe la CIA per ridurre i consumi o anche solo gli sprechi? Cosa proporrebbe per ridurre i costi dell’acqua?
r: La Basilicata ha quasi un miliardo di metri cubi di invasati. Il problema piuttosto è utilizzarli al meglio e dove più servono. Anche in questo caso si potrebbe creare un sistema di sviluppo interessante: basti pensare all’idro-elettrico. La prima cosa da fare, a mio parere, è migliorare il piano irriguo, anzi con l’attuale Amministratore già ci stiamo lavorando, considerato che sono già disponibili quattro finanziamenti. Uno di questi fondi riguarderà l’informatizzazione delle consegne. In Basilicata in media si irrigano aree di circa ventotto o trentamila ettari di terreno effettivi e si consumano dai trecento ai trecentoventi milioni di acqua. Se passiamo al rapporto ettari/consumi, noi per ogni ettaro di terreno consumiamo circa diecimila metri cubi di acqua. Perché, dunque, questo elevato consumo? Noi lo addebitiamo a due fattori: la prima è che bisogna ponderare bene i consumi; la seconda è che purtroppo la Basilicata ancora vanta reti fatiscenti e sistemi non controllati. Il piano invasi regionali, inoltre, deve avere la capacità di soddisfare alcune aree rurali in difficoltà, come la Diga del Rendina che è in forte crisi. Irrighiamo con il canale dell’Ofanto, ossia chiediamo ogni anno dei quantitativi di acqua dalla Puglia e dalla diga dell’Occhito, e certo non è una situazione sostenibile. Bisogna chiudere quanto prima le situazioni pendenti che ancora riguardano la diga del Bradano e quella di Marsico Nuovo, anzi, so che per quest’ultima già sono stati appaltati i lavori.
d: Passiamo ad altri due temi: la desertificazione e la questione migranti, secondo lei la politica sta facendo abbastanza per l’una e per l’altra e, in caso contrario, cosa proporrebbe la CIA?
r: In merito alla desertificazione direi che abbiamo bisogno di riposizionare l’intero territorio della Basilicata all’interno di sistemi produttivi che siano oggettivamente adatti, di qui nuovamente il tema di una forestazione produttiva e protettiva. Il tema della desertificazione, dunque, si sviluppa solamente in alcune aree, ma è altrettanto vero che tramite il PSA bisogna intraprendere dei piani destinati a sanare tale problematica. Mi spiego meglio, la desertificazione la si può combattere non solo con l’acqua, ma anche attraverso adeguati e appropriati piani culturali. Bisogna avere la capacita dell’adattabilità preventiva, anche in ragione dei futuri e impellenti cambiamenti climatici. Sulla questione migranti sfonda una porta aperta. Devo dar atto al direttore dell’INPS Basilicata Bafundi di aver promosso innanzi al tavolo delle Prefetture il piano della qualità del lavoro e dell’accoglienza in agricoltura. Il reale problema è che, in presenza di grandi campi, ci vuole un’organizzazione a monte, affinché non si verifichino più casi come quello della Felandina.
d: C’è secondo lei un prodotto della ruralità lucana che, a dispetto di molti altri, è poco celebrato?
r: Credo le carni e il latte della Basilicata, quindi tutte le produzioni zootecniche.
d: Il film che la rappresenta?
r: “Nuovo cinema paradiso” di Tornatore.
d: Il libro?
r: “Mezzogiorno a tradimento. Il Nord, il Sud e la politica che non c’è”di Giancarlo Viesti.
d: La canzone?
r: Pierangelo Bertoli, “Eppure soffia”.
d: Tra cent’anni, se dovessero scoprire una targa alla CIA in sua memoria, cosa le piacerebbe fosse scritto?
r: Vorrei essere ricordato come un uomo che ha servito e aiutato il mondo dell’agricoltura, tra l’altro siamo anche in fase congressuale e mi auguro un rinnovo.