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pavimentazione piazza Duomo

 

 

LA LETTERA - al direttore Walter De Stradis (Controsenso)

Abbiamo avuto notizia che al comune di Potenza hanno deciso di fare manutenzione ai marciapiedi (a Via Mazzini, nonostante gli annunci sullo scorso numero, gli operai non si sono ancora visti – ndr). Ma saranno sempre gli stessi? Qui in via Vescovado, da v. R Acerenza fino all’incrocio di v. Scafarelli i marciapiedi non esistono e l’infame pavimentazione per tutta piazza Duomo è degna dei peggiori tratturi. Noi ammalati gravi e quindi anche appiedati siamo relegati in casa tanto il sindaco e i suoi arrivano in comune in macchina. Noi ci “muoviamo” tra escrementi di cani e volatili evitando i trabocchetti della ignobile pavimentazione, in questi luoghi fermi a cinquanta e più anni or sono. Grazie di cuore sindaco assessori e consiglieri!

Lena Barrotta

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di Walter De Stradis

 

 

 

E’ assai probabile che molti, se non tutti, fra i turisti che si recano nello splendido borgo di Sasso di Castalda (Pz) per percorrere l’arcinoto Ponte alla Luna, ignorino che il distinto signore che prepara e serve loro il caffè nel bar in via Roma, a pochi passi dal Municipio, è il sindaco in persona.

Rocchino Nardo, cinquantaquattro anni, nel suo esercizio (ove di recente sono stati anche vinti 500mila euro al Gratta e Vinci!) a volte è ancora coadiuvato dalla madre novantenne, che quando vede il figlio “assediato” dalle richieste dei cittadini, tuona “Ma il sindaco prima non ce l’avevate?”

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Da ragazzino mi feci alcune domande e mi risposi che Dio non esiste. Attraversai così un lungo periodo di agnosticismo. Quando nacque mio figlio, a seguito di alcune serie complicanze, pregai la statua della Madonnina dell’ospedale. Dopo un quarto d’ora la situazione migliorò, e da allora vivo da cristiano, e nella mia vita c’è la speranza che l’esistenza non finisca con quella terrena.

d: Da quanti anni esiste il suo bar?

r: E’il bar di famiglia, esiste dal 1901. Aperto dal mio bisnonno, fu gestito dalla moglie per cinquant’anni: era una donna talmente di polso, che qui in paese la chiamavano “la masculedda”. Il bar si è spostato in questo locale nel 1964, e io lo gestisco da quando avevo 18 anni, avendo perso mio padre. Pensi che mia madre, quasi 90enne, ancora mi dà una mano la mattina, e fa il caffè molto meglio di me! Sono ormai 36 anni che lavoro nel mio bar, un’esperienza che ti consente di stare “per strada”, tra la gente, ed è il motivo per cui ho scelto di fare il sindaco. Io faccio il sindaco h24, ormai da tre anni e mezzo.

d: Anche quando è nel bar?

r: Soprattutto. L’abnegazione deve essere totale, alla Rocco Scotellaro. Se lei ha visto, nel mio ufficio su al Comune ho tolto la porta, proprio perché non ho orari e sono aperto a tutti e mi trovano dappertutto.

d: Tra l’altro il suo bar in via Roma è anche un punto di riferimento culturale: c’è l’edicola, si trovano libri, dischi di folk locale…

r: … e di politica sono appassionato sin da piccolo. A sedici anni divenni “comunista del Pc” (a differenza di quelli che rinnegano, come Veltroni), mentre oggi sono anti-comunista, tanto quanto anti-fascista. Tant’è che Sasso è il primo paese in Basilicata ad aver adottato una delibera che vieta la concessione di aree e spazi pubblici ad associazioni, partiti e gruppi che si dichiarano apertamente “fascisti”, in linea con quanto già si leggeva nella Costituzione Italiana (XII disposizione transitoria e finale, secondo la quale è vietata la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista – ndr). Un atteggiamento che anche il governo centrale avrebbe fatto bene ad adottare. Noi lo abbiamo fatto in tempi non sospetti. Dal canto mio, dal comunismo sono approdato alla sponda liberal-socialista: credo che la strada sia “la terza via”, ovvero il Lib-Lab proposto già negli anni Settanta. Tuttavia, come dice Popper, si deve essere tolleranti, ma con i tolleranti. Allo stesso modo, con gli intolleranti (come i fascisti), occorre essere intolleranti.

d: C’è qualcosa in Basilicata che la fa diventare, se non intollerante, particolarmente incazzato?

r: Il fatalismo dei lucani, che ci ha portato ad avere lo stesso tipo di governo per quarant’anni, subendo ogni volta chi si proponeva. Uno spirito che c’è ancora oggi, che sfocia nel qualunquismo (“in politica son tutti uguali”), e che mi fa andare in bestia. Noi qui abbiamo l’esempio di Mimmo Beneventano, che ha perso la vita battendosi per le sue idee, ad Ottaviano contro il clan Cutolo, e quindi abbiamo la prova che le persone “diverse” esistono.

d: Quelli dell’opposizione vengono a prendere il caffè nel suo bar?

r: Certo, c’è un rapporto cordiale, di dialogo, come non c’è mai stato in Consiglio negli ultimi quarant’anni.

d: Ovviamente lei, sindaco, e titolare di bar, il periodo “nero” del Covid (con chiusure e riaperture parziali) l’ha respirato con doppia intensità.

r: Da sindaco, la cosa più difficile era doversi rapportare con i Dpcm che Conte annunciava la sera per la mattina. Allora io correvo in Comune, che sta qui a fianco, magari anche in pigiama (in strada non c’era nessuno), per stampare tutto, leggermelo e chiamare il comandante della polizia locale –o addirittura in Prefettura- e chiedere delucidazioni per il giorno dopo. Ricordo che una di quelle mattine c’era un funerale, e io dovetti correre per strada e fermare tutti: ma siccome ho la fama di essere un tipo spiritoso, pensavano che stessi scherzando!!! Tenete conto che un piccolo comune come il mio il segretario ce l’ha una volta a settimana, e non ha un ufficio legislativo…e tu senti di avere tutta su di te la responsabilità della salute pubblica. Inoltre, mi lasci aggiungere che benché io sia uno dei maggiori beneficiari economici, come operatore commerciale, del Ponte Tibetano (ho due bar e un negozio di alimentari proprio sulla strada), a giugno scorso, in piena riapertura, chiesi a Bardi di valutare la zona rossa (a fronte di un’impennata di contagi), scatenando anche un putiferio.

d: «Senti di avere tutta su di te la responsabilità della salute pubblica»: i rapporti col sistema sanitario regionale come sono stati?

r: Rispetto al Covid abbiamo sempre avuto una interlocuzione buona con ALCUNI funzionari dell’Asp e della Regione, e meno buona con altri. Pensi che quando chiesi di valutare –e sottolineo valutare- la zona rossa, un funzionario della Regione mi disse che ero passibile di una denuncia per procurato allarme!

d: E con Bardi?

r: Lo lamentano un po’ tutti i sindaci: non c’è un gran dialogo. Ci sono stati anche degli incontri, ma poi le cose buttate sul tavolo rimangono lì, come dire, non “mangiate”.

d: Alcuni sindaci lamentavano anche la “velocità” di certi incontri.

r: Beh, ricordo che qualche volta Bardi è andato via perche diceva che aveva da fare, e noi siamo rimasti a parlare a una sedia vuota (sperando che almeno qualcun altro ci ascoltasse), ma sicuramente oggi il sindaco non ottiene ciò che gli spetterebbe, cioè l’ascolto. Col “poi vediamo” non si va molto lontano, certi incontri –se un sindaco li chiede- vanno fatti al momento.

d: A ciò si aggiunge la situazione di impasse creatasi in giunta, anche a seguito delle dimissioni (solo annunciate) di Cupparo, e in attesa del rimpasto. Emergerebbe la difficoltà, come segnalava la settimana scorsa il neo sindaco di Pisticci, di non sapere “con chi” parlare delle questioni.

r: Beh, come dicevo, c’è una situazione fin dall’insediamento di questo governo regionale, c’è qualche assessore più pronto (come lo stesso Cupparo, devo dire, che ci incontra spesso ed è sempre presente anche in ambito P.O. Val D’agri), ma ci sono altri che non abbiamo nemmeno mai visto.

d: Qual è l’esigenza primaria del suo paese in questo momento?

r: C’è da fare una premessa. Il macro-attrattore rappresentato dal Ponte alla Luna (che io ho ereditato) ha indubbiamente dato una svolta economica al paese, ma non c’è solo il PIL, come diceva Bob Kennedy. Al centro della nostra attenzione c’è l’essere umano: io ho investito 80mila euro, ovvero l’8% del nostro bilancio corrente, in un progetto innovativo circa l’assistenza domiciliare agli anziani, e in un altro attinente alle problematiche di tipo psicologico che dopo il Covid ci hanno investito in modo massiccio. Cosa chiedo io, dunque? La possibilità di fare assunzioni: nonostante tutti i nostri sforzi per sopperire a pensionamenti etc., ci serve ancora un dipendente stabile all’ufficio tecnico. Il problema è che a concorso bandito, il Governo ha cambiato le regole!!! E per giunta, in vista del Pnrr, nel nostro ambito di zona (14 comuni) arriveranno DUE ingegneri, cioè un giorno ciascuno per ogni paese. Così non andiamo da nessuna parte.

d: E se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di incontrarsi con i sindaci almeno una volta al mese, di parlare con la gente, di andare per paesi. Lui può fare anche il rimpasto in giunta, ma l’atteggiamento lo deve cambiare lui, deve dare un segnale di presenza: basta con Napoli.

d: Ma se il Generale viene nel suo bar cosa gli offre?

r: Non un caffè, perché implica la necessità di un risveglio, e non mi permetterei. Gli offrirei un ottimo bicchiere d’acqua di Sasso: la nostra è una lunga battaglia, per l’acqua nostra che ci viene espropriata (siamo macro-fornitori dell’Acquedotto e abbiamo diritto a due centesimi per ogni metro cubo prelevato) per quattro lire che spesso manco ci vogliono dare. Quest’anno sono 130mila euro di royalties, ma ogni volta ci tocca fare una lotta perché la Regione li metta in bilancio, nonostante una legge lo preveda da quindici anni! Con Pittella ci siamo riusciti, adesso aspettiamo l’assestamento di bilancio, stiamo facendo pressing.

d: Il suo comune presto ospiterà il Festival di Potenza...

r: Per noi è un onore, una grande possibilità...

d:...e dunque qual è la canzone che la rappresenta?

r: “Ancora” di Edoardo De Crescenzo.

d: Il libro?

r: Adoro Sciascia, e mi sento di citare una sua biografia, “Il Maestro di Regalpetra”, di Matteo Collura.

d: Il film?

r: “La Stangata”, è legato a bei ricordi di gioventù.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: “Sindaco h24”.

 

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Presentato il rapporto 2020 sulla convalida delle dimissioni di lavoratrici madri – L’intervista alla Consigliera di Parità

Le donne lucane lasciano il lavoro per “la mancanza di sistemi di welfare” che consentano di conciliare il lavoro con la maternità. Ha un peso maggiore sulla scelta di licenziarsi la mancanza di strumenti di flessibilità e conciliazione dei tempi della famiglia con quelli del lavoro nell’organizzazione aziendale, dichiarata da 92 lavoratrici su 147. Incide, invece, per 47 donne su 147 l’assenza di adeguati strumenti di welfare sociale. E’ il principale dato emerso dalla presentazione alla stampa della “Relazione annuale per il 2020 delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e lavoratori padri in Basilicata”. Il rapporto è steso annualmente dall’Ufficio della consigliera regionale di parità insieme all'Ispettorato territoriale del Lavoro di Potenza e Matera. Nel 2020 sono stati 155 i provvedimenti di convalida emessi dall’Ispettorato del lavoro, in netto calo rispetto al dato dell’anno precedente di 212 convalide. L’impossibilità di conciliare i tempi di vita con i tempi del lavoro è stata avvertita in maniera consistente dalle lavoratrici impiegate nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (99 donne) o in altre attività di servizi (31). Sete uomini su otto hanno lasciato il precedente lavoro per passare ad altra azienda, solo 1 per ricongiungersi con la famiglia. Altro dato emerso il netto calo delle convalide nella provincia di Matera rispetto allo scorso anno: 39 casi a fronte dei 97 del 2019.
“Il Rapporto – dichiara la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi - è un documento redatto ogni anno unitamente all'Ispettorato territoriale del Lavoro di Potenza e Matera. Annualmente viene redatto dall'Ispettorato nazionale del Lavoro, e successivamente da quello territoriale. Attraverso questa Relazione vengono riportati i dati delle dimissioni, disaggregati per provincia, sesso, numero di figli e causale. La motivazione prevalente fornita dalle lavoratrici madri è data dalla "impossibilità di conciliare tempi di vita e lavoro"; anche se il dato complessivo registra una flessione del 40%, frutto del blocco dei licenziamenti e della nuova modalità lavorativa dello smart/home working c.d. emergenziale (misure che hanno consentito alle lavoratrici di restare a casa e non essere perciò costrette a scegliere tra lavoro e cura della famiglia). Dalla lettura di questo documento, di grande valore istituzionale/politico, emergono le problematiche connesse al divario femminile nel lavoro ed alla tutela della genitorialità ed è strategico per programmare interventi significativi per le politiche attive sul lavoro femminile e sul welfare. Il Rapporto è il frutto di un'azione sinergica tra il mio Ufficio e l'Ispettorato territoriale del Lavoro di Potenza e Matera volta alla prevenzione ed al contrasto delle discriminazioni di genere sul posto di lavoro; azione implementata grazie anche al "Centro di Ascolto delle vittime di discriminazione di genere", istituito nel maggio del 2017”.
Hanno preso la parola oltre la Consigliera Pipponzi, il direttore regionale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro Potenza e Matera, Michele Lorusso e il dirigente generale del Dipartimento Politiche di Sviluppo, Canio Alfieri Sabia. In videoconferenza sono intervenuti la Consigliera nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani, e il direttore centrale tutela, sicurezza e vigilanza del lavoro, Orazio Parisi.

Immagini di Rocco Esposito

 

https://youtu.be/jFr_S3M3OOY

 

 

 

de_stradis_e_albano.jpgdi Walter De Stradis

 

 

 

Fresco cinquantanovenne, il medico di base Domenico Albano ha festeggiato la vittoria a un più che mai “rovente” ballottaggio (contro quel Di Trani di cui era stato vicesindaco) proprio nel giorno del suo compleanno. Era a capo di una coalizione con quattro liste di centrosinista. Pd compreso.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Sono riuscito a fare ciò che mi ero prefisso come lavoro, come professione: sono un medico felice di riuscire a donare qualcosa agli altri, sia ai pazienti sia alla comunità. Io sono un civico arruolato undici anni fa nella politica, anche se all’inizio non mi interessava molto: mi piaceva molto di più lo sport, anzi sono stato il vice-presidente della Polisportiva Pisticci in serie D, fino a quando non sono stato coinvolto in questo progetto entrando attivamente in campo.

d: Mi vengono in mente tanti esempi di suoi colleghi che, prima di diventare sindaci, si sono occupati di sport. È il caso di Maglione a Melfi, che è stato il presidente dell’omonima squadra di calcio, oppure di Cupparo con il Francavilla. Secondo lei è un caso o esiste un collegamento?

r: Un collegamento vero e proprio secondo me non esiste, è piuttosto la voglia di fare qualcosa di concreto per la comunità e l’intera cittadinanza (anche se è pure vero che mio padre è stato consigliere comunale tra le fila della Dc per 25 anni, ed è anche da lì che ho ricevuto, seppur inconsciamente, questa voglia di essere utile).

d: Se dovessimo usare un gergo calcistico, si direbbe che lei ha vinto ai supplementari, quasi ai calci di rigore.

r: Direi di sì, è stata una lotta piuttosto sostenuta, al ballottaggio, dunque sofferta.

d:...E qual è stato il “golden goal” che l’ha fatta vincere?

r: Secondo me non si è trattato di un solo episodio specifico, anche perché la gente mi conosce e sa da dove vengo e ciò che faccio. Siamo riusciti, inoltre, a mettere insieme una bella squadra fatta di esperienza e anche di nuovi volti che si affacciano per la prima volta all’attività amministrativa o politica, con programmi degni di nota.

d: In campagna elettorale ha detto “il Pd ha fatto pace con questo territorio”. Cosa intendeva?

r: Noi siamo sempre stati oggetto di divisioni interne e parte dei cittadini ne ha sempre attribuito la colpa al Pd regionale o provinciale. Quest’anno con la nuova segreteria c’è stato un cambio di passo, una svolta, il desiderio di mettersi in gioco, ciò ha consentito di rinsaldare i legami con il territorio mediante l’ascolto e la condivisione con le civiche.

d: Secondo lei, dunque, è tempo che il Pd “faccia pace” anche a livello regionale?

r: Sicuramente sì, considerando che le scelte passate non hanno certo premiato. Dopo tanti anni di Governo di centro-sinistra si è passati bruscamente alla destra, dunque forse è il caso di fare autocritica e ripartire tutti insieme.

d: Quali segnali, dunque, deve dare il congresso ormai alle porte?

r: Apertura e vicinanza ai cittadini. Dovranno mettere alla base di tutto la comunità e il territorio, prima delle ambizioni personali dei singoli.

d: La sua vittoria e quella di Pittella a Lauria sono state salutate come un segnale di ripresa per il centro-sinistra. Secondo lei è realmente così o si tratta di un fatto estemporaneo, dovuto ai singoli casi?

r: A mio modo di vedere le cose, da un lato i cittadini hanno individuato una persona specifica nella quale riporre fiducia, dall’altro anche il centrosinistra riesce ad andare avanti e può dire la sua. I cittadini hanno dato fiducia, adesso è il tempo di risposte concrete.

d: I cittadini secondo lei si erano sentiti traditi dal centro-sinistra?

r: La volontà popolare di fatto dice questo. Se si sbaglia, una cittadinanza attenta priva gli amministratori della fiducia e, in concreto, è quel che è accaduto. Ripeto, è il momento giusto per ripartire, per fare a livello regionale ciò che si è fatto a livello comunale.

d: In cosa la gente si è sentita di punire il Pd e perché?

r: I motivi sono di carattere generale a fronte di una voglia di cambiamento manifestata, sebbene in presenza, certo, di note vicende ancora in corso che possono anche aver influito su certe scelte.

d: Lei è un medico: di quale patologia soffre attualmente la Basilicata?

r: La nostra Regione ha tutto: mare, energia, acqua, paesaggi incantevoli... eppure sono tante le sue mancanze, specialmente dal punto di vista infrastrutturale e dell’attività industriale, vedi il caso della Val Basento.

d:...tutto questo però non dipende dall’ultima Giunta, lei parla di problemi storici.

r: Assolutamente sì, di aspetti mai risolti e con ciò mi ricollego a quanto dicevo prima. La gente ha dato fiducia per molti anni e, non risolvendo nulla, pur avendo a disposizione ottime risorse, si è finiti col creare un impasse di questo tipo. Con tutte le risorse che abbiamo, potremmo essere una Regione autogestita.

d: E quelli di adesso come si stanno comportando?

r: La settimana scorsa ho avuto modo di incontrare il presidente Bardi, l’ho invitato a visitare Pisticci di persona, anche per fargli vedere i problemi reali del territorio. Questa Giunta la vedo un po’ troppo statica sui problemi, è come se non riuscisse a decollare. Tutta la fiducia che i cittadini lucani hanno posto in loro, finora non è stata certo ben ripagata. Io mi sono recato da Bardi con lo scopo di esplicitargli delle problematiche importanti, come quella dell’ospedale di Tinchi per il quale sono state spese delle somme importanti per la sua ristrutturazione. Ebbene ora tocca riempirlo di contenuti e non certo di uffici. Apriamo i poliambulatori con le tante eccellenze, con i day-surgery, con gli ambulatori oncologici, visto che purtroppo i casi continuano a crescere, insomma è tutto il Metapontino che lo chiede.

d: Lei parla di tumori, mi pare che i casi in questa zona siano elevati al punto che un parroco di queste zone fece un intervento pubblico nel quale abbinava tale patologia all’inquinamento...

r: Purtroppo, ed è inutile negarlo, i casi sono diversi e penso in particolare alla Val Basento e a Pisticci scalo. Quando ero vice-sindaco mi occupai di inquinamento elettromagnetico rendendo Pisticci l’unico borgo della Basilicata munito di un piano delle antenne, individuando anche una zona nella quale poterle allocare. Ho chiesto e chiederò al dottoressa Pulvirenti dell’Asm di dare seguito a quanto già stabilito anni fa, vale a dire al monitoraggio della popolazione di Pisticci scalo per valutare il grado di incidenza dell’inquinamento sulla loro salute. C’è un protocollo, ma è rimasto lì.

d: E Bardi che impressione le ha fatto? Le è sembrato reattivo rispetto alle sue segnalazioni?

r: La disponibilità l’ha data, i problemi li conosceva pure, però voleva allo stesso tempo parlarne con l’assessore di riferimento.

d: Eh. "Quale" assessore...

r: … infatti ho capito, quando l’ho incontrato, che ci sarà un rimpasto e che, pertanto, dovevamo ri-aggiornarci a Giunta definita.

d: Da cittadino, è sufficiente secondo lei un rimpasto di assessori?

r: Dipende certamente dalle persone che nominerà. Ieri abbiamo avuto via web un incontro con gli altri sindaci e con i sindacati per quanto riguarda lo sviluppo industriale della Val Basento, anzi c’è un tavolo permanente che per la prima volta vede insieme Enti locali e sindacati con lo scopo di portare avanti delle istanze, ma è da aprile che cercano di parlare con l’assessore competente, gli incontri sono a cadenza semestrale. Non si può andare avanti così, c’è qualcosa che non va. Capirà che qui bisogna correre e non marciare, come dico spesso ai MIEI assessori...

d: Pare che qualche assessore regionale sapendo che non sarà riconfermato sia già sparito.

r: Questo non lo so, ma è certo che i nuovi dovranno darsi da fare in velocità.

d: Dunque il messaggio, neanche tanto tra le righe è: “Fateci sapere subito con chi dobbiamo parlare”.

r: Esattamente: fateci sapere con chi. I problemi sono tanti e vanno affrontati. L’occasione del Pnnr è unica: non possiamo perdere questo treno proprio adesso!!!

d: Qual è, la prima pratica da sbrigare, quella in cima alle altre sulla sua scrivania?

r: Ce ne sono due o tre in realtà. Una è l’Ospedale, ma di questo abbiamo già parlato a sufficienza, poi c’è il luogo che ci ospita durante questo pranzo, rione Dirupo, per il quale è stato rimosso il vincolo di trasferimento, ma ancora dobbiamo riuscire a farlo rivivere. Le nostre caratteristiche casette bianche devono diventare il giusto volano per il turismo, e conto di candidare il rione a patrimonio dell’Unesco. Abbiamo poi, anche delle necessità su Marconia che, in presenza di eventi atmosferici sfavorevoli, è soggetta ad allagamenti. In breve tempo dobbiamo cercare di risolvere anche questa problematica stringente. In ultimo, è necessario restituire il giusto valore al nostro splendido litorale.

d: Ultimamente si è parlato molto dei compensi dei sindaci. Non per farle i conti in tasca, ma il suo a quanto ammonterebbe?

r: In realtà non mi sono ancora informato, nemmeno per curiosità.

d:...Però a fine mese dovrebbe saperlo, no?

r: (Risate) Direi di sì!

d: Il film che la rappresenta?

r: Mi piace molto “Mediterraneo” di Salvatores, mi ricorda il mio paese, con quelle casette bianche.

d: La canzone?

r: “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano, perché il cielo voglio sempre vederlo così.

d: Il libro?

r: “Lettera a un bambino mai nato”, della Fallaci.

d: Se tra cent’anni dovessero scoprire una targa a suo nome, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: Che sono riuscito nel mio intento circa il patrimonio dell’Unesco.

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Non di rado capita di vedere macchine ferme in sosta sui cigli delle strade, a ridosso dei marciapiedi e sentirsi ripetere la frase “Torno subito”, “Il tempo di un caffè” e chi più ne ha più ne metta. Oltre ad essere vietata la sosta e la fermata sui marciapiede, il rischio è soprattutto quello di distruggere la pavimentazione degli stessi rendendo pericoloso il passaggio dei pedoni. A Potenza questo lo sappiamo bene, come testimoniano anche le foto, ma soprattutto capita di sentire sempre più spesso di anziani inciampati e cadute rovinose a causa di mattonelle divelte. È il caso di via Mazzini, più volte segnalatoci dai nostri lettori. Abbiamo contattato quindi l’assessore alla Viabilità del Comune di Potenza, Giuseppe Pernice, a cui abbiamo chiesto lo stato dell’arte della situazione.

Siamo più che al corrente, abbiamo fatto anche tre sopralluoghi sul posto, la macchina amministrativa ha i suoi tempi, ma siamo ritornati in campo dopo un periodo di blocco. A metà ottobre abbiamo individuato già come risolvere il problema, e rifaremo quel tratto di marciapiede dove la pavimentazione è inesistente”.

d: Quali sono i tempi per questi lavori?

r:Abbiamo già fatto l’affidamento dei lavori e proprio in queste mattine la pratica verrà chiusa. Nella prossima settimana i cittadini di via Mazzini vedranno il marciapiede ritornare allo stato originale e in sicurezza. Non di rado si vedono però auto parcheggiate proprio a ridosso dei marciapiedi, ad intralciare sia il passaggio pedonale, ma soprattutto causando la rottura degli stessi.

d: I cittadini chiedono più controlli e la presenza capillare della polizia municipale nelle vie cittadine per contrastare questo fenomeno.

r: Si tratta di un’atavica storia di maleducazione, sono d’accordo sul fatto che esiste una parte di cittadini che parcheggia dove vuole, con grande strafottenza, non tenendo conto che ci sono anziani, donne con passeggini che utilizzano i marciapiedi, a cui arrecano un danno. Il mio invito pertanto ai cittadini che vedono episodi di questo tipo, dichiamare il numero fisso della Polizia Municipale proprio per segnalare queste situazioni. Magari lo facessero tutti, cosicché quei cittadini irrispettosi della legge, capirebbero che le auto non vanno lasciate sui marciapiedi, nemmeno il tempo di un caffè. Sento dire molto spesso che i vigili non fanno niente, ma questa è un’offesa nei confronti della Polizia Municipale che davvero fa tanto per questa città, ma non è possibile pensare di avere un controllo totale,sempre e in ogni luogo. L’unico modo per combattere l’inciviltà è quindi quello di contattare i vigili urbani che provvederanno a fare delle multe: la maggior parte delle volte, tra l’altro, i marciapiedi si rompono anche a causa di questi parcheggi selvaggi!

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di Antonella Sabia

 

 

 

Di tanto in tanto torniamo ad occuparci di una questione che sta a cuore a tanti in città: la situazione di Bucaletto. Nelle scorse settimane si è tenuto un confronto online tra l’ex Presidente del Comitato di quartiere di Bucaletto, Angelo Quaratino, e l’assessore comunale alle Politiche Sociali e Abitative con delega speciale a Bucaletto, Fernando Picerno, in cui si è discusso appunto della situazione di degrado che continua a imperversare nella nota area del capoluogo, con particolare riferimento a strade dissestate, prefabbricati fatiscenti, droga e rifiuti. Abbiamo contattato proprio il sig. Quaratino per capire se qualche passo avanti è stato fatto da quell'ultimo confronto con il Comune.

In quell’occasione ho esposto delle problematiche ormai storiche, che negli ultimi anni si sono ulteriormente aggravate. Con grande rammarico e preoccupazione mi sono reso conto che anche il cittadino non risponde più a tutto questo”. Pare dunque che gli abitanti di Bucaletto è come se si fossero rassegnati. “Direi “calcificati” – continua Quaratino – c'è ormai chi ha raggiunto la sua età, chi pensa non ne valga più la pena, altri perché condizionati dalla politica e dai favoritismi, mentre in questa situazione bisogna avere il coraggio di parlare, per evitare di finire sulla bocca di tutti, come più volte sta accadendo anche a livello nazionale. Il problema è che spesso la politica gioca su questo comportamento dei cittadini, così come accade ovunque”.

Il Sig. Quaratino ha poi toccato il tema dei Comitati di quartiere che da qualche anno sono rimasti senza rappresentanza in attesa di un nuovo Regolamento. “Fino a 15-20 anni fa, quando ero in carica come Presidente del Comitato di quartiere, qualcosa riuscivamo a risolverla, finché non ci fu lo sfratto dei comitati, su cui ancora oggi c’è molta incertezza anche a livello burocratico. Ai miei tempi, non si faceva politica nei comitati, ma eravamo in sintonia con gli altri presidenti, uniti da un senso di cooperazione e amore per il proprio territorio (ricordo con piacere i signori Scopa, Paciello, Colangelo)”.

Tornando al tema centrale, su Bucaletto ci ha detto: “Già 15 anni fa, avevo predisposto un sopralluogo igienico sanitario da cui emerse l’anti-igienicità dei prefabbricati, l’impossibilità di vivere al loro interno per le famiglie. Per non parlare della questione dell’eternit, oggi pian piano questo materiale viene disperso nell’ambiente e come tutti sappiamo è molto pericoloso per le persone che respirano quest’aria, in particolare i bambini che giocano nel quartiere, vicino zone transennate da semplici nastri. Sarebbe necessario che tutto questo venisse sgomberato con un decreto ufficiale dell’amministrazione regionale, di cui però non si è mai discusso”.

Sulla questione appartamenti: “Negli anni successivi al terremoto, la maggior parte delle famiglie sono andate a vivere a Malvaccaro, poche sono rimaste ancora Bucaletto, nel mentre il quartiere veniva completamente ghettizzato: si assiste tutt'oggi a situazioni di tossicodipendenza, famiglie con problemi di giustizia, il quartiere è abitato prevalentemente da extracomunitari, persone separate o vedove. A Bucaletto oggi ci sono tre centri Caritas, quando si parla di povertà diventa facile l’associazione con il nostro quartiere, anche nei servizi giornalistici, quando in realtà la povertà esiste in ogni zona della Basilicata, ma su di noi si pone sempre un occhio negativo”.

Al termine del confronto con l'assessore Picerno, la promessa di un nuovo incontro in presenza per cercare soluzioni immediate alle problematiche. “Mi risulta che oggi a Bucaletto sono destinati 36 milioni di euro, che rimangono inutilizzati a causa della burocrazia, come ha riferito l'assessore. Hanno speso tantissimi soldi per costruire una fontana che però non ha mai pianto acqua, oggi è diventata altro che un deposito di acque reflue. Penso inoltre alla disinfestazione che prima si faceva una volta ogni sei mesi, così come le buche diventate ormai profondissime. Si sta giocando sulla pelle dei cittadini, però, sarebbe necessario buttare a terra tutto quello che è stato costruito post terremoto, non singole unità, e ricostruire in toto il quartiere, senza però incorrere nell’errore dei precedenti 100 alloggi che sono stati costruiti e poi destinati non solo alle famiglie dei terremotati, ma per graduatoria sono andati a chi ne aveva diritto (su 100 famiglie, solo una quarantina appartengono a quelle del Terremoto)”, ha continuato Quaratino.

Una chiosa infine sulle Associazioni che insistono nel quartiere: “Voglio sottolineare che oggi io è come se non avessi l’autorità di andare a discutere di questo presso il Comune, poiché di fatto i comitati di quartiere non esistono più. Al tempo stesso, anche le associazioni non hanno diritto di prendere iniziativa sulle questioni di Bucaletto poiché non sono autorizzate a rappresentare il quartiere, bensì limitate ad aiutare le persone in difficoltà e organizzare manifestazioni culturali, poiché non eletti dai cittadini”.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Giuseppe “Peppino” Maglione è il nuovo sindaco di Melfi. Eletto al primo turno alla guida della coalizione di centrodestra, l’ex presidente (per circa venticinque anni) del Melfi calcio, ha riportato 6.337 voti, pari al 59,01 % del totale. Secondo si è piazzato il candidato del centrosinistra, Luigi Simonetti, con 2.770 voti (25,79%), terza la candidata del Movimento 5 Stelle, Alessia Araneo, con 1.632 voti pari al 15,20%.

Il nuovo Primo Cittadino ha i modi delicati e la voce tenue, acuta e gentile. E proprio sulla “gentilezza” pare voler improntare il suo operato da Sindaco.

d: Lei nella sua vita ha già avuto diverse “esistenze”, imprenditore, presidente del Melfi, oggi sindaco della Città Federiciana. Quando tre anni fa lascò la società sportiva, avrebbe mai immaginato che il suo prossimo ruolo sarebbe stato quello di Primo Cittadino?

r: Tre anni fa in effetti no, non avrei mai pensato di essere qui con lei a fare questa intervista, ma di recente avevo potuto toccare con mano l’esigenza, espressa dalla gente, che ci fosse un diverso tipo di amministrazione della città.

d: Fino a questo momento lei non deve proprio nulla alla politica?

r: Assolutamente no, non ho una tessera di partito, e non ho mai fatto politica. Tuttavia stare a guardare lo stato di degrado in cui era piombato il mio paese mi sarebbe parso come esserne partecipe, anzi complice. Impegnarmi in prima persona per me è stato come rispondere a una chiamata, a una vocazione, e certo non basta aver vinto, e toccherà darsi da fare subito.

d: “Degrado” è un termine abbastanza forte.

r: La campagna elettorale della mia coalizione si è concretizzata andando in giro per i quartieri, e ci siamo resi conto che c’è un vero e proprio degrado urbano: la città è abbastanza sfibrata, con quartieri isolati, privi di servizi e di strutture (materiali e immateriali), a cominciare dai parchi giochi e dai luoghi di incontro. Circoli culturali, biblioteche: nella nostra città manca tanto. Vedo giovani che non riescono a socializzare, e che bisogna assolutamente riguadagnare alla cittadinanza attiva. Ultimamente il cittadino veniva tenuto troppo spesso fuori da quel palazzo in cui l’amministrazione si era arroccata.

d: Veniamo alle questioni che troverà in cima sulle pratiche della sua scrivania. In primis la Stellantis: la crisi dei microchip rischia di gettare fuoco su una questione già abbastanza rovente.

r: La mia presenza a Roma era proprio per dimostrare che Melfi C’E’. E’ vero, il progetto di Stellantis è quello di portare, nel 2024, alla produzione di quattro auto elettriche qui a Melfi; tuttavia l’assemblaggio di queste macchine è molto più snello e semplice a livello di componentistica, il che comporterà un utilizzo di manodopera inferiore. Quindi occorre capire cosa succederà a chi non verrà utilizzato e poi Stellantis deve rispondere a un altro quesito: cosa succederà da qui al 2024? Con la crisi dei semiconduttori e dei microchip qui stiamo avendo delle lavorazioni di cinque, sei giorni al mese! E questo preoccupa. Ovvio che a monte c’è una questione di redistribuzione dei chip fra gli stati ed è insomma una questione da affrontare su più tavoli. Il Governo deve rispondere garantendo gli ammortizzatori sociali a questi dipendenti e favorire, con incentivi e con ristori, le aziende collegate e che hanno problemi con questa crisi.

d: In campagna elettorale lei avrà sicuramente parlato con molti operai, qual è la loro preoccupazione principale?

r: Preoccupa molto la faccenda degli incentivi (si parla di 75mila euro lordi) per consentire l’uscita dal posto di lavoro alla Stellantis. Gli operai, fra cui molti padri di famiglia con mutui, vi leggono un brutto segnale.

d: Questione tribunale: in un recente comunicato il consigliere regionale pentastellato Leggieri lamentava la scarsa attenzione che Bardi avrebbe prestato all’argomento, pur in presenza dell’opportunità rappresentata dalla Commissione interministeriale per la Giustizia nel Sud.

r: Lo “spostamento” del   tribunale da Melfi a Potenza, notoriamente, non ha portato benefici a nessuno, tantomeno economici, anzi, ha aggravato il carico di processi inevasi nel capoluogo. Sappiamo bene anche che forse il tutto è accaduto in un momento in cui una “manina” esterna ha fatto sì che si lasciasse aperto Lagonegro accorpandolo con Sala Consilina, ma ora è il momento di fare fronte comune –senza polemiche- per riportare il tribunale qui a Melfi. I numeri ci sono, anche perché c’è il super-carcere. Stellantis-Tribunale-Ospedale, è il “trittico” posto all’attenzione anche del governo regionale e nazionale.

d: Infatti, la prossima domanda era proprio sull’ospedale…

r: E’ una struttura strettamente legata a un’area industriale con trenta aziende e quindicimila dipendenti. Ci vuole dunque un ospedale efficiente, a partire dal Pronto Soccorso per arrivare a tutti i reparti. Occorre rafforzarlo, e noi vigileremo, perché alcuni reparti si stanno depotenziando, nonostante le eccellenze in campo medico e paramedico che ci sono.

d: Mentre parliamo, il presidente Bardi si arrovella sul rimpasto in giunta. L’assessore alla sanità, Leone, è uno di quelli che pare maggiormente in discussione, se non proprio “sul banco degli imputati”, politicamente parlando.

r: Veniamo comunque da due anni di Pandemia, che hanno sicuramente influito, e io non voglio stilare pagelle.

d: Riformulo, allora: il nuovo assessore cosa dovrà fare, che finora non è stato fatto?

r: Dovrà avere un’attenzione particolare per tutti i presidii ospedalieri del territorio, e non parlo solo di Melfi. Occorrerà poi creare della sinergie fra pubblico e privato, vedi vertenza Polimedica (in settimana Bardi ha poi annunciato, tramite delibera, di aver preso un impegno coi lavoratori: «Ci saranno nuove risorse e pagamenti più veloci per garantire i posti di lavoro e le prestazioni sanitarie per i lucani». ndr). Questa sinergia fra pubblico e privato –che finora forse è mancata- potrà dare ai cittadini una migliore risposta sui tempi d’attesa, nonché sull’accesso alle strutture regionali (ed evitare i viaggi fuori regione).

d: Bardi ha molto esultato per la sua elezione a sindaco e vi siete già incontrati (sia prima che dopo l’elezione), ma le faccio lo stesso la domanda che rivolgo a tutti: “Se potesse prenderlo SOTTOBRACCIO, ovvero confidenzialmente, cosa gli direbbe?”.

r: (sorride) In realtà è stato lui a dirmi: «Vedi, io e te ci possiamo intendere, perché non siamo politici e possiamo parlare non in politichese, bensì sui fatti concreti».

d: Se lei potesse dargli un suggerimento, non sui nomi, ma sugli obiettivi della prossima, nuova giunta?

r: Nei prossimi due anni ci si gioca anche la riconferma, e ai cittadini vanno date risposte pronte e serie. Quindi io dico: scegliamo persone che davvero hanno a cuore la nostra regione e che soprattutto la vivono e ne CONOSCONO bene i problemi: le persone che vengono da fuori hanno bisogno di troppo tempo per adattarsi. Insomma, i prossimi due anni devono essere di azione, basta parole. Non dico che finora non si è lavorato, ma che adesso occorre mettere in atto ciò che finora si è programmato. Ne va del futuro della Basilicata, ma anche del centrodestra.

d: E se dovesse fare un piccolo spot per Melfi? “Giovani non andate via perché….”

r: Perché le politiche culturali e giovanili sono la chiave di volta per far risalire questo paese. Dal canto nostro faremo una politica di sviluppo con incentivi per tutte le categorie (magari su Imu e Tari), riqualificheremo il centro storico (riempiendolo di presidii attivi, di attività, di botteghe), e soprattutto faremo dei concorsi per assumere giovani, perché il nostro Comune è sottodimensionato dal punto di vista del personale. Riporteremo finalmente in questo paese la meritocrazia e la qualità.

d: Di quanti posti di lavoro stiamo parlando?

r: Ho chiesto al segretario comunale, e ci saranno almeno dieci-quindici risorse da rimpinguare. Ma il discorso non si limita a questo, c’è tutto un turismo da far ripartire, e non ci manca davvero niente. Abbiamo tutto, abbiamo pietre che parlano di un passato antico e che finora non sono state ascoltate.

d: Cosa le ha detto sua moglie quando le ha annunciato che si candidava?

r: «Quand’eri presidente del Melfi, per venticinque anni il sabato e la domenica non ti ho visto. Adesso ti candidi a sindaco e parli di “missione”, ma la vera “missione” è la mia!» (risate) Ovviamente ha apprezzato il mio volermi mettere al servizio del paese.

d: Il libro che la rappresenta?

r: “Cristo si è fermato a Eboli”. Alcune cose di quel mondo vanno recuperate.

d: La canzone?

r: “Generale”.

d: Nessun riferimento a Bardi?

r: No (ride), ma la canzone di De Gregori è sempre attuale in tema di guerre (anche economiche: vedi conseguenze sui microchip) nel mondo. Qui a Melfi ci terrei a fare un lavoro di “riconciliazione”, anche con l’opposizione, affinché si possa lavorare tutti in favore della città. L’ho già detto ai mie due competitor.

d: Il film?

r: Mi piacciono i film d’amore a lieto fine. Racchiudono certi valori che i miei genitori mi hanno insegnato. Vorrei ripartire dalla forza dell’amore, un amore senza misura (per citare Sant’Agostino) per questa città.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome al comune di Melfi: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: A pensarci, non mi piacerebbe avere una targa. Preferirei rimanere nel cuore della gente per ciò che ho fatto.

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

Il sessantatreenne Federico Valicenti, dall’alto anche delle sue numerose e prestigiose ospitate televisive (“Uno Mattina”, “La Vita in diretta”, “La prova del cuoco”, “Masterchef”) è lo chef lucano più noto a livello nazionale. Il segreto non è solo il gusto incredibile dei suoi piatti, serviti al famoso “Luna Rossa” di Terranova di Pollino (Pz), ma anche le ampie spruzzate di “cibosofia” con cui sono “conditi”.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Dopo quarant’anni di carriera, ancora non saprei dire come nasce Valicenti lo chef. Si tratta probabilmente di uno di quei percorsi nati quasi senza consapevolezza e poi progrediti col tempo.

d: I suoi non erano dunque del mestiere?

r: No e nemmeno io. Sono un geometra mancato e non sapevo friggere un uovo. Poi aprii il ristorante quasi per caso con un amico, e via via mi ci appassionai. Parlando coi contadini e andando “a fare la spesa” in campagna appresi che il cibo non è soltanto merce, ma anche cultura. E l’ho portata in tavola. Il coraggio più grande forse è stato quello di rimanere in un paesino come Terranova: oggi le cose sono migliorate un po’, ma quarant’anni fa era davvero arretrato.

d: Lei si definisce dunque “cibosofo”.

r: Significa raccontare il territorio, la propria cultura, col cibo. D’altronde queste lande, dal panorama bellissimo, ci consentono ancora di vivere veramente a contatto con la natura.

d: Dietro i piatti c’è una storia, una tradizione che lei racconta agli avventori.

r: La Basilicata io la definisco un “petit heritage”, un piccolo scrigno che una volta aperto rivela cose incredibili. Siamo una regione arcaica, antica, straordinariamente ricca di prodotti ed EMOZIONI gastronomiche; tuttavia bisogna rifuggire un po’ dalla cosiddetta “cucina povera”, che io considero un falso ideologico, semplicemente perché i poveri non mangiavano. Io vado alla ricerca di piatti buoni, di piatti antichi, per riformularli e portarli in tavola. E’ bellissimo girare la Basilicata, per poi ritrovarsi ad Avigliano con la “carchiola” e rivisitarla; o a Irsina e gli altri paesi del materano per incontrare “’u callaridd” che noi qui chiamiamo “la pignata”.

d: Lei ritrova cose che mangiavano quindi anche i ricchi.

r: Certamente sì. La cucina è una sola, quella buona. Andare a Matera e mangiare la “cialledda” per me è riduttivo, mi metto così alla ricerca dei piatti antichi materani (i cardoncelli cacio e uova, il galletto ripieno di interiora con lo zucchero, il raviolo ripieno di ricotta) ed è fantastico.

d: Lei ha scritto un libro che s’intitola addirittura “Dalla tavola lucana al Paradiso”. Quali sono le “stazioni” intermedie?

r: I santi: a ogni ricorrenza corrispondeva un piatto, un mondo antico che abbiamo perso. A Maratea il giorno di san Biagio venivano mangiate le alici fritte. Il motivo? Mi spiegarono che il Santo aveva tolto la lisca di un pesce dalla gola di un bambino. A Satriano di Lucania, il giorno della Madonna delle Grazie si mangiava il coniglio ripieno, vicini alla cappella della Madonna, e infatti l’icona bizantina raffigura Maria con un coniglio bianco in braccio. Parliamo quindi sempre di devozione. La cucina della Basilicata è poi resa straordinaria da tutti i popoli che l’hanno visitata o ci hanno vissuto, ed è una cosa che non va nascosta, ma esaltata (ad esempio in alcune zone in cui ci sono stati i Longobardi, nella salsiccia –invenzione nostra- non c’è il finocchietto, bensì il coriandolo). Noi Lucani forse siamo i profeti dell’uso delle spezie.

d: Eppure forse noi non abbiamo piena coscienza di tali ricchezze, portati come siamo sempre a sminuire tutto.

r: Sarebbe facile citare Sinisgalli e dire che il Lucano si nasconde sempre. Invece io penso che noi facciamo parte dei Sud del Mondo, ove un po’ dappertutto ci si piange addosso. Scherzosamente io dico spesso: se volete scoprire il lucano, dite a qualcuno che vi fa male l’unghia del piede; se è lucano, vi risponderà che a lui invece fa male tutta la gamba! (risate) Bisogna uscire da questa mentalità, anche gastronomicamente! Guardi, io ho litigato con alcuni amici sommelier che dicevano che l’Aglianico è “il Barolo del Sud” oppure che il rafano è “il tartufo dei poveri!... ma chi l’ha detto? Queste sono ricchezze incredibili! Ma non sappiamo ancora valorizzarle. Dal canto mio sto facendo una pasta da vent’anni (si chiama il “mischiglio”), che fanno tra Teana, Fardella e Calvera: è composta da farine di cereali e legumi e potrebbe diventare l’emblema della dieta mediterranea. Tuttavia deve essere legata a quei territori come valore, e non come qualcosa di folkloristico.

d: Lei è andato spesso in tv, fra le varie trasmissioni è stato ospite anche di “Masterchef”. Com’è stata quella avventura? Si è mai chiesto perché proprio lei e non altri?

r: Anche io chiesi “perché io?” quando mi telefonarono, e quelli risposero “…e perché lei no?”. Il fatto è che io vivo a Terranova, un po’ al di fuori delle direttrici turistiche e all’epoca la Basilicata non aveva ancora la visibilità datagli da Matera 2019, ma loro mi spiegarono che avevano fatto un’inchiesta fra i giornalisti eno-gastronomici e nel 95% dei casi era saltato fuori il mio nome, come oste che fosse anche capace di divulgazione. Per me fu un grande onore essere l’unico chef del Sud chiamato a portare un piatto, in quel caso la “trippa risottata”, un piatto di derivazione spagnola che in dialetto chiamiamo “l’ingrattonata”.

d: Il segreto del suo successo, insomma, qual è?

r: Forse la capacità di dar vita a una narrazione del piatto.

d: E il commensale VUOLE sapere?

r: Assolutamente sì. Oggi si chiama “storytelling”, mentre una volta erano semplicemente “i fattariell”. Noi Lucani sappiamo raccontare il nostro territorio. Se lei guarda nel suo piatto (un antipasto composito –ndr), c’è un po’ tutta la Basilicata. C’è la “scapecia” di trippa, sbollentata in acqua, con aceto e vino bianco, condita con salsa di tartufo nero, salvia e menta; il “peperone crusco” (che io definisco “Patrimonio dell’Umanità” senza aspettare l’Ok dell’Unesco); la “carchiola” da Avigliano, questa pizzetta di farina di mais arrostita, che io faccio con uovo, funghi porcini e una fetta di guanciale del nostro maiale; una patata, con baccalà, cipolla, uva sultanina, fichi secchi, olive nere, noci, mollica di pane, peperoni, uova (nella tradizione, anch’essa devozionale, delle “nove cose”); e poi infine c’è la “ciambotta” (pane ripieno di peperoni, pomodoro, uovo e salsiccia), la colazione del mulattiere, del contadino, del pastore, che arriva qui probabilmente dai Balcani, nel 1500 circa. In cima alla “ciambotta” trova una polpetta, che in Basilicata viene chiamata in 11 modi diversi: cucul, cuculicch’, cucuvell, rumuledd, patatell, paddott, padducc, palluccell, etc… (l’estensore chiede venia per gli eventuali errori ortografici – ndr)

d: Lei ha parlato di “ciambotta”, termine che qui da noi –ahimè- sovente viene usato per descrivere certe “modalità” della politica nostrana.

r: Ci sono tante persone capaci, tuttavia la politica non sta spiegando bene i problemi delle aree interne. Io in queste zone ho dato tutta la mia vita (a Terranova sono stato anche assessore), anche per richiamarvi persone interessate, ma la politica in Basilicata è sicuramente malata di qualcosa. Probabilmente di troppa autoreferenzialità: non ascolta i territori dell’entroterra ed è un peccato.

d: Qual è il “boccone più amaro” da mandare giù per uno chef come lei?

r: Vedere che spariscono e chiudono attività di pastori, agricoltori, contadini…le micro-aziende. Venendo a mancare loro, spariremo anche noi pian piano, perché se non abbiamo chi ci dà i prodotti, è finita. Lo spopolamento delle aree interne è anche questo.

d: Che bilancio possono fare i ristoratori lucani dell’estate appena trascorsa?

r: E’ stato un momento bellissimo, abbiamo lavorato tantissimo e scoperto che la gente AMA venire in questi luoghi. Oggi il turista è cambiato, viene per sentire, ascoltare, per fare una “full immersion”, e noi siamo i paesi della “slow life”, della vita lenta, e io vedo gente rapirsi al racconto degli anziani nelle piazze, presa nel recupero dei sapori e delle tradizioni. Questi paesi POSSONO essere il futuro, ma solo se mantenuti così come sono.

d: Tuttavia proprio a Terranova, in cui ci sono alcuni degli ultimi musicisti, virtuosi e costruttori di zampogne (Leonardo Riccardi, Pino Salomone…) non si è riusciti a creare, chessò, un “polo della zampogna”.

r: Anche quando si suonava si beveva e si mangiava, c’è dunque tutto un mondo di correlazioni da far scoprire: le aree interne non sono “povere”, bensì ricchissime, e non vanno distrutte mettendoci cose che non c’entrano nulla (fabbriche, etc): vanno esaltate così come sono. Certe volte non li capiamo quando vengono qui a parlarci: adesso vogliono trasformare questi paesi in “contenitori per pensionati”, come nel Portogallo, ma qui mancano le infrastrutture più elementari e se ti viene un infarto non sai dove andare. Però abbiamo questo grande mondo, quello del cibo e delle tradizioni: quali sono gli strumenti che debbono darci? Poter vivere qui.

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: (ride). Quello che magari non sa e cioè che in questi paesi si vive stupendamente bene, se SI RIESCE a farci vivere le persone. Tanti giovani vorrebbero tornare qui, ma non possono venirci “tanto per”. Io ho avuto proposte a New York, ho aperto ristoranti a Roma, ma ho capito che non sono i soldi quello che contano, quanto la VITA, lo “slow”, far vivere la mia Basilicata al di fuori dei suoi confini. E sa qual è il bello della ristorazione? Che è meritocratica al massimo.

d: Il film che la rappresenta?

r: “Il pranzo di Babette”, “La Grande Abbuffata”, ma anche “Vatel”, con Depardieu.

d: Il libro?

r: “Il banchetto” di Orazio Bagnasco. Ma il libro migliore è sempre “Dalla tavola lucana al Paradiso!” (ride).

d: La canzone? “Luna Rossa”?

r: (ride) Beh, per forza!

d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

r: “Ha vissuto”.

 

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“Il mio augurio di buon lavoro va a tutti i neo sindaci, ma voglio rivolgere un augurio speciale alle neo sindache Mariangela Coringrato, Tania Gioia e Fiorella Pompa e alle consigliere comunali elette in numero sempre più crescente, auspicando che tutti e tutte mettano in atto, in primo luogo, la necessaria sensibilità paritaria”. Lo dichiara la consigliera regionale di Parità Ivana Pipponzi.

“La mancata rappresentanza di genere – aggiunge - vulnera grandemente il principio della democrazia paritaria che postula l’imprescindibile necessità dell’apporto congiunto, di intelligenza come di sensibilità, di competenza e di visione del mondo, che solo l’armonica compresenza di uomini e donne può conferire al corretto esercizio dell’attività amministrativa”.

A questo proposito, in qualità di Autorità garante della parità e delle pari opportunità e nell’ambito della sua attività di vigilanza e controllo, la consigliera Pipponzi ha inoltrato, come di consueto, una nota a tutti i sindaci eletti in questa tornata evidenziando le regole da seguire per una corretta composizione delle giunte.

Per i Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, spiega la nota, valgono le norme che prevedono che sia garantita la rappresentanza di genere nelle giunte, negli organi collegiali del Comune e negli Enti e organismi da esso dipendente e che il sindaco debba garantire la presenza di ambo i sessi all’interno della Giunta comunale.

“Non specificando la quota di genere che deve essere assicurata, ne consegue che le regole che prevedono deve essere garantita la presenza del sesso meno rappresentato in misura non inferiore al 40 per cento dei componenti dell’organo collegiali - prosegue Pipponzi - non è vincolante per gli Enti territoriali con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti. Nonostante ciò, il sindaco che ritenga di derogare al principio della pari rappresentatività è tenuto a motivare congruamente sull’impossibilità di rispettarlo, relazionando e documentando sull’attività istruttoria svolta. Peraltro, in alcuni casi lo Statuto comunale prevede anche la possibilità di attingere a un assessore esterno. In questo caso è obbligatorio effettuare un pubblico interpello rivolto al genere meno rappresentato, per richiedere in forma pubblica la disponibilità a comporre la giunta stessa, come stabilito dalla sentenza n. 237/2018 del Tar Basilicata che ha annullato la delibera sindacale di un Comune lucano con meno di 3.000 abitanti”.

Quanto ai Comuni con oltre 3.000 abitanti è previsto che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento con arrotondamento aritmetico. “Ovviamente anche per queste amministrazioni comunali – conclude Pipponzi - vale la regola della necessità di documentare l’istruttoria messa in campo per garantire la rappresentanza di genere”. 

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di Antonella Sabia

 

 

 

All'incirca 15 giorni fa è suonata la prima campanella del terzo anno scolastico in tempo di pandemia. Si è partiti, il primo anno, dalla didattica a distanza, come misura emergenziale, il secondo anno è proseguito con un alternarsi di chiusure e aperture, mentre questo terzo anno ha preso il via in presenza, ma già assistiamo a diverse scuole con classi in quarantena e di riflesso, DAD. È proprio la scuola, il tema che abbiamo affrontato con Canio D’Andrea, presidente ADOC Basilicata (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori).

d: Quali sono state le prime problematiche che le famiglie hanno denunciato in questo avvio?

r: Innanzitutto si è posto il solito problema del traffico cittadino, esploso a causa degli autobus extraurbani che sono tornati a circolare in città. Si fermano in diversi punti strategici, diventando quasi autobus urbani, non tutti hanno un capolinea ma circolano per le strade cittadine aumentando di fatto quello che è già il traffico causato dalle automobili e dai bus urbani. A questo si aggiunge certamente il caos che creano gli accompagnatori, i genitori che non rinunciano a portare i figli nelle immediate vicinanze delle scuole.

d: Come ADOC, vi siete mai interfacciarti con le amministrazioni comunali/regionali per cercare una soluzione all’ingresso in città degli extra urbani?

r: Abbiamo un osservatorio sui trasporti, incardinato proprio all’ufficio trasporti della regione Basilicata e all’assessore Merra, a cui partecipano le varie associazioni dei consumatori delegando un rappresentante, dove sono inclusi anche i sindacati, ma finora questo problema non è mai stato concretamente affrontato all’interno di questo osservatorio. Nonostante alcune sollecitazioni scritte, questo tema non è mai stato preso in considerazione, anche perché le aziende dei trasporti sono restie a perdere la gestione del loro servizio, poiché naturalmente perderebbero anche l’utenza.

d: Per caso mi è capitato di leggere su Facebook un post in cui un genitore lamentava di aver dovuto acquistare una 30ina di libri, spendendo oltre 300 €. Come si fa quando in una famiglia ci sono 2 - 3 figli?

r: Quando andavo a scuola io, il libro era unico, per esempio per l’Italiano c’era un libro a cui si aggiungevano eventualmente i Promessi Sposi o la Divina Commedia. Oggi per facilitare anche il peso delle cartelle, si fa come all’università, per un solo esame il libro si spacchetta in due o tre fascicoli. Sono aumentate anche le materie, ai tempi nostri non esisteva il libro di religione, in alcuni casi si fotocopiavano. È pur vero che anche gli editori devono campare in qualche modo, e quindi ogni fascicoletto te lo fanno pagare: la carta, i diritti, la stampa ecc. Diverso tempo fa chiedemmo il libro elettronico, che oggi viene usato da pochissime scuole, praticamente basterebbe andare sulla bacheca, scaricare il libro ed eventualmente stampare solo le pagine che servono. A volte sono gli stessi insegnanti che pretendono che ognuno abbia il proprio libro. La gente è diventata pigra, ricordo che tanti anni fa si mettevano i ragazzi per strada o nei garage a vendere i libri, oggi non accade più.

d: Questione Mensa - La scorsa settimana ci sono state lamentele per l’aumento dei prezzi, e il Comune ha rivisto i termini, come si è risolta la questione secondo lei?

r: Ora sarà il Comune ad accollarsi il costo in più, nel senso che il pasto costa 6 euro e la differenza rispetto al prezzo dell’anno scorso lo pagherà l'amministrazione, ma in realtà lo paghiamo noi, poiché le casse del Comune si alimentano perché i cittadini pagano le tasse. Per quanto ci riguarda, in realtà il problema non è risolto, ci devono spiegare come mai a confronto con altre regioni, il nostro costo rimane sempre più alto, infatti la nostra richiesta è di fare una gara per l'affidamento. Ci interessa capire inoltre come mai decidono di basarsi solo sul menù proposto dall’ASP, e non confrontarsi con i genitori. È giusto sapere che ingredienti vengono usati, quali sono le materie prime, dove vengono acquistate e quanto costano. Soprattutto facendo la spesa dai grossisti, i costi di fatto dovrebbero diminuire, quindi c’è qualcosa che non funziona.

d: In tema scuola, a quali benefici fiscali possono accedere le famiglie?

r: Ci sono le famose cedole, nella scuola elementare infatti i libri non si pagano, semmai si anticipa soltanto. Nella scuola media invece, ci sono per quanto riguarda la città di Potenza, dei buoni del Comune, su delega della Regione, per le famiglie che hanno un certo ISEE. Mentre per quanto riguarda il corredo scolastico, è a carico delle famiglie, talvolta per alcune materie più tecniche è necessario acquistare determinati strumenti, e in generale i costi sono aumentati. Di fatto sono aumentati anche i costi degli alimenti, per preparare la merenda ai figli.

d: Chi vuole rivolgersi ad ADOC, come può fare? Bisogna essere iscritti per chiedere una consulenza?

r: Abbiamo uno sportello, aperto dal lunedì al venerdì, e con le dovute precauzioni accogliamo tutti e cerchiamo di risolvere il problema. Davanti alla porta d’ingresso abbiamo un cartello che recita “consigli a chi si fida”, questo per dire che se ci viene chiesto un consiglio noi indirizziamo la persona, solo nel momento in cui dobbiamo procedere con una conciliazione o necessitiamo di un mandato a procedere, abbiamo bisogno del permesso e quindi di una iscrizione, a mo’ di delega.

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