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foto Esposito

 

 

di Antonella Sabia

 

 

 

Manca davvero poco all’inaugurazione ufficiale del “Parco dei Comuni”, area verde nel quartiere residenziale di Parco Aurora. Per la data ufficiale, presumibilmente nel prossimo mese di luglio, bisognerà attendere la posa in opera delle ultime mattonelle di ceramica sulla pavimentazione, che andranno a creare una sorta di grande Gioco dell’oca. Si tratta di un percorso che, oltre al suo carattere ludico, assumerà un grande valore culturale, alla scoperta dei 131 comuni lucani. È quanto ci ha riferito il Sindaco di Potenza, Mario Guarente, nel presentarci questo nuovo e grande spazio di aggregazione che verrà donato alla città, dove ci si potrà incontrare, fare passeggiare, allenarsi, lasciare liberi i bambini nell’area giochi, un parco inclusivo, pronto ad accogliere tutti.

In questo grande Gioco dell’Oca, ognuna delle 131 mattonelle di ceramica raffigura un simbolo, una caratteristica di ogni Comune della Basilicata. All’inaugurazione intendiamo invitare tutti i sindaci della regione perché attraverso la realizzazione di questo parco, si vuole creare un forte collante tra la città di Potenza, e tutti i comuni della Basilicata, per dimostrare ancora una volta di essere una regione coesa”, ha affermato il Sindaco Guarente.

Per la città di Potenza, il simbolo scelto per la mattonella è il Ponte Musmeci, opera dal valore innegabile, che sembra dare il benvenuto a chi arriva e un caloroso arrivederci, quando si va via.

Dopo decenni di abbandono e periodi di stalli bucratici, a cui si è aggiunta la pandemia che ha di fatto rallentato i cantieri, i lavori del Parco dei Comuni si avviano alla conclusione e finalmente verrà restituita ai cittadini una grande area di svago e di consapevolezza dell’identità regionale.

Con questo piccolo gesto, il Comune di Potenza vuole valorizzare e fare da vetrina per quanto di bello c’è in ogni angolo della regione. È un modo per esercitare il ruolo di città capoluogo e contestualmente valorizzare tutti i territori”, ha concluso Guarente.

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

 

Di professione è dirigente dell’Enel, con una particolare esperienza nel recupero crediti. Maria Anna Falvella, nata a Napoli 49 anni fa, ma di origini calvellesi, dice che questa perizia le è tornata molto utile non appena diventata sindaco (preferisce la declinazione al maschile «per rispetto all’istituzione in sè») di Calvello. Nonostante ricopra questo ruolo dal 2017 (e in uno dei paesi “del petrolio”, con sette pozzi, per giunta), afferma di aver potuto svolgere il ruolo in condizioni “normali” soltanto per sei mesi, fra risanamento dei conti prima, e Pandemia dopo.  

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Dovremmo chiederlo a Dio (sorride). In riferimento alla mia esperienza da sindaco, non la giustifico, la vivo. Posso dirle che la mia amministrazione qui a Calvello è l’esperienza più difficile dal Dopoguerra. Forse solo il Post-Terremoto ha registrato difficoltà simili alle nostre. I primi due anni sono stati dedicati al recupero di una situazione finanziaria molto complicata, e per di più in cinque anni avremo meno della metà delle royalties petrolifere che si sono gestite in passato. Non sarà facile.

d: Pandemia a parte, cos’altro ha influito su questa situazione?

r: Ci sono stati anni in cui Calvello ha potuto gestire 4/5 milioni di royalties, mentre io nel primo anno di mandato ne ho ereditati 1,6. E ciò a causa della famosa questione dello sversamento al Cova e del conseguente blocco. Poi ci sono stati due anni in cui le royalties erano in media di circa 2,5 milioni di euro, ma questo è durato poco. Quest’anno (e credo anche l’anno prossimo, con la “fermata”), avremo meno di 1,5 milioni. E credo che questo sarà l’andamento medio in regione. Non ci aspetta un decennio molto florido (fra un “brand” in constante calo e le difficoltà produttive dei pozzi).

d: Tuttavia già immagino il disappunto di un qualche altro sindaco lucano, non beneficiato dalle royalties del petrolio, che leggendo questa intervista dice: «Ma come, si lamentano loro, che comunque i milioni li prendono???».

r: E infatti noi non ci lamentiamo, per carità. Ma è chiaro che se si è costruito un “modello” -che è anche un modello di servizi alla comunità- che richiede una spesa di quasi un milione di euro l’anno, con un milione e quattro (tutto compreso) a disposizione, diventa meno “comodo” che in passato.

d: E’ come dire che uno abituato a un alto tenore di vita, poi lo deve anche mantenere.

r: Non è solo una questione di tenore di vita, ma anche di aspettative del territorio. Guardi, se tu ricevi delle royalties è perché stai compensando un problema che probabilmente avrai, e quindi quei soldi servono anche a garantire una continuità per il futuro, oltre che costruire un avvenire “al di là del petrolio”. E non è facile.

d: Infatti si legge spesso del cosiddetto “Modello Calvello”, ovvero del paese che farebbe un uso virtuoso delle royalites, con le opere pubbliche, i bandi, la card per le famiglie… ma è tutto rose e fiori oppure…

r: …ripeto, un prezzo scuramente lo pagheremo, perché sennò non esisterebbero le royalties. Anche la vita degli uffici comunali non è facile: noi abbiamo gli stessi limiti di spesa (derivanti dal patto di stabilità) che hanno gli altri, ma ci troviamo con una mole di lavoro sicuramente più impegnativa. Dalle concessioni alla gestione dei bandi, i nostri uffici sono oberati e tutto ciò implica anche dei contratti esterni “di sostegno” che certo gratis non sono. La gestione del petrolio è molto complessa e non dimentichiamo che studi internazionali, dal 1985 in poi, si sono concentrati sulla cosiddetta “Maledizione delle risorse primarie”. La Val D’Agri e la Basilicata sono un caso di studio in questo senso: la presenza di grandi risorse primarie “cannibalizza” il resto dei settori.

d: Cioè i giovani vogliono andare tutti a lavorare nell’indotto del petrolio.

r: Ma oggi più che mai non può essere l’obiettivo esclusivo dei ragazzi: nel piano triennale degli investimenti di Eni (attenzione, non “ventennale”), si parla di “transizione energetica”. Ne deriva che il petrolio oggi c’è, ma sarà sempre meno incisivo e tocca da subito immaginare qualcosa di diverso. Ma è molto difficile, se per vent’anni siamo cresciuti con la mentalità e l’obiettivo di “quel posto” nell’indotto. E per di più, qui altre aziende che possano dar lavoro ai nostri laureati non ce ne sono: da qui l’ esodo. Per questo bisogna pensare a un futuro “oltre il petrolio”, che è praticamente un presente.

d: In ogni caso mi sembra di capire che, per il momento, i Calvellesi sono contenti della presenza del petrolio.

r: Al contrario, sono molto delusi. Questa chimera del posto di lavoro non si mai è verificata, tanto più per Calvello che è “dall’altro lato” della montagna ed è stato sempre sacrificato.

d: Quanti Calvellesi lavorano nel petrolio?

r: Pochissimi. L’ho sempre fatto presente, tanto a Eni quanto alla Regione.

d: In effetti c’è sempre stata questa anomalia: da un lato il suo comune pare essere il secondo –dopo Viggiano- per i soldi che riceve dal petrolio, dall’altro lei ha sempre denunciato di non essere coinvolta nelle decisioni importanti.

r: Non io particolarmente. Come gli altri miei colleghi interessati dalle estrazioni, ho sempre scritto chiedendo di essere coinvolti, non solo nelle scelte finanziarie, ma soprattutto in quelle strategiche, cioè sulle azioni da porre in essere con questi accordi per garantire un futuro oltre il petrolio. Pensi che quando ci fu il progetto EpiBas –ovvero l’indagine epidemiologica ambientale- la popolazione di Calvello non fu considerata nella sorveglianza attiva. Un’assurdità!

d: Ma com’è possibile una cosa del genere?

r: Eh. L’indagine epidemiologica fu impostata considerando solo il Centro oli come epicentro dell’area, tracciando un raggio che –guarda caso- arrivava al confine con la Campania, perché forse la questione era gestire l’indagine al di là dei confini della Basilicata. Calvello e Marsico Nuovo in ogni caso erano rimasti fuori. Facemmo tutta una serie di interventi per fare considerare come “epicentri” anche i pozzi di petrolio, pensi un po’. (sorride) Poi il progetto generale è comunque naufragato, con l’intervenuto cambiamento politico ai vertici della Regione.

d: E oggi come giudica il rinnovo degli accordi con le compagnie sulle concessioni petrolifere?

r: A parte ciò che è stato ufficializzato dalle delibere, noi sindaci non ne abbiamo avuto una visione completa. Abbiamo chiesto incontri a Bardi e a Cupparo, perché in primis non si può decidere senza coinvolgere i territori interessati, e in secundis noi abbiamo molta paura di accordi che possano essere solo “finanziari”.

d: Quindi voi sindaci nel dettaglio non conoscete l’accordo?

r: No. Noi sindaci, a parte Viggiano, abbiamo sottoscritto una lettera con la quale chiediamo di essere convocati.

d: Perché “a parte Viggiano”?

r: Loro non hanno inteso firmarla, ma sono assolutamente allineati sulle esigenze. Credo che la cosa del rinnovo degli accordi non sia stata gestita correttamente dal punto di vista “diplomatico”. Con tutte le attenuanti immaginabili (“prassi” modificate dalla Pandemia etc.), non può comunque non esserci un dialogo interno al territorio. La Regione può organizzare tutti i “tavoli ufficiali” che vuole con le compagnie, ma la questione vera è che tipo di istanze porta, o meno, su quegli stessi tavoli.

d: Voi sindaci faceste un incontro con la Regione nell’autunno del 2019 per proporre delle cose…

r: …due minuti a testa. Doveva essere la “prima fase” di un confronto. Un avvio…

d: …ma si è rivelata una “falsa partenza”?

r: Già, ma ora speriamo di ripartire perché vanno dati contenuti reali a quegli accordi. Ma se si continua a ragionare in termini di “soldi a pioggia” e di interventi non mirati, alla fin fine avremo ben poco. Com’è stato finora.

d: La storia del rifare mille volte i marciapiedi…

r: Su questo non sarei così tranchant. Calvello è un paese curato, e certo non si è curato da solo. Col nostro clima le strade si rovinano facilmente. E poi c’è la questione sicurezza stradale che va ben oltre il petrolio.

d: La vostra proposta a quel famoso tavolo autunnale?

r: Lavorare moltissimo sulla cultura digitale dei ragazzi. Immaginiamo un campus d’intesa con le aziende, e crediamo molto nel ritorno dei nostri giovani che oggi lavorano fuori, anche grazie alle opportunità offerte dal lavoro a distanza (Calvello ha la banda ultralarga). Ma prima occorre un salto culturale.

d: Facciamo un breve passaggio sulla Pandemia. Anche in merito alla gestione dell’emergenza, alcuni sindaci lucani hanno lamentato difficoltà di “comunicazione” col governo Bardi: ordinanze arrivate prima ai giornali, indicazioni sulla chiusura delle scuole giunte di notte…

r: Sì, queste difficoltà ci sono state per tutti, il dialogo con la Regione non è stato facile. Io aspettavo le ordinanze la notte, per decidere cosa fare il giorno dopo…sul gruppo whatsapp dell’Anci noi sindaci non facevamo che confrontarci.

d: C’è che dice però, che in stato “di guerra”, ciò possa anche essere fisiologico.

r: Può darsi che sia così. Infatti non voglio addossare colpe, perché non dev’essere facile far quadrare tutto. Non è quella la cosa più grave.

d: E qual è allora?

r: E’ proprio la difficoltà di confrontarci, in generale, su tutto.

d: Ma Bardi ha scritto ai sindaci affermando di volerli incontrare uno per uno.

r: Io l’ho incontrato in situazioni ufficiali ed è una persona molto garbata. La questione non è personale, ovviamente. E’ la costanza del dialogo che manca… con due o cinque minuti di udienza ciascuno, beh, non si va molto lontano, in ambito scuola, sanità…

d: E quindi se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di viaggiare di più per i territori. Il problema però è che sono venute meno le sezioni di partito nei paesi. Occorre trovare degli spazi che ripristinino le occasioni di confronto di una volta.

d: Il film che la rappresenta?

r: Non l’ho ancora trovato (ride), penso che ci sia materiale per fare una fiction, sulla mia vita! C’è sempre quale novità…

d: La canzone?

r: “Grazie Roma”. Ho vissuto nella Capitale tanti anni e sono romanista sfegatata.

d: Il libro?

r: “La casa degli spiriti” di Isabel Allende.

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprono una targa a suo nome al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Ha sognato, malgrado tutto».

 

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di Antonella Sabia

 

 

 

 

 

2900 pazienti trattati, con una degenza media di 8,5 giorni. È questo il numero dei ricoveri nella Stroke Unit dell’ospedale San Carlo di Potenza, istituita 10 anni fa e dedita alla cura dei pazienti con malattie cerebrovascolari di tipo ischemico.

A presentare il report, il Dr Antonio Matera, responsabile della Stroke Unit il quale ha sottolineato che l’ictus cerebrale è la prima causa di morte nelle donne e terza negli uomini, è inoltre seconda causa di demenza e di disabilità.Abbiamo fatto tutto quello che era necessario per assicurare ai pazienti la migliore assistenza possibile. Parliamo di una struttura semi intensiva con 8 posti letti, con un gruppo multidisciplinare che ha il compito principale di curare l’ictus cerebrale. I risultati migliori li abbiamo ottenuti attraverso la trombolisi di 160 pazienti, riducendola disabilità nel 50% dei casi. Il passo successivo sarà quello di investire sulla neurologia interventistica, assicurando ai pazienti interventi di trombectomia e trombo aspirazione”. Relativamente al periodo pandemico ci ha riferito che “è emerso che si sono ridotti del 30% i ricoveri per cerebrovasculopatia acuta, in particolare le persone con un deficit neurologico lieve, per il timore di contagiarsi, spesso hanno rinunciato a contattare il 118 e di conseguenza hanno evitato il ricovero, con la conseguenza di complicanze più serie”.

Di fondamentale importanza, vi è poi la cosiddetta prevenzione secondaria, per evitare che l’ictus si ripresenti, e un ruolo centrale viene svolto dall’Associazione A.L.I.Ce Basilicata, che supporta le attività di reparto, con operazioni di divulgazione, formazione e informazione. “A.L.I.Ce Basilicata nasce quasi in concomitanza con la Stroke Unit,- ha affermato il Presidente, dr. Luca Onofrio Scappatura -perché ci rendemmo conto nella nostra esperienza lavorativa quotidiana, che la popolazione necessitava di essere edotta rispetto i fattori di rischio, il trattamento e la gestione dei pazienti affetti da ictus cerebrale”.

In occasione del decennale di attività della Stroke Unit, A.L.I.Ce Basilicata ha donato due monitor multiparametricidi ultima generazione al reparto, per una migliore gestione della fase acuta dell’ictus.

In Basilicata sono colpite, in media, da questa malattia 4 persone al giorno con costi socio-economici elevatissimi sia per le famiglie che per il sistema sanitario nazionale. A tutt’oggi l’ictus cerebrale è considerata una patologia incurabile e ineluttabile. Tuttavia, l’uso di farmaci specifici immediatamente dopo l’esordio dei sintomi può salvare i soggetti colpiti, oltre che ridurre le disabilità gravi”, ha concluso il dr. Scappatura.

Presente alla conferenza il dg del San Carlo, ing. Giuseppe Spera che ha ringraziato il dr. Matera e la sua equipe, riconoscendo una funzione essenziale della Stroke Unit per l’intero territorio regionale, ma anche un nuovo punto di partenza. Allo stesso tempo ha sottolineato il ruolo centrale svolto dalle associazioni, che rendono tutto meno arido e distante dalla realtà.

All’ing. Spera abbiamo chiesto qual è la situazione della ripresa delle attività ordinarie: “Dalla fine della scorsa estate, abbiamo rimesso in piedi tutte le agende e riattivato i percorsi ambulatoriali e chirurgici. Quello che ci ha rallentato in questo momento non è tanto la disponibilità di posti o prestazioni, quanto il fatto che spesso il timore del contagio ha ridotto le presenze e le prenotazioni. Mi auguro che si riprenda presto a vigilare sul proprio stato di salute che è essenziale per non avere danni maggiori. Negli ultimi giorni ho notato un’intensificazione di prenotazioni, e quindi dovremmo essere bravi a regolare questa ondata con una maggiore disponibilità”.

 

 

 

 

 

 

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Come richiesto dal Ministro del Lavoro Orlando, la Consigliera nazionale di parità, Francesca Bagni Cipriani, ha provveduto ad individuare un ristretto gruppo di Consigliere di parità che, in rappresentanza di tutta la rete, possa collaborare con il suo Gabinetto al fine di individuare elementi di riforma utili alla risoluzione delle criticità relative al ruolo istituzionale delle Consigliere di parità; criticità evidenziate nel corso della Conferenza Nazionale tenutasi il 13 maggio scorso.

A tal fine, tenendo conto della coerenza dei contributi espressi nella suddetta Conferenza, rispetto all’invito del Ministro di rafforzare la rete delle Consigliere, e anche sulla base della rappresentanza territoriale e dell'esperienza maturata, Francesca Bagni Cipriani ha individuato quale componente del Gruppo di lavoro anche la Consigliera regionale di parità della Basilicata, Ivana Pipponzi.

Il Gruppo di lavoro sarà composto, oltre che dalla Consigliera nazionale di parità, dalle seguenti Consigliere.

Sonia Alvisi (Emilia Romagna)

Flavia Ginevri (Roma)

Domenica Lomazzo (Campania)

Maria Grazia Maestrelli (Toscana)

Sandra Miotto (Veneto)

Monica Paparelli (Umbria)

Carolina Pellegrini (Lombardia)

Ivana Pipponzi (Basilicata)

Susanna Pisano (Cagliari)

Tonia Stumpo (Calabria)

I punti fondamentali sui quali questo gruppo sarà chiamato ad intervenire, sono i seguenti:

• Questione attività e indennità di funzione;

• Questione nomine: definizione dei criteri per la valutazione comparativa dei candidati.

La riunione di insediamento del gruppo per l’elaborazione della proposta di legge, così come richiesto dal Ministro, si terrà venerdì 11 giugno p.v., dalle ore 10.00 alle ore 12.30.

Costituisce un motivo di grande orgoglio far parte del Gruppo di lavoro ministeriale, afferma Pipponzi, cercherò di dare il mio contributo come già fatto in sede di Conferenza nazionale, stante l’importanza del ruolo istituzionale delle Consigliere di parità, capaci di risolvere stragiudizialmente ed in via conciliativa le stringenti problematiche delle discriminazioni di genere sul posto di lavoro”.

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di Antonella Sabia

 

 

 

Incoronata Bochicchio, Federica Summa, Carmela Mecca, Maria Galasso, Donata Maria Zaccagnino, Rosanna Pace, Lucia Iannielli, Rossana Placido, Lucia Romaniello e Marianna Mecca. Sono i nomi delle nuove componenti della Commissione per le Parità e le Pari Opportunità del Comune di Avigliano, che si è insediata il 04 maggio e durerà in carica per l’intero mandato amministrativo. A poco più di un mese dall'insediamento, abbiamo parlato con l'Avv. Incoronata Bochicchio, Presidente delle Commissione, già conosciuta per il suo impegno civico e per la tutela dei diritti dei cittadini in sanità.

d: Chi si può rivolgere a voi e in che modo?

r: Chiunque ritenga di essere discriminato, a causa del genere, delle condizioni fisiche, economiche, familiari, dell’etnia, della lingua, della religione; chiunque ritenga di essere leso nei suoi diritti di parità e di pari opportunità e, per l’effetto, gli sia negato l’accesso ai servizi pubblici, sanitari, alla istruzione, formazione, impiego, avanzamento di carriera. I cittadini possono rivolgersi alla Commissione inviando una mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e nei prossimi giorni, sarà disponibile un Modulo per le segnalazioni che potrà essere scaricato dal sito del Comune, sui canali social della Commissione, recandosi presso la sede del Comune in Corso Gianturco o la Delegazione a Lagopesole. È trascorso ancora un mese dall’insediamento dei nuovi componenti, ma questi sono già a lavoro, con incontri che mettono sul tavolo della discussione questioni di estremo interesse, cercando soluzioni in termini di ricerca degli strumenti necessari si, ma che siano anche più utili, appropriati ed efficaci per offrire alle persone risposte alle proprie richieste di tutela.

d: La Commissione partecipa ai lavori del Consiglio Comunale?

r: La Commissione è organismo permanente di consultazione del Comune nelle iniziative riguardanti le pari opportunità per l’effettiva attuazione dei principi di uguaglianza sanciti dal dettato costituzionale. La Commissione già nella data del 13 Maggio ha incontrato le Istituzioni territoriali e i rappresentanti dei cittadini che siedono in consiglio, al fine di iniziare ad attuare proprio i principi che soggiacciono all'istituzione della Commissione stessa. Imprescindibile deve essere, infatti, il dialogo costante, l'interlocuzione e la collaborazione tra tutte le articolazioni dell’Amministrazione ed i cittadini. L’auspicio è vedere che quanto scritto sulla carta venga attuato.

d: Qual è il motore che alimenta il vostro lavoro? Quali iniziative/progetti verranno messi in campo?

r: Ne abbiamo di diversi e tutti alimentano ciascuna commissaria. Abbiamo il motore del Cuore, dell’entusiasmo, della visione e del coraggio. Ne abbiamo in abbondanza da poterne regalare e sa, ne rimarrebbe ancora tantissimo altro da tenere per noi, per la Commissione e per i cittadini che ne vorranno! Queste commissarie sono già al lavoro per promuovere e tutelare i diritti di uguaglianza, di parità e pari opportunità, affinchè non vi siano persone di serie A e persone di serie B. E questo a maggior ragione nel periodo pandemico che stiamo vivendo, in cui troppi diritti restano solo sulla carta, risultando negati e/o violati. Tanti i progetti in cantiere: il Modulo per le Segnalazioni, la creazione di uno sportello per il cittadino, l’impegno per la promozione della cultura delle parità e pari opportunità da declinare nelle scuole, nella sanità, nelle politiche del lavoro e dell'inclusione.

d: Una Commissione composta da sole donne: come mai questa scelta?

r: Una presa d’atto, questa sua, che è anche la mia. Non posso offrirle io la risposta, può trovarla nell’art. 3 e 4 del Regolamento della Commissione, in cui viene cristallizzata la procedura per la selezione dei componenti: alcune candidature vengono presentate dai gruppi consiliari, altre dalle associazioni e dai movimenti femminili, altre ancora dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sempre, chiaramente, operanti sul territorio comunale. Evidentemente le proposte di candidatura ci sono state solo al femminile. Non le nascondo che è già allo studio di questa Commissione la modifica del Regolamento: partiamo, infatti, a rendere inclusivo anche il Regolamento (sorride).

d: Su Avigliano, territorio vasto e complesso, quali criticità insistono maggiormente?

r: L’epidemia di Sars–Cov2 ha avuto impatti su molti servizi riconosciuti come essenziali, con inquietudine ed apprensione abbiamo riscontrato e segnalato il ritardo ripresa a pieno regime, dei programmi di screening oncologi. Sappiamo bene, infatti, che la prevenzione e la diagnosi precoce rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza, cioè tra le prestazioni essenziali che devono essere garantite a tutte le cittadine e i cittadini nel nostro Paese. Sin da subito, abbiamo inviato segnalazione al Presidente della Regione, all’Assessore alla Sanità, ai Coordinatori regionali degli Screening oncologici, nonché al Direttore Generale ASP. Ha fatto seguito, inoltre, una richiesta alla IV Commissione regionale per un'audizione sull’argomento.

d: Come è cambiato il ruolo della donna negli anni? Sono ancora poche le donne con ruoli apicali nella società.

r: Occorre volgere lo sguardo al mondo antico, per comprenderne le ragioni di questo difficile e non ancora concluso percorso di affrancazione. Nel mondo antico esisteva la sfera privata incentrata sulla famiglia e la sfera pubblica, con le sue istituzioni politiche, militari e giurisdizionali. La famiglia era l’istituzione sociale in cui tradizionalmente si circoscriveva e risolveva la vita delle donne, ed era un complesso di persone e di beni che facevano capo al pater, “signore assoluto” nella domus. Venivano riconosciuti diritti e garanzie solo ai “civis” ed era considerato cittadino (titolare della cittadinanza) a pieno titolo solo l’individuo maschio adulto e libero. Noi siamo loro figlie. Diversi gli interventi legislativi nel tempo ma c'è ancora tanto da fare: ad acuire la disparità, oggi, anche la pandemia. Ecco perché è fondamentale non perdere tempo e far divenire esigibili anche per le donne, diritti che restano ancora sulle carte impolverate e promuoverne altri. Un'opportunità importante arriva dal Recovery fund che non potrà ignorare i Diritti di parità e di pari opportunità nei capitoli della spesa pubblica. Questa Commissione, con queste commissarie, c’è e ci sarà per dar voce alle persone dai diritti negati e/o violati, per tutelarle e promuovere politiche che guardino ed attuino davvero siffatti diritti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

 

Afferma di non amare i trucchi, sia quelli che si usano per imbellettarsi sia quelli che si utilizzano nelle conversazioni.

Ed è infatti molto diretta, Francesca Nolè, classe 1985, una delle poche, anzi ultime pallavoliste di livello nazionale a essere emerse dalla nostra città.

Dopo quasi vent’anni in serie B, passati giocando in Basilicata, Campania e Puglia, oggi è schiacciatrice della Pm Asci Potenza, squadra di volley femminile che milita nel Campionato Nazionale di primo livello – Serie C pugliese, impegnata, con molte aspettative, nei play out.

“Sorella d’arte” (o viceversa: il fratello è Angelo Raffaele Nolè, bomber del Francavilla calcio), di professione odontotecnica, una volta adeguatamente edotta sulla totale assenza di competenza sportiva del suo intervistatore, si è tuttavia prestata di buon grado alla solita conversazione “a tutto campo” che caratterizza queste chiacchierate.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Cercando di vivere con serenità e felicità, qualsiasi cosa la vita mi presenti. Ho potuto godermi lo sport a 360 gradi, e mi ha formato sia fisicamente sia mentalmente, dandomi quella “cazzimma” in più per affrontare anche le situazioni sgradevoli.

D: Lei ha avuto una carriera importante, e adesso è di nuovo a Potenza, in serie C, “per scelta”.

R: Giocare a Potenza è sempre stato uno dei miei pallini, perché sono il tipo di sportiva legata ai propri colori. E credo che la nostra città debba sfruttare il più possibile ciò che si crea nello sport.

D: Mi costringe a entrare subito nel vivo. Ci sono state polemiche, in questi mesi di restrizioni e chiusure, rivolte alla politica, rea di non aver sostenuto adeguatamente le realtà sportive in questo momento di difficoltà.

R: In verità è una realtà che si è sempre presentata. Molte sono state le società costrette al fallimento, nonostante l’aiuto economico di alcuni piccoli imprenditori che, fortunatamente, ci sono sempre stati. Il discorso però si sposta sulle strutture, e appunto sulla politica, che dovrebbe fare e dare qualcosa in più affinché in una città che non ha grandi scenari si possa sfruttare almeno quello sportivo. Potrebbe derivarne visibilità, ma anche un contributo a ristoranti e alberghi, ospitando ogni settimana squadre di fuori. Si potrebbe portarli in giro per la Basilicata, e non limitarsi a Potenza, col suo centro storico che ha le sue pecche e con i suoi palazzetti dello sport che hanno anch’essi le loro pecche. Guardi, io ho trentasei anni, e a Potenza ho giocato per molti anni (sia a livello nazionale sia nei settori giovanili), e mi sono resa conto che la città, di suo, risponde, se ci sono le partite di volley o di basket.

D: Cioè il pubblico fa sentire la sua presenza.

R: E’ così.

D: Quest’anno -se non ci fosse stato il Covid- Potenza avrebbe dovuto essere, fattivamente parlando, “Capitale Europea dello Sport”. Secondo lei non saremmo stati comunque pronti?

R: Secondo me no.

D: Cosa manca?

R: In parte le strutture. Sono tornata qui dopo cinque anni, e mi ritrovo alla “Caizzo” –struttura gestita a livello comunale- dove mi piove negli spogliatoi, la caldaia ogni settimana si blocca, e ci sono buchi nel campo, perché la pavimentazione non viene ripristinata da anni. Anzi, posso dire con certezza da una ventina.

D: E ci si è messa di mezzo pure la Pandemia.

R: Sì, perché all’inizio abbiamo avuto –comprensibili- difficoltà con le sanificazioni, ma sono state giustamente date priorità a cose come disinfestazioni (ci hanno rifatto il piano doccia) e altre piccole accortezze avvenute nell’immediato.

D: Passiamo per un attimo a questioni di costume. Non si placano le polemiche sulla partita della nazionale cantanti e sulla denuncia di Aurora Leone, che sarebbe stata esclusa in malo modo dal tavolo dei calciatori. Come sempre, in questi casi, ci sono le varie versioni e anche querele in partenza. Lei che idea si è fatta?

R: E’ stata comunque una vicenda di cattivo gusto: non è possibile che accada ancora, nel 2021, che una donna venga esclusa da un tavolo, che sia di calciatori o di personaggi famosi o di qualsiasi altra cosa. Non è tollerabile. Ho apprezzato infatti i gesti di coloro che erano presenti e hanno preso le distanze. Certe cose non dovrebbero esistere.

D: Neanche nel caso, come qualcun altro ritiene, il fatto sia avvenuto a un livello puramente goliardico?

R: No. Credo che certe lotte per i diritti delle donne siano state combattute anni fa, e oggi è assurdo dover rivivere certe cose.

D: Lei si è mai sentita discriminata? E’ a conoscenza di situazioni simili?

R: Per mia fortuna no. Anzi, noi sportive, quando siamo tutte insieme, siamo sempre bene accolte! (Sorride)

D: E se improvvisamente si siede un uomo al vostro tavolo?

R: (Risate) Lo accogliamo… magari con una battuta, o con una risata.

D: A livello locale, invece, c’è stata questa zuffa giovanile in centro storico, tutta al femminile…

R: Ehhh. E’ terrificante. I diritti sono una cosa, sì ok, ma mantenere la femminilità è un’altra. Noi donne abbiamo uno stile differente rispetto all’uomo, ma buttarsi nelle risse e alzare le mani appartiene innanzitutto agli animali…

D: Ma questo episodio è sintomatico di cosa secondo lei? E’ cambiata la città, sono cambiati i tempi, sono cambiate le famiglie…

R: Oggi in famiglia i coniugi sono costretti a lavorare entrambi, e quindi si ha poco tempo e pazienza per controllare, gestire ed educare adeguatamente i propri figli. Le dirò di più, sono sempre stata contraria alla presenza dei genitori agli allenamenti dei minori. Con loro in palestra, i bambini fanno ciò che vogliono, vanno in bagno, si distraggono, perché sanno che tanto non succede nulla. L’ho visto con i miei occhi, quella volta che mi invitarono ad allenarmi con le bambine. Ricordo invece che mio padre mi dava “la ritirata” alle 11 di sera, e se non tornavo per quell’ora si metteva in macchina e girava per tutta Potenza.

R: D: In questi vent’anni in cui lei ha fatto un po’ andata e ritorno, quali cambiamenti ha visto nella sua città?

La mia città la vedo sempre piatta. Al di là di chi governa, destra o sinistra… guardi, proprio quest’anno, in occasione di quel titolo così importante a cui lei accennava, mi sarebbe piaciuto vederli al lavoro sulle strutture, e invece poco o niente. Dice: «Stiamo lavorando per renderla pulita». Ok, ma io vedo sempre la stessa realtà. Dice: «Stiamo lavorando sull’asfalto delle strade», ma io non osservo miglioramenti reali.

D: La politica cittadina l’ha mai contattata per chiederle, che so, un parere…

R: Sì, mi sono trovata in riunioni in cui ho esposto le stesse cose che ho detto a lei…

D: E le hanno mai chiesto di candidarsi?

R: Mmm. E’ capitato, dai. (Sorride)

D: Lei sa che ci sono polemiche sulla effettiva “presenza” sul territorio, ma anche nel Palazzo, del Presidente della Regione, Bardi: se potesse prenderlo sottobraccio lei cosa gli direbbe?

R: Che, lui per primo, dovrebbe finalmente imparare ad amare la nostra terra. Perché solo così può starci veramente vicino e aiutarci. Chi sfugge alle situazioni e non è presente, non può ascoltare e affrontare le difficoltà del nostro territorio.

D: Lei gioca in una squadra che nasce in seno alla Polizia Municipale. Qual è il suo rapporto con i vigili urbani di Potenza? La multano spesso –con un pizzico di malizia- o magari la “graziano”?

R: (risate) Purtroppo non ho mai avuto “grazie”, anzi… Tuttavia, per fortuna, quando indosso la tuta…sono un pochino più “protetta”, specie se si tratta di uomini

D: Perché, le donne sono un po’più “rivali”?

R: Bravo! Tocca stare attente! (Ride)

D: Il libro che la rappresenta?

R: Non leggo. Il mio tempo libero lo dedico tutto per aggiornarmi sul design, la mia grande passione.

D: La canzone?

R: Prima di ogni partita ascolto “Grande amore” de Il Volo. E le mie compagne mi prendono in giro, perché è una canzone moscia, ma a me dà la carica!

D: Il film?

R: “La ricerca della felicità” di Muccino.

D: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: “Una grande sportiva”.

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di Antonella Sabia

 

 

 

Alla già critica situazione sanitaria che da oltre un anno sta affliggendo il mondo intero, vanno sommati i numeri relativi alla povertà, all’impoverimento e all’accentuazione delle diseguaglianze che ci restituiscono una fotografia amara della pandemia sociale che stiamo affrontando.

Lo confermano i numeri contenuti nel Report 2020 della Caritas Diocesana di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo, presentati negli scorsi giorni durante un incontro che è stato anche l’occasione di confronto tra il governatore Bardi e i sindaci del territorio diocesano. L’effetto dirompente della crisi è testimoniato dall’incremento delle richieste di aiuto pervenute nei Centri di Ascolto della diocesi: il 101,7% in più rispetto allo scorso anno. Molteplici le fragilità totalmente inedite, altrettanto numerose quelle già conosciute: oltre la metà delle persone incontrate non si era mai rivolta alla Caritas (il 51,9%).

Il report parla di vere e proprie “ondate” di bisogni, che in qualche modo hanno viaggiato in parallelo con l’andamento stesso dell’emergenza sanitaria. Le conseguenze della pandemia hanno acuito le fragilità di un territorio già fortemente investito dalla crisi economica, si parla infatti di 2474 famiglie ascoltate e sostenute a vario titolo nel 2020, una molteplicità di storie e caratteristiche, difficilmente rapportabili alla situazione antecedente la pandemia.

In generale, sembrano cambiate drasticamente le caratteristiche socio-anagrafiche delle persone incontrate, viene registrato infatti l’incremento degli uomini che richiedono un sostegno, ad oggi il 52,6%, capovolgendo così la tradizionale “barriera” di reticenza che in passato ha sempre scoraggiato la figura maschile nell’esplicitare una richiesta di sostegno. Basti pensare che fino allo scorso anno i dati della rete delle Caritas raccontavano che, le storie di povertà ed esclusione erano affrontate per lo più dalle donne, uniche figure all’interno del nucleo familiare capaci di reinventarsi con maggiore facilità.

Un altro dato rilevante è l’abbassamento dell’età media: aumentati notevolmente i giovani tra i 25 e i 34 anni (oggi il 10,4%, nel 2019 il 7,4%) e quelli tra i 35 e 44, di fatto la fascia di età maggiormente in sofferenza (dal 19,1% del 2019 al 23,9% del 2020). Sono aumentate inoltre le persone nella fascia d’età 65-74, nuclei familiari che hanno dovuto sostenere economicamente anche i figli in difficoltà a causa della pandemia.

In relazione alla sfera lavorativa, il Report ha portato alla luce una “zona grigia”, che comprende tutte quelle storie di occupazioni intermittenti, in bilico tra precariato e lavoro nero, percorsi lavorativi di sottoccupazione e forme contrattuali inadeguate, che sin dal primo lockdown hanno cessato di garantire un minimo di sopravvivenza a tanti nuclei familiari.

Negli anni passati, anche la scolarizzazione influiva notevolmente sui dati, durante l’emergenza sanitaria, invece, anche un discreto livello di istruzione non ha più rappresentato un fattore di protezione: ad oggi, il 4,8% delle persone ascoltate è laureato, il 27,6% ha conseguito il diploma e la percentuale di persone con la licenza media inferiore è del 56% (crolla rispetto alla media del triennio di circa 15 punti percentuali).

Alle richieste di aiuto, i servizi di distribuzione parrocchiali e i 23 Centri di Ascolto Caritas, hanno risposto distribuendo 17.896 pacchi alimentari (lo scorso anno erano 9.000), hanno fruito di un sostegno alimentare il 93,5% delle persone incontrate. Inoltre, in tutto il 2020 gli accessi al servizio Emporio sono triplicati, testimoniando come la progressione dell’emergenza sociale sul territorio abbia mantenuto livelli elevati.

Con l’avvento della DAD si è dovuto far fronte anche all’iniziale mancanza di dispositivi idonei, il sostegno alle spese familiari per la didattica, ha richiesto quindi lo stanziamento di piccoli fondi dedicati per l’acquisto di materiali e libri di testo.

Con l’obiettivo di potenziare e diversificare le modalità di intervento in risposta alle molteplici fragilità rilevate, a maggio 2020 è stato istituito il Fondo Straordinario “Cantiere di Fraternità”, attivo fino a Dicembre 2020, interamente dedicato alle famiglie colpite dall’emergenza, sostenendo in particolare i lavoratori autonomi (il 48% dei beneficiari) e i nuclei in grave difficoltà economica.

I dati, riportati all’interno del report, rappresentano l’occasione per riflettere sulle sfide e i cambiamenti di questo tempo fatto di incertezze, che talvolta ci impedisce di guardare con serenità al futuro.

A questo proposito, la Caritas Diocesana di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo apre a possibili strade da percorrere, in particolare sarà indispensabile aprire spazi di pensiero per ridisegnare contesti e luoghi di servizio, per trovare così nuovi approdi di accoglienza e relazione. Sarà poi necessario rimettere al centro la comunità e sostenere la partecipazione, reinventando nuove modalità di animazione. L’obiettivo finale è quello di restituire il desiderio di futuro e la capacità di coltivare sogni e progetti per l’intera comunità.

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Il quarantacinquenne sindaco di Latronico, Fausto De Maria, è uno che parla svelto, tanto da dare l’impressione di inseguire i molti pensieri. In questo, il coordinatore provinciale di Italia Viva, pare piuttosto somigliante al suo mentore, Matteo Renzi.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Con questa mia “vocazione” a cercare di darmi da fare per gli altri… sin dai tempi dell’Università, quando rinunciavo a studiare pur di…

D: … rompere le scatole, insomma…

R: No, più che altro sono un tipo convinto delle cose che cerca di fare, anche a rischio di sembrare impopolare.

D: Solitamente viene definito come un “renziano di ferro”. Cosa comporta tutto questo, in un momento in cui proprio su Renzi si dicono e si leggono tante cose…

R: Ero con lui quando Matteo ancora era una “novità” (lo portai io a Latronico, ma anche a Potenza e a Matera); sono rimasto con lui quando tutti gli altri sono saliti sul suo carro; e ancora sono rimasto con Renzi quando da quello stesso carro poi se ne sono scesi. Sempre per convinzione e mai per convenienza. Se dovessi pensare a un mio tornaconto, forse con Renzi oggi non dovrei starci. Ritengo però ancora adesso -al netto di qualche errore che anch’io posso riconoscergli- che sia l’unico che ha qualcosa da dire dal punto di vista politico. Anzi, oggi mi ritrovo ancora di più, rispetto ai tempi del 40%: mi sembra davvero di ricominciare una partita diversa, attraverso qualcosa che non è più il Pd, e che secondo me doveva nascere già nel 2012 (quando Renzi invece scelse di rimanere nel Partito Democratico).

D: Oggi (martedì –ndr), in Consiglio regionale si è presentato un volume speciale dedicato ai Cinquant’anni della Regione Basilicata, e nell’occasione si è parlato molto di Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza – ndr) e di Recovery Fund. In che modo i Comuni dovranno giocarsi questa partita secondo lei? Alcuni suoi colleghi temono si ripeta uno scenario simile a quello delle decisioni e degli accordi sul petrolio.

R: Guardi, i Comuni devono essere coinvolti, ma occorre anche che noi si faccia autocritica, in quanto molto spesso non si sa guardare oltre il proprio confine. Spesso si è convinti che il proprio paese abbia il migliore attrattore possibile, o di essere gli unici ad avere una vera vocazione turistica, artigianale etc.. Oppure si cerca di fare le “copie” di quello che già c’è nel comune vicino. Credo la Regione dovrà avere una visione globale, perché non si può fare tutto e non tutti possono fare tutto; e i Comuni devono dare dei consigli, certo, ma allo scopo di valorizzare la propria, reale unicità: altrimenti rischiamo di perdere una delle opportunità più ghiotte. Sarebbe una guerra dei poveri.

D: A parte il NO ai “campanilismi”, quale deve essere la strategia comune di voi sindaci?

R: La Basilicata ha due grossi problemi. Il primo riguarda le infrastrutture: una volta c’era il progetto della Lauria-Candela, ma nessuno pensa di riprenderlo in mano. Noi abbiamo quattro strade “lungo” i fiumi: la Sinnica, la Bradanica, la Basentana e la Fondovalle dell’Agri: andrebbero unite da una trasversale. Si ovvierebbe al grave deficit rappresentato dall’isolamento di molti dei nostri paesi: io per venire a Potenza ci metto due ore! E andrà a finire che il capoluogo, se non si interviene, se la racconterà da solo…

D: Parlava di DUE grossi problemi.

R: L’altro riguarda i giovani e la loro formazione. Stiamo perdendo generazioni intere. Bisogna concentrarsi sul potenziamento dell’Università.

D: Beh, adesso ci sarà pure Medicina.

R: Ma non è sufficiente! Necessario, ma non sufficiente. Io dico comunque che si è perso un sacco di tempo. Dal canto mio, in accordo con l’Unibas, sto cercando di far iscrivere i nostri ragazzi a Potenza, perché in moltissimi si iscrivono da Roma in su. E lì rimangono, laureatisi o meno. Con un’aggravante, che prima non c’era: i genitori sempre più spesso li raggiungono.

D: Già è in atto la fuga dei giovani, se inizia anche quella degli anziani, la nostra regione è bell’e fottuta.

R: Dopo il danno, la beffa. Stiamo assistendo al più grande spopolamento mai verificatosi.

D: Quindi, prima di “chiedere” è bene che voi sindaci vi mettiate d’accordo su una visione comune.

R: Sì, ma a cosa serve fare la corsa alla piazza o al marciapiede più bello? A niente. Noi dobbiamo dare delle risposte affinché si cerchi di ripopolare le nostre terre. Non a caso a Latronico stiamo recuperando i vecchi immobili…

D: Ho letto di appartamenti in vendita a diecimila euro.

R: Ed è tutto vero. Sono case da ristrutturare, un’iniziativa sulla quale c’è molta curiosità. Ma non solo: abbiamo incentivato il ritorno di alcuni anziani a Latronico –e sono venuti in una decina- con l’idea di non far pagare loro le tasse. Sembra nulla, ma è un segnale di accoglienza.

D: Veniamo alla questione Covid. Qualche giorno fa lei si è reso protagonista di una personale iniziativa: si era prenotato per il vaccino, ma quando si è reso conto che a un suo concittadino, molto più anziano di lei, era stato assegnato un giorno molto più in là del suo, ha rinunciato alla prenotazione…

R: E’ andata così, anche se sono stato accusato nuovamente di esibizionismo. Avevo annunciato sui social di essermi prenotato, per invogliare gli altri a fare lo stesso (era il primo giorno utile per gli over 40); due giorni dopo mi sono dato da fare per prenotare (perché anche questo facciamo, noi sindaci) per un mio concittadino 66enne che aveva avuto problemi particolari, e quando gli hanno fissato quella data, ho capito che dovevo lanciare un segnale, in qualche modo. Il messaggio è che non possiamo affidare tutto a una macchina: ci sono ancora persone a casa, anziane, disabili e in attesa del vaccino. Complimenti a chi ha fatto la Piattaforma, per carità, ma bisognava tenersi libere delle date e del personale medico per gente che ha più bisogno di noi.

D: Come giudica l’operato del sistema regionale in ambito Covid e tenuta sanitaria?

R: Guardi, è molto facile puntare il dito in situazioni come queste. Molte cose si dicono col senno di poi, basta sentire gli scienziati. Diciamo che la Pandemia ci ha fatto capire che in ambito Sanità occorre investire molto seriamente sul territorio. Faccio un esempio: per qualche mese, senza ufficiale sanitario (andato in pensione), ho dovuto fare tutto io, tracciamenti compresi. Non c'è stato il tempo di fare i concorsi, ma non mi sono lamentato e ho agito.

D: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Che esistono sì Potenza e Matera, ma che la Basilicata per il 90% è fatta di piccoli comuni e che bisogna lavorare affinché si recuperi un’identità e si possa infondere la dovuta speranza necessaria a investire ancora sui propri territori di appartenenza.

D: Ma lei Bardi lo ha mai incontrato?

R: Qualche volta, così, di sfuggita.

D: Ma non ritiene che questa possa essere già di per sé una mancanza?

R: Devo essere onesto: non gli ho mai chiesto un appuntamento. Non ne sentivo la necessità. Ho spesso interloquito con gli assessori. Di recente lui ha inviato una lettera ai sindaci, e io gli ho comunicato che sono disponibile a incontrarlo.

D: Uno dei temi emersi in queste interviste con i sindaci lucani è una certa difficoltà a “connettersi” col Palazzo. C’è chi ha lamentato di dover leggere le Ordinanze sui giornali, prima di riceverle ufficialmente.

R: Questo sì, è capitato. Ma non è questo il punto in una situazione di emergenza. Io fui lesto ad attaccare Bardi in occasione della sua primissima ordinanza in ambito Covid, ricorda? Ma poi i fatti gli hanno dato ragione. Pertanto io chiederei a Bardi di lavorare SULLA Basilicata in quanto tale: ci vogliono bandi, chiarezza negli stessi, opportunità…io sono abituato a lavorare così, e non mi riferisco al singolo comune. Occorre fare rete, altrimenti non ne usciamo.

D: Esiste dunque un certo “primadonnismo” fra alcuni suoi colleghi sindaci?

R: Ma c’è sempre stato. Anch’io vengo accusato di questo. Il problema è che a volte si è pensato più alle proprie ambizioni che alla propria terra.

D: Il suo momento più difficile?

R: Quando, a fine ottobre, dovetti chiudere Latronico, scuole comprese, prima di tutti, e prima delle varie zone colorate. Salvai forse il mio paese. Oggi è la cosa che i cittadini mi riconoscono di più.

D: Quale sarà la “ripartenza” di Latronico?

R: Per noi è il momento della raccolta. Negli ultimi anni abbiamo puntato molto sulle nostre potenzialità, come le terme (recentemente passate dalla Regione al Comune). Un privato ha acquistato degli alberghi e sta investendo. E’ stato siglato un contratto di sviluppo e la Regione ha cofinanziato, e lo stesso ha fatto il Ministero dello Sviluppo Economico.

D: Un errore che si riconosce?

R: L’essermi candidato alla Regione in un momento sbagliato.

D: Ritiene di essersi ormai bruciato quell’opportunità?

R: No, mi ha fatto crescere. Sono contento di averlo fatto. E mi tornerà utile in vista della prossima volta.

D: Il film che la rappresenta?

R: “La ricerca della felicità” di Muccino.

D: La canzone?

R: “A mano a mano di Rino Gaetano”. L’ho sempre usata nella mia campagna elettorale.

D: Ah, quindi lei è uno di quei politici con la “sigla”.

R: (Ride). Spesso ho preferito avere quel brano ai miei comizi.

D: Il libro?

R: “Il piccolo principe”, ma leggo molti libri d’attualità.

D: Fra cent’anni cosa immagina scritto su una targa a suo nome al comune di Latronico?

R: «Ha amato più la sua terra che se stesso».

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POTENZA 30 MAGGIO

TEATRO STABILE (RIDOTTO)

ORE 18,00

Comunicato stampa: presentazione libro su Michele di Potenza

Nella sala degli specchi del Teatro Stabile di Potenza, Domenica 30 maggio, alle ore 18,00 verrà presentato il libro di Walter De Stradis, Lo chiamavano Michele di Potenza, Villani Editore, Potenza, 2021.

Saranno presenti: Stefania D’Ottavio, Assessore alla Cultura, Don Vito Telesca, Vicario Generale Arcidiocesi di Potenza, Flavio Travaglini, studioso di dialettologia, Toni De Giorgi, musicista, Franco Villani editore e Walter De Stradis autore del libro.

Walter De Stradis, nel libro Lo chiamavano Michele di Potenza, ha ricostruito la carriera artistica del cantante Folk potentino molto famoso negli anni Sessanta-Settanta. In realtà, ancora, oggi non c’è festa di S. Gerardo, Santo Patrono di Potenza, in cui non si canti Lu braccial; non c’è festa di matrimonio di sposi lucani in cui non ci si scateni al ritmo di Chi se magnà la zita la prima sera; non c’è sagra di paese in cui non si intoni, a squarciagola, È fuss mort tatt e no lu ciucc. Eppure sono pochi quelli che conoscono la carriera artistica di Michele di Potenza, il cantante, cioè, che ha portato alla ribalta queste canzoni.

Leggere i testi delle canzoni di Michele Potenza vale più di un saggio sulla nostra cultura contadina. Le sue canzoni, infatti, offrono sempre un incisivo spaccato nel quotidiano dei contadini che, fino al 1950, costituivano gran parte della popolazione lucana.

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

 

«Una piccola oasi orientale nella Basilicata sud occidentale», definisce così il suo paese Renato Iannibelli, Sindaco di San Costantino Albanese (Pz) e Presidente della Comunità del Parco Nazionale del Pollino. E’ consapevole di essere dunque il primo cittadino di un comune che consta di poco meno di 700 anime, ma che ha delle notevolissime e peculiari potenzialità turistiche, che torneranno sicuramente utili, alla sua comunità e all’economia regionale, in vista della tanto agognata “ripresa”.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Ho dedicato la mia vita alla mia famiglia e al mio paese. Pur avendo avuto l’opportunità di andare a lavorare fuori, ho deciso di rimanere qui per cercare di fare qualcosa per la mia terra.
D: Oggi (9 maggio –ndr) è stata una bella domenica di cultura: è stato presentato il libro di Antonio Bellusci (“Cultura tradizionale a San Costantino Albanese” – SquiLibri), che era stato il “papàs” del paese una cinquantina d’anni fa. E’ la festa della Madonna, c’è tanta gente, e debbo dire che questa vivacità ci ha sorpreso.
R: La cultura è proprio uno dei punti di ripartenza di questo comune. Noi siamo di origine arbëreshë e abbiamo mantenuto nei secoli gli usi, i costumi, le tradizioni, la lingua e anche il rito greco-bizantino, come accennava lei, con tutta una ritualità particolare, stupenda. Abbiamo dunque delle potenzialità incredibili, grazie a uomini e donne di cultura (fra questi il prof. Nicola Scaldaferri, la dott.ssa Maddalena Scutari) e personaggi importanti come papàs Bellusci. Abbiamo poi tutta una serie di attrattori, come il museo della cultura arbëreshë, quello dell’arte sacra, la casa-parco…L’economia del paese punta molto sul turismo: il nostro territorio vanta ben otto strutture ricettive, tra agriturismi e ristoranti, che prima della Pandemia erano sempre strapieni e occorreva prenotare giorni prima. Il nostro è un paese molto attrattivo: non dimentichiamo “Il Volo dell’Aquila”, realizzato dalla Regione Basilicata e messo in funzione da noi sette anni fa; abbiamo il “Parco Avventura”, uno dei più grandi dell’Italia meridionale. Non voglio esagerare sui numeri, ma l’anno scorso, subito dopo la fase critica della pandemia, qui abbiamo avuto 30mila persone. E poi non c’è soltanto l’estate, ma anche la Madonna della Stella a maggio, e a ottobre puntiamo sul castagneto di proprietà del Comune, di 56 ettari. Nel periodo di Natale c’è poi il presepe in costume arbëreshë, organizzato dalla pro loco...
D: Molte delle cose a cui lei ha accennato finora sono state, inevitabilmente, condizionate dalla pandemia. Com’è cambiata la sua vita di sindaco, e quella dei suoi concittadini, da quando c’è questa emergenza?
R: Certo che il Covid ha inciso tantissimo sulla vita della comunità. Abbiamo avuto due periodi di contagio molto importanti, in autunno con sedici casi e a marzo/aprile con dieci. Debbo dire però che abbiamo saputo reagire subito, con screening in drive-in (col supporto dell’Usco di Senise) che ci ha consentito di avere subito un quadro preciso dei contagi. So che molta gente si è lamentata di come sono state svolte le operazioni da parte della Regione e dell’Asp, ma io devo dire che qui ho avuto tanta collaborazione. C’è stato un impegno incredibile dell’Usco di Senise, pronti a rispondere di notte e di giorno.
D: E in ambito vaccinazioni?
R: Siamo stati uno dei primi paesi a vaccinare gli over 80: siamo riusciti a contattarli tutti, creando un fondo vaccinale qui in Comune, ed è andato tutto per il meglio. Abbiamo poi costituito un piccolo servizio al municipio affinché la gente che non sa usare internet (o non ce l’ha, specie gli anziani), possa prenotarsi.
D: Alcuni suoi colleghi (ed è un po’ il leitmotiv di queste nostre interviste con i sindaci) lamentano problemi di comunicazione e interlocuzione col presidente della Regione, Vito Bardi. Quest’ultimo, forse raccogliendo le sollecitazioni apparse anche sul nostro giornale, ha dichiarato che si appresta a incontrarvi uno per uno, ma molti suoi colleghi lamentano comunque di non averci mai parlato o di non averlo mai conosciuto. E lei?
R: Sinceramente io non ho avuto modo di interagire con lui, ma ho potuto farlo con i componenti della giunta. Con Leone, Cupparo, Fanelli… con loro ho sempre avuto contatti diretti, e mi hanno sempre risposto, anche quando chiamavo in orari non congeniali. Forse sono stato fortunato, ma tutto quel disagio di cui le parla io non l’ho avuto, e qui la questione Covid è stata trattata in maniera ottimale.
D: Si è letto che Bardi avrebbe voluto le dimissioni di Bochicchio, direttore dell’Asp, a seguito di alcune sbavature registratesi in quella prima giornata di vaccinazioni “libere” a Potenza. Alcuni sindaci lucani sono scesi in campo per sostenere lo stesso Bochicchio.
R: Posso ribadire che tutto ha funzionato. Il momento, certo, è complicato e nessuno sapeva nulla di questo Covid; pertanto, anche se delle difficoltà ci sono state, alla fine l’importante è che la macchina abbia tenuto. Quindi io dico: andiamo avanti, cerchiamo di mantenere le persone che hanno saputo lavorare. Le polemiche devono lasciare il tempo che trovano, anche perché a volte strumentalizzano. A mente fredda cerchiamo tutti di ragionare e di continuare a lavorare bene per la comunità.
D: Il suo momento più difficile?
R: E’ stato difficile all’inizio, quando registrammo il primo caso di Covid in paese. C’era tanta paura tra le persone e s’era creato un clima di allarmismo che a volte mi buttava addosso uno sconforto incredibile. Ma alla fine sono state poche le persone che non hanno capito la situazione, e molte di più quelle che mi hanno manifestato la loro stima. Forse si può dire che ne sono uscito più forte dal punto di vista caratteriale. In Comune ci sono stato sempre, dalla mattina alla sera (e tutti i cittadini possono testimoniarlo), a fare tracciamenti, ordinanze, un lavoro “full immersion”. Ma era necessario difendere il paese: all’ingresso abbiamo istituito un punto di controllo, e devo ringraziare tutti quelli che ci hanno dato una mano in questo (la protezione civile, la mia giunta). Siamo stati forse l’unica amministrazione che è andata a Potenza di frequente per prendere, oltre alle derrate alimentari, anche gel, guanti e mascherine. Abbiamo fatto una distribuzione capillare, casa per casa, riuscendo a reperire le mascherine anche quando non se ne trovavano.
D: Sindaco, lei ci sta facendo una delle narrazioni più positive –specie in riferimento ai rapporti con le strutture regionali- che abbiamo registrato finora. Glielo chiedo lo stesso: se potesse prendere Bardi sottobraccio, visto che non l’ha mai conosciuto, cosa gli direbbe?
R: Abbiamo avuto problemi seri, con molte persone che non si sono potute spostare e che hanno avuto problemi “di vicinanza”. Gli direi pertanto di stare più vicino ai sindaci, di conoscere meglio i sindaci, di conoscere le nostre realtà, di stare in mezzo a noi. Ovviamente, Covid permettendo, perché credo che questo sia stato un grosso problema per il governo regionale, che ha impedito di stare vicino ai sindaci e alle amministrazioni locali. Chiedo a Bardi di stare insieme a noi, di capire cosa progettiamo per il futuro, quali sono le vocazioni dei nostri territori. Ci sono dieci, venti “Basilicate”, non una sola: ci sono i territori vocati all’industria, quelli vocati all’agricoltura, al turismo etc. Chiedo pertanto a Bardi e alla sua giunta –anche in vista dei nuovi fondi in arrivo dall’Europa- di scegliere interventi mirati, di calarli sui territori. I sindaci conoscono bene le varie situazioni…
D: …e quindi per il suo comune…
R: …chiederei di puntare sul turismo. Dopo l’incredibile cassa di risonanza ottenuta da Matera, è giunto il tempo di puntare sui piccoli comuni, come il nostro, una piccola oasi orientale nella Basilicata sud occidentale. Mi spiego, uno che viene qui ed entra in chiesa, si chiede: dove sono? In Italia o in Grecia? Queste nostre incredibili potenzialità adesso vanno fatte conoscere all’estero. Io in generale un po’ di fiducia ce l’avrei, anche perché abbiamo assessori regionali che sono ben radicati e il territorio lucano lo conoscono bene. Smettiamola di essere pessimisti e di fare critiche fini a se stesse, ma pensiamo ad andare avanti e costruire. Dal Covid prima o poi usciremo… e insieme riusciremo ad andare avanti.
D: Il film che la rappresenta?
R: “Il Gladiatore”. Lo rivedo spessissimo, tanto che mia moglie ogni volta mi rimbrotta (ride).
D: Il libro?
R: “I tamburi della pioggia”, di Ismail Kadarè, un romanziere albanese.
D: La canzone?
R: “Quella carezza della sera”, dei New Trolls.
D: Immaginiamo che tra cent’anni scoprano una targa a suo nome su in Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
R: «A Renato Iannibelli, per aver creduto nel suo paese».

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