Breaking News

d70e8d9d-5449-40c8-9a80-5795feb13119.jpg

 

di Antonella Sabia

 

 

 

Alla già critica situazione sanitaria che da oltre un anno sta affliggendo il mondo intero, vanno sommati i numeri relativi alla povertà, all’impoverimento e all’accentuazione delle diseguaglianze che ci restituiscono una fotografia amara della pandemia sociale che stiamo affrontando.

Lo confermano i numeri contenuti nel Report 2020 della Caritas Diocesana di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo, presentati negli scorsi giorni durante un incontro che è stato anche l’occasione di confronto tra il governatore Bardi e i sindaci del territorio diocesano. L’effetto dirompente della crisi è testimoniato dall’incremento delle richieste di aiuto pervenute nei Centri di Ascolto della diocesi: il 101,7% in più rispetto allo scorso anno. Molteplici le fragilità totalmente inedite, altrettanto numerose quelle già conosciute: oltre la metà delle persone incontrate non si era mai rivolta alla Caritas (il 51,9%).

Il report parla di vere e proprie “ondate” di bisogni, che in qualche modo hanno viaggiato in parallelo con l’andamento stesso dell’emergenza sanitaria. Le conseguenze della pandemia hanno acuito le fragilità di un territorio già fortemente investito dalla crisi economica, si parla infatti di 2474 famiglie ascoltate e sostenute a vario titolo nel 2020, una molteplicità di storie e caratteristiche, difficilmente rapportabili alla situazione antecedente la pandemia.

In generale, sembrano cambiate drasticamente le caratteristiche socio-anagrafiche delle persone incontrate, viene registrato infatti l’incremento degli uomini che richiedono un sostegno, ad oggi il 52,6%, capovolgendo così la tradizionale “barriera” di reticenza che in passato ha sempre scoraggiato la figura maschile nell’esplicitare una richiesta di sostegno. Basti pensare che fino allo scorso anno i dati della rete delle Caritas raccontavano che, le storie di povertà ed esclusione erano affrontate per lo più dalle donne, uniche figure all’interno del nucleo familiare capaci di reinventarsi con maggiore facilità.

Un altro dato rilevante è l’abbassamento dell’età media: aumentati notevolmente i giovani tra i 25 e i 34 anni (oggi il 10,4%, nel 2019 il 7,4%) e quelli tra i 35 e 44, di fatto la fascia di età maggiormente in sofferenza (dal 19,1% del 2019 al 23,9% del 2020). Sono aumentate inoltre le persone nella fascia d’età 65-74, nuclei familiari che hanno dovuto sostenere economicamente anche i figli in difficoltà a causa della pandemia.

In relazione alla sfera lavorativa, il Report ha portato alla luce una “zona grigia”, che comprende tutte quelle storie di occupazioni intermittenti, in bilico tra precariato e lavoro nero, percorsi lavorativi di sottoccupazione e forme contrattuali inadeguate, che sin dal primo lockdown hanno cessato di garantire un minimo di sopravvivenza a tanti nuclei familiari.

Negli anni passati, anche la scolarizzazione influiva notevolmente sui dati, durante l’emergenza sanitaria, invece, anche un discreto livello di istruzione non ha più rappresentato un fattore di protezione: ad oggi, il 4,8% delle persone ascoltate è laureato, il 27,6% ha conseguito il diploma e la percentuale di persone con la licenza media inferiore è del 56% (crolla rispetto alla media del triennio di circa 15 punti percentuali).

Alle richieste di aiuto, i servizi di distribuzione parrocchiali e i 23 Centri di Ascolto Caritas, hanno risposto distribuendo 17.896 pacchi alimentari (lo scorso anno erano 9.000), hanno fruito di un sostegno alimentare il 93,5% delle persone incontrate. Inoltre, in tutto il 2020 gli accessi al servizio Emporio sono triplicati, testimoniando come la progressione dell’emergenza sociale sul territorio abbia mantenuto livelli elevati.

Con l’avvento della DAD si è dovuto far fronte anche all’iniziale mancanza di dispositivi idonei, il sostegno alle spese familiari per la didattica, ha richiesto quindi lo stanziamento di piccoli fondi dedicati per l’acquisto di materiali e libri di testo.

Con l’obiettivo di potenziare e diversificare le modalità di intervento in risposta alle molteplici fragilità rilevate, a maggio 2020 è stato istituito il Fondo Straordinario “Cantiere di Fraternità”, attivo fino a Dicembre 2020, interamente dedicato alle famiglie colpite dall’emergenza, sostenendo in particolare i lavoratori autonomi (il 48% dei beneficiari) e i nuclei in grave difficoltà economica.

I dati, riportati all’interno del report, rappresentano l’occasione per riflettere sulle sfide e i cambiamenti di questo tempo fatto di incertezze, che talvolta ci impedisce di guardare con serenità al futuro.

A questo proposito, la Caritas Diocesana di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo apre a possibili strade da percorrere, in particolare sarà indispensabile aprire spazi di pensiero per ridisegnare contesti e luoghi di servizio, per trovare così nuovi approdi di accoglienza e relazione. Sarà poi necessario rimettere al centro la comunità e sostenere la partecipazione, reinventando nuove modalità di animazione. L’obiettivo finale è quello di restituire il desiderio di futuro e la capacità di coltivare sogni e progetti per l’intera comunità.

DE_MARIA_E_DE_STRADIS.jpg

 

Clikka sulla foto e guarda il video andato in onda su LUCANIA TV

 

 

 

Il quarantacinquenne sindaco di Latronico, Fausto De Maria, è uno che parla svelto, tanto da dare l’impressione di inseguire i molti pensieri. In questo, il coordinatore provinciale di Italia Viva, pare piuttosto somigliante al suo mentore, Matteo Renzi.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Con questa mia “vocazione” a cercare di darmi da fare per gli altri… sin dai tempi dell’Università, quando rinunciavo a studiare pur di…

D: … rompere le scatole, insomma…

R: No, più che altro sono un tipo convinto delle cose che cerca di fare, anche a rischio di sembrare impopolare.

D: Solitamente viene definito come un “renziano di ferro”. Cosa comporta tutto questo, in un momento in cui proprio su Renzi si dicono e si leggono tante cose…

R: Ero con lui quando Matteo ancora era una “novità” (lo portai io a Latronico, ma anche a Potenza e a Matera); sono rimasto con lui quando tutti gli altri sono saliti sul suo carro; e ancora sono rimasto con Renzi quando da quello stesso carro poi se ne sono scesi. Sempre per convinzione e mai per convenienza. Se dovessi pensare a un mio tornaconto, forse con Renzi oggi non dovrei starci. Ritengo però ancora adesso -al netto di qualche errore che anch’io posso riconoscergli- che sia l’unico che ha qualcosa da dire dal punto di vista politico. Anzi, oggi mi ritrovo ancora di più, rispetto ai tempi del 40%: mi sembra davvero di ricominciare una partita diversa, attraverso qualcosa che non è più il Pd, e che secondo me doveva nascere già nel 2012 (quando Renzi invece scelse di rimanere nel Partito Democratico).

D: Oggi (martedì –ndr), in Consiglio regionale si è presentato un volume speciale dedicato ai Cinquant’anni della Regione Basilicata, e nell’occasione si è parlato molto di Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza – ndr) e di Recovery Fund. In che modo i Comuni dovranno giocarsi questa partita secondo lei? Alcuni suoi colleghi temono si ripeta uno scenario simile a quello delle decisioni e degli accordi sul petrolio.

R: Guardi, i Comuni devono essere coinvolti, ma occorre anche che noi si faccia autocritica, in quanto molto spesso non si sa guardare oltre il proprio confine. Spesso si è convinti che il proprio paese abbia il migliore attrattore possibile, o di essere gli unici ad avere una vera vocazione turistica, artigianale etc.. Oppure si cerca di fare le “copie” di quello che già c’è nel comune vicino. Credo la Regione dovrà avere una visione globale, perché non si può fare tutto e non tutti possono fare tutto; e i Comuni devono dare dei consigli, certo, ma allo scopo di valorizzare la propria, reale unicità: altrimenti rischiamo di perdere una delle opportunità più ghiotte. Sarebbe una guerra dei poveri.

D: A parte il NO ai “campanilismi”, quale deve essere la strategia comune di voi sindaci?

R: La Basilicata ha due grossi problemi. Il primo riguarda le infrastrutture: una volta c’era il progetto della Lauria-Candela, ma nessuno pensa di riprenderlo in mano. Noi abbiamo quattro strade “lungo” i fiumi: la Sinnica, la Bradanica, la Basentana e la Fondovalle dell’Agri: andrebbero unite da una trasversale. Si ovvierebbe al grave deficit rappresentato dall’isolamento di molti dei nostri paesi: io per venire a Potenza ci metto due ore! E andrà a finire che il capoluogo, se non si interviene, se la racconterà da solo…

D: Parlava di DUE grossi problemi.

R: L’altro riguarda i giovani e la loro formazione. Stiamo perdendo generazioni intere. Bisogna concentrarsi sul potenziamento dell’Università.

D: Beh, adesso ci sarà pure Medicina.

R: Ma non è sufficiente! Necessario, ma non sufficiente. Io dico comunque che si è perso un sacco di tempo. Dal canto mio, in accordo con l’Unibas, sto cercando di far iscrivere i nostri ragazzi a Potenza, perché in moltissimi si iscrivono da Roma in su. E lì rimangono, laureatisi o meno. Con un’aggravante, che prima non c’era: i genitori sempre più spesso li raggiungono.

D: Già è in atto la fuga dei giovani, se inizia anche quella degli anziani, la nostra regione è bell’e fottuta.

R: Dopo il danno, la beffa. Stiamo assistendo al più grande spopolamento mai verificatosi.

D: Quindi, prima di “chiedere” è bene che voi sindaci vi mettiate d’accordo su una visione comune.

R: Sì, ma a cosa serve fare la corsa alla piazza o al marciapiede più bello? A niente. Noi dobbiamo dare delle risposte affinché si cerchi di ripopolare le nostre terre. Non a caso a Latronico stiamo recuperando i vecchi immobili…

D: Ho letto di appartamenti in vendita a diecimila euro.

R: Ed è tutto vero. Sono case da ristrutturare, un’iniziativa sulla quale c’è molta curiosità. Ma non solo: abbiamo incentivato il ritorno di alcuni anziani a Latronico –e sono venuti in una decina- con l’idea di non far pagare loro le tasse. Sembra nulla, ma è un segnale di accoglienza.

D: Veniamo alla questione Covid. Qualche giorno fa lei si è reso protagonista di una personale iniziativa: si era prenotato per il vaccino, ma quando si è reso conto che a un suo concittadino, molto più anziano di lei, era stato assegnato un giorno molto più in là del suo, ha rinunciato alla prenotazione…

R: E’ andata così, anche se sono stato accusato nuovamente di esibizionismo. Avevo annunciato sui social di essermi prenotato, per invogliare gli altri a fare lo stesso (era il primo giorno utile per gli over 40); due giorni dopo mi sono dato da fare per prenotare (perché anche questo facciamo, noi sindaci) per un mio concittadino 66enne che aveva avuto problemi particolari, e quando gli hanno fissato quella data, ho capito che dovevo lanciare un segnale, in qualche modo. Il messaggio è che non possiamo affidare tutto a una macchina: ci sono ancora persone a casa, anziane, disabili e in attesa del vaccino. Complimenti a chi ha fatto la Piattaforma, per carità, ma bisognava tenersi libere delle date e del personale medico per gente che ha più bisogno di noi.

D: Come giudica l’operato del sistema regionale in ambito Covid e tenuta sanitaria?

R: Guardi, è molto facile puntare il dito in situazioni come queste. Molte cose si dicono col senno di poi, basta sentire gli scienziati. Diciamo che la Pandemia ci ha fatto capire che in ambito Sanità occorre investire molto seriamente sul territorio. Faccio un esempio: per qualche mese, senza ufficiale sanitario (andato in pensione), ho dovuto fare tutto io, tracciamenti compresi. Non c'è stato il tempo di fare i concorsi, ma non mi sono lamentato e ho agito.

D: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Che esistono sì Potenza e Matera, ma che la Basilicata per il 90% è fatta di piccoli comuni e che bisogna lavorare affinché si recuperi un’identità e si possa infondere la dovuta speranza necessaria a investire ancora sui propri territori di appartenenza.

D: Ma lei Bardi lo ha mai incontrato?

R: Qualche volta, così, di sfuggita.

D: Ma non ritiene che questa possa essere già di per sé una mancanza?

R: Devo essere onesto: non gli ho mai chiesto un appuntamento. Non ne sentivo la necessità. Ho spesso interloquito con gli assessori. Di recente lui ha inviato una lettera ai sindaci, e io gli ho comunicato che sono disponibile a incontrarlo.

D: Uno dei temi emersi in queste interviste con i sindaci lucani è una certa difficoltà a “connettersi” col Palazzo. C’è chi ha lamentato di dover leggere le Ordinanze sui giornali, prima di riceverle ufficialmente.

R: Questo sì, è capitato. Ma non è questo il punto in una situazione di emergenza. Io fui lesto ad attaccare Bardi in occasione della sua primissima ordinanza in ambito Covid, ricorda? Ma poi i fatti gli hanno dato ragione. Pertanto io chiederei a Bardi di lavorare SULLA Basilicata in quanto tale: ci vogliono bandi, chiarezza negli stessi, opportunità…io sono abituato a lavorare così, e non mi riferisco al singolo comune. Occorre fare rete, altrimenti non ne usciamo.

D: Esiste dunque un certo “primadonnismo” fra alcuni suoi colleghi sindaci?

R: Ma c’è sempre stato. Anch’io vengo accusato di questo. Il problema è che a volte si è pensato più alle proprie ambizioni che alla propria terra.

D: Il suo momento più difficile?

R: Quando, a fine ottobre, dovetti chiudere Latronico, scuole comprese, prima di tutti, e prima delle varie zone colorate. Salvai forse il mio paese. Oggi è la cosa che i cittadini mi riconoscono di più.

D: Quale sarà la “ripartenza” di Latronico?

R: Per noi è il momento della raccolta. Negli ultimi anni abbiamo puntato molto sulle nostre potenzialità, come le terme (recentemente passate dalla Regione al Comune). Un privato ha acquistato degli alberghi e sta investendo. E’ stato siglato un contratto di sviluppo e la Regione ha cofinanziato, e lo stesso ha fatto il Ministero dello Sviluppo Economico.

D: Un errore che si riconosce?

R: L’essermi candidato alla Regione in un momento sbagliato.

D: Ritiene di essersi ormai bruciato quell’opportunità?

R: No, mi ha fatto crescere. Sono contento di averlo fatto. E mi tornerà utile in vista della prossima volta.

D: Il film che la rappresenta?

R: “La ricerca della felicità” di Muccino.

D: La canzone?

R: “A mano a mano di Rino Gaetano”. L’ho sempre usata nella mia campagna elettorale.

D: Ah, quindi lei è uno di quei politici con la “sigla”.

R: (Ride). Spesso ho preferito avere quel brano ai miei comizi.

D: Il libro?

R: “Il piccolo principe”, ma leggo molti libri d’attualità.

D: Fra cent’anni cosa immagina scritto su una targa a suo nome al comune di Latronico?

R: «Ha amato più la sua terra che se stesso».

libro_michele_di_potenza.jpg

 

 

 

 

 

POTENZA 30 MAGGIO

TEATRO STABILE (RIDOTTO)

ORE 18,00

Comunicato stampa: presentazione libro su Michele di Potenza

Nella sala degli specchi del Teatro Stabile di Potenza, Domenica 30 maggio, alle ore 18,00 verrà presentato il libro di Walter De Stradis, Lo chiamavano Michele di Potenza, Villani Editore, Potenza, 2021.

Saranno presenti: Stefania D’Ottavio, Assessore alla Cultura, Don Vito Telesca, Vicario Generale Arcidiocesi di Potenza, Flavio Travaglini, studioso di dialettologia, Toni De Giorgi, musicista, Franco Villani editore e Walter De Stradis autore del libro.

Walter De Stradis, nel libro Lo chiamavano Michele di Potenza, ha ricostruito la carriera artistica del cantante Folk potentino molto famoso negli anni Sessanta-Settanta. In realtà, ancora, oggi non c’è festa di S. Gerardo, Santo Patrono di Potenza, in cui non si canti Lu braccial; non c’è festa di matrimonio di sposi lucani in cui non ci si scateni al ritmo di Chi se magnà la zita la prima sera; non c’è sagra di paese in cui non si intoni, a squarciagola, È fuss mort tatt e no lu ciucc. Eppure sono pochi quelli che conoscono la carriera artistica di Michele di Potenza, il cantante, cioè, che ha portato alla ribalta queste canzoni.

Leggere i testi delle canzoni di Michele Potenza vale più di un saggio sulla nostra cultura contadina. Le sue canzoni, infatti, offrono sempre un incisivo spaccato nel quotidiano dei contadini che, fino al 1950, costituivano gran parte della popolazione lucana.

 

 

 

 

de_stradis_e_iannibelli.jpg

 Clikka sulla foto e guarda il video andato in onda su LUCANIA TV

 

 

di Walter De Stradis

 

 

«Una piccola oasi orientale nella Basilicata sud occidentale», definisce così il suo paese Renato Iannibelli, Sindaco di San Costantino Albanese (Pz) e Presidente della Comunità del Parco Nazionale del Pollino. E’ consapevole di essere dunque il primo cittadino di un comune che consta di poco meno di 700 anime, ma che ha delle notevolissime e peculiari potenzialità turistiche, che torneranno sicuramente utili, alla sua comunità e all’economia regionale, in vista della tanto agognata “ripresa”.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Ho dedicato la mia vita alla mia famiglia e al mio paese. Pur avendo avuto l’opportunità di andare a lavorare fuori, ho deciso di rimanere qui per cercare di fare qualcosa per la mia terra.
D: Oggi (9 maggio –ndr) è stata una bella domenica di cultura: è stato presentato il libro di Antonio Bellusci (“Cultura tradizionale a San Costantino Albanese” – SquiLibri), che era stato il “papàs” del paese una cinquantina d’anni fa. E’ la festa della Madonna, c’è tanta gente, e debbo dire che questa vivacità ci ha sorpreso.
R: La cultura è proprio uno dei punti di ripartenza di questo comune. Noi siamo di origine arbëreshë e abbiamo mantenuto nei secoli gli usi, i costumi, le tradizioni, la lingua e anche il rito greco-bizantino, come accennava lei, con tutta una ritualità particolare, stupenda. Abbiamo dunque delle potenzialità incredibili, grazie a uomini e donne di cultura (fra questi il prof. Nicola Scaldaferri, la dott.ssa Maddalena Scutari) e personaggi importanti come papàs Bellusci. Abbiamo poi tutta una serie di attrattori, come il museo della cultura arbëreshë, quello dell’arte sacra, la casa-parco…L’economia del paese punta molto sul turismo: il nostro territorio vanta ben otto strutture ricettive, tra agriturismi e ristoranti, che prima della Pandemia erano sempre strapieni e occorreva prenotare giorni prima. Il nostro è un paese molto attrattivo: non dimentichiamo “Il Volo dell’Aquila”, realizzato dalla Regione Basilicata e messo in funzione da noi sette anni fa; abbiamo il “Parco Avventura”, uno dei più grandi dell’Italia meridionale. Non voglio esagerare sui numeri, ma l’anno scorso, subito dopo la fase critica della pandemia, qui abbiamo avuto 30mila persone. E poi non c’è soltanto l’estate, ma anche la Madonna della Stella a maggio, e a ottobre puntiamo sul castagneto di proprietà del Comune, di 56 ettari. Nel periodo di Natale c’è poi il presepe in costume arbëreshë, organizzato dalla pro loco...
D: Molte delle cose a cui lei ha accennato finora sono state, inevitabilmente, condizionate dalla pandemia. Com’è cambiata la sua vita di sindaco, e quella dei suoi concittadini, da quando c’è questa emergenza?
R: Certo che il Covid ha inciso tantissimo sulla vita della comunità. Abbiamo avuto due periodi di contagio molto importanti, in autunno con sedici casi e a marzo/aprile con dieci. Debbo dire però che abbiamo saputo reagire subito, con screening in drive-in (col supporto dell’Usco di Senise) che ci ha consentito di avere subito un quadro preciso dei contagi. So che molta gente si è lamentata di come sono state svolte le operazioni da parte della Regione e dell’Asp, ma io devo dire che qui ho avuto tanta collaborazione. C’è stato un impegno incredibile dell’Usco di Senise, pronti a rispondere di notte e di giorno.
D: E in ambito vaccinazioni?
R: Siamo stati uno dei primi paesi a vaccinare gli over 80: siamo riusciti a contattarli tutti, creando un fondo vaccinale qui in Comune, ed è andato tutto per il meglio. Abbiamo poi costituito un piccolo servizio al municipio affinché la gente che non sa usare internet (o non ce l’ha, specie gli anziani), possa prenotarsi.
D: Alcuni suoi colleghi (ed è un po’ il leitmotiv di queste nostre interviste con i sindaci) lamentano problemi di comunicazione e interlocuzione col presidente della Regione, Vito Bardi. Quest’ultimo, forse raccogliendo le sollecitazioni apparse anche sul nostro giornale, ha dichiarato che si appresta a incontrarvi uno per uno, ma molti suoi colleghi lamentano comunque di non averci mai parlato o di non averlo mai conosciuto. E lei?
R: Sinceramente io non ho avuto modo di interagire con lui, ma ho potuto farlo con i componenti della giunta. Con Leone, Cupparo, Fanelli… con loro ho sempre avuto contatti diretti, e mi hanno sempre risposto, anche quando chiamavo in orari non congeniali. Forse sono stato fortunato, ma tutto quel disagio di cui le parla io non l’ho avuto, e qui la questione Covid è stata trattata in maniera ottimale.
D: Si è letto che Bardi avrebbe voluto le dimissioni di Bochicchio, direttore dell’Asp, a seguito di alcune sbavature registratesi in quella prima giornata di vaccinazioni “libere” a Potenza. Alcuni sindaci lucani sono scesi in campo per sostenere lo stesso Bochicchio.
R: Posso ribadire che tutto ha funzionato. Il momento, certo, è complicato e nessuno sapeva nulla di questo Covid; pertanto, anche se delle difficoltà ci sono state, alla fine l’importante è che la macchina abbia tenuto. Quindi io dico: andiamo avanti, cerchiamo di mantenere le persone che hanno saputo lavorare. Le polemiche devono lasciare il tempo che trovano, anche perché a volte strumentalizzano. A mente fredda cerchiamo tutti di ragionare e di continuare a lavorare bene per la comunità.
D: Il suo momento più difficile?
R: E’ stato difficile all’inizio, quando registrammo il primo caso di Covid in paese. C’era tanta paura tra le persone e s’era creato un clima di allarmismo che a volte mi buttava addosso uno sconforto incredibile. Ma alla fine sono state poche le persone che non hanno capito la situazione, e molte di più quelle che mi hanno manifestato la loro stima. Forse si può dire che ne sono uscito più forte dal punto di vista caratteriale. In Comune ci sono stato sempre, dalla mattina alla sera (e tutti i cittadini possono testimoniarlo), a fare tracciamenti, ordinanze, un lavoro “full immersion”. Ma era necessario difendere il paese: all’ingresso abbiamo istituito un punto di controllo, e devo ringraziare tutti quelli che ci hanno dato una mano in questo (la protezione civile, la mia giunta). Siamo stati forse l’unica amministrazione che è andata a Potenza di frequente per prendere, oltre alle derrate alimentari, anche gel, guanti e mascherine. Abbiamo fatto una distribuzione capillare, casa per casa, riuscendo a reperire le mascherine anche quando non se ne trovavano.
D: Sindaco, lei ci sta facendo una delle narrazioni più positive –specie in riferimento ai rapporti con le strutture regionali- che abbiamo registrato finora. Glielo chiedo lo stesso: se potesse prendere Bardi sottobraccio, visto che non l’ha mai conosciuto, cosa gli direbbe?
R: Abbiamo avuto problemi seri, con molte persone che non si sono potute spostare e che hanno avuto problemi “di vicinanza”. Gli direi pertanto di stare più vicino ai sindaci, di conoscere meglio i sindaci, di conoscere le nostre realtà, di stare in mezzo a noi. Ovviamente, Covid permettendo, perché credo che questo sia stato un grosso problema per il governo regionale, che ha impedito di stare vicino ai sindaci e alle amministrazioni locali. Chiedo a Bardi di stare insieme a noi, di capire cosa progettiamo per il futuro, quali sono le vocazioni dei nostri territori. Ci sono dieci, venti “Basilicate”, non una sola: ci sono i territori vocati all’industria, quelli vocati all’agricoltura, al turismo etc. Chiedo pertanto a Bardi e alla sua giunta –anche in vista dei nuovi fondi in arrivo dall’Europa- di scegliere interventi mirati, di calarli sui territori. I sindaci conoscono bene le varie situazioni…
D: …e quindi per il suo comune…
R: …chiederei di puntare sul turismo. Dopo l’incredibile cassa di risonanza ottenuta da Matera, è giunto il tempo di puntare sui piccoli comuni, come il nostro, una piccola oasi orientale nella Basilicata sud occidentale. Mi spiego, uno che viene qui ed entra in chiesa, si chiede: dove sono? In Italia o in Grecia? Queste nostre incredibili potenzialità adesso vanno fatte conoscere all’estero. Io in generale un po’ di fiducia ce l’avrei, anche perché abbiamo assessori regionali che sono ben radicati e il territorio lucano lo conoscono bene. Smettiamola di essere pessimisti e di fare critiche fini a se stesse, ma pensiamo ad andare avanti e costruire. Dal Covid prima o poi usciremo… e insieme riusciremo ad andare avanti.
D: Il film che la rappresenta?
R: “Il Gladiatore”. Lo rivedo spessissimo, tanto che mia moglie ogni volta mi rimbrotta (ride).
D: Il libro?
R: “I tamburi della pioggia”, di Ismail Kadarè, un romanziere albanese.
D: La canzone?
R: “Quella carezza della sera”, dei New Trolls.
D: Immaginiamo che tra cent’anni scoprano una targa a suo nome su in Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
R: «A Renato Iannibelli, per aver creduto nel suo paese».

Potenzasg_1485.jpg

 

 

di Antonella Sabia

 

Alzi la mano chi in questi giorni non è stato improvvisamente assalito dalla nostalgia. È maggio, il mese di San Gerardo, e ante covid, in questi giorni avrebbero preso il via diverse iniziative alla riscoperta delle tradizioni e della cultura potentina. Giorni di festa che culminavano nella Storica Parata dei Turchi tra le vie della città, diventate da anni teatro di una rievocazione storica che attira gente da tutta la provincia. Ovviamente a causa della pandemia ancora in corso, per il secondo anno Potenza dovrà rinunciare alla sua festa ma si svolgeranno una serie di “eventi talmente ben strutturati, spettacolari, e con un impatto così notevole, che non vanno considerati alternativi alla Parata, ma come una madre da cui generare eventi, che produrranno altri eventi per tutto l'anno”, stando alle parole dell'assessore D'Ottavio, durante una conferenza che si è tenuta negli scorsi giorni.

A dare un contributo sostanziale alla festa di San Gerardo, c'è l'associazione dei Portatori del Santo, che oltre a prendere parte alla Parata, portando a spalla il tempietto del Santo Patrono, organizzava il famoso Pranzo dei Portatori e, nei tre giorni antecedenti la festa, momenti di aggregazione sotto il nome della tradizione potentina, dalla musica, all'enogastronomia. Che aria si respira in queste settimane? Lo abbiamo chiesto a Gennaro Favale, presidente dell'associazione.

D: Cosa c'è in programma per questa seconda festa patronale ai tempi del Covid?

R: Siamo ancora in attesa di avere delle autorizzazioni per qualche iniziativa, ma sicuramente porteremo il tempietto in un luogo centrale della città, presumibilmente in via Pretoria, per consentire a tutti i potentini perlomeno di fare una preghiera a San Gerardo. Sarà uno spazio di grandi dimensioni per consentire anche il rispetto di tutte le regole e norme anti covid. Stiamo condividendo le idee con le altre associazioni e l'amministrazione, soprattutto per evitare che si possano creare assembramenti, tutto questo necessita di un coordinamento tra polizia municipale e prefetto.

D: Ci saranno altre iniziative targate “Portatori del Santo”?

R: Con le dovute correzioni, l’iniziativa de “I Portatori a scuola” non si è mai fermata. Abbiamo continuato a raccontare ai nostri bambini la storia legata alla Parata dei Turchi, e continuiamo a mettere in scena il teatro dei burattini nelle scuole che danno la loro disponibilità. Saremo all’Istituto Canossiane con il teatrino nella prossima settimana, mentre in altre scuole del capoluogo siamo entrati in modalità digitale. Abbiamo organizzato inoltre il contest dei disegni legati alla Parata, al quale possono partecipare non solo le scuole e gli alunni ma qualsiasi cittadino.

D: Cosa manca di più della festa?

R: Tutto, ovviamente. Durante la festa di San Gerardo si ritrova la città dopo che si è attraversato il periodo invernale, è il momento di guardare oltre, il momento della convivialità, atteso e necessario per i potentini, al di là degli aspetti storici e religiosi. Non viverlo per due anni consecutivi pesa a tutti, senza distinzione di età, di classe sociale, è un momento in cui vivere la “potentinità” in maniera spontanea, allegra e gioiosa, sempre nel rispetto delle tradizioni. Ovviamente tutto questo non può essere sostituito in nessun modo, e da alcuna forma mediatica o digitale.

D: Come si riaccenderà Potenza dopo il Covid?

R: È difficile da prevedere, la voglia di ritrovarsi è tanta, di recuperare tutto il tempo perduto e quelle situazioni che non abbiamo potuto vivere in questi anni. È altrettanto vero che le preoccupazioni ci sono, c’è una ritrosia nel ritrovarsi nei luoghi comuni, oggi appare una cosa talmente vecchia, sembra siano passati cinquant’anni dall’ultima volta che in piazza, si ballava e ci si abbracciava. Sarà sicuramente particolare, ma bello, non vediamo l’ora...speriamo il prossimo anno.

D: Stiamo vivendo una pandemia, bisogna rispettare le regole, ma le amministrazioni comunali e regionali avrebbero potuto fare di più?

R: Per quanto riguarda le amministrazioni non so che cosa si poteva o si può fare. Le nostre iniziative coinvolgono in primo luogo i cittadini in certe modalità e certe forme, quindi stare insieme, ballare, divertirsi e vivere momenti di convivialità, che non sono replicabili in altro modo e oggi sarebbe impossibile fare. Sono dell’idea che non si può trovare una via di mezzo, perciò fino a quando non si potrà tornare tutti, senza distinzione, con le nostre modalità e nel rispetto della nostra storia, non si fa e amen. Non si può pensare di organizzare una festa a distanza, o di organizzarla per poche persone, lo stesso vale per i concerti, lo stadio. Gli eventi online sono dei palliativi, non si può replicare una festa popolare. Esporre i simboli è un modo semplicemente per non far passare inosservato un periodo così importante per la nostra città.

D: Lo scorso editoriale di Controsenso parlava di San Gerardo “rottamato” da San Gennaro, che dice a proposito?

R: La provocazione è sicuramente molto simpatica, io sono una persona che non si tiene niente dentro, a prescindere che sia destra-sinistra, sopra-sotto, non guardo in faccia a nessuno. Durante il periodo di San Gerardo però mi “auto congelo” per evitare che una festa che coinvolge tutti, possa essere utilizzata per fini politici.

D: Quale miracolo spera che San Gerardo possa fare per la città?

R: Eh beh, sicuramente di far ritornare la vita come era prima. È la cosa più importante, ritrovare la felicità e la voglia di stare insieme senza il timore di condividere dei momenti, se ci pensiamo è la cosa più bella della vita... e se possibile, pure la serie B del Potenza!

Ivana_Pipponzi_IGV.jpg

 

 

“Apprendo che il prossimo 26 maggio l'Azienda Sanitaria di Matera riprenderà l'erogazione dei percorsi volti a garantire il diritto della donna all'interruzione volontaria di gravidanza”. Lo dichiara la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi.

“Invero, - prosegue - dal febbraio scorso, le donne materane e della provincia erano obbligate a recarsi presso l’Azienda sanitaria potentina ovvero in Puglia per usufruire di tale prestazione. Per questo motivo il servizio di IVG è stato riattivato e sarà garantito con cadenza quindicinale presso l'Ospedale Madonna delle Grazie di Matera.

“Fermo restando il valore della vita che va tutelata, - sottolinea Pipponzi - si saluta con favore la riapertura del servizio considerato che lo Stato italiano è laico e deve garantire a tutte e tutti i diritti, così come previsti dalla normativa vigente”.

“Auspico che lo Stato italiano, attraverso le Istituzioni preposte, - conclude Pipponzi - supporti le donne attraverso la costruzione di percorsi di assistenza e sostegno ad una autentica e libera autodeterminazione, che è inficiata ogni qualvolta la donna è costretta ad abortire per motivi meramente economici”.

 

anziani_potenza.jpg

 

 

 

di Antonella Sabia

 

Si sarebbe dovuta inaugurare questa settimana la nuova sede dell’ADA Potenza, Associazione dei Diritti degli Anziani, ma si è ritenuto doveroso rimandarla a causa della scomparsa di Rocco Marchetto, dirigente e volontario dell’associazione, un vero punto di riferimento per tutti i soci che si sono stretti intorno alla famiglia in un fortissimo abbraccio. L'ADA Potenza è stata costituita nel 2006 come ADA Basilicata, e nell'aprile 2019, adeguando lo statuto alla riforma del terzo settore e al nuovo regolamento dell'ADA nazionale (che prevede raggruppamenti non più regionali, ma provinciali), ha modificato la sua denominazione in ADA di Potenza odv. L'attuale presidente è Oreste Mario Capece, che abbiamo contattato e ci ha fatto conoscere l'associazione.

D: Con quale scopo nasce e quanti soci conta oggi?

R: L'ADA si occupa della tutela dei diritti dell’anzianità e promuove l’invecchiamento attivo attraverso una serie di attività. Ad oggi contiamo circa 500 soci, tra ordinari e volontari.

D: Quali sono le principali attività che vengono svolte?

R: Si effettuano corsi di formazione rivolti soprattutto ai volontari, mentre le altre attività sono aperte a tutti. Con il contributo di Poste Italiane, abbiamo organizzato in passato un corso di informatica per ultra sessantenni, abbiamo laboratori creativi e ci siamo proposti di organizzare presto anche dei corsi di lingua. Abbiamo fatto poi un percorso di conoscenza del territorio regionale seguito dalla nostra vice presidente che è anche una guida turistica. Questo percorso ha avuto inizio nel 2014 visitando tanti borghi della Basilicata, tra questi Venosa, Maratea, Lavello, San Costantino Albanese, Pietrapertosa e Castelmezzano, e anche la città di Matera. Avevamo inoltre cominciato anche con la scoperta della città di Potenza e proseguiremo con un nuovo progetto non appena sarà possibile.

D: Con l’avvento del Covid, avete ricevuto da parte dei soci richieste di aiuto e sostegno?

R: Inizialmente abbiamo creato una chat dei volontari, circa una trentina, in cui sono presenti pochi quarantenni e la maggior parte sono tutti ultra sessantacinquenni. Il nostro stare insieme era molto sentito, conosciamo personalmente i nostri soci e di conseguenza conoscevamo tutte le criticità di ognuno già prima della pandemia, soprattutto per chi vive da solo. Abbiamo quindi monitorato le situazioni più gravi e difficili, e nella prima fase abbiamo fatto da tramite con la Protezione Civile, per spesa o medicinali, perché purtroppo non abbiamo potuto agire in prima persona, non era opportuno proprio perché i nostri soci facevano parte delle categorie più fragili poiché ultra sessantacinquenni, soprattutto in una prima fase in cui non vi erano sufficienti mezzi di protezione.

D: Presto verrà inaugurata la nuova sede, prima dove svolgevate le vostre attività?

R: Avevamo un piccolo spazio negli uffici della UIL Pensionati, mentre le attività venivano svolte all’interno degli spazi del Centro Servizi Volontariato, in maniera gratuita, ma con la limitazione di orari e date da concordare volta per volta. Adesso faremo tutto nella nuova sede, sita in via Tirreno, che è stata ristrutturata dai nostri volontari, alcuni hanno imbiancato, altri hanno rifatto il pavimento, si sono dati da fare in prima persona anche per le pulizie. Auspichiamo pian piano di poter ridare dignità ad un luogo che quando ci è stato assegnato dall’Ater, abbiamo trovato in stato di totale degrado e abbandono.

D: Molto spesso gli anziani si sentono un peso per le famiglie, che ruolo rappresentano per la società?

R: Sono una risorsa. Prima di questa crisi pandemica ne abbiamo attraversato un’altra economica diversi anni fa, e i nostri anziani hanno rappresentato il bancomat delle famiglie, inoltre qui al Sud in particolare, sono anche nonni babysitter e rappresentano un grosso sostegno sociale. Molti dei nostri soci vivono da soli, ma l’anziano che si integra in un’associazione rinasce, ringiovanisce e si riattacca alla vita, scopre di avere ancora un valore e di avere ancora tanto da dare.

D: È anche questo il ruolo della vostra associazione?

R: Più in generale delle associazioni che promuovono in maniera reale l’invecchiamento attivo e sono un grosso contributo per l’anziano, che viene impegnato nei laboratori creativi, che partecipa alle feste e si crea una rete nuova di amicizie. Lo abbiamo toccato con mano nella nostra associazione, qui si sentono parte attiva di una comunità, e vale sia per i settantenni, ma anche per i novantenni.

de_stradis_e_rubino.jpg

 

 

 

di Walter De Stradis

 

Il suo comune, Moliterno (Pz), è stato la prima zona rossa. Quel tipo di eventi che difficilmente si scordano. Sei mesi dopo, Antonio Rubino, un giovane trentatreenne del posto, di professione archivista, ne è diventato il nuovo sindaco. Si era tutti nella “tregua” concessa dalla Pandemia, ma pochi mesi dopo le fauci del baratro si sono riaperte peggio di prima. E oggi quel giovane si ritrova sulle spalle una di quelle responsabilità che in politica non si augurano a nessuno. Unica “consolazione”? In tutta la Basilicata è così.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Sono cattolico, e rintraccio soprattutto in questo la mia missione. Oggi sono al servizio della mia comunità, ed è un’importante parte di quella missione stessa.

D: Lei di professione è archivista: spulciando negli archivi, quale tipo di documento le piacerebbe trovare, un domani, sulla Basilicata?

R: Bella domanda. Direi un documento che testimonia che questa non è la regione del silenzio, o dell’abbandono, come qualcuno dice ancora. In Basilicata invece è possibile l’innovazione, una sfida nuova.

D: Però è stato eletto a settembre scorso e quindi credo che finora la sua maggiore occupazione sia stata il Covid e tutto ciò che esso comporta...

R: E’ vero, da settembre non c’è stata un’ora di amministrazione che non abbia fatto i conti con l’emergenza sanitaria. E qui nasce un paradosso: perché in questo modo lo “straordinario” diventa “ordinario” e comunque tutte le altre incombenze “normali” rimangono. In tutto questo però occorre riuscire, come dice lei, a tenere un orizzonte. Noi rivendichiamo la grandissima tradizione culturale che è universalmente riconosciuta a Moliterno e su quello dovremmo basare un discorso. Abbiamo approvato importanti investimenti, per i prossimi tre anni, che guardano alla nostra come a una città turistica, una città della cultura. Moliterno ha sette musei e vogliamo valorizzarli, ha risorse naturalistiche importanti. Vorremmo incentivare nuovi investimenti, invitando -residenti e non- a scommettere sulle opportunità che offriamo. Un orizzonte che può intercettare anche le nuove risorse che vengono dall’Europa.

D: Su tutto, però, incombe appunto il Covid. E Moliterno ha passato momenti difficili. Tutti guardiamo con fiducia alla campagna di vaccinazioni in atto, ma lei come giudica l’operato della Regione Basilicata?

R: Noi siamo stati la prima zona rossa in Basilicata, e analizzare quella situazione col senno di poi ci dice anche qualcosa sul presente. All’epoca si era impreparati, oggi, a distanza di diversi mesi, non si può più improvvisare. E c’è una questione che nell’emergenza diviene sostanza: la comunicazione. Prenda la questione circa la possibilità di vaccinare gli accompagnatori non residenti degli ultra-fragili...

D: Il Presidente ha annunciato la caccia “ai furbetti”...

R:...diciamola tutta: se la comunicazione iniziale fa percepire alla popolazione che c’è la possibilità di vaccinarsi, beh, è normale che la risposta sia quella di andare a vaccinare quante più persone possibile. Chiamare “furbetti”, il giorno dopo, quelli che in una comunicazione sono stati individuati come potenzialmente vaccinabili, è qualcosa che non va bene. Atti e auto-dichiarazioni andranno letti e approfonditi, certo, ma in una situazione del genere la comunicazione deve essere ai primi punti della gestione della crisi. Credo che in questo la Regione debba rivedere il suo modo di agire. Come sindaci viviamo e conosciamo giorno per giorno le difficoltà: abbiamo organizzato sul territorio la vaccinazione degli over 80. A Moliterno ne abbiamo vaccinato il 97/98% (al 4 maggio scorso – ndr) e li abbiamo chiamati uno per uno. Le amministrazioni locali hanno questa capacità, quindi facessero più affidamento su di noi: il che non vuol dire, attenzione, scaricare le responsabilità, ma creare sussidiarietà su questi servizi. Invece spesso si danno direttive e ci si aspetta che gli altri facciano tutto. Oppure addirittura ci si affida a una certa “anarchia”.

D: Ma lei Bardi l’ha mai incontrato?

R: Solamente al telefono. La prima volta è stata quando, appena eletto, ho ricevuto i suoi auguri, graditissimi. Poi ho ricevuto un’altra telefonata, a seguito di un aumento dei contagi, in vista di un’eventuale zona rossa. Guardi, non è che lui si neghi ai sindaci o alla collaborazione, però vediamo che in effetti c’è una certa distanza -perlomeno da una parte della politica regionale- rispetto ai problemi che si vivono sui territori.

D: Alcuni suoi colleghi lamentavano di dover leggere le Ordinanze sui giornali; altri criticavano la non tempestività circa le direttive sulla chiusura delle scuole.

R: Anche noi, sulle scuole, veniamo a sapere le decisioni all’ultimo secondo. E pensare che qui ogni giorno organizziamo la vigilanza sui trasporti, le sanificazioni, rispettiamo i protocolli... e poi, quando c’è qualche contagio, pur applicando quei protocolli, scopriamo che dovremmo sentirci con la Task Force. Che spesso non risponde. In queste ore è difficile mettersi in contatto quando c’è una qualche emergenza; grazie a Dio abbiamo delle strutture sul territorio, come l’Igiene e Sanità Pubblica di Villa D’Agri, con cui spesso riusciamo a interfacciarci, ma tenere un filo diretto con le strutture che devono gestire l’emergenza non è così facile.

D: Un giovane sindaco come lei, Giordano di Vietri di Potenza, proponeva l’affido diretto dei vaccini ai primi cittadini, almeno per quanto riguarda i piccoli comuni.

R: Nel concreto sono d’accordo, sarebbe un’ottima iniziativa, ma per principio dovrei dire il contrario, perché non spetterebbe a noi organizzare questa fase. Si può collaborare -e se affidassero a noi in quel modo le vaccinazioni saremmo sicuramente in grado di mettere in campo una macchina organizzativa che può funzionare- ma la faccio riflettere su un’altra cosa: quali sono le strutture che un Comune ha a disposizione? Su questo abbiamo lavorato noi, i nostri uffici, che già sono sommersi di lavoro. E allora in queste ore si rende necessaria una seria riflessione sugli “enti locali”, e quando si parla di “piccoli comuni” occorre tenere a mente che la Basilicata E’ FATTA di “piccoli comuni”.

D: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Vista la sua esperienza, gli consiglierei di farsi un giro paese per paese. Si parla tanto di “didattica a distanza”, ma io vorrei portare il Governatore presso alcune abitazioni a mille metri d’altezza, nelle aree rurali di Moliterno, dove già alle quattro del pomeriggio ci sono diversi problemi. Beh, lì sì che si percepisce che, per affrontare le questioni dei territori, non basta soltanto una comunicazione “da Potenza”.

D: Veniamo alla questione petrolio. Da poco è stato rinnovato l’accordo con le compagnie per la Val D’Agri e la maggioranza regionale esulta, parlando di successi e di fondi “sette volte tanto” rispetto a prima. Quindi, come si dice... “Tutto bene, madama la marchesa”?

R: Quando si parla di petrolio in Val D’Agri, non vi assocerei mai la semplificazione che vedo in queste ore. Rispetto agli ultimi annunci, poi, io faccio proprio fatica a capire. Sicuramente saremo messi al corrente di questi “importanti obiettivi raggiunti”. Ma devo dire che sono anche contrario a quella narrazione secondo la quale “non abbiamo mai avuto niente dal petrolio”. Non è così. So benissimo quanti servizi sono garantiti o potenziati grazie alle royalties petrolifere, quante opere sul territorio (e quale risposta occupazionale) sono legate a quelle attività. Ma c’è un punto sul quale riflettere: il petrolio non dura per sempre, ma intanto in questi anni ha destabilizzato il tessuto produttivo di quest’area (l’artigiano ha preferito puntare all’impiego al Centro Oli, piuttosto che provare a investire); pertanto quelle risorse servono sul territorio per ricreare opportunità d’investimento FUORI dal petrolio. Mi sembra però che su questo ci sia una buona intuizione dell’assessore Cupparo e che si stia iniziando a ragionare con i sindaci del P.O. Val D’Agri. E mi compiaccio. Di recente c’è stata un’iniziativa utile del consigliere Aliandro della Lega (pur non essendo vicino alle sue posizioni politiche), con la quale si dice per la prima volta che i comuni “adiacenti” ai pozzi petroliferi possono anch’essi ricevere delle royalties, per poter fronteggiare alcune emergenze, come l’efficientamento energetico degli edifici. Un’ottima iniziativa di solidarietà per quei comuni che il problema petrolio ce l’hanno da anni (se ci affacciamo da qui vediamo il Centro Oli), ma che tuttavia non hanno un pozzo nel proprio territorio.

D: E delle tanto discusse iniziative del presidente del consiglio regionale Cicala cosa pensa?

R: Penso che sul tema petrolio ci debba essere sempre un coinvolgimento di chi vive in quei territori. L’iniziativa di Cicala aveva forse il limite di arrivare in consiglio regionale senza essere stata ampiamente discussa prima.

D: Torniamo al discorso “ripresa”. Lei diceva di voler puntare molto sul settore culturale e Moliterno, tra l’altro, in ambito musicale vanta grossi artisti, penso a Graziano Accinni o a Raffaele Tedesco...Ma proprio in questi giorni c’è stata la protesta degli operatori dello spettacolo che si sentono alla canna del gas e che guardano con speranza all’estate...

R: Stiamo già provando a programmare qualche evento estivo; abbiamo aderito al “Maggio dei Libri” e vorremmo provare a puntare a un format nuovo in quest’ambito. Abbiamo un festival dedicato ai gruppi folk internazionali e sogniamo di poterlo realizzare, così come la sagra del canestrato Igp, una nostra grandissima risorsa. Però è un momento ancora di incertezza. E in effetti questo invito generalizzato a “stare a casa”, se penso agli artisti dello spettacolo, ha creato delle disuguaglianze nel nostro Paese.

D: La canzone che la rappresenta?

R: “Il testamento di Tito” di Fabrizio De Andrè.

D: Il libro?

R: “1984” di George Orwell. In questi giorni andrebbe riletto.

D: Il film?

R: “Ricomincio da Tre” di Massimo Troisi.

D: Mettiamo che fra cent’anni scoprono una targa a suo nome qui al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

R: «Aveva amato la verità».

 

 

 

 

 

pessolani_pierfaone.jpg

Non è un sacerdote, ma lo stesso ha “celebrato” a suo modo centinaia e centinaia di matrimoni lucani, tant’è che a Potenza, ci racconta, il caffè non lo paga mai.

Per Donato Pessolani, direttore dello storico “Parco Ricevimenti Hotel Pierfaone” (situato nell’omonima contrada di Abriola, in provincia di Potenza) è inoltre ormai prassi ospitare i matrimoni dei figli di tanti suoi clienti che hanno festeggiato lì, ma il momento è quello che è (persino in zona gialla, fino al 31 maggio, non è consentito il consumo di cibi e bevande all’interno dei locali), e pertanto in questa fase di programmazione occorrono soprattutto CERTEZZE.

«Noi siamo pronti a ricominciare –ci spiega- la squadra è riorganizzata, gli ambienti sono tirati a lucido, ma in questo momento abbiamo solo bisogno di capire in che modo e in quali tempi ripartire».

Il matrimonio, infatti, non è certo il tipo di evento che puoi organizzare la sera per la mattina, ma occorrono almeno tre mesi di tempo: «Per essere chiari al massimo: l’estate è già saltata. Se a gennaio avessimo saputo che a giugno si poteva partire, per il nostro settore sarebbe stato tutto più semplice. Invece, allo stato attuale, i matrimoni di aprile, maggio e giugno sono già tutti saltati e anche quelli di luglio e agosto li stiamo spostando. Se lei stesso avesse una figlia da sposare, in assenza di certezze sulle riaperture, può prenotare ristorante e tutto quanto con serenità?».

La richiesta alle istituzioni pertanto è semplice, ma perentoria.

«Noi siamo pronti, perché tante coppie si voglio sposare. Ma chiediamo CELERITA’ nel comunicare date e regole, suggerendo che il numero delle persone debba essere di volta in volta rapportato alle volumetrie delle strutture: il numero delle persone da ospitare in una terrazza deve essere proporzionato agli spazi a disposizione».

La struttura di Pierfaone ha a sua disposizione una sala di settecento metri quadri e un’altra da cinquecento cinquanta metri; un ristorante da cento metri; un gazebo all’aperto di 600 metri e diverse terrazze coperte.

Non sono quindi le metrature quelle che mancano, ma la certezze a livello di indicazioni.

E pensare che nell’estate del 2019 una struttura come quella di “Pierfaone” ha prodotto più di cinquanta buste paga, e durante il resto dell’anno (e tuttora) i dipendenti sono tredici/quattordici.

In seguito alla Pandemia, il fatturato si è ridotto del 90%, e i famosi aiuti di Stato «Sono poco più che un pannicello caldo per quando ti fa male la pancia. Siamo dalle parti dello zero. Solo di elettricità e gpl i due mesi di apertura dell’anno scorso mi sono costati 40mila euro».

Come si diceva, però, la voglia di ripartire è tanta: «Ai clienti diciamo di stare tranquilli, perché siamo pronti. Siamo qui da trent’anni e ci conoscono tutti, e non appena le istituzioni ci danno le tanto attese direttive, riprenderemo a fare matrimoni sempre di grande qualità. Invito tutti ad andare a leggere su TripAdvisor: sono le coppie che parlano, testimoni di ciò che abbiamo fatto per loro. Ci sono tantissime coppie che io ho seguito nell’intero percorso di vita: matrimonio, battesimi, prime comunioni e cresime. Parliamo di migliaia di eventi».

Ma c’è un altro particolare non di poco conto che il direttore Pessolani vuole evidenziare.

«Il distanziamento sociale ci ha spinto a ripensare tutto, e niente sarà più come prima. Tuttavia, con le giuste precauzioni, possiamo tornare a vivere. Una cosa che stiamo perdendo è rappresentata però dalle maestranze: ovvero quella professionalità che si può acquistare solo con l’esperienza pluridecennale sul campo. Le istituzioni dovrebbero preoccuparsi seriamente di tutto ciò: uno chef di cucina, un executive, un maitre d’hotel, non lo fai in tre mesi. I miei cuochi lavorano con me da più di venticinque anni; sto cercando di tenerli aggrappati alla loro professionalità, ma se non ci vengono date certezze, e con rapidità, non si riparte più».

Quello della ristorazione in generale è senz’altro uno dei settori più danneggiati dalle restrizioni e dalle chiusure, ma il mondo delle sale ricevimenti è ancora più peculiare, e meriterebbe un’attenzione più focalizzata.

«Chi può fare pasti da asporto in qualche modo riesce a tamponare, magari riuscendo ad andare perlomeno in pari, ma le nostre casse sono azzerate. Io ho fatto fare della formazione a mie spese, ma mi creda, siamo davvero agli sgoccioli. Dobbiamo poterci organizzare subito, perché il mondo del wedding ha bisogno di tre/quattro mesi per potersi avviare a pieno regime. Ripeto: un’azienda è fatta di attrezzature, maestranze e clienti. Se viene meno UNO SOLO di questi componenti, c’è poco da fare. Si chiude. Noi vogliamo ripartire. ma che ci facciano capire SUBITO come».

 

 

 

de_stradis_e_imperatrice.jpg

 

 

di Walter De Stradis

 

E’ martedì ed è un pomeriggio caldo a Grumento Nova, in provincia di Potenza. Al Comune non c’è nessuno, è ancora presto. Le parole del sindaco Antonio Maria Imperatrice, un omone di un metro e novanta, rimbombano nella stanza e nei corridoi. C’è da parlare di Covid. E di petrolio.

D: Quanti sono i positivi attualmente?

R: Qui oggi ne abbiamo solo uno, ma intorno al mese di gennaio abbiamo assistito ad un vero proprio picco, con una sessantina di casi.

D: E le vaccinazioni come procedono?

R: Sono da poco terminate quelle relative agli ultraottantenni, mentre al momento non potrei darle i numeri esatti dei compaesani vaccinati, poiché tutto è affidato alla prenotazione online, ma sembra che tutto stia funzionando.

D: Si ricandiderà?

R: Onestamente non so…

D: Sarebbe il terzo mandato?

R: In realtà il secondo. Il primo è durato poco perché furono annullate proprio le elezioni, in quanto il secondo classificato risultò non idoneo, o meglio, non candidabile. C’erano cinque liste, io ero primo, quindi annullarono il tutto, nonostante la Prefettura avesse autorizzato la presentazione della lista stessa.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: È una domanda particolare la sua, che però voglio interpretare dal punto di vista del mio ruolo amministrativo. Se non ci fosse la passione ,amministrare oggi un comune, nel bel mezzo di una emergenza sanitaria, sarebbe stato davvero un compito assai arduo. Parlo di passione perché in un paese piccolo, di millecinquecento anime, la conoscenza delle famiglie e dei rapporti personali è tale che le risposte che l’amministrazione cerca di dare sono sempre nell’occhio del ciclone. Non mancano, però, le soddisfazioni, quelle che fanno andare avanti.

D: Le faccio fare una risata. Oggi, girando per la Val D’agri, molti riferendosi a lei l’hanno definita o il “comunista”, oppure ”l’imperatore” di Grumento, giocando appunto con il suo cognome. Quale delle due è più giustificabile?

R: La seconda mi sta più a cuore, perché gioca appunto con il mio cognome, a molti posso sembrare burbero e discutere in maniera animata, tuttavia per abitudine e indole familiare e culturale non ho l’attitudine di chi vuole essere un uomo solo al comando.

Quanto all’altra definizione, be’, io nasco nel partito Comunista italiano ed ho attraversato la mia formazione politica dapprima come giovane comunista, poi con i DS e, successivamente, nel PD, e di questo ne vado fiero.

D: Cosa significa oggi vivere nell’epoca dei cosiddetti “comunisti con il Rolex”? Di questi giorni divampa la polemica del rapper Fedez contro l’operato della Rai

R: Non sto dietro agli stereotipi moderni perché ho una certa età. Ho seguito quel che è successo dalla tv, tra l’altro al concerto del 1 maggio sono molto legato, non solo per tradizione politica, ma anche per nostalgia giovanile. Io poi non frequento i social e non ho neanche un profilo mio, li seguo solo ed esclusivamente per la parte informativa istituzionale, perché credo che anche la crisi delle idee sia troppo dominata dal mondo virtuale. Perfino nei rapporti sociali di un paese come il nostro, se prima c’era la voglia di uscire e di frequentarsi, oggi invece è tutto demandato agli smartphone, ma così facendo i rapporti si incancreniscono, non si comunica e non ci si guarda più negli occhi, anche in politica. A me come sindaco e come persona, la politica dei like non piace molto.

D: Lei ha incontrato di persona il Governatore Bardi e l’assessore alla Sanità? Glielo chiedo perché non tutti i suoi colleghi dicono di aver avuto questa possibilità

R: Sì, ho incontrato il presidente, ma credo che l’ultima volta risalga al novembre del 2019, durante un incontro con i sindaci della Val D’Agri, poiché era già scaduta la concessione e si andava avanti in regime di prorogatio.

D: Se oggi invece potesse parlarci, cosa direbbe al Presidente in merito alla questione Covid, il suo comune cosa chiederebbe?

R: Noi siamo stati, fino al 31 dicembre, il comune più virtuoso con soli sei casi. Abbiamo avviato in autonomia campagne di screening e anche i cittadini si sono comportati bene. A fine anno, però, è accaduto qualcosa. Forse alcune regole non sono state rispettate e io mi sono trovato, come gli altri sindaci della Valle, in forte difficoltà. In una sola settimana abbiamo registrato più di cinquanta casi, nonostante le opere notevoli di tracciamento. Mi sono trovato nella condizione di dover scrivere al Presidente Bardi e anche al Prefetto. Insomma chiusi le scuole e gli esercizi commerciali per dieci giorni, ossia il tempo minimo per poter rifare i tamponi molecolari. Il Prefetto mi chiese, di contro, di riaprire la scuole, perché come dico io “il cerino rimane sempre in mano all’ultimo”, ma io non lo feci perché non volevo assumermi la responsabilità. Se avessimo aperto, alla luce delle persone risultate positive nel tempo, ci sarebbe stato un disastro.

Cosa chiedo: una maggiore presenza sul territorio da parte del Presidente. Ne approfitto per dire, e credo che non riguardi solo me, che non mi è per nulla piaciuta la firma di un accordo come questo con due anni di ritardo…

D: Parla del rinnovo del patto di sito con Eni.

R: Gli accordi nazionali prevedono che lo Stato e le Regioni debbano sentire gli Enti territoriali, che -è vero- godono di royalties dirette, ma si sobbarcano anche tutti gli incidenti e gli svantaggi. Nell’autunno del 2019 i sindaci hanno anche avanzato delle proposte calibrate sulla base di specifiche esperienze, eppure ad oggi non c’è stata nessuna forma di concertazione.

Io, dunque, non ne approvo il metodo, visto che non siamo stati coinvolti, è mancato quello che definirei il “garbo istituzionale” di condividere il tema delle compensazioni ambientali. Spero che ci sia la capacità in futuro di poterne condividere i benefici in maniera solidale anche con gli altri comuni, oltre che di saper ascoltare i piccoli protagonisti delle comunità coinvolte dalle attività estrattive.

Nelle proposte del 2019 avanzate dai sindaci si prevedevano progetti green a lunga gittata, con lo scopo di alimentare il futuro delle nostre comunità. Chiedemmo all’unanimità, ad esempio, che l’ospedale civile San Pio di Villa D’Agri, citato tra l’altro nei piani di emergenza esterna, si potesse potenziare con un Centro anti-veleni da utilizzare in caso di emergenze sanitarie, eppure non se n’è più discusso.

D: Se, però, tutte le istanze dei sindaci sono state ignorate bellamente, a questo punto viene da chiedersi quale valore si può attribuire a questo accordo.

R: La Regione ha chiuso comunque un accordo con risorse importanti, ma è altrettanto vero che quelle stesse risorse vanno programmate sia per la parte monetaria e finanziaria sia per la parte industriale, ossia per i metri cubi di gas che si forniranno. Io avrei firmato un accordo ulteriore con Eni, ossia quello riguardante la gestione del post-fossile, ossia un piano di investimenti per il futuro.

D: È un po’ un “dove li metto”?

R: Bisogna capire come distribuire le quote di gas tra le aree interne, con il principio di solidarietà tra i comuni e pensare al futuro. Spero che Bardi possa consultarci per capire come questi primi due aspetti, ossia il gas e i contributi per barili al giorno, possano essere ben investiti nei nostri comuni, specialmente nell’area dell’alta Val D’Agri.

D: Come sarebbe stato il suo comune senza il petrolio e cosa è stato, invece, grazie al petrolio?

R: Grumento beneficia di royalties dirette, quindi di maggiori servizi a favore dei comuni e dei cittadini. Abbiamo costruito una scuola nuova in sicurezza sismica, con efficienza energetica e pannelli solari e finanziamo, ad esempio, un progetto di agricoltura solidale per i più anziani, accompagnando le persone alla pensione, dando una mano all’impresa e al lavoratore allo stesso tempo.

D: Non vedremo mai i Pink Floyd a Grumento, quindi…coi soldi del petrolio.

R: (sorride) Non dispongo degli spazi adatti, ma abbiamo organizzato comunque delle belle iniziative culturali e teatrali, perché no. Qui sono venuti gli Stadio.

D: Il film che la rappresenta?

R: “C’era una volta in America” di Sergio Leone.

D: La canzone?

R: “Napule è, di Pino Daniele”.

D: Il libro?

R: “Cent’anni di solitudine”.

D: Mettiamo che fra cent'anni scoprono una targa a suo nome qui al Comune...

R: Solo cent'anni?! Guardi che sono superstizioso. (ride)

D:...in un futuro remoto, allora.Cosa le piacerebbe ci fosse scritto sopra?

R: Mi mette in difficoltà, proprio per quello che le ho detto, ma anche perchè mi ritengo una persona modesta. E poi, casomai, non dovrei essere certo io a decidere.

ROSSIELLO Right-Top in posizione n°2

Chi siamo

Publicom Srl, Potenza. Il free-press cartaceo “Controsenso Basilicata” è edito da Publicom S.r.l. - Questo sito non ha periodicità -ControSenso ha sede a Potenza (Basilicata). Si occupa di informazione, cultura, sport, società e satira.


controsensobasilicata@gmail.com