-
Scritto da Redazione
-
Sabato, 29 Maggio 2021 09:12
Clikka sulla foto e guarda il video andato in onda su LUCANIA TV
Il quarantacinquenne sindaco di Latronico, Fausto De Maria, è uno che parla svelto, tanto da dare l’impressione di inseguire i molti pensieri. In questo, il coordinatore provinciale di Italia Viva, pare piuttosto somigliante al suo mentore, Matteo Renzi.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Con questa mia “vocazione” a cercare di darmi da fare per gli altri… sin dai tempi dell’Università, quando rinunciavo a studiare pur di…
D: … rompere le scatole, insomma…
R: No, più che altro sono un tipo convinto delle cose che cerca di fare, anche a rischio di sembrare impopolare.
D: Solitamente viene definito come un “renziano di ferro”. Cosa comporta tutto questo, in un momento in cui proprio su Renzi si dicono e si leggono tante cose…
R: Ero con lui quando Matteo ancora era una “novità” (lo portai io a Latronico, ma anche a Potenza e a Matera); sono rimasto con lui quando tutti gli altri sono saliti sul suo carro; e ancora sono rimasto con Renzi quando da quello stesso carro poi se ne sono scesi. Sempre per convinzione e mai per convenienza. Se dovessi pensare a un mio tornaconto, forse con Renzi oggi non dovrei starci. Ritengo però ancora adesso -al netto di qualche errore che anch’io posso riconoscergli- che sia l’unico che ha qualcosa da dire dal punto di vista politico. Anzi, oggi mi ritrovo ancora di più, rispetto ai tempi del 40%: mi sembra davvero di ricominciare una partita diversa, attraverso qualcosa che non è più il Pd, e che secondo me doveva nascere già nel 2012 (quando Renzi invece scelse di rimanere nel Partito Democratico).
D: Oggi (martedì –ndr), in Consiglio regionale si è presentato un volume speciale dedicato ai Cinquant’anni della Regione Basilicata, e nell’occasione si è parlato molto di Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza – ndr) e di Recovery Fund. In che modo i Comuni dovranno giocarsi questa partita secondo lei? Alcuni suoi colleghi temono si ripeta uno scenario simile a quello delle decisioni e degli accordi sul petrolio.
R: Guardi, i Comuni devono essere coinvolti, ma occorre anche che noi si faccia autocritica, in quanto molto spesso non si sa guardare oltre il proprio confine. Spesso si è convinti che il proprio paese abbia il migliore attrattore possibile, o di essere gli unici ad avere una vera vocazione turistica, artigianale etc.. Oppure si cerca di fare le “copie” di quello che già c’è nel comune vicino. Credo la Regione dovrà avere una visione globale, perché non si può fare tutto e non tutti possono fare tutto; e i Comuni devono dare dei consigli, certo, ma allo scopo di valorizzare la propria, reale unicità: altrimenti rischiamo di perdere una delle opportunità più ghiotte. Sarebbe una guerra dei poveri.
D: A parte il NO ai “campanilismi”, quale deve essere la strategia comune di voi sindaci?
R: La Basilicata ha due grossi problemi. Il primo riguarda le infrastrutture: una volta c’era il progetto della Lauria-Candela, ma nessuno pensa di riprenderlo in mano. Noi abbiamo quattro strade “lungo” i fiumi: la Sinnica, la Bradanica, la Basentana e la Fondovalle dell’Agri: andrebbero unite da una trasversale. Si ovvierebbe al grave deficit rappresentato dall’isolamento di molti dei nostri paesi: io per venire a Potenza ci metto due ore! E andrà a finire che il capoluogo, se non si interviene, se la racconterà da solo…
D: Parlava di DUE grossi problemi.
R: L’altro riguarda i giovani e la loro formazione. Stiamo perdendo generazioni intere. Bisogna concentrarsi sul potenziamento dell’Università.
D: Beh, adesso ci sarà pure Medicina.
R: Ma non è sufficiente! Necessario, ma non sufficiente. Io dico comunque che si è perso un sacco di tempo. Dal canto mio, in accordo con l’Unibas, sto cercando di far iscrivere i nostri ragazzi a Potenza, perché in moltissimi si iscrivono da Roma in su. E lì rimangono, laureatisi o meno. Con un’aggravante, che prima non c’era: i genitori sempre più spesso li raggiungono.
D: Già è in atto la fuga dei giovani, se inizia anche quella degli anziani, la nostra regione è bell’e fottuta.
R: Dopo il danno, la beffa. Stiamo assistendo al più grande spopolamento mai verificatosi.
D: Quindi, prima di “chiedere” è bene che voi sindaci vi mettiate d’accordo su una visione comune.
R: Sì, ma a cosa serve fare la corsa alla piazza o al marciapiede più bello? A niente. Noi dobbiamo dare delle risposte affinché si cerchi di ripopolare le nostre terre. Non a caso a Latronico stiamo recuperando i vecchi immobili…
D: Ho letto di appartamenti in vendita a diecimila euro.
R: Ed è tutto vero. Sono case da ristrutturare, un’iniziativa sulla quale c’è molta curiosità. Ma non solo: abbiamo incentivato il ritorno di alcuni anziani a Latronico –e sono venuti in una decina- con l’idea di non far pagare loro le tasse. Sembra nulla, ma è un segnale di accoglienza.
D: Veniamo alla questione Covid. Qualche giorno fa lei si è reso protagonista di una personale iniziativa: si era prenotato per il vaccino, ma quando si è reso conto che a un suo concittadino, molto più anziano di lei, era stato assegnato un giorno molto più in là del suo, ha rinunciato alla prenotazione…
R: E’ andata così, anche se sono stato accusato nuovamente di esibizionismo. Avevo annunciato sui social di essermi prenotato, per invogliare gli altri a fare lo stesso (era il primo giorno utile per gli over 40); due giorni dopo mi sono dato da fare per prenotare (perché anche questo facciamo, noi sindaci) per un mio concittadino 66enne che aveva avuto problemi particolari, e quando gli hanno fissato quella data, ho capito che dovevo lanciare un segnale, in qualche modo. Il messaggio è che non possiamo affidare tutto a una macchina: ci sono ancora persone a casa, anziane, disabili e in attesa del vaccino. Complimenti a chi ha fatto la Piattaforma, per carità, ma bisognava tenersi libere delle date e del personale medico per gente che ha più bisogno di noi.
D: Come giudica l’operato del sistema regionale in ambito Covid e tenuta sanitaria?
R: Guardi, è molto facile puntare il dito in situazioni come queste. Molte cose si dicono col senno di poi, basta sentire gli scienziati. Diciamo che la Pandemia ci ha fatto capire che in ambito Sanità occorre investire molto seriamente sul territorio. Faccio un esempio: per qualche mese, senza ufficiale sanitario (andato in pensione), ho dovuto fare tutto io, tracciamenti compresi. Non c'è stato il tempo di fare i concorsi, ma non mi sono lamentato e ho agito.
D: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?
R: Che esistono sì Potenza e Matera, ma che la Basilicata per il 90% è fatta di piccoli comuni e che bisogna lavorare affinché si recuperi un’identità e si possa infondere la dovuta speranza necessaria a investire ancora sui propri territori di appartenenza.
D: Ma lei Bardi lo ha mai incontrato?
R: Qualche volta, così, di sfuggita.
D: Ma non ritiene che questa possa essere già di per sé una mancanza?
R: Devo essere onesto: non gli ho mai chiesto un appuntamento. Non ne sentivo la necessità. Ho spesso interloquito con gli assessori. Di recente lui ha inviato una lettera ai sindaci, e io gli ho comunicato che sono disponibile a incontrarlo.
D: Uno dei temi emersi in queste interviste con i sindaci lucani è una certa difficoltà a “connettersi” col Palazzo. C’è chi ha lamentato di dover leggere le Ordinanze sui giornali, prima di riceverle ufficialmente.
R: Questo sì, è capitato. Ma non è questo il punto in una situazione di emergenza. Io fui lesto ad attaccare Bardi in occasione della sua primissima ordinanza in ambito Covid, ricorda? Ma poi i fatti gli hanno dato ragione. Pertanto io chiederei a Bardi di lavorare SULLA Basilicata in quanto tale: ci vogliono bandi, chiarezza negli stessi, opportunità…io sono abituato a lavorare così, e non mi riferisco al singolo comune. Occorre fare rete, altrimenti non ne usciamo.
D: Esiste dunque un certo “primadonnismo” fra alcuni suoi colleghi sindaci?
R: Ma c’è sempre stato. Anch’io vengo accusato di questo. Il problema è che a volte si è pensato più alle proprie ambizioni che alla propria terra.
D: Il suo momento più difficile?
R: Quando, a fine ottobre, dovetti chiudere Latronico, scuole comprese, prima di tutti, e prima delle varie zone colorate. Salvai forse il mio paese. Oggi è la cosa che i cittadini mi riconoscono di più.
D: Quale sarà la “ripartenza” di Latronico?
R: Per noi è il momento della raccolta. Negli ultimi anni abbiamo puntato molto sulle nostre potenzialità, come le terme (recentemente passate dalla Regione al Comune). Un privato ha acquistato degli alberghi e sta investendo. E’ stato siglato un contratto di sviluppo e la Regione ha cofinanziato, e lo stesso ha fatto il Ministero dello Sviluppo Economico.
D: Un errore che si riconosce?
R: L’essermi candidato alla Regione in un momento sbagliato.
D: Ritiene di essersi ormai bruciato quell’opportunità?
R: No, mi ha fatto crescere. Sono contento di averlo fatto. E mi tornerà utile in vista della prossima volta.
D: Il film che la rappresenta?
R: “La ricerca della felicità” di Muccino.
D: La canzone?
R: “A mano a mano di Rino Gaetano”. L’ho sempre usata nella mia campagna elettorale.
D: Ah, quindi lei è uno di quei politici con la “sigla”.
R: (Ride). Spesso ho preferito avere quel brano ai miei comizi.
D: Il libro?
R: “Il piccolo principe”, ma leggo molti libri d’attualità.
D: Fra cent’anni cosa immagina scritto su una targa a suo nome al comune di Latronico?
R: «Ha amato più la sua terra che se stesso».