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di Walter De Stradis

 

 

 

Nel “magic moment” dell’AZ Picerno (calcio, serie C), un ruolo fondamentale lo sta svolgendo lui, Reginaldo Ferreira da Silva.

Trentottenne attaccante dal pedigree addirittura nobiliare (ha giocato diversi anni in serie A, con Treviso, Fiorentina, Parma), noto anche alle cronache “rosa” (il vecchio flirt con la Canalis), ha da tempo anche la nazionalità italiana («Sono Paulista, nato a 40 minuti dal Centro, ma se oggi voglio girare per San Paulo, ho quasi bisogno di una guida»), e per venire a giocare qui in Basilicata si è stabilito a Potenza (e fra una decina di giorni ci sarà pure il derby). Porta, da sempre, i capelli rapati a zero, «e non è per imitare Ronaldo».

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Credo di esserci nato, per il calcio. Ho dato molto al Campionato italiano, e oggi mi trovo qui in Basilicata, chiamato dal Picerno che mi ha voluto fortemente, più di tutti.

d: Quale fattore l’ha convinta ad accettare la loro proposta?

r: Proprio la grande voglia che avevano di portarmi all’Az Picerno. In quel periodo avevo altre due o tre proposte, ma loro mi chiamavano più volte al giorno e il loro entusiasmo mi ha convinto.

d: Cosa crede che cercasse la società in uno come lei?

r: Credo che a 38 anni, io abbia dimostrato di essere una garanzia di professionalità e serietà. E penso di poter essere anche di esempio ai giovani: dimostrando coi fatti che questo è un mestiere bellissimo, che molti sognano di fare, ma che va portato avanti con impegno e dedizione.

d: Questo è un concetto importante: cercare di far capire ai giovani che fare il calciatore può portare successo e ricchezza, ma che la cosa va affrontata con grande serietà. A microfoni spenti abbiamo parlato di altri calciatori famosi, proprio brasiliani, che non hanno saputo gestire questa fortuna e si sono “bruciati”. Lei ha giocato in serie A, ed è stato anche protagonista delle cronache rosa: come si fa a gestire la fama, e i soldi, senza perdere la testa?

r: Io credo che nella vita ci sia un momento per tutto; voglio dire, la domenica, dopo la partita, la “seratina” e la cena con gli amici ci sta pure –io da giovane, quando potevo, mi divertivo- ma bisogna sempre sapersi gestire, perché noi siamo calciatori e siamo sempre nell’occhio del ciclone. Per questo penso a quei circa 1200 giocatori professionisti disoccupati (perché magari alcune società sono fallite e la C2 non esiste più) che vorrebbero essere al nostro posto, e per questo dico che è sempre nostro dovere dare il massimo. I soldi? Beh, anche quelli bisogna saperli gestire, perché la carriera di un giocatore è breve, e ci sono alcuni di noi che non arrivano a dodici, tredici anni di professionismo. In tutto questo, è importante il ruolo dei procuratori e/o delle famiglie, è importante dare i consigli giusti, altrimenti poi possono insorgere difficoltà. Vede, noi calciatori sappiamo fare solo questo, sono pochi quelli che hanno finito la scuola o che sanno fare altre cose, quindi, torno a dire, bisogna sapersi gestire.

d: Un brevissimo passaggio sul mondo del Gossip, considerata la sua relazione, di alcuni anni fa, con la showgirl Elisabetta Canalis (cosa che ancora oggi campeggia fra i primi risultati, se si inserisce il suo nome su Google). Ho letto da qualche parte che lei ritiene che la sovraesposizione extra-calcistica le abbia in qualche modo creato problemi, inficiando la sua carriera.

r: “Problemi” direi di no, visto che all’epoca ero giovane, ero single, e trovo normale che uno decida per la propria vita. Con la Canalis sono stato benissimo, poi è finita, ma in quel periodo non era mai venuto meno il mio impegno sul campo, perché per conquistare la Canalis avevo prima dovuto “conquistare” parecchi campi di calcio, così come importati società (Treviso, Fiorentina e Parma). Pertanto, in quelle interviste mi ero limitato a dire che mi piacerebbe che si parlasse di me per ciò che ho fatto nel calcio, non ho certo detto che sono stato “rovinato” da quella relazione, come invece è stato scritto.

d: Parliamo allora di calcio. Il momento che porterà sempre con sé?

r: Avevo sedici anni quando entrai nel Treviso, e quindi l’averlo poi portato in serie A, dopo un’assenza di trent’anni, mi rimarrà sempre nel cuore. Dal “cucchiaio” alla “forchetta”, al Treviso mi hanno insegnato tutto.

d: Questo è curioso, perché di solito si è portati a pensare che i calciatori brasiliani arrivino in Italia già “giocolieri”.

r: In Italia ero già venuto prima per alcuni brevi tornei giovanili (e mi ero segnalato fra i migliori talenti), ma fu il Treviso a decidere di scommettere su di me. Già all’epoca però, ragionavo e avevo il pensiero di dare più di tutti gli altri che erano qui, perché volevo essere di sostegno alla mia famiglia, che era rimasta in Brasile.

d: Facciamo ancora un passo indietro: qual è stato il momento della sua vita in cui ha capito che il calcio sarebbe stato il suo lavoro?

r: C’è in effetti un episodio a cui penso spesso. Da bambino, da quando avevo otto anni, passavo la mattinate a giocare per strada, scalzo. Ricordo sempre questa scena: mio padre era al bar di fronte a giocare a carte, e mi teneva d’occhio, quando a un tratto un camionista gli disse: “Ma non vedi come gioca tua figlio? Se non ti svegli e non lo porti a fare un provino da qualche parte, lo faccio io al tuo posto, ma poi non mi chiedere soldi, eh!?”. Quelle parole mi colpirono molto, e da quel momento io stesso mi misi a cercare le società e a giocare con quelli più grandi. Pensi che a Rio de Janeiro una volta mi ruppi la clavicola, perché io, tredicenne, giocavo contro calciatori di trenta e quarant’anni, e quelli non riuscivano a beccarmi! Quando poi iniziai a giocare per la squadra della mia città, presero a chiamarmi “Pelezinho”, “piccolo Pelè”.

d: Questa storia ricorda un po’ quella vista ne “L’allenatore nel pallone”, il film con Lino Banfi: scommetto che è una delle prime cose che le hanno fatto vedere qui in Italia!

r: Sì sì, avevo sempre visto degli spezzoni, ma l’ho guardato integralmente una decina di anni fa. Nel mondo del calcio è popolarissimo, e ogni tanto c’è pure qualcuno che scherza e mi chiama “Aristoteles” (il calciatore brasiliano del film – ndr), e allora io mi giro e dico “Mister, fammi giocà!” (imitando la voce del personaggio – ndr). In effetti, se uno ci pensa, quella storia è la pura verità.

d: Col Picerno la salvezza è ormai quasi acquista…

r: Ancora matematicamente no…

d: Ma l’obiettivo è “solo” quello?

r: E’ l’obiettivo principale, e vogliamo fare punti velocemente per raggiungere la certezza matematica. Una volta acquisita la salvezza, cercheremo di fare qualcosina in più…

d: Lei però vive a Potenza, non a Picerno.

r: Sì, fino a mercoledì scorso c’era anche la mia famiglia, da poco tornata in Brasile.

d: Immagino che, a parte Cava dei Tirreni (dove viveva quando giocava a Pagani - ndr), questa sia la città più “piccola” con la quale si è confrontato qui in Italia.

r: Beh, sì, Cava è più o meno così.

d: E com’è la sua vita qui a Potenza?

r: La maggior parte del tempo sto a casa, a guardare Netflix, ma se occorre vado in Centro.

d: Che impressione le fa la città?

r: Sì sta bene, per questo ho scelto di vivere qui. Pure a Picerno si sta bene, ma qui ho trovato una situazione un po’ più comoda, coi negozi proprio sotto casa etc.

d: Un difetto di Potenza?

r: Forse c’è un po’ troppo traffico, per essere così piccolina! (sorride). Quando vengo da Picerno, per arrivare in Centro…c’è un sacco di casino!

d: Cosa le dicono i Picernesi, a parte “fai gol!”, quando l’incontrano?

r: La gente mi dice che rimane impressionata dall’impegno che ci metto, nonostante la carriera che ho fatto e l’età che ci ho. Penso che finché potrò dare qualcosa, sul campo e fuori, continuerò a esserci.

d: Lei col Picerno però ha un contratto di un anno.

r: Sì. Volendo, potrei firmare anche adesso per altre squadre, ma non è quello il mio pensiero, perché sono concentrato a finire bene il campionato col Picerno (se facciamo i play off sarebbe un sogno!) e poi si vedrà.

d: Ma quando smetterà, farà l’allenatore o…

r: No, vorrei fare il talent scout. Ma prima mi dedicherò per tre o quattro anni esclusivamente alla mia famiglia.

d: Il film che la rappresenta?

r: “Il miglio verde”, con quel gigante buono che vuol fare del bene.

d: La canzone?

r: Adoro la samba, e mi piace un interprete molto classico, Thiaguinho.

d: Il libro?

r: Quello di Ibra, mi ha dato la carica (anche se mi piace il suo modo di ragionare, non di offendere alcune persone).

d: Fra cent’anni scoprono una targa a suo nome al campo di Picerno, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Un grandissimo professionista».

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Sessantun anni, originario di Brienza (Pz), Francesco “Franco” Carbone, prima dell’incarico di Direttore Provinciale della Coldiretti della provincia Potenza aveva diretto Coldiretti Enna dal 1999 al 2001, l’interprovinciale Coldiretti Ragusa e Siracusa fino al 2007 e l’interprovinciale Taranto e Brindisi.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Con lo sperare che mi venga riconosciuta la passione e l’onestà che infondo in un’attività che esercito quotidianamente. Ho sempre lavorato in Coldiretti, facendo tutti i “passaggi”, frequentando anche altre regioni (Sicilia, Puglia): dal ruolo di responsabile della singola sezione comunale, alla “zona organizzativa”, fino alla direzione, provinciale e inter-provinciale.

d: A proposito delle altre regioni in cui ha lavorato, conferma che la situazione lucana è sempre comunque “peculiare”? E se sì, perché?

r: Credo che forse l’orografia peculiare della Basilicata –regione non semplice, ma bellissima- condizioni giudizi, comportamenti e anche le nostre reazioni. Dal punto di vista agricolo ritengo tuttavia che la Basilicata abbia grandi potenzialità: tutte le agricolture che l’Italia può rappresentare, in piccolo, da noi ci sono. Il “mosaico” agricolo della nostra regione incarna tutto ciò che la produzione di cibo può garantire. Ci sono margini di crescita e sviluppo importanti.

d: C’è un qualche aspetto dell’agricoltura nostrana di cui non si parla a dovere secondo lei?

r: Forse abbiamo delle eccellenze e non ne siamo orgogliosi Probabile. Ritengo che a causa di ragionamenti che nulla hanno a che fare col settore, alcune produzioni siano trascurate o del tutto abbandonate.

d: Qualche esempio?

r: Prenda il pecorino di Filiano, o altre produzioni tipiche: sono sempre considerate “di nicchia”, e come tali restano. Eppure hanno delle potenzialità enormi. Col pecorino poi sta accadendo qualcosa di assurdo: le richieste sono tante, ma gli allevamenti stanno diminuendo sensibilmente.

d: Eppure il presidente Bardi, faccio una battuta, è proprio di Filiano.

r: Sì, ma non dipende da lui o dagli ultimi due/tre anni. E’ storia vecchia. Credo che si siano trascurati dei settori, a volte, anche per non “toccare” quei concetti che governano alcuni momenti. Prenda i disciplinari di produzione che stanno dietro ai prodotti a denominazione o identificazione, nati decenni fa: non sarebbe sbagliato fermarsi ogni tanto e pensare a una loro “manutenzione”. Il mondo cambia, cambia il territorio, cambiano le persone sul territorio e riflettere non è mai sbagliato. …Insomma, se la nostra terra è a rischio spopolamento vuol dire che un problema c’è. Probabilmente la Basilicata è stata condizionata nel momento in cui l’agricoltura era soprattutto “quantità” e non “qualità”; oggi il settore è spostato di più sulla “qualità” e dietro il cibo c’è cultura. Di conseguenza il cibo stesso oggi potrebbe diventare veicolo di conoscenza, di diversi aspetti della nostra regione.

d: Ma se un prodotto buono e sano come il pecorino di Filiano, o altri, sono in calo nella loro stessa regione…dov’è che si è rotto il meccanismo?

r: Sono in calo le produzioni, di latte, non di formaggi (anche se è una conseguenza). Dobbiamo metterci in testa che sviluppo vuol dire fare sistema, invece noi oggi viviamo ciò che accade lungo le varie filiere (vedi latte), ove la catena del valore spesso non è distribuita in modo corretto. Prima si sono fatti chiudere gli allevamenti, e oggi “inseguiamo” il latte, che non c’è più come una volta. Se il latte è sottopagato, l’allevatore può resistere fino a un certo punto, dopodiché sarà costretto a fare una scelta.

d: Non a caso voi avevate chiesto un tavolo di filiera alla presenza dell’assessore Fanelli.

r: Si è fatto, ma si è rivelato un po’ inutile, perché non tutte le parti convocate si sono presentate: con eccezione delle parti agricole e di Confesercenti, non c’erano Confindustria, Confcommercio… i rappresentanti della distribuzione organizzata (forse non si sentivano chiamati in causa, ma trovo comunque sbagliato non accettare un invito).

d: Oggi è martedì e ancora non si sa chi sarà il nuovo assessore regionale al ramo, ma che giudizio dà del giovane Fanelli?

r: Questi quindici giorni di “attesa”, me lo lasci dire, sono un peccato per la Basilicata: la crisi in giunta c’era da tempo, e forse –anche per il momento di difficoltà che attraversiamo- andava ricomposta prima. Venendo a Fanelli, che si è trovato a gestire la delega forse più importante (sono 20mila le imprese agricole iscritte alla Camera di Commercio) –dopo una prima fase di “apprendistato”- ha avuto la capacità di ascoltare. Tuttavia, la condivisione di un progetto o di un’idea, al momento di essere messa in pratica…beh, c’era qualcosa che la bloccava; non per colpa dell’assessore, ma forse anche degli uffici, di chi ci lavora, nel Dipartimento. Forse, chissà, abbiamo pure pressato poco noi. Sui Piani di Sviluppo Rurale, che governano un po’ la finanza alle imprese agricole, Fanelli è stato molto attento (con l’ausilio nostro e degli uffici); su altre questioni, invece, legate appunto a norme o leggi (che non bisognava toccare o ammodernare), purtroppo non è stato altrettanto. Ci sono troppe situazioni rimaste ferme: una su tutte, gli usi civici. Siamo spesso arrivati al 99% del percorso di revisione, ma sull’ultimo miglio si blocca sempre tutto. Senza contare la fauna selvaggia, il problema cinghiali…

d: …e la famosa idea di creare un’industria di carne di cinghiale?

r: Tutto si può fare, ma poi bisogna strutturare un mercato, una linea commerciale.

d: Abbiamo fatto cenno prima al fatto che anche questa “impasse” in Regione non aiuta.

r: Pensi a quei cinque giorni di fermo per l’elezione del Presidente della Repubblica, e immaginiamo cosa possono essere per la Basilicata quindici giorni, o addirittura un mese, di blocco amministrativo. In questo momento noi stiamo vivendo la crisi della zootecnia, della produzione di latte: abbiamo coinvolto il Prefetto, ma con la Regione non abbiamo un interlocutore. Oggi stesso scriveremo a Bardi e alla sua giunta per capire cosa possiamo fare. A una crisi di questo tipo non si risponde col solo assessore al ramo, ma con un’azione di sistema.

d: Al cuore del problema oggi ci sono i costi dell’energia. Con la conseguenza che i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione, e le imprese agricole si ritrovano costrette a vendere sottocosto.

r: Lavorano a perdere. Circa il comparto zootecnico da latte, oggi sotto i riflettori, noi abbiamo fatto diverse proposte. A livello nazionale, credo che i primi segnali comincino a intravvedersi: Patuanelli proprio oggi ha annunciato di aver “sbloccato” tutto ciò che riguarda le bio-energie, con la proroga del bio-gas per il 2022. Il costo della bolletta così si ridimensiona e c’è anche una buona riposta sull’ambiente. Ci sono inoltre delle risorse stanziate sulla crisi-Covid, che però da almeno un annetto giacciono nell’alveo della burocrazia e che dovrebbero andare quanto prima agli agricoltori. E’ utile riconvocare il tavolo di filiera (che a settembre aveva stanziato quei famosi 4 centesimi, che però oggi non sono più attuali). C’è inoltre, fortunatamente, la legge sulle pratiche sleali che potrebbe darci una mano, che però ha bisogno di sei mesi (che scadono a maggio/giugno) per essere operativa. L’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare - ndr) ha fornito un dato ufficiale: al di sotto dei 46 centesimi, il latte bovino, significa produrlo al di sotto dei costi di produzioni; consideri che oggi il prezzo medio del latte in Basilicata è di 40/42. Ergo, da sei mesi si sta producendo sottocosto, per non parlare del latte di pecora, eh, che oggi è mediamente al 20% al di sotto del prezzo nazionale! Pertanto, ciò che abbiamo chiesto alla Regione è anche un contributo ai trasporti: oggi raccogliere il latte di pecora, o bovino che sia, comporta dei costi elevati, dovuti sempre all’orografia della nostra regione. E sul prezzo del latte di pecora i trasporti incidono anche del 15%. Se vogliamo conservare sul territorio gli allevamenti, bisogna rendersi conto di “dove” viviamo.

d: Vogliamo dare un breve giudizio politico sugli assessori all’agricoltura che si sono succeduti negli ultimi anni?

r: Ognuno di loro ha provato a dare il proprio contributo, sempre nell’interesse di chi rappresentava. Braia, appena insediatosi, chiese A NOI “responsabilità”, nelle scelte e nelle proposte; noi non ci siamo mai tirati indietro, ma poi vi fu un momento di incomprensione. Il giudizio sulla persona e sul politico rimane ottimo, anche se, certo, non approviamo alcune scelte fatte. Nessuno di noi agisce per partito preso o per ragionamenti politici. E ritengo che forse il momento peggiore sia stato quando abbiamo gestito la fase di allestimento del Piano di Sviluppo Rurale…

d: Con Ottati…

r: …quando c’era un assessore le cui competenze, anche europee, hanno un po’ condizionato il dialogo. Spesso cioè si è vestito di autorità al punto tale di non accettare considerazioni diverse dai suoi pareri, che nei fatti erano comunque quelli di uno che aveva vissuto trent’anni a Bruxelles, e non in Basilicata.

d: E Benedetto, imprenditore e assessore?

r: Aveva semplicemente voglia di fare. Da imprenditore ha provato a fare anche l’assessore, ma la politica è cosa diversa dall’impresa. In realtà è stato troppo poco, per poter esprimere in giudizio politico vero. Come imprenditore è rimasto uno molto importante per la regione, col quale collaboriamo tuttora, perché ha idee e voglia di fare sviluppo.

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Che non c’è più tempo da perdere. Noi siamo prossimi alla nuova programmazione e se non si migliora lo scenario (fatto di imprese, ma anche di regole e di burocrazia che DEVE funzionare), ci troveremo di nuovo in difficoltà. Noi abbiamo fatto due manifestazioni per sbloccare le pratiche di pagamento ferme presso UECA (l’Ufficio Erogazioni Comunitarie in Agricoltura, struttura regionale – ndr), e parliamo di ventimila pagamenti bloccati, da anni. Siamo di fronte a un cambio epocale, e non si può non tenere conto di fattori quali clima, ambiente, infrastrutture, collegamenti telematici (che sono una necessità impellente)…

d: Ma Bardi ha detto che adesso arriva la Fibra.

r: Speriamo.

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di Walter De Stradis  

 

 

 

A chi gli fa notare che la sua breve apparizione-cameo nella recente riduzione cinematografica di “Diabolik” (regia dei Manetti Bros.) ricordi un po’ quelle del sorridente Stan Lee nei film sui supereroi Marvel, Giuseppe Palumbo risponde che è più una cosa “alla Hitchcock”. Ma ormai non è più un “mistero” per nessuno che il disegnatore materano (sabato scorso di ritorno nella città dei Sassi per presentare proprio il numero 900 del celeberrimo ladro in calzamaglia) sia uno dei massimi esponenti del fumetto nel Belpaese.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Ah, beh, è stato chiaramente un errore! Probabilmente dovuto ad avverse condizioni climatiche (risate), e quindi i miei genitori…

d: Qual è stato (se c’è stato) il momento in cui ha capito che nella vita, per lavoro, avrebbe disegnato fumetti?

r: Come quelli della mia generazione, sono cresciuto leggendo fumetti, perché in realtà non c’era molto altro (sempre per la serie “Avverse condizioni climatiche”). Ho sempre disegnato fumetti, con i miei amici e con mio fratello. Una volta studente di Lettere classiche (e appassionato anche di archeologia e storia antica) ho perseguito anche la strada del fumetto, e -di conseguenza- il giorno della laurea avevo già alle spalle diverse pubblicazioni a mio nome. Per cui, ancora oggi, la domanda “ma come fai a leggere i fumetti”, per me non ha alcun senso, visto che io ci ho imparato a leggere!

d: Ma ancora oggi, persino uno come il professor Dorfles dice che leggere i fumetti non è la stessa cosa che leggere i libri…

r: Vabè, lui voleva essere provocatorio, secondo me, e io -che sono sempre dalla parte dei provocatori- ne capisco il senso. Forse intendeva dire che oggi in libreria tra i maggiori bestseller ci sono sicuramente i fumetti; ma non puoi pensare, avendo magari letto solo Zerocalcare (o Diabolik, per citare due modi opposti di fare fumetto), di aver completato un’idea culturale di lettura (che invece comprende poesia, filosofia, romanzi…).

d: Ricordiamo la sua militanza con “Frigidaire”, e il suo “Ramarro” (nato negli anni 80), il primo supereroe masochista della storia dei comics …ecco, di questa esplosione dei supereroi (in libreria e soprattutto al cinema), cosa direbbe il suo sarcastico personaggio?

r: Ci ho fatto anche una vignetta, in cui Ramarro dice «Deadpool? Ah, sì, è stato il mio stagista!».

d: In effetti, quel personaggio della Marvel (che spopola sia nei fumetti sia al cinema), è un supereroe dissacrante al pari del suo Ramarro.

r: …e ha la stessa capacità di rigenerarsi.

d: Quindi può sempre fare causa alla Marvel!

r:No, no, per carità, le idee sono di tutti. (risate)

d: Da diversi anni ormai nella sua vita c’è Diabolik: qualcuno le avrà fatto sicuramente “notare” il passaggio da un personaggio “underground” come Ramarro, a un “big” come il supercriminale delle Sorelle Giussani. Qualcuno le avrà anche sicuramente fatto la battuta, “Ma come, dopo Frigidaire, adesso anche tu con i ‘poteri mainstream’ del fumetto!?».

r: Si badi che, sì, Diabolik o Tex hanno una diversità di approccio rispetto a Ramarro, ma a quel tipo di critiche ho sempre risposto che Frigidaire comunque NON ERA underground, avendo un ENORME bacino di lettori (circa centomila, cioè dieci volte tanto le vendite effettive). Stessa cosa oggi con “Zerocalcare”: non credo lo si possa definire “underground”, ma vero “mainstream”!

d: Lei è un “Lucano che ce l’ha fatta”, ma che vive fuori (Bologna). Questo particolare le ha giovato nell’affermarsi?

r: No, perché io ho studiato a Matera e all’università di Bari. La mia formazione è stata qui e qui sono cresciuto con tanti autori locali, coi quali, sì, giravamo per Roma, Bologna, etc. (perché non c’era ancora Internet), ma vivendo qui, nelle nostre città.

d: Eppure, ancora oggi, serpeggia la percezione che per un Lucano –che vive in Lucania- tutto sia più difficile.

r: Il luogo comune che “dalla Basilicata è difficile farcela”, corrispondeva al vero una volta, ma oggi questa idea troppo “regionalistica” va anche un po’ sfatata: io stavo a Matera, ma non mi sentivo fuori dal mondo. Prendevo il treno e andavo a Roma! Poi tornavo a casa, disegnavo le mie storie, e poi chiamavo il corriere che le riportava a Roma…

d: Lei ha disegnato Scotellaro, poi Pasolini, manca all’appello Carlo Levi. Col sindaco di Aliano, qualche settimana fa, abbiamo anche parlato del “levismo”, ovvero del lascito –inteso in senso negativo- che secondo alcuni ancora pesa sull’immagine della nostra regione.

r: Storicamente, ritengo che l’azione di Levi sia stata fondante per il rinnovamento della nostra regione (certe questioni le ha denunciate lui). A volte accade però che –magari anche a fin di bene- la cultura e la politica trasformino tutto in retorica. E’ dunque la RETORICA su Levi a essere dannosa, non la sua azione.

d: Assolutamente d'accordo.

r: La visione che lui aveva della Basilicata, infatti, ritengo che sia tuttora la più interessante. In particolare la sua idea di un luogo in cui il tempo ha una sua dimensione diversa, rispetto a quella esterna (in un mondo che all'epoca, con l'industrializzazione, si avviava verso una sorta di capitalismo). La sospensione del tempo che Levi aveva trovato qui non era solo quella dell’esilio, bensì qualcosa di metafisico, magico, surreale…Questa sua concezione è stata un po’ dimenticata, fraintesa, addirittura considerata pericolosa negli ambienti più a sinistra (per via di questa deriva spiritualista, quasi “religiosa”).

d: Tutte cose rilanciate alla grande anche da Antonio Infantino.

r: Di cui sono un grande fan!

d: Che tipo di fumetto farebbe dunque su Levi?

r: Glielo dico subito perché c’è un progetto in atto, che fa seguito a quello che ho dedicato a “Uno si distrae al bivio” di Rocco Scotellaro. Ho scoperto infatti che l’ultima opera di Levi, “Quaderno a cancelli” (ristampato da pochissimo) era dedicata proprio a Scotellaro, tramite una nota (anche se c’è un dibattito sul tema), in cui lo definiva “maestro e fratello”. Poiché la scrittura e l’approccio delle due opere (fra il randomico, il surreale e lo spirituale) sono molto simili, mi piacerebbe rieditare il mio “Uno si distrae al bivio”, inserendovi anche “Quaderno a cancelli”.

d: Qui a Matera è stato girato in parte l’ultimo 007. Tuttavia, nelle scene ambientate nei Sassi, si vedono le “solite” cose, trite e anacronistiche: in particolare c'è quella scena con le pecore in mezzo alla strada. Insomma, la consueta approssimazione, un po’ come quando nei film americani si sentono i gondolieri parlare in napoletano.

r: Mah, sa, è questione di immaginario collettivo, ed è inutile andarci contro; anzi, quasi quasi conviene assecondarlo: e quindi viva le pecore nei Sassi! Non ci sono mai state, in realtà, ma noi ce le mettiamo! (risate). Guardi, avere questa idea anche un po’ “libera” di Matera città dell’immaginario (cosa che io vado proponendo da tempo), secondo me potrebbe alleggerire il carico retorico che c’è un po’ intorno.

d: Si spieghi meglio.

r: Mi riferisco proprio alla retorica di derivazione “leviana”, a proposito di una città solamente “contadina” (mentre qui c’erano anche i pastifici, o i fabbri, come mio nonno). Tutto ciò mi fa specie, mi fa sorridere, come i gondolieri che parlano napoletano. Detto questo, credo che comunque tutto sia superabile, e che un film come l’ultimo James Bond farà comunque bene alla città.

d: Mentre “Matera 2019”…

r: Non ne parliamo, per carità, sennò mi rovino la serata!

d: Ho intervistato diversi intellettuali di Matera, e a volte è emerso questo comune sentire, circa il non essere stati coinvolti adeguatamente… ma, al di là di questo aspetto (e del discorso turismo), la Città ha DAVVERO beneficiato di quella opportunità?

r: A mio avviso no, ma lo dico da tempo. Tuttavia, ripeto -come nel caso di 007- certe cose fanno parte della città, quindi perché criticarle e basta? Nel bene e nel male hanno agito, hanno fatto delle cose. Io non sono stato escluso, anzi a un certo punto c’erano in ballo delle idee, ma ho capito che non si potevano fare in un certo modo e mi sono fatto da parte. Ho scelto dunque di NON fare, perché non c’erano le condizioni. Quindi la mia critica precede addirittura gli esiti!

d: L’errore più grande di Matera 2019 qual è stato?

r: …ehm, il non avermi permesso di fare delle cose! (risate) No, scherzo, sicuramente il non aver pensato a strutture sostanziali e concrete come il teatro, il cinema, e a tutte le situazioni inadeguate che ci sono; il non aver pensato alla creazione di festival, strutturandoli, facendoli crescere…Guardi, io vado a Venezia tutti gli anni, ma non per Venezia, ma perché lì ci sono tante cosa da fare!

d: Eppure c’è chi, sempre a proposito di Matera 2019, ha parlato addirittura di “eventificio”, cioè di troppi eventi…

r: Mmm, inizio a sentire dei dolori di stomaco (risate). Perciò lascerei perdere…

d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Che nel mio settore c’è una filiera, che si può far crescere. E non è detto che in futuro gli esiti non si vedano. Qualcosa si sta già muovendo.

d: Anche da parte della politica?

r: Boh? Quella è sempre una materia sfuggente.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Azzurro”, nella versione di Paolo Conte.

d: Il film?

r: “8 e ½”.

d: Il libro?

r: Le dico l’ultimo che mi è piaciuto: “Quando abbiamo smesso di capire il mondo” di Benjamin Labatut.

d: Fra cent’anni cosa le piacerebbe ci fosse scritto sulla sua lapide?

r: Ho già dato disposizioni in merito: “Io credevo”. Puntini puntini.

 

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di Antonella Sabia

 

 

 

Potenza è la sua città, che ama, è anche la sua squadra del cuore che è tornato ad allenare a distanza di 13 anni. Potenza è però anche una città che presenta tanti limiti, soprattutto sotto l’aspetto sportivo: abbiamo affrontato l’argomento con Pasquale Arleo, alla guida del Potenza Calcio dal 25 gennaio, chiamato all’impresa salvezza.

d: Secondo lei perché Potenza fatica a crescere sotto il profilo sportivo?

r: Perché c’è una mentalità molto gretta, ho sempre detto che in questa città tutto ti perdonano, tranne il successo.

d: Per quanto riguarda l’impiantistica abbiamo relativamente poche strutture e anche mal ridotte…

r: …E la situazione sta sempre peggiorando, basti pensare a quello che è successo qualche mese fa con il bando “Sport e periferia”, da cui la Città è stata esclusa. Ho dedicato 41 anni alle scienze motorie, conosco in maniera quasi approfondita la tematica dell’impiantistica sportiva ed è stato un lento decadimento: potrei partire dal campo di Macchia Giocoli che doveva essere il campo del Potenza, ma per motivi diversi alla fine non si accettarono offerte di riqualificazione, un campo che non è mai stato completato come da progetto. Potremmo parlare anche di come è stato fatto morire il CONI, un fiore all’occhiello, una struttura al centro della città, diventato deposito di degrado. Ci sono poi le strutture del Principe di Piemonte, e il campo del Seminario, sono stati dei privati ad aver avuto il coraggio di investire, ma i loro alti costi di gestione, alla lunga allontano le società interessate che non riescono a reggere il peso economico. La stessa FIGC, completata dopo tantissimi anni e tantissime promesse, continua ad essere immersa in vecchi ruderi e oltre a non avere una tribuna per ospitare gli spettatori e la stampa, è un campo inadeguato per una città di montagna.

d: Il titolo di Città europea dello sport: covid a parte, dobbiamo pensare ad un’occasione persa?

r: Sicuramente il covid ha inciso, ma sinceramente mi auguro che si faccia ancora in tempo a realizzare qualche impianto sportivo all’altezza di un capoluogo di regione, e soprattutto mi auguro che -se proprio non si riesce a realizzare un nuovo stadio- almeno che il Viviani venga rimodernato come merita, per far sì che chiunque venga, trovi i comfort giusti per vivere al meglio l’evento sportivo; perché ora tra freddo, le strutture sono fatiscenti, nessuna copertura, non è un buon biglietto da visita.

d: Capitolo Potenza Calcio -È stato chiamato a comandare una nave in acque agitate: in una situazione in cui sarebbe stato più facile dire di no, cosa l’ha portata ad accettare l’incarico?

r: Solo il cuore. Molte volte sono stato ferito, anche ingiustamente, da tante persone, più volte è stato detto che sono un traditore della patria, per aver battuto il Potenza nell’anno che vinse il campionato. Ovunque sono andato, credo di aver dimostrato di essere una persona seria, ma comprendo anche il discorso del tifoso. Per me è un lavoro, l’ho sempre fatto con grande onestà e non mi sono mai arricchito, ma dignità ne ho da vendere. Quest’anno, più di tutto, mi ha spinto ad accettare il grandissimo consenso popolare, che assolutamente non mi aspettavo, proprio per come ero stato trattato in passato. Essendo già all’interno del progetto, seppur come responsabile del settore giovanile, oltre alle partite in casa, della prima squadra avevo seguito molte gare in trasferte tra i tifosi: ho proprio sentito quella forza e la voglia di dover provare, perché non è giusto che la mia città, la squadra del mio cuore, debba retrocedere in maniera così inopinata, senza lottare fino alla fine.

d: Al di là della classifica, rispetto alle precedenti esperienze, oggi come si sente?

r: Mi sento orgoglioso di quello che sto facendo e di come lo sto portando avanti, pensavo di essere un po’ retrogrado e indietro rispetto alla nuova generazione di allenatori, ma invece ho scoperto che la mia verve psicologica di motivatore ha ancora il suo fascino e riesce ancora ad attecchire con i calciatori di oggi, che sicuramente hanno una filosofia di calcio un po’ diversa, poiché anche il calcio si è evoluto negli ultimi anni. Ho creato un mixage che sta portando dei risultati, per entrare nel cuore dei calciatori ci ho messo del mio e spero gradatamente di arrivare sempre di più nel profondo. Proprio nella partita di martedì scorso, ho visto una squadra che mi ha inorgoglito per come ha interpretato la gara dal punto di vista mentale, così come nelle precedenti.

d: Cosa si aspetta dalla città, dai tifosi, dalla società fino a fine stagione?

r: Ormai ai tifosi non faccio nemmeno più appelli perché sono talmente maturi e coinvolgenti che già so che saranno sempre al mio fianco. Non sarà Pasquale Arleo, da solo, a salvare il Potenza, ma tutti insieme. Stiamo dimostrando che possiamo ricompattarci vicino a un obiettivo comune, pur di onorare la squadra della nostra città ed è forse la cosa più bella, della quale a missione compiuta, dovremmo andare fieri. Dalla società mi aspetto soltanto che stia al mio fianco, mi supporti in tutte le scelte che sto facendo in questo momento, e devono sapere che una volta concluso questa mission, io sarò sempre a loro disposizione, perché non ho ambizioni di carriera, il mio unico sogno che vorrei realizzare prima di salutare questa terra è vedere nuovamente il Potenza in serie B. Lo si potrà fare soltanto attraverso una programmazione mirata, senza fretta e senza soprattutto svenarsi a livello economico, facendo dei passi giusti, esattamente come si fa a scuola: ai ragazzi si insegna prima a camminare, poi a correre, poi ancora saltare per metterli nella migliore condizione possibile.

d: In quest’ottica di programmazione, se si vuole pensare in grande, deve fare la sua parte anche l’amministrazione comunale, mi riferisco in particolare allo stadio.

r: È una conditio sine qua non, nel senso che la società, gli atleti e i tifosi da soli non ce la possono fare. In questo momento abbiamo fatto tutti quadrato e mi auguro che aldilà del colore politico, tutti insieme possiamo pensare al bene della nostra città in maniera concreta, anche perché nell’amministrazione ci sono madri e padri di famiglia che hanno figli e penso vogliano crescerli in un contesto che dal punto di vista sportivo posso regalare delle soddisfazioni ed essere punto di riferimento per la loro crescita.

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Dopo la riunione di avvio del programma delloscorso gennaio tenutasi in videoconferenza, le tredici aziende selezionate per ‘Lucanica 2.0’, il progetto promosso da TotalEnergies per favorire l’export delle aziende lucane in alcuni mercati esteri, si sono riunite per la prima volta in presenza a Corleto Perticara.

All’incontro sono intervenuti per Tota lEnergies il responsabile dei Rapporti con il territorio Ambrogio Laginestra e Maria Teresa Lapadula (Sviluppo sostenibile); per Octagona, la società di consulenza che supporta la multinazionale in questo progetto, hanno partecipato il CEOAlessandro Fichera e il project manager Brando Bruschi.

L’evento ha rappresentato per le aziende un’importante occasione di confronto sui principali trend dell’export, oltre che di condivisione delle migliori pratiche per prepararsi con successo all’internazionalizzazione da un punto di vista strategico. Successivamente è stata presentataun’analisi relativa alla selezione dei Paesi europei in cui il Temporary Export Manager di Octagona avvierà lo sviluppo commerciale. Infine, le aziende hanno avuto la possibilità di presentare la propria organizzazione e le proprie peculiarità così da impostare una prima sinergia di gruppo.

“Lucanica 2.0 - ha evidenziato Ambrogio Laginestra di Total Energies - è un progetto di investimento sociale che punta a rafforzare le Pmi lucane del settore agroalimentare, supportandole nella pianificazione aziendale, nel marketing e nell'espansione nei mercati internazionali”.

Le tredici aziende selezionateappartengonoal territorio della Concessione Gorgoglione ed anche ad altre aree della Basilicata.

Da oggi fino alla fine del percorso, queste imprese saranno guidate dal team di Octagona e supportate nelle varie attività dal personale di Total Energies. I passaggi successivi consisteranno nell’affiancamento continuativo per giungere alla realizzazione di materiali promozionali e nelle fasi di ricerca e negoziazione con potenziali partner commerciali presenti in nord Europa interessati ai prodotti delle aziende del progetto.

«Per le aziende selezionate, ‘Lucanica 2.0’ sarà una grande occasione per proporre all’estero prodotti che connotano un territorio e con tutte le potenzialità per soddisfare i gusti di una platea differente da quella italiana, ma altrettanto esigente e potenzialmente interessata al turismo enogastronomico. I prodotti da forno, i vini, l’olio e il peperone crusco sono solo alcuni dei punti di forza di un agroalimentare che si dimostra sempre più settore strategico dell’economia lucana. Da qui, la rilevanza di un progetto che accompagnerà le aziende in un viaggio destinato a rafforzare le esportazioni dell’agroalimentare lucano, aumentate nel 2020 del 24% rispetto all’anno precedente».

 

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di Walter De Stradis

 

 

L’ingegner Alfonso Metello Francesco Andretta, potentino, sessantadue anni a giugno, viene da una famiglia di avvocati originaria di Forenza. L’incarico di amministratore unico di Acquedotto Lucano (giugno 2021) gli ha consentito di tornare, dopo tanti anni, nella sua città di origine. Nonché di poter andare finalmente al Viviani a veder giocare la squadra di cui è tifosissimo.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: La mia è la storia di un Potentino che a diciotto anni è andato a studiare fuori (Bologna) e ha avuto la possibilità di formarsi affianco a un maestro come il professor Foraboschi (già collaboratore del premio Nobel per la chimica, professor Natta). Ho lavorato nel suo studio per dieci anni e poi mi sono dato alla libera professione. Adesso, a distanza di tanti anni, poter ricoprire questo ruolo ad Acquedotto Lucano è enormemente gratificante, perché mi dà la possibilità di fare qualcosa per la mia terra. E questo oggi “giustifica” la mia esistenza, nonché il mio ritorno a Potenza.

d: Eppure al suo arrivo ci furono comunque polemiche: anche lei, se non ricordo male, fu inserito nel calderone dei dirigenti “stranieri” giunti in Basilicata. Ma nel suo caso si tratterebbe di uno dei -tanto invocati- “cervelli di ritorno”. O no?

r: Innanzitutto la ringrazio per il “cervello”! (ride) Dal 1980 mi sono trasferito a Bologna, ma essendo molto legato alla mia città di origine, sono sempre venuto a “santificare le feste”. Molte delle mie vacanze estive le trascorrevo poi a Forenza, paesino di origine della mia famiglia paterna.

d: Aveva dunque il polso delle situazioni lucane?

r: Sì, anche se fatto più di sensazioni, che di informazioni. Il contatto con gli amici mi trasferiva i sentori, i modi di pensare riferiti ai fatti successi in questi ultimi decenni.

d: E quali erano questi sentori che lei coglieva, prima di tornare a viverci, in Basilicata?

r: La completa sfiducia nelle istituzioni, l’assenza totale di meritocrazia, l’economia bloccata: sentimenti e fattori (alla luce di un’analisi forse sintetica e se vuole anche approssimativa) che spingevano i giovani ad andarsene, portando allo spopolamento della nostra terra.

d: E questi sentori, venendo qui, sono stati dunque smentiti?

Beh, già il mio essere qui può essere un segnale…essendo la mia nomina un fatto meritocratico, e non politico.

d: Entriamo nel vivo delle (tante) questioni pratiche. Qualche settimana fa abbiamo chiesto al presidente di Federconsumatori Basilicata, Michele Catalano, quale sia la bolletta che “preoccupa” di più i Lucani. E lui ha risposto “quella di Acquedotto Lucano”, anche a causa di alcuni “dati poco trasparenti, o meglio, che andrebbero spiegati maggiormente”, come “le perdite occulte”.

r: In effetti siamo al secondo posto in Italia, in ambito di “preoccupazione” degli utenti circa la “leggibilità” delle bollette dell'acqua. Ma ci siamo già mossi. Al di là di qualche errore nell’emissione (su cui stiamo indagando), la nuova bolletta (gennaio) è molto più leggibile e completa (inoltre era stata discussa preventivamente con le associazioni dei consumatori, recependo alcune delle loro osservazioni). Se invece parliamo di “preoccupazione” degli utenti in riferimento agli importi alti, bisognerebbe fare più ragionamenti: 1) confrontare comunque gli importi con quelli di altre regioni o paesi; 2) la scarsa densità della popolazione fa sì che qui noi si abbia chilometri e chilometri di tubi per servire in realtà delle utenze ridotte, il che aumenta i costi del “trasporto”; 3) suddetta rete è estremamente fragile e vetusta, soggetta dunque a danni e perdite: pensi che sul totale dell’acqua che “captiamo”, se ne perde circa un 60%; ne consegue che anche il 60% di ciò che AL spende per l’energia (uno dei nostri costi maggiori) lo si butta dalla finestra.

d: E tutto ciò va a finire nella bolletta dei Lucani?

r: Esatto.

d: E quindi bisogna rassegnarsi?

r: No. Diciamo meglio. Da un punto di vista storico, l’idea di “staccarsi” dalla Puglia e creare Acquedotto Lucano è stata fatta nell’ottica di salvaguardare questa nostra risorsa; ma da un punto di vista economico o gestionale, ha significato costi più alti. In Puglia infatti i costi si possono suddividere su un numero molto elevato di utenti e le tariffe possono essere dunque basse; in Basilicata no, perché, come le dicevo, le spese energetiche per portare l’acqua anche da 600 metri in su –e per giunta per pochi utenti- sono molto alte.

d: Quindi essendoci alla base questo “peccato originale”, più di tanto non si può fare?

r: Con la situazione attuale, no. Ma da un punto di vista tecnico, possiamo migliorare molto. Oggi grazie al Pnrr –e in particolare attraverso lo strumento di finanziamento “React EU”- abbiamo la possibilità di attivare dei fondi per ridurre le perdite. Abbiamo già richiesto un finanziamento del genere, e stiamo attendendo la risposta. Ciò che AL, Regione ed Egrib ora si aspettano è un finanziamento di circa 50milioni, per una prima tranche di lavori che avremo l’obbligo di terminare entro il 2023. I tempi sono dunque strettissimi (e molti esperti dicono già che non ce la faremo), tuttavia noi ce la metteremo tutta per realizzare questi interventi, che incarnano le linee guida del nuovo management di Acquedotto.

d: Che sarebbero?

r: La prima è la “transizione digitale”, ovvero una gestione basata sull’ “information technology”. Uno degli interventi previsti per il citato finanziamento è quello di sostituire più di 70mila contatori con modelli “smart”, che verranno letti da sistemi esterni e che dunque non necessiteranno più di una lettura o auto-lettura “in presenza” (ne beneficerà la trasparenza della bolletta e la possibilità, da parte dell’utente, di verificare GIORNALMENTE i propri consumi, e casomai ridurli). Il che ci porta alla seconda linea-guida, la “transazione ecologica”: l’utente capirà che la risorsa idrica è un bene essenziale e che non va sprecata. Il discorso del consumo d’acqua tuttavia non si limita al solo cittadino, ma va esteso alle strategie di azienda di tutte le imprese che operano sul territorio. Tutto ciò ha rilievo anche nel discorso “cambiamenti climatici”. Noi abbiamo una ricchezza che altre regioni non hanno: se dunque un domani dovessero esserci richieste per attività idro-esigenti, avere molta acqua diventa uno “skill” in più per la Basilicata.

d: Conferma che c’è un problema di allacci abusivi nelle contrade e nelle periferie?

r: Rientrano in quel 60% di perdite di cui parlavamo prima: perdite di carattere “amministrativo”, che cioè non riusciamo a fatturare. A quanto pare è un problema sviluppatosi soprattutto nelle periferie e nelle campagne di Potenza e Matera, a seguito della famosa “esplosione edilizia” (forse poco controllata), avutasi a margine del Terremoto 80: il cittadino, di fronte all’inerzia di chi non realizzava le infrastrutture, ha provveduto da sé. Aggiunga che spesso i contatori sono “interni”, il che rende difficile la lettura degli stessi. Da qui l’importanza dei “contatori smart”, che risolveranno anche questi problemi.

d: C’è anche la questione dei “pozzi neri”.

r: A quanto mi risulta è un fenomeno molto presente nella contrada Giarrossa a Potenza, ove i cittadini non possono usufruire delle fognature e quindi del trasporto dei loro reflui verso il depuratore. Perché? Per collegare la contrada al depuratore c’è necessità di un attraversamento ferroviario. Sono dieci anni che questa cosa è stata chiesta a Ferrovie, senza riposta. Tuttavia ho la fortuna di conoscere personalmente il presidente di RFI, e speriamo di sbloccare la situazione (rafforzeranno il tratto ferroviario, e si potrà finalmente mettere quel benedetto tubo!)

d: A proposito del Depuratore (che riversa le acque reflue della città, ripulite, nel Basento), è vero che fra poco dovrà trattare anche l’organico (con prevedibile risparmio per il Comune di Potenza, non più costretto al “tour della monnezza” verso Nord)?

r: Anche questo non è un progetto di AL, bensì dell’Egrib, circa il trattamento della frazione umida dei rifiuti urbani. Il progetto è in fase di stesura finale: noi di Acquedotto Lucano saremo coinvolti in una verifica congiunta per accertare se le strutture sono compatibili. Io penso di sì, ma bisogna accertarlo.

d: Fino al 2021 i Consorzi industriali gestivano gli impianti di depurazione: oggi sono in carico ad AL. Come incide questo sui –mi dicono già “precari”- bilanci di Acquedotto?

r: Questa presa in carico dei depuratori dei Consorzi ASI di Potenza e Matera, manco a farlo apposta, è avvenuta in concomitanza di una forte diminuzione del nostro personale. Ai circa 170 depuratori civili, se ne sono aggiunti otto industriali. In seguito ad alcuni “audit” interni, abbiamo appreso che le cose da fare sono tante, per mettere questi impianti a norma e renderli efficaci (leggi investimenti). Ma è bene dire che la gestione economica di questi impianti incide sì sul bilancio dell’ente, ma NULLA di tutto ciò andrà a finire sulle bollette del cittadino.

d: Ma alla fin fine il costo dell’acqua è uguale per il ricco come per il povero? Abbiamo la segnalazione di un residente di Bucaletto, indigente, che confida in una rateizzazione in dieci rate della sua bolletta di oltre 400 euro. Quali sono i vostri strumenti in favore di chi ha difficoltà economiche?

r: Come sa, è comunque previsto un “bonus idrico” per una certa fascia della popolazione, stabilito dalla Regione. Dal canto nostro, a quanto ne so, i nostri uffici sono sempre stati disponibili ad attuare le rateizzazioni. In quest’ottica di massima apertura, è comunque sempre importante il colloquio con le associazioni dei consumatori.

d: Da cittadino “di ritorno” a Potenza: che città ha trovato? Cosa chiederebbe al sindaco?

r: Non farei una domanda a lui, ma a chi lo ha preceduto negli anni. Lo scempio urbanistico è sotto gli occhi si tutti, e mi chiedo come sia stato possibile. La città è brutta, e lo dice uno che Potenza la AMA. Devo dire, però, che bastano poche cose a renderla più bella: prenda il cielo terso di oggi e la possibilità di vedere la campagna alla sua luce. A Bologna certe cose io non le vedo.

d: Il libro che la rappresenta?

r: Non mi rappresenta, ma lo trovo interessante: “L’animale sociale”, di David Brooks. Tratta del cervello “inconscio”.

d: Il film?

r: Non saprei…ultimamente mi è piaciuto molto “Avatar”.

d: La canzone?

r: “Basilicata on my mind” di Rocco Papaleo. Mi ha rappresentato in tutti questi anni da emigrato.

d: Quindi, alla fin fine, dopo 40 anni, anche un professionista come lei si sentiva comunque “un emigrato”.

r: Sì. Perché non sei né carne né pesce.

Sviluppare forme di collaborazione per attribuire alle donne un ruolo fondamentale nelle azioni promosse dall’Ufficio della Consigliera regionale di parità e dalla Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata (Farbas) per la sostenibilità ambientale e sociale: è l’obiettivo di un protocollo d’intesa firmato dai vertici dei due organismi, Ivana Pipponzi e Antonino Capuano.

La partnership riguarderà le attività di formazione, informazione e diffusione delle attività della Consiglierà di parità e della Fondazione e lo svolgimento di iniziative congiunte per l’inclusione lavorativa delle donne, la promozione e diffusione della “Carta delle pari opportunità ed uguaglianza sul lavoro”, con l’obiettivo di diffondere una cultura imprenditoriale ed una politica di gestione delle risorse umane mirata alla prevenzione delle discriminazioni di ogni natura, ad implementare la sostenibilità e la cura dell'ambiente un'ottica di genere.

In particolare, Ufficio della Consiglierà di parità e Farbas collaboreranno per individuare, anche, a livello europeo, bandi e programmi di maggiore interesse da progettare e realizzare anche in collaborazione con altre istituzioni e soggetti privati; promuovere modalità di formazione specifica rivolta alle istituzioni scolastiche e universitarie; progettare, istituire e realizzare un premio rivolto a studentesse universitarie lucane per tesi di laurea e ricerche scientifiche in materia di sostenibilità ambientale e sociale; progettare, istituire e realizzare iniziative congiunte in materia di ambiente e salute in una prospettiva di genere.
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di Walter De Stradis

 

 

 

 

A metà anni Settanta conduceva un programma radiofonico su una radio locale, e successivamente –anche grazie alla voce stentorea- le è stato spesso tributata una somiglianza con la celebre giornalista Carmen Lasorella. Dopo diverse esperienze politiche a livello comunale, Maria Di Lascio è sindaca di Lagonegro, provincia di Potenza, da poco più di un anno, dopo aver vinto le ultime elezioni con la lista “Insieme con Maria Di Lascio”, vicina all’attuale amministrazione regionale di centrodestra.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Cercando di essere utile. Cercando proprio, cioè, di “giustificare” un’esistenza. Questo anno e poco più da sindaca, io e i miei consiglieri lo abbiamo passato “spostando le macerie”. Come sa, nel 2016 c’era stata una dichiarazione di dissesto e successivamente una gestione commissariale durata quasi due anni. E i commissari prefettizi sono bravissime persone che però non hanno il polso della situazione, e non fanno nulla al di là dell’ordinaria amministrazione. Ciò ha significato, per due anni, mancanza di progettualità e programmazione, nonché personale andato in pensione che non è stato sostituito.

d: Un problema che hanno anche molti altri comuni lucani. Lei a lungo ha gestito un ristorante a Lagonegro. Nel film “Quei bravi ragazzi” uno dei protagonisti afferma “si capiscono un sacco di cose guardando la gente mangiare”. Questa cosa le è tornata utile anche in politica?

r: Avendo a che fare con la clientela ho avuto modo di affinare l’empatia. Mi piace ascoltare e capire. Ho imparato a guardare le persone quando abbassano le difese, cosa che di solito avviene a tavola. Ed è il motivo per cui lei fa le interviste a pranzo. (risate)

d: A microfoni spenti mi ha detto che preferisce l’appellativo “sindaca”. Ha un suo fondamento affermare che oggi per una donna è comunque difficile entrare nell’agone politico (e trovare le “macerie”)?

r: La funzione della donna in politica è recente e non ancora stabile: per questo credo che –per ancora un altro po’ di anni- le quote rosa siano utili e necessarie. Tenga anche conto che abbiamo fallito l’elezione di una Presidente-Donna al Quirinale, quindi vuol dire che per certe cose non siamo ancora pronti. Quando una donna -sindaca o deputata che sia- entra in una stanza piena di dirigenti maschi, a loro appare ancora un elemento spurio, scomodo addirittura. Speriamo che le cose cambino presto.

d: A proposito di riunioni e di dirigenti (maschi), oggi (martedì – ndr) lei è reduce da una riunione coi vertici regionali, a proposito dell’ospedale di Lagonegro. Le ultime news?

r: Abbastanza positive: grazie alla vicinanza del consigliere Piro (di Lagonegro, e “Per Lagonegro”) e dell’assessore al ramo Leone, per fortuna una vicenda che sembrava ormai naufragata nel porto delle nebbie, in questi ultimi tre anni è stata riportata a sintesi. Tuttavia non siamo ancora nella fase “definitiva”. Oggi abbiamo sì un’idea un po’ più precisa, ma bisogna ancora lavorare per realizzare finalmente la ristrutturazione di un presidio VERO per quel territorio. Noi siamo la cerniera fra la Campania e la Calabria, in qualche modo distanti dai “centri di potere” (Potenza e Matera); il Lagonegrese è poi composto da piccoli paesi, spesso divisi da tendenze campanilistiche, e con la presenza “preponderante” di un comune molto importante come Lauria, ove c’è la situazione che ben conosciamo. Quindi serve davvero questo “punto di ascolto” regionale, per esigenze che non siano della sola Lauria, bensì di tutto il Lagonegrese (ove oggi ci sono anche altri “portavoce”). Adesso bisogna finalizzare.

d: Questi gli aspetti politici, ma se un suo concittadino la ferma per strada e le chiede dettagli pratici?

r: Ci sono dei punti fermi; un primo intervento di appalto si potrebbe concretizzare già dai primi giorni di maggio (il progetto esecutivo del nuovo padiglione dovrebbe essere presentato a giorni, validato dall’Asp, e quindi passare alla stazione appaltante della Regione per essere messo a bando). L’inizio dei lavori si potrebbe verificare dunque entro questo 2022.

d: Non le chiedo se Bardi era presente all’incontro, perché già so che era impegnato altrove.

r: Era impegnato, ma essendo la riunione al Dipartimento della Sanità, c’erano l’assessore, il Dirigente, il direttore della Sua-Rb, del San Carlo…mancava solo l’Asp, perché il nuovo dirigente è entrato in carica da pochissimo.

d: Il precedente direttore dell’ASP ha ricevuta una lettera di ringraziamento da parte di voi sindaci lucani: ma come sa, nei mesi precedenti c’erano state polemiche su un presunto “pressing” politico subito affinché se ne andasse.

r: Bochicchio è stato sempre vicino a noi sindaci e pronto all’ascolto. Non di meno credo che in certi ruoli –come in tutte le cose- ci sia bisogno di una rotazione. Ciò non toglie che era giusto tributare a Bochicchio il riconoscimento per il lavoro svolto, specie nei momenti più difficili del Covid. In certe cose la vicinanza istituzionale è importantissima: aver consentito di organizzare le sedute vaccinali nei paesi come i nostri è stato davvero cruciale.

d: Alcuni suoi collegi sindaci ritenevano però –e ci sono stati degli interventi pubblici- che sulle loro spalle fosse stata scaricata troppa responsabilità, specie nelle prime fasi della gestione dell’emergenza.

r: E’ inevitabile. Sarebbe stato bello avere un Sistema Sanitario perfettamente funzionante, ma purtroppo non è stato così, anzi si sono viste delle crepe enormi. Penso alla mancanza cronica di medici: ne approfitto per rivolgere un appello affinché si abolisca il numero chiuso alle Facoltà di medicina. I medici mancano come il pane; e quelli che ci sono spesso hanno dimostrato di non essere adeguati ai nuovi metodi –magari anche per età- e in questa situazione i cittadini hanno trovato un riscontro nei sindaci. In una prima fase ci siamo sentiti TUTTI abbandonati, perché non avevamo ben chiaro cosa e a chi chiedere, poi man mano le cose sono migliorate -anche grazie all’intervento dell’esercito- e allo stato attuale a Lagonegro abbiamo vaccinato, con le tre dosi, più di mille cittadini!

d: Ma se dovesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Che i Lucani sono capaci e competenti e che qualche dirigente LUCANO nei posti chiave è indispensabile. Nominiamo i Lucani! Io comunque apprezzo molto il Presidente, davvero, mi piace il suo piglio e il suo modo di trattare le vicende senza “aggredirle”.

d: E quando c’era un altro Presidente, il lauriota Pittella, ritiene che il Lagonegrese avesse più attenzione rispetto a oggi?

r: Ne aveva di meno, perché Pittella non poteva dare l’idea di “privilegiare” il suo territorio di provenienza.

d: E quindi oggi Bardi…

r: …ci sta dando più attenzione. Proprio perché non ha quell’impedimento che aveva il suo predecessore.

d: Qualche settimana fa c’è stato quell’episodio relativo a un comunicato stampa di alcuni consiglieri regionali di centrodestra, che sembrava stigmatizzare (ma i firmatari smentiscono) il “lungo periodo di assenza” di Pittella, che però aveva avuto problemi di salute...

r: No, non credo ci fosse alcun riferimento a lui, anche perché quel comunicato l’hanno siglato persone che stimano Pittella.

d: "Stimano Pittella"???

r: Sì, alcuni di loro lo conoscono molto bene, e al di lù della politica, come uomo lo stimano pure. Guardi, io stessa –che non sono del suo partito- devo riconoscere che Lagonegro deve molto a Pittella, che da Presidente della Regione ci ha garantito (così come ad altri comuni) quel contributo economico utile a uscire dal dissesto.

d: E oggi invece Lagonegro di cosa avrebbe bisogno?

r: Di tutto. C’è bisogno di personale per non rimanere fuori da tutto ciò che passerà dal discorso Pnrr.

d: Pare ci sia un problema di norme nazionali circa le “quote” di personale che si può assumere.

r: E’ stato fatto il famoso “concorsone” per 2800 addetti: Lagonegro è in graduatoria e ha diritto a UNA unità, che dovrebbe essere a carico del Governo, ma questa unità ancora non ce l’abbiamo. Le persone che si sono presentate al concorso sono state la metà e comunque nessuno ha indicato Lagonegro. E quindi io oggi mi chiedo: come può gareggiare, il nostro comune, sui tavoli dei fondi del Pnrr, avendo UNA sola persona all’Ufficio Tecnico?

d: Il segretario comunale ce l’avete?

r: Lo perderò tra un mese. Ha fatto un’altra scelta. E non ho la responsabile finanziaria (quella amministrativa, gentilmente, si è presa in carico l’interim). L’appello va dunque lanciato anche alla Regione, che dovrebbe farsi da tramite per le esigenze dei comuni: in quell’Ente hanno meno vincoli, quindi potrebbero prendere del personale e trasferirlo ai comuni che hanno bisogno, in maniera quasi “diretta”. Ma è soprattutto il Governo che deve metterci in condizione di affrontare i tavoli del Pnrr, altrimenti vinceranno sempre i comuni del Nord, che il personale adeguato ce l’hanno eccome.

d: E su quale tema del Pnrr Lagonegro deve essere particolarmente presente?

r: Sulla sua vocazione, che è prevalentemente quella dei servizi (ospedale, tribunale, scuole), anche nell’ottica della vicinanza della più “commerciale” Lauria, che ha la Zes. A Lagonegro c’è il Centro nazionale delle ricerche geologiche, che oggi si trova nell’ex carcere, e c’è comunque la questione turistica (abbiamo l’unica montagna innevata fino ad aprile, ma dal 2015 siamo senza seggiovia)... ma ripeto, se non ci sono i tecnici che progettano e che mi consentono di “entrare” nei bandi, noi resteremo ai margini, e non possiamo. Senza contare che oggi ci sono questioni importanti come quelle dei rifiuti; dei giovani che emigrano (perdiamo 120-130 persone l’anno e anche per questo i concorsi pubblici ci vogliono); e –naturalmente- la preoccupante situazione di San Sago, ovvero la minaccia incombente che un depuratore di rifiuti speciali possa riprendere le attività vicino al fiume Noce. Ma almeno in questo caso, siamo uniti oltre i campanilismi, e tutti i comuni interessati stano portando avanti una battaglia –FUORI dalla politica- perché le regioni Basilicata e Calabria scongiurino questa eventualità.

d: La canzone che la rappresenta?

r: “Blowing in the wind” di Bob Dylan.

d: Il Libro?

r: “Una stanza tutta per sè” di Virginia Wolf.

d: Il film?

r: Ce ne sarebbero troppi…

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome al comune di Lagonegro: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: «Per aver riedificato, dopo aver tolto le macerie».

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di Antonella Sabia

 

 

 

Lo conosciamo come uomo politico e giornalista ironico e pungente, ha messo più volte “le mani nel petrolio”, cioè raccontando in libri e reportage la situazione ambientale. Abbiamo chiamato in causa il segretario dei Radicali lucani, Maurizio Bolognetti, per un’altra triste situazione che affligge la nostra amata regione, arterie stradali e trasporti pubblici. Lo scorso 6 dicembre si è tenuto l’Osservatorio Opere Pubbliche nel quale l’assessore regionale Merra, ha riferito sulla situazione di alcune delle arterie principali della nostra regione.

d: È tra le più trafficate, la Potenza-Melfi da sempre fa parlare di sé come “strada della morte”, interrotta in più punti, da ormai molto tempo.

r: Da fin troppo tempo si aspetta che quella strada maledetta venga messa in sicurezza per garantire a chi ci viaggia, di farlo senza rischiare la vita. Ci saranno poi certe persone imprudenti, senza dubbio, ma quella è una strada oggettivamente molto pericolosa. Qualcuno in passato aveva ben pensato di risolvere la questione mettendoci un autovelox. Un provvedimento inutile, pericoloso e insensato perché riguarda pochi metri di quella tratta; fatto sostanzialmente per fregare gli automobilisti e non certo per la sicurezza. Avrebbe molto più senso sapere che per tutta la tratta si è monitorati.

d: Pensiamo alla postazione della statale 658 che impone una velocità di 70 km/h, limite che viene rispettato in quel punto per poi dopo accelerare nuovamente.

r: Paradossalmente queste cose rendono la strada ancora più pericolosa perché l’utente che magari è distratto, inchioda improvvisamente, e la situazione diventa decisamente peggiore. Il cittadino avrà quindi l’impressione che sia solo un modo per fregare dei soldi dalle tasche dei contribuenti, già sono fin troppo tartassati, e che nonostante paghino le tasse sono costretti a percorrere strade indecenti come la Potenza-Melfi. Non credo però sia un problema solo della Basilicata, quando si parla di opere pubbliche e lavori che procedono con una lentezza esasperante. C’è una nota strada, la Nerico-Muro Lucano che è stata completata in 38 anni, ci auguriamo che per la Potenza-Melfi si possa impiegare meno tempo!

d: La stessa speranza va riposta per la Basentana, bloccata dai suoi lavori di adeguamento.

r: Ah quella?! È un’altra Via Crucis, c’è una tratta in particolare dove, parafrasando Dante, potremmo dire “perdete ogni speranza o voi che passate”; nemmeno ricordo da quanto tempo ci sia il cartello “lavori in corso”. Ma è possibile che in questo Paese le cose funzionino in questo modo? Per chi poi abita nelle aree interne, spostarsi da un capo all’altro di una regione che non è affatto piccola (10.000 kmq, solo 3.000 meno della Campania) è decisamente problematico. In Basilicata la densità abitativa però è bassa e la situazione orografica è ben nota a tutti: una regione fatta di montagne, con grandi distanze tra i vari centri abitati. Il tutto si traduce in tempi di percorrenza inevitabilmente lunghissimi per spostarsi da un capo all’altro di questa bella terra. Il tempo è importante, è un valore, bisogna quindi portare la gente a vivere meglio il suo tempo, anche mettendola in condizioni di viaggiare in maniera decente. Questo vale anche per le tratte ferroviarie. Penso a Matera dove non è ancora arrivato il treno veloce ed è servita dalle pittoresche Ferrovie Appulo-Lucane. Direi che noi Lucani potremmo rivendicare qualcosa in più..

d: Per non parlare poi delle stradine interne, molto spesso dissestate e mal ridotte…

r: Abbiamo delle bellissime strade provinciali che dobbiamo valorizzare. Ahimè le Province, a cui spetta la manutenzione di queste strade, sono in bancarotta, e quindi impossibilitate a svolgere anche solo una manutenzione ordinaria. Percorrere queste strade, anche a piedi, è un piacere che però rischia di diventare pericoloso, tra buche, smottamenti, frane. Queste strade, un po’ alla volta, vanno recuperate perché sono un patrimonio della Basilicata. Per dirne una, la strada che porta a Craco è qualcosa di spettacolare. Per ragioni di lavoro e politica, percorro queste strade in lungo e in largo da oltre trent’anni. Penso di conoscerle bene, si potrebbe fare un film intitolato “Sulle strade della Basilicata”, per far vedere quanto sono belle, ma anche quanto sono malmesse.

d: Secondo lei, per quale motivo i tempi sono così dilatati? Burocrazia, motivi economici?

r: Intanto comincerei a domandarmi se davvero abbia fatto bene questa storia dei ribassi; poi c’è la questione dei subappalti; poi la burocrazia, male atavico di questo paese, che tra l’altro non fa nemmeno rima con controlli adeguati. Guardo i risultati di meccanismi farraginosi, assenza di fondi adeguati: una serie di concause che portano a un risultato finale che è uno e uno solo. Tranne rare eccezioni, e mi riferisco al caso del ponte di Genova, in questo Paese un’opera pubblica sappiamo quando inizia, ma non la fine, e a volte, purtroppo, rimangono tante cattedrali nel deserto.

d: Per chi invece non può muoversi con le auto e deve usare il trasporto pubblico?

r: Eh, in quel caso si fotte!! Dobbiamo fare qualcosa per favorire la mobilità, non so, magari dei taxi collettivi, ma qualcosa bisognerà inventarsi perché solo la SITA non ce la fa. Se aspettiamo le Ferrovie dello Stato rischiamo di invecchiare e dobbiamo sperare di raggiungere l’età di Matusalemme. La Lauria-Candela? Chi l’ha vista più! Io vivo a Latronico e per andare nel Vulture-Melfese impiego molto più tempo di quello che ci metto per andare a Napoli. È inaccettabile, noi dobbiamo avvicinare le “Basilicate”. Questa è una regione particolare: in pochi chilometri cambia il dialetto e con esso anche le tradizioni; ci saranno probabilmente 131 dialetti, tanti quanti sono i comuni della regione. Di chiacchiere ne abbiamo sentite tante, soprattutto in campagna elettorale diventano temi utilizzati per fare promesse che rimangono nel libro dei sogni. Ricordo tutto questo sorridendo. Provo a usare l’arma dell’ironia e della satira nella certezza che il sorriso e un po’ di leggerezza aiutino a riflettere.

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Clikka sulla foto per guardare l'intervista andata in onda su Lucania TV

 

 

di Walter De Stradis

 

 

 

Il cinquantacinquenne Luigi De Lorenzo, geometra dalla cravatta allacciata lenta e dal cipiglio simpatico, ha sulle spalle –ormai da tre mandati- un carico non da poco. E’ il primo cittadino di Aliano (il paese, in provincia di Matera, in cui lo scrittore e pittore Carlo Levi visse il suo periodo di confino) e che oggi si candida (nuovamente) a Capitale Italiana della Cultura per il 2024. Siamo a non molti chilometri da Matera, in realtà, già Capitale Europea nel 2019, ma la proposta di Aliano è sostenuta da numerose associazioni di livello nazionale e internazionale e dall’Unione dei comuni della montagna materana.

d: Sindaco, come giustifica la sua esistenza?

r: Aliano è sempre stata il punto di riferimento nella mia vita. E anche se non avevo mai pensato che un giorno avrei fatto il sindaco, nel 2011 alcuni amici mi convinsero che era mio dovere dare il mio contributo.

d: Lei è ormai al terzo mandato, ma oggi più che mai Aliano è nel “cuore” della Basilicata culturale: immagino che su di sé avverta una responsabilità non da poco.

r: Una grande responsabilità lo è sempre stata, e si riallaccia al lavoro fatto qui negli ultimi vent’anni, dalla nascita del Parco Letterario “Carlo Levi”. Nel 1998 la situazione era piuttosto precaria: la casa di Levi non era fruibile, il museo della Civiltà Contadina era stato colpito da un’ordinanza di sgombero; nel museo storico del Palazzo Caporale erano crollati i tetti. Noi siamo partiti da qui. Negli anni 2000 abbiamo gestito questa fase della sovvenzione globale, agendo sempre in prospettiva, tant’è che oggi possiamo parlare di “cose realizzate”. Con grandi sacrifici. Oggi il turista che viene ad Aliano può usufruire appieno tanto dei luoghi d’ispirazione letteraria del “Cristo si è fermato a Eboli”, quanto di tutta una rete importante.

d: Quindi, per chiarirci, il turista viene qui e trova sempre APERTI la casa del confino di Levi, il Museo della civiltà contadina…

r: Le strutture museali sono SEMPRE aperte (mattina e pomeriggio), tranne il lunedì, e sin dal 2000. Si parte dalla chiesa di san Luigi Gonzaga –un autentico contenitore di arte sacra (con opere di scuola caravaggesca, di Carlo Sellitto, e il presepe artistico di Franco Artese); per poi arrivare alla pinacoteca “Carlo Levi” nel Palazzo De Franchi; al museo dell’espressionismo astratto americano riferito a Paul Russotto (artista di origine alianese); alla casa-confino di Carlo Levi; al Museo della Civiltà Contadina; al Museo dei Calanchi (punto di partenza degli itinerari del Parco dei Calanchi). Ci sono inoltre tre nuovi contenitori che inaugureremo nei prossimi mesi.

d: Ma come mai nel 1998 c’era ancora quella situazione disastrosa?

r: Le iniziative culturali nel nome di Carlo Levi iniziarono subito dopo la morte (avvenuta nel 1975 -ndr). Poi, sì, c’è stata una quindicina d’anni di stasi, da cui si è usciti grazie a una nuova generazione politica che ha capito che Aliano sta a Carlo Levi come Carlo Levi sta ad Aliano. Una proporzione importante per il futuro della nostra comunità.

d: Diceva di tre nuovi contenitori culturali.

r: Si tratta del Museo della Maschera e del Carnevale di Aliano (che è diventato “Carnevale storico italiano” nel 2018); il Centro di accoglienza turistico, con il museo della fotografia (con opere di Cartier Bresson e Fosco Maraini) e il Museo delle maschere rivisitate dall’artista Nicola Toce; il nuovo Museo storico di Carlo Levi, che conterrà anche il patrimonio di Levi stesso e quello di Umberto Saba, acquistato dal Comune negli anni precedenti.

d: Nell’ottica della presentazione della candidatura di Aliano a “Capitale Italiana della Cultura 2024” (e in attesa di sapere se verrete inclusi nella “shortlist” dei comuni papabili) siete carrozzati più che bene; ma non temete che il precedente di Matera (già Capitale Europea della Cultura nel 2019), possa rivelarsi un “handicap”? Insomma, qualcuno potrebbe pensare che questa regione “ha già avuto”…

r: Potrebbe in effetti essere un deterrente, ma quella di Aliano non è una candidatura isolata, bensì del territorio, della montagna materana, della Val d’Agri, del Metapontino: insomma, è in rappresentanza di TUTTI i piccoli borghi della Basilicata. Vede, per fare Cultura in un piccolo centro bisogna crederci molto di più che in una città, anche lucana, perché ogni cosa che nasce viene dal basso e nessuno ti regala niente. Aliano era già stata candidata a Capitale Italiana della Cultura nel 2016 (quando la nomina andò a Palermo), ma il dossier che approntammo per quell’occasione lo abbiamo poi TOTALMENTE messo in pratica e realizzato. Pertanto, questa nuova, ulteriore candidatura deve servirci come “linea guida” per le cose da fare: nel 2024 arriveremo preparati e onoreremo questo dossier. A PRESCINDERE de come vada a finire.

d: Mi spiega però –all’atto pratico- COME e SE la Cultura ha portato benefici, economici e di sviluppo, al suo paese? SONO nate nuove attività in questi anni? La qualità della vita E’ effettivamente migliorata?

r: So bene che molti dicono: “Con la Cultura non si mangia”. E noi invece possiamo dimostrare il contrario. Quand’è nato il “Parco Letterario Carlo Levi” non c’era nessun ristorante: oggi ce ne sono tre, importanti a livello regionale, con oltre 25mila coperti all’anno. Oggi abbiamo delle “residenze d’epoca” importanti, il borgo-albergo comunale (utilizzato principalmente per laboratori e i vari festival che facciamo, quali “La Luna e i Calanchi”). Solo il Festival di paesologia porta ogni volta in paese quindicimila presenze (in un borgo con ormai meno di novecento abitanti). Sono poi nate attività artigianali, negozi che vendono prodotti del nostro territorio, e anche i bar si sono adeguati al turismo.

d: E dunque cosa manca, oggi, ad Aliano?

r: Direi che non manca nulla. C’è la questione di far sì che i giovani non debbano andare via, e su questo stiamo lavorando molto bene, e confidiamo che continuino a nascere attività economiche.

d: Lei prima ha detto “nessuno ti regala niente”. I rapporti con la Regione come sono stati e come sono adesso? Si è capito appieno il “messaggio” che sta arrivando da Aliano?

r: La Regione ha sostenuto sempre le nostre attività culturali e anche infrastrutturali; segno che ha capito, capirà o sta capendo che anche in un piccolo borgo si può fare cultura, turismo, e risultare ospitali in un panorama nazionale e internazionale.

d: Mi pare che Aliano sia stato uno dei primi –pochi per la verità- paesi visitati dal Presidente della Regione, Vito Bardi.

r: Sì, credo che siamo stati proprio i primi, in occasione de “La Luna e i Calanchi”. Con lui ci siamo intrattenuti parecchio, abbiamo visitato i luoghi e ci siamo confrontati. Spero che questo dialogo possa continuare, anche nell’ottica di una Candidatura che –come dicevo- è in rappresentanza di tutta la Regione.

d: Molti dei suoi colleghi -in questo giro di interviste tra i sindaci- hanno lamentato alcune difficoltà di interlocuzioni col Governatore, specie nelle fasi più calde della Pandemia. Lei ha trovato sempre una porta aperta in Regione e qualcuno che rispondeva al telefono?

r: Non ho mai avuto difficoltà, e quando ho posto problemi seri mi è sempre stata prestata attenzione, anche se magari si sono usati toni un po’ più alti e si è riscontrata qualche oggettiva difficoltà. Ma sono convinto che se c’è sempre un dialogo, andare avanti si può.

d: Se oggi potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

r: Di seguire con molta più attenzione i piccoli comuni, che sono l’anello debole di una regione, in cui certe difficoltà comunque ci sono, e oggi in Pandemia ancora di più. Gli direi di investire sempre più su Cultura e Turismo: una reale possibilità per molti paesi e per quei sindaci che –non solo ad Aliano- stanno mettendo in campo iniziative con grandissimi sacrifici.

d: Veniamo al dossier sulla candidatura di Aliano a Capitale Italiana della Cultura 2024: può riassumerci i principi cardine del documento? Cosa c’è di diverso rispetto al dossier precedente?

r: Il tema portante è sempre l’attrattività turistica a grandi livelli. Ci sono progetti importanti per completare e connettere il sistema museale di Aliano, magari con un nuovo contenitore culturale, che oggi manca, e che potrebbe unire la grande archeologa lucana, dall’area metapontina a quella della aree interne, degli Enotri. Vogliamo inoltre che il premio letterario “Carlo Levi” diventi un punto di riferimento anche internazionale. C’è poi in ballo la grande musica del Mediterraneo, gli allestimenti scenografici del borgo, l’abbellimento del borgo stesso (sono in itinere finanziamenti importanti). Soprattutto, come dicevo, l’obiettivo è quello di far restare i giovani nelle nostre comunità, offrendo loro opportunità, ma facendo capire il significato del concetto di “appartenenza”. Il dossier aspira poi alle grandi mostre relative ai Calanchi, ma si estende anche all’agricoltura e all’enogastronomia.

d: In tutto questo, al di là del dossier, c’è da incastrare il discorso del Pnrr, una grande occasione che non va sprecata.

r: Direi che su quello stiamo lavorando bene. Ci siamo fatto trovare pronti già al primo bando della Regione, circa l’edilizia residenziale pubblica (che fortunatamente ci vede primi in graduatoria). Un altro bando finanziatoci dal Dipartimento Ambiente (500mila euro) è quello sulle aree verdi dell’abitato.

d: Stiamo parlando di Cultura come sviluppo. La figura di Carlo Levi, che caratterizza la vostra offerta culturale e turistica, pone comunque una difficile sfida: da un lato, mettere a frutto questa risorsa; dall’altro, cercare di evitare accuse di “levismo”, termine critico, inteso in senso negativo da quegli intellettuali che ritengono che la nostra terra debba allontanarsi dai cliché del sottosviluppo e da un immaginario ritenuto obsoleto.

r: Carlo Levi è stato esiliato qui dal settembre del 1935 al maggio del 1936, poco meno di un anno. Ha lasciato tuttavia una grande eredità a TUTTA la regione: aldilà della polemica di cui parla lei, molte cose che poi sono accadute qui sono avvenute sulla sua scia: la venuta di Olivetti, di De Martino, di Cartier-Bresson, di Pasolini… Se Matera oggi è patrimonio mondiale dell’Unesco, lo si deve legittimamente anche a Levi e a quello che fatto a livello politico (il suo libro-denuncia smosse le coscienze a livello nazionale).

d: Il libro che la rappresenta? (Ovviamente, al di là di “Cristo si è fermato a Eboli”).

r: Posta così, è una domanda difficile (sorride). Direi “Il Diario di Anna Frank”.

d: Il film?

r: “La vita è bella”, di Benigni.

d: La canzone?

r: Eh… “E sono ancora qua” di Vasco Rossi. Che ne dice? (ride)

d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome su in Municipio: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

r: Targhe e busti non mi interessano. Mi piacerebbe essere ricordato per l’impegno dato per la comunità.

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