Breaking News

pagina_1_vignetta_piscina_a_secco.jpg

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

è lecito ritenere che, se non ci fosse stata la Pandemia da Covid, il numero dei rimostranti che l'altro giorno protestavano nei pressi della Regione (ove si teneva l'incontro inter-istituzionale dell'Unità di crisi sulla questione Acqua) sarebbe stato molto più grosso.

No, non è una questione di paura di eventuali contagi; si tratta di ciò che, ormai, ci hanno abituato a ingoiare. Fermiamoci un attimo a pensare: dopo essere stati chiusi in casa per settimane; aver visto (in tv e sui vari mezzi d'informazione) gli animali iniziare a riprendersi i nostri spazi urbani, il Papa inginocchiarsi in un Vaticano deserto, e soprattutto vere e proprie “catene” di bare- in tutto il mondo- trasportate da camionette militari, beh, poco o nulla -oggi- può terrorizzarci o scandalizzarci. Perlomeno, non come una volta. E infatti, senza scivolare nel complottismo d'accatto, poco tempo dopo la NASA ha cominciato a fare spallucce e parziali ammissioni su alcuni filmati UFO; squali dell'alta finanza hanno programmato viaggi su Marte e presentati al mondo i loro robot umanoidi, cose che fino a un mese prima vedevamo solo sulle copertine dei vecchi romanzi di Asimov. Senza contare “l'improvviso” balzo in avanti fatto dall'IA, oggi a portata di chiunque sappia usare una tastiera.

C'è da aspettarsi, con questo processo di “sospensione d'incredulità globale”, ormai in stato avanzato, che se un domani qualcuno dirà al Tg che sta per esplodere una pandemia-zombi (come nei film di Romero), ci stupiremo poco o nulla.

Il concetto è: ormai ci “beviamo” tutto, mezze verità, falsità e fango compreso, senza più spaventarci, preoccuparci o indignarci come prima.

E torniamo al punto di partenza: se quello che sta accadendo oggi con l'acqua tolta dalle case in alcune fasi della giornata (in ventinove comuni della Basilicata) fosse accaduto solo cinque anni fa, i cittadini incazzati di fronte al palazzo regionale (così come quelli, giorni addietro, al cospetto della Prefettura di Potenza) sarebbero stati molto più numerosi. Perché, in una questione di vasi comunicanti, la Siccità si è limitata a scoprire il vaso di Pandora.

C'è da riconoscere, tuttavia, che -conseguenze psicologiche della Pandemia o meno- l'asticella del grado di rassegnazione e di accettazione dei Lucani è sempre stata di per sé piuttosto bassa. E vien da sorridere, se si pensa a quel vecchio detto pugliese (!!!), che -nell'evidenziare la buona probabilità di riuscita nel corteggiamento di qualcuno- suggerisce al corteggiatore: “Ammint ca l'acqu je vasc”. Ovvero: “Buttati, che l'acqua è bassa”. E quindi buon gioco ha il Destino (chiamiamolo così, per diplomazia), a “corteggiare” e a “circuire”i Lucani. Tanto l'acqua è bassa. Mai come in questo momento.

Riassumendo:la protesta di martedì scorso, pareva a tratti una “Presa della Bastiglia”, ma anche una “Presa della Pastiglia”, visto il sonno (della ragione) dei protestati (ma anche, forse, dei protestanti?).

Walter De Stradis

salvare_il_salvabile.jpg

 

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

di notte, il water e il lavandino del mio bagno emettono suoni profondi e gutturali. Gorgoglii, risucchi, assestamento dei tubi, forse, ma fatto sta che sembra ci sia un orco nel bagno di casa mia. Ucci ucci, sento odor di restrizioni. Essì, perché queste, come avrete ben immaginato, sono le conseguenze, fra le più innocue per la verità, delle interruzioni idriche che stanno interessando ben 29 comuni della Basilicata. ‘Orco can, come dicono in Veneto. E sta anche di fatto che, un giorno di questi, con il continuo leva-e-metti l’acqua, le tubature di cui sopra magari scoppieranno per il ritorno improvviso del flusso idrico.

Intanto, lo spettro delle autobotti sotto casa, con la gente in fila come ai tempi della Guerra, si fa sempre più denso. Non sarà lui a gorgogliare nel mio bagno?

E poiché quei rumori arcani prodotti da quell’orco cane -che succhia l’acqua di casa mia di notte- sono forieri di incubi, al risveglio mi domando come mai, come al solito, non sia colpa di nessuno. Non so chi, non so dove, non so a quale livello, ma forse qualcuno avrebbe anche potuto fare un onesto mea culpa, no? Specie se pensiamo che nei paesi anglosassoni, se un ministro viene solo beccato a sputare in terra, quello un attimo dopo rassegna le dimissioni. Ma, trattandosi di "sogni", per l'appunto, invece in Basilicata che succede? Se ne fa tutta una questione politica. Come al solito. Tanto le colpe di questo colabrodo si disperdono e si polverizzano all’indietro nel tempo, ed è vero, e allora capisci bene che, in effetti, sarebbe necessaria anche e soprattutto qualche dimissione “retroattiva”, il che è materialmente impossibile. D’altronde la fisica, perlomeno quella moderna, ci dice che il viaggio all’indietro nel tempo è impraticabile; quello in avanti -teoricamente- sì (basterebbe farsi un giro nei pressi di un buco nero e tornare), ma anche il nostro “futuro” ci pare scalcagnato. Il “buco nero”, in effetti, è già qui, e ora.

Ce lo dice, ancora una volta, il Rapporto Migrantes 2024, secondo il quale, sostanzialmente, esiste: «un trend inesorabile che a furia di partenze dalla nostra regione verso altre regioni italiane, ma soprattutto verso l’intero mondo, in particolare verso l’Europa che nonostante le crisi interne attrae sempre più, Regno Unito e Germania in testa, rischia di lasciarci con il cerino in mano e finire per bruciarci» (parole queste, di Luigi Scaglione, Presidente del Centro Studi Internazionali Lucani nel Mondo).

La popolazione residente, dice il rapporto, è passata a 533.636, dato al 01/01/2024, rispetto ai 536.659 del 1 Gennaio 2023.

E se pensiamo che, da che Mondo è Mondo, l’uomo ha iniziato a spostarsi proprio in cerca dell’acqua, ci ritroviamo difronte all’ennesima, tutta lucana, sinistra simmetria.

E buona vita a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

 

 

aree_interne_-_laurenzana.jpg

Cari Contro-Lettori,
nonostante le edicole cadano come
mosche, in Basilicata c’è ancora voglia
di leggere. Soprattutto in quelle fasce
d’età che sono generazionalmente poco
avvezze ai cosiddetti “social” e simili che
–dopo aver dato una fragorosa spallata
alla stampa, soprattutto quella cartacea

oggigiorno
offrono una comunicazione/
informazione a tamburo battente, sì, ma
molto spesso confusionaria e ambigua.
Ma, non di rado, gli atavici problemi
infra-strutturali della nostra regione,
complicano non di poco la questione:
eppure, il recente rapporto Anteas
chiarisce che proprio nelle aree interne
della Basilicata, distanti dai centri di
offerta di servizi essenziali, risiede il
79,5 per cento della popolazione (22,7
per cento la media-Italia).
Da tutto ciò discende l’idea e iniziativa
(sostenuta dal fondo etico della
BCC Basilicata) di una più capillare
distribuzione di un settimanale cartaceo
(il più longevo free press regionale),
quale Controsenso Basilicata, specie in
quei paesi della Lucania ad alto tasso
di popolazione anziana e di scarsa
alfabetizzazione digitale; particolare,
quest’ultimo che -come si accennavaimplica
assenza di dimestichezza con
l’utilizzo di Internet, dei social, e di
conseguenza -ahinoi- anche con la
consultazione dei mezzi di informazione
online.
E ci sia consentito dire, non senza un
pizzico di commozione, che le reazioni
di alcuni lucani residenti in questi
comuni –che abbiamo potuto verifi care
“in loco”- alla vista e alla consegna
(come sempre gratuita) del nostro
giornale, ci ha convinti a perseverare su
questa strada.
In Basilicata, ripetiamo, c’è voglia
di leggere. Il sorriso spontaneo dei
simpatici cittadini di Laurenzana,
fotografati in piazza Urga col nostro
giornale tra le mani, ne è la conferma.
Ma questa operazione, la diffusione più
capillare del nostro giornale nelle aree
interne della Basilicata, è di quel tipo
che funziona grazie anche e soprattutto
al contributo dei lettori stessi: l’invito
è dunque rivolto ad associazioni, enti e
cittadini a inviarci segnalazioni, spunti,
e a notiziarci sulle iniziative.
Oggi, più che mai, buona lettura a tutti.
Walter De Stradis

 

lucania_recinto.jpg

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

a leggere il rapporto dell'Anteas (Associazione Nazionale Tutte le Età attive per la Solidarietà, nata in ambito Cisl), la Basilicata, storicamente parlando, è a un punto di svolta; per metterci perlomeno in pari con le altre regioni più sviluppate- è stato detto nel corso dell'incontro tenutosi al Polo Bibliotecario di Potenza- oggi più che mai è urge mettere in atto politiche coraggiose. Su tutto, però, campeggia sempre il fantasma dello spopolamento. Addirittura, il presidente Anteas regionale Nicola Pica, ha parlato di regione che presto sara recintata. Stando al rapporto, infatti, i territori in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata (con una perdita di circa 25mila abitanti negli ultimi dieci anni) e la Sardegna.

Il 28,5 per cento della popolazione lucana vive in piccole città e sobborghi e il 23,0 per cento in città. Nelle aree interne, distanti dai centri di offerta di servizi essenziali, risiede il 79,5 per cento della popolazione (22,7 per cento la media-Italia). La riduzione di popolazione più accentuata si evidenzia a Potenza (-3,5 per cento) mentre a Matera il calo è pari al -2,1 per cento.

Tra il 2020 e il 2021 solo un comune su sette non ha subito perdite di popolazione e tra questi non è presente alcun capoluogo di provincia. Invece, sono 112 i comuni dove la popolazione diminuisce: in valore assoluto, le perdite più consistenti si registrano a Potenza (-570), Lauria (-149) e Lavello (-111); in termini relativi, nei comuni di Missanello (-9.4%) e Cersosimo (-5,3%).

La Basilicata mostra un livello di benessere relativo più basso della media nazionale e pressoché in linea con quello registrato nel complesso dei territori del Mezzogiorno. Il sistema dei servizi sociali territoriali risulta disomogteneo e non adeguato.

La Sicurezza è tuttavia lambito nel quale la Basilicata e le sue province detengono i vantaggi più diffusi, così come evidenze positive emergono nei settori ambiente e salute. Le dolenti note sono invece allocate negli ambiti Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Paesaggio e patrimonio culturale e Innovazione, ricerca e creatività.

In termini di occupazione, la Basilicata conferma le posizioni registrate nel 2022: con un tasso di disoccupazione del 7,1%- in netto miglioramento rispetto all'8,4% del 2022 e inferiore alla media italiana (8,1%)-si posiziona al12/o posto tra le Regioni.

Inoltre, c’è anche un altro dato molto significativo: la percentuale di popolazione lucana in condizioni di grave stato di privazione sociale e materiale è scesa dal 4,9% del 2022 al 2,4 del 2023.

Così come, tuttavia, risulta dal rapporto CARITAS 2024 in Basilicata, nel corso del 2023 sono state 3.709 le persone che si sono rivolte ai 26 centri di ascolto Caritas della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, con un aumento rispetto allanno precedente del 5,8%.

Da rilevare, inoltre, che mentre la quota di famiglie lucane in cui nessun componente lavora supera di 4 punti percentuali la media nazionale.

«E' il momento di un grande patto sociale -ha chiosato il segretario generale Cisl basilicata, Cavallo- la politica da sola non può risolvere tutti questi problemi, è necessario valorizzare il confronto».

Cosìè, se vi pare.

Walter De Stradis

nonno_in_giunta.jpg

 

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

“Il vecchietto dove lo metto” cantava, nel 1973, Domenico Modugno e quattro anni dopo, in un celebre episodio del film “I nuovi Mostri”, Alberto Sordi “scaricava” con l’inganno l’anziana e dolcissima madre in ospizio dalle suore, in quanto non più gradita a sua moglie (ovvero la nuora, che era anche la “protagonista”, in negativo, della canzone citata in apertura). Si era, insomma ancora in un’epoca in cui la persona anziana veniva considerata, mostruosamente appunto, quasi alla stregua di uno scarto di produzione della società industriale. Mezzo secolo dopo, se le cose sembrano cambiate, è anche e soprattutto in virtù, inutile nascondercelo, del contributo economico che la terza età porta con sé (la questione dell’abbandono e della solitudine degli anziani, specie in città, è infatti lungi dall’essere archiviata).

Pertanto, in occasione della Festa dei Nonni celebratasi il due ottobre, ce lo ha confermato un’analisi Coldiretti su dati Senior Federanziani, secondo la quale sono proprio loro, i nonni, a salvare il bilancio domestico, «principalmente per accudire i figli e accompagnarli in tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche quando, spesso, entrambi i genitori lavorano e sono fuori casa la maggior parte della giornata». Ad evidenziarlo è Leonardo Gorgoglione, presidente dei Federpensionati Coldiretti di Basilicata, secondo il quale «Anche in Basilicata, tra i lucani che beneficiano della presenza di un pensionato in casa, oltre la metà vede loro come un valido aiuto per accudire i propri figli (…) mentre un 35% dichiara che i nonni sono un fattore determinante per contribuire proprio al reddito familiare. Ma esiste anche una ridotta percentuale dell’8% che trova dai nonni un aiuto a livello lavorativo, soprattutto per chi ha un’attività, dall’agricoltura all’artigianato, fino al commercio, e può così beneficiare dell’esperienza accumulata da chi è ora in pensione».

Orbene, se è vero, da un lato, che la famiglia è la cellula dell’organismo chiamato società, e che, dall’altro, negli ultimi anni le pratiche di “svecchiamento” (o di “rottamazione”, se preferite ) nella politica hanno comportato (anche) un’invasione di dilettanti allo sbaraglio ancora con la candela al naso, assetati di sedie, indennità e potere (e le conseguenze sulla città di Potenza, e non solo, le abbiamo viste tutti), suggeriamo –tra il serio e il faceto- la nomina di almeno un “nonno” in Giunta, Consiglio, Cda, o quel che preferite voi. E non stiamo parlando di un politico (gli interpreti anziani della nobile arte qui non mancano), bensì di un Nonno… “Libero” (ricordate Lino Banfi?), pratico di “bilanci” familiari (non di familismo), distillatore di saggezza (non di “segge”), dispensatore di carezze (non di rincari).

Walter De Stradis

gildo_e_saurino.jpg

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

questo trentunesimo anniversario della scomparsa di Elisa, ancora una volta, non è passato inosservato.

Monsignor Davide Carbonaro si è inginocchiato e ha pregato al cospetto della lapide della giovane potentina, uccisa da Danilo Restivo e le cui spoglie mortali furono poi ritrovate nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità. Per la famiglia Claps, si è trattato di un importante, primo passo nella nuova “gestione” della Chiesa potentina, ma non sufficiente: intervistato dal Tgr Basilicata, Gildo ha chiesto che venga rimossa la targa tributata all’enigmatico don Mimì. Quello sì, spiega, sarebbe un reale gesto di “distensione”.

Nel frattempo, dopo decenni di pantomime messe in scena a più livelli e in più contesti, che sembravano richiamare il titolo italiano di quel vecchio film con Vincent Price, “Oscar insanguinato” (“Theatre of Blood”, in inglese), ma di fronte alle quali i familiari di Elisa non sono stati certo distratti spettatori, sul versante “laico”, dopo l’intitolazione del larghetto situato a pochi metri da quei locali della chiesa teatro del misfatto, arriva un altro risultato concreto: l’inaugurazione, in Congo, di una sala d’aspetto dedicata alla giovane potentina, nonché il rafforzamento di un dispensario medico salesiano, tramite i fondi raccolti col progetto “Il cuore di Elisa nel cuore dell’Africa”. Come emerso da alcune pagine del suo diario, infatti, la giovane sognava di diventare medico e di aiutare il prossimo.

All’incontro celebrativo, svoltosi al Teatro “Stabile” di Potenza, erano presenti anche l’attore Gianmarco Saurino (che nella seguitissima fiction Rai interpretava Gildo), e il giornalista Pablo Trincia (il cui podcast sul caso aveva riscontrato una vasta eco), a dimostrazione che -quando vogliono- i mezzi di comunicazione, serie tv comprese, possono davvero fare la differenza nel pizzicare le coscienze, non sempre ben focalizzate, di spettatori e ascoltatori.

...Sperando che il teatro dell’assurdo, dell’arabesco e del grottesco, qui da noi vada in fallimento una volta per tutte.

Con tutto il rispetto per Vincent Price.

Walter De Stradis

 

bocciati_politica.jpg

 

 

 

Cari Contro-Lettori,

in un Paese in cui un uomo

di Governo può beatamente

portarsi in giro l’ambiziosa

amica per convegni e

appuntamenti istituzionali,

spacciandola per consulente

o collaboratrice, mentre costei, giusto per

non annoiarsi, nel frattempo conserva,

registra, filma (e poi sputtana) tutto, anche

con l’ausilio degli occhiali di James Bond

(ormai acquistabili sottocasa), c’è poco

da stupirsi se in un Consiglio regionale

per prima cosa viene approvata una

norma con la quale si aumentano quelli

che tecnicamente si chiamano “costi della

politica”, ma che il cittadino con le tasche

piene (di veleno, non certo di soldi) definisce

malignamente “aumento di stipendio”.

Ma tant’è. Viepiù che alcuni di costoro

sono poi gli stessi che si palesano in

prima fila –o comunque ben posizionati a

favor di videocamera- alle manifestazioni

religiose più importanti del territorio,

per poi pubblicare sui social o dettare

comunicati stampa con gli appropriati

sentimenti mistici, religiosi ed ecumenici

del caso. Ma, ripetiamo, cosa vuoi che

sia un politico locale che delibera di

aumentare “i costi della politica” e poi va

subito dalla Madonna –costi quel che costipur

di apparire sempre contrito, fraterno,

consapevole e responsabile, se in

Italia c’è un Ministro che ammette

(con una malcelata “padellata”

sulla fronte) “relazioni affettive”

extraconiugali sulla Tv di Stato,

e poi frigna per il perdono della

moglie, manco fosse a “C’è posta

per te” con la De Filippi. Il tutto,

naturalmente, mentre l’ambiziosa

amica di cui sopra “posta”

in tempo reale le sue verità sui social

onde smentire l’ex (a suo dire) mentore/

mentitore.

E il cittadino, quaggiù, come reagisce a

questi esempi nazional-regional-popolari?

Semplice, decidendo di non votare più.

«Questo Sindaco, quando era candidato,

rispondeva a tutti i miei messaggi, il più

delle volte scrivendo: “Non preoccuparti, il

problema del tuo quartiere lo risolveremo”.

Adesso non risponde più. Alle prossime

elezioni non ci vado a votare», ci dice un

cittadino Lucano. Uno dei tanti. Il che

dimostra che nemmeno il famoso evergreen

borbonico “Franza o Spagna, purchè se

magna”, vale più (dal momento che si

magnano tutto loro).

Certa politica, insomma, continua a giocare

a “bocce” con i destini dei propri sottoposti

(ovvero noi), mentre rapidamente certe

promesse elettorali diventano roba vecchia,

anzi decrepita, come i reperti archeologici

di Pompei.

Ben ritrovati a tutti.

Walter De Stradis

LEONESBADIGLIO.jpg

 

 

 

Cari Contro-Lettori,
dall’Ansa apprendiamo che nel sito di
Venosa Notarchirico, sono stati scoperti i
resti del più antico Leone delle caverne in
Europa: risale a circa 650mila anni fa. La
scoperta pubblicata su Journal of Quaternary
Science è stata fatta dal gruppo di ricerca
internazionale guidato da Alessio Iannucci,
dell’Università di Tubinga in Germania,
con la partecipazione di Raffaele Sardella
e Beniamino Mecozzi dell’Università
Sapienza di Roma.
Salta subito all’occhio la curiosa connessione
col simbolo della città capoluogo di regione,
il leone -per l’appunto- il cui simulacro, da
qualche anno, fa bella mostra di sé nella
rotonda di piazza XVII Agosto. E per quanto
quella statua sia in perenne posa da ruggito,
il suo “spirito” da diverso tempo si limita a
sbadigliare, stanco e annoiato
della vacuità di una politica
locale svogliata, arrogante,
permalosa e inconcludente. E
l’ultima campagna elettorale,
uno spettacolo di Vaudeville
di pessima qualità, non ha
fatto molto ben sperare per le
intenzioni future. Per ridare
lustro al pelo del nostro leone
non basterà qualche accordo
scambistico (nel senso delle
poltrone) e i facili propositi da
Libro Cuore sbandierati con
larghezza ai quattro venti che
soffi ano sui social. Ci vorrà
molto di più. Strade, trasporti,
servizi sociali, verde urbano,
sicurezza pubblica, sono tutti malati gravi a
cui fi nora è stato somministrato un blando
analgesico, anzi, il proverbiale brodo di pollo
buono per tutte le stagioni. Eh, sì, infatti, da
“leoni” a “polli”, in questa città, il passo è
troppo breve. Abbiamo assistito e assistiamo
tuttora a delle assurdità, si va dalla costosa
“sottile linea rossa”, per citare un famoso
fi lm di guerra, tracciata a Gallitello per le
biciclette, e che ora langue, già ricoperta
di polvere e terra, nella palese inutilità più
totale, alle scale mobili di XVII agosto che
ad ottobre -in assenza dei necessari lavorigiungeranno
a “fi ne vita” senza che nessuno,
come denunciano i sindacati, si sia grattato
la fronte. Ma tanto “chissene”, sembra
la fi losofi a dominante, i Potentini sono
come i cornuti, sempre gli ultimi a sapere.
Attendiamo, con ansia, di conoscere il nuovo
“volto” che assumerà il governo cittadino, i
nuovi personaggi e le nuove deleghe di cui
saranno investiti. Accà nisciun è fess,
Walter De Stradis

e_mo_foto_rocco_esposito.jpg

foto Esposito

 

 

Cari Contro-Lettori,
le ultimissime fasi della campagna elettorale
per l’elezione del nuovo sindaco di Potenza,
comprese quelle relative al ballottaggio, sono
state una plastica rappresentazione dei tempi
che cambiano.
Avvenute quasi esclusivamente via web,
si sono divise tra video in stile La Ricotta,
l’uso libero e reiterato di intercalari critici
potentini, e rappresentazioni arcadiche e
bucoliche, allestite e sceneggiate alle porte
del Capoluogo.
Insomma, tra sketch e kitch, si è visto davvero
di tutto.
Senza contare le accuse reciproche dibattute
e argomentate in pieno stile “social”, come si
conviene al giorno d’oggi.
Ai Potentini, ora, l’ardua sentenza, anche se a
pesare sule sorti della -più che mai “singolar”-
tenzone potrebbero essere, ancora una volta,
gli incalliti astensionisti da ombrellone (ai
quali andrebbe spiegato una
volta per tutte che non ha senso
votare al primo turno se poi, in
presenza del puntuale, previsto
e prevedibile ballottaggio, si
opta per sdraio e cruciverba) e
quelli che se ne stanno lì a fare
calcoli quantistici sulle possibili
conseguenze, a loro favorevoli o
meno, di alcuni apparentamenti
apocrifi , interrogandosi se
a benefi ciarne, alla fi n fi ne,
saranno solo gli apparentati
stessi, o meno.
Ne consegue, insomma, che gli
orientamenti di voto (e di non
voto) -stante la natura stessa
del ballottaggio, così come
regolamentato- potrebbero
dipendere da sensazioni, pulsioni e
rivendicazioni che poco o nulla hanno a che
fare con la propria personale “visione” della
cosa pubblica che ciascun potentino dovrebbe
avere. Qualunque questa sia.
Questa città, a prescindere da chi la
governerà, ha invece un bisogno smodato dei
suoi cittadini, non solo dei votanti, ma anche
delle associazioni, dei comitati e persino
dei crocicchi vari che germogliano per via
Pretoria (e il tutto va fatto con criterio e
fermezza: spiace ricordare quel portavoce
rionale che, di fronte alle rimostranze del
politico a proposito delle sue affermazioni
riportate sul nostro giornale, si rimangiò tutto,
dando la colpa all’articolista e al titolista).
Non c’è bisogno di chiedere al Cern di
Ginevra, per rendersi conto che i cittadini
devono fare massa critica.
Diventare invece, ogni volta, critici di massa,
a buoi puntualmente scappati dalla stalla, non
serve a nessuno.
Walter De Stradis

 

 

https://www.dropbox.com/scl/fi/dfs4ti77lanmou29z217b/controsenso-basilicata-21-06-24.pdf?rlkey=mx77lr8kyn45th44u1e0qnsaw&st=72nbxd6e&dl=0

 

INT_PRA_CARBONARO.jpg

 

 

 

 

di Walter De Stradis

N

ominato arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marisco Nuovo il 2 febbraio scorso, monsignor Davide Carbonaro, cinquantasette anni, ha fatto il suo ingresso nel Capoluogo, da capo della chiesa locale, il 18 maggio scorso. Si è ritrovato a Potenza, praticamente, nel bel mezzo dei festeggiamenti del Santo Patrono e dell’accesa campagna elettorale per le comunali.

Quel che si dice, un battesimo del fuoco.

d- Come giustifica la sua esistenza?

r - In modo semplicissimo, ma profondissimo: mi sento amato. Lo sono stato e lo sono ancora. Sono stato molto amato dai miei genitori -nel contesto di una famiglia meridionale, molto semplice, proveniente dalla Sicilia- e ho capito, crescendo, che quello era il riflesso di un amore molto più grande. Quello di Dio.

d- Di cosa si occupava la sua famiglia?

r - Siamo della Val di Noto, mamma originaria di Rosolini, papà di Ispica. Mamma faceva la casalinga e papà l’artigiano, il falegname. Ho vissuto in Sicilia fino a 11 anni, ma poi c’è stato il “richiamo” da parte dei fratelli di papà, che si erano già trasferiti a Roma negli anni Cinquanta. E così, ho vissuto, nel 1978, l’esperienza dello “sradicamento”, il passaggio da una piccola realtà, alla periferia di una città grandissima come Roma. Tuttavia, mi venne in aiuto la chiesa, perché subito i compagni di classe mi portarono in oratorio e vissi un’esperienza molto bella. Tenga conto che la periferia di Roma, in quegli anni lì, implicava tutto un mondo.

d- Nel senso che l’amore e la fede l’hanno “salvata”.

r - Mi potevo perdere come qualsiasi altro ragazzo, come purtroppo è accaduto ad alcuni miei amici. Mi preme dire che diversi miei amici, sia d’infanzia sia della periferia di Roma (Torre Maura, sul Casilino), sono stati presenti alla mia ordinazione episcopale, rimettendo insieme i pezzi di una storia straordinaria.

d- Quando ha capito che nella sua vita sarebbe stato un sacerdote?

r - Beh, già da piccolissimo: da persona del Sud, vivevo nel cuore della devozione popolare. Sa, mia nonna, con cui vivevo, mi portava a messa, e già desideravo entrare in seminario. Poi a Roma, dopo l’iniziale disorientamento, la frequentazione della parrocchia di San Giovanni Leonardo a Torre Maura, il catechismo, la cresima, riaccesero nel mio cuore il desiderio di diventare sacerdote. Anche se mio padre, per la verità, non era molto d’accordo.

d- Era comunista, papà?

r - No, non era comunista, ma era un gran mangiapreti e gli è capitata ‘sta disgrazia, nella sua vita (risate). Papà era il classico siciliano degli anni Quaranta, cresciuto in un ambiente un po’ anticlericale. Amava l’arte e i libri antichi. Ma io stesso, l’apertura della conoscenza, la ricchezza dalla cultura (anche quella spirituale) l’ho appresa sulle ginocchia di mio padre. Ricordo le grandi discussioni; io studiavo alla Gregoriana e lui, autodidatta degli studi sacri, mi diceva: “Portami qui un gesuita, gli spiego io la vera teologia!” (sorride).

d- Lei ci ha narrato di un ambiente tipico delle parrocchie di quartiere di alcuni decenni fa, che l’ha formata; di recente ho intervistato il parroco storico di Tito (Pz), il neo centenario don Nicola, che ha espresso alcune riserve sulla chiesa “moderna”, così come l’ha vista cambiare in ottant’anni di sacerdozio.

r - Dal mio punto di vista, la chiesa è cambiata in meglio, dialogando con la Modernità; io, così come i mie confratelli, sono il frutto di quegli anni Ottanta che hanno visto i cambiamenti del Concilio Vaticano Secondo, i grandi cambiamenti della Chiesa. Si è trattato di mettere al passo la parola del Vangelo col nostro tempo. Ho avuto, in questo senso, grandi insegnanti, che oggi sono grandi figure: Cardinal Ladaria, Monsignor Fisichella...

d- Come interpretare, allora, l’emorragia di fedeli che c’è stata negli ultimi decenni?

r - Dipende. E’ un effetto della secolarizzazione. Questa emorragia è soprattutto visibile nel Nord Italia. Nel Nord Europa c’è stato un distacco tra la fede e la vita. La modernità e la post-modernità hanno portato a questa sorta di “autonomia”, che mette la fede da parte. Nel Sud Italia, invece, ritroviamo ancora un forte senso religioso, legato alla fede popolare. Voi Lucani lo sapete bene: di fronte alla Madonna di Viggiano...beh, non ci sono argomentazioni che tengano! (sorride). La secolarizzazione c’è anche da noi, ma c’è ancora una parte buona, che può essere coltivata.

d- Lei è arrivato in città nel bel mazzo dei festeggiamenti del Santo Patrono, ricevendo un abbraccio particolarmente caloroso. Tuttavia, quando le hanno detto che doveva andare a Potenza, cos’ha pensato?

r - Quando me l’hanno detto, geograficamente non sapevo neanche dove fosse! (ride)

d- Un classico.

r - Infatti, penso che l’abbiate già sentito. Comunque, già dopo i primi approcci, ho compreso che è un luogo che ha una sua bellezza, anche naturale. Poi mi ha colpito la semplicità delle persone. Una delle prime volte che sono venuto qui, ho fatto una passeggiata, e la gente mi ha subito fermato, riconoscendomi, chiedendomi di fare dei selfie e così via. E poi, in occasione della mia ordinazione episcopale a Roma, sono venuti molti fedeli della diocesi, è questa è stata una cosa bellissima. E poi, ancora, c’è stato il grande abbraccio, al mio ingresso in città, e la Festa di San Gerardo è stata la conferma.

d- Al di là del “protocollo ufficiale”, cosa le ha detto il suo predecessore, Ligorio?

r - Lui e gli altri vescovi mi hanno consegnato una narrazione, come avviene in ogni altra realtà, delle ricchezze e delle povertà di questa chiesa. Con loro, qualche settimana prima della mia ordinazione episcopale, ho potuto fare la cosiddetta visita “ad limina” (la visita al Santo Padre e agli uffici di curia); per cui, il racconto di Ligorio e degli altri vescovi, presente nelle loro relazioni al Santo Padre e ai Dicasteri, mi ha consentito di ascoltare la ricchezza di una chiesa che è viva, ma che ha anche le sue ferite e le sue povertà.

d- Potenza è il capoluogo di regione in una terra in cui la povertà sembra crescere: in che modo la povertà può influire sul percorso pastorale di un Arcivescovo?

r - Mmm, io parlerei di povertà e di ricchezza insieme. La Basilicata ha davvero molto, sia dal punto di vista territoriale sia da quello artistico, si tratta di mettere insieme l’intelligenza, le prospettive, la lungimiranza, lo sguardo sulle proprie realtà, e mettersi a lavorare insieme. Un arcivescovo viene in un territorio, si guarda intorno, e inizia a dialogare, anche con gli uomini politici, e dovrà dire una parola su questa ricchezza e su questa povertà presenti sul territorio.

d- I suoi predecessori, a dire il vero, non hanno mai lesinato critiche a quella politica incapace di trasformare le ricchezze territoriali in sviluppo reale. Che tipo di rapporto intende instaurare con la politica locale?

r - Innanzitutto di dialogo, parola che preferisco a “critica”. E poi, il pastore è sempre un padre di tutti, e un padre, ogni tanto, va dai propri figli a chiedere conto dello stato delle cose. E io penso di pormi anche da questo punto di vista.

d- Lei ha citato la Madonna di Viggiano, sa bene che i politici, ogni volta, sono sempre tutti lì, in passerella, seduti in prima fila. Una tiratina d’orecchi, magari ogni tanto...

r - (Sorride). Se sarà necessario, anche questo, ma sempre nel dialogo fraterno, e sempre nella dimensione adulta, di persone al servizio della gente. Lo spirito illumina la carne e la carne dà valore e forza allo spirito.

d- Fra una quindicina di giorni Potenza sceglierà il suo prossimo sindaco. Cosa gli dirà?

r - “Coraggio, andiamo avanti!”. Dobbiamo voler bene a questa nostra città e alle persone che la abitano.

d- C’è qualcosa che la spaventa, in questo inizio di percorso pastorale in una città come Potenza?

r - Sì, mi spaventa il non conoscere molte realtà.

d- Girerà molto?

r - Già lo sto facendo, sia all’interno della città, sie nell’hinterland. Sto girando, in occasione delle cresime, per diverse cittadine, e sto già sperimentando le differenze tra il centro e la periferia. Il mio compito sarà quello di far dialogare queste realtà.

d- Ho avuto modo di assistere a una sua celebrazione di cresima, sabato scorso a Potenza, e lei a un certo punto ha parlato del diavolo. Esiste davvero o è solo un concetto “filosofico”?

r - Sì, sì. San Paolo VI parlava di “dimensione personale” del diavolo, e il male ha una sua influenza. Ne sentiamo ancora le conseguenze, ma c’è una vittoria definitiva attraverso la Pasqua di Cristo Signore. Le conseguenze più gravi del male sull’uomo sono la morte, ma questa a sua volta è superata con la Resurrezione di Cristo e noi siamo risorti insieme a lui.

d- Il libro che la rappresenta?

r - Mamma mia! (ride). “Il Nome della Rosa”, di Umberto Eco. Adoro il mondo medievale e qui ci sono luoghi assolutamente straordinari, come la cattedrale di Acerenza.

d- La canzone?

r - I Pooh, quella che fa “Ci sono uomini soli...per la sete di avventura”, e forse è un’avventura quella che il Signore mi sta chiedendo di vivere. Una cosa straordinaria.

d- Il film?

r - Bah, potrei dire... “Top Gun”.

d- Lei è uno degli Anni Ottanta, l’ha detto prima.

r - Giustamente.

d- Tra cent’anni scoprono una targa a suo nome qui in Arcidiocesi: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

Non saprei...”Qui giace quel vescovo che mai tace” (sorride). Che non tace soprattutto per la Verità e per il Vangelo.

SCARICA QUI IL GIORNALE

pg_01_16_11_24.jpg

  

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ROSSIELLO Right-Top in posizione n°2

Chi siamo

Publicom Srl, Potenza. Il free-press cartaceo “Controsenso Basilicata” è edito da Publicom S.r.l. - Questo sito non ha periodicità -ControSenso ha sede a Potenza (Basilicata). Si occupa di informazione, cultura, sport, società e satira.


controsensobasilicata@gmail.com