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Cari Contro-Lettori,

 

in materia di appalti e soldi pubblici, ahinoi, sovente vale la regola dell’appetito che vien mangiando e del piatto ricco in cui ci si ficca. Siamo pure sempre nel Paese in cui qualcuno ridacchiò con gli occhi a forma di dollaro –e a favor di cimice nel telefono, per giunta- per i danni del Terremoto, e in cui qualche altro torbido personaggio di “alto livello” ha provato (figurati) a speculare anche sul Covid. In corrispondenza dell’effluvio di soldi grondanti dal PNRR, e per prevenire la salivazione dei cannibali da bando pubblico, il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi e il Comandante Regionale Basilicata della Guardia di Finanza, Generale di Brigata Gaetano Scazzeri, hanno recentemente firmato in Regione un protocollo d’intesa per la prevenzione di illeciti con le risorse del PNRR. La collaborazione nasce “per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto delle condotte lesive degli interessi economici e finanziari pubblici connessi alle misure di sostegno e di incentivo di competenza della Regione Basilicata, con particolare riferimento alle risorse europee e nazionali correlate al Pnrr”.

E i dati resi noti in settimana dalla stessa GDF descrivono bene il contesto locale in cui non di rado nascono malsani appetiti.

Nel corso del periodo gennaio 2021– maggio 2022 la Guardia di Finanza ha infatti dedicato una particolare attenzione agli illeciti in materia di spesa pubblica e a tutte le condotte che, mettendo a rischio la legalità e la trasparenza che devono connotare l’azione della Pubblica amministrazione, pregiudicano la corretta allocazione delle risorse, favorendo sprechi, truffe, malversazioni e indebite percezioni.

765 sono gli interventi complessivamente svolti a tutela dei principali flussi di spesa, dagli appalti agli incentivi alle imprese, dalla spesa sanitaria alle erogazioni a carico del sistema previdenziale, dai fondi europei alla responsabilità per danno erariale, cui si aggiungono 120 deleghe d’indagine concluse in collaborazione con la Magistratura ordinaria e 79 deleghe svolte con la Corte dei Conti.

Sul versante erariale sono stati dunque segnalati alla Magistratura contabile danni per circa 23 milioni di euro, a carico di 93 soggetti.

In materia di Appalti denunciati 8 responsabili per un’assegnazione irregolare di somme pari a oltre 1,3 milione di euro.

I servizi svolti per garantire la tutela della legalità nella Pubblica Amministrazione hanno portato alla denuncia di 66 soggetti, di cui 33 pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio, 17 tratti in arresto, nonché eseguiti sequestri per oltre 1,6 milioni di euro. In tale ambito, riveste importanza strategica anche la collaborazione con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, su cui delega, nel corso del periodo gennaio 2021 – maggio 2022, i Reparti hanno effettuato controlli in materia di contrattualistica pubblica e accertamenti nel settore anticorruzione e trasparenza.

“O la Borsa (pubblica) o la Vita”, dunque?

C’è infatti tutto un tipo di mentalità da scardinare, che non esclude certo i “semplici cittadini”: in ambito “reddito di cittadinanza”, solo in Basilicata sono oltre 1,3 milioni gli euro indebitamente percepiti.

Meditate gente, meditate.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

 

 

dice l’assessore regionale alla salute e politiche sociali Fanelli: «In Basilicata diminuisce l’indice di povertà relativa, che presenta un dato migliore delle altre regioni del Sud, ma la situazione è comunque preoccupante come osservano gli stessi animatori della Caritas, considerato che alla crisi sociale generata negli ultimi due anni dalla pandemia si aggiungono oggi le incertezze determinate dalla guerra in Ucraina, con l’aumento incontrollato del costo dell’energia e dei beni di prima necessità. Tutti fattori che incidono e incideranno soprattutto sulle famiglie più povere». Chiaramente il comunicato-velina pubblicato sul portale della Regione prosegue come potete immaginare («il governo regionale è impegnato a costruire etc. etc.…»). Il buon Fanelli, però, si limita (e mica è fesso) a riferire che la “povertà relativa” è in diminuzione, ma nulla dice esplicitamente sull’aspetto più grave, ovvero la povertà “assoluta”. Scarsezza di dati a disposizione? Può essere. Rainews.it scende nel dettaglio e, riferendosi al Sud in generale, riferisce che su tutto il territorio è però la povertà assoluta la condizione più preoccupante. 5,6 milioni di individui non riescono ad acquistare beni e servizi considerati essenziali per un vita dignitosa. Nessuna variazione rispetto al 2020, anno della pandemia, quando il dato ha toccato il suo massimo storico. Nel 2021 la spesa delle famiglie meno abbienti è rimasta contenuta e l’inflazione ha cominciato a pesare sui redditi dei consumatori. Nel 2021, si legge nel rapporto Istat vero e proprio, le famiglie “sicuramente” povere sono pari al 5,2%, (4,5% nel 2020), con valori più elevati nel Mezzogiorno (10,0%). Le soglie di povertà assoluta rappresentano i valori rispetto ai quali si confronta la spesa per consumi di una famiglia al fine di classificarla assolutamente povera o non povera. Ad esempio, per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 852,83 euro mensili se risiede in comune centro area metropolitana del Nord, a 766,70 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 576,63 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno. Insomma, basta farsi due conti (già a partire dalla proprie tasche, magari) per immaginare –e si sottolinea immaginare- quale possa essere la reale situazione della povertà in Basilicata, ovvero al netto dei proclami. A proposito, Bardi e i suoi si godono il “magic moment” rappresentato dalla già famosa “molecola del gas” che in bolletta sarà gratis e che ha detta loro sembra quasi che salverà la situazione economica dei Lucani.

E mentre c’è: 1) chi rivendica –in attesa di vederci più chiaro- che la maggioranza abbia perlomeno aderito alle proprie posizioni (Pittella, Cifarelli e Polese); 2) chi pone dei dubbi e quesiti sulla reale “portata” della notizia “bomba” (per i 5S, Bardi “non è stato chiarissimo” e inoltre “se pensa di risolvere il problema dello spopolamento con un misero sconto in bolletta, farebbe meglio a cambiare strategia; 3) chi (la Cgil) lamenta di non essere stata invitata (come al solito) al tavolo delle trattative con le Compagnie; 4) chi, come Legambiente, pensa che la questione “molecola” sia in realtà «un disincentivo verso soluzioni più strutturali di lotta alla povertà energetica e alle bollette esorbitanti»; 5) e chi (vari ed eventuali, tra cui anche il nostro opinionista Petrone) sospetta/teme che tutta l’operazione si tramuterà nel gas di una bufala (ovvero in una scorreggia nello spazio, come diceva Bossi a proposito di Miglio);

TUTTI attendono che Bardi relazioni in consiglio regionale per rispondere a tutte le domande e/o perplessità.Sperando, ovviamente, che quel giorno non sia a Marechiaro (a mangiare la mozzarella di bufala).  

Pertanto, pur parlando di “molecole”, non siamo in un film di fantascienza. Ma di suspense (come al solito).

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

la politica locale coglie la sua più fedele risorsa

(il disinteresse della gente, che a volte si

tramuta in un drammatico e poco nobile laissez

faire) proprio nella sua più scavata debolezza,

ovvero l’inconcludenza e la non incidenza

nella vita reale dei cittadini lucani. Il Palazzo

è –oggi più che mai- talmente distante dalla

vita della gente comune, che in pochi davvero

si curano di cosa accada lì dentro, come se

si trattasse di una malattia terminale senza

speranza, o –peggio ancora- di una qualche

intossicazione (di potere) che riguarda solo

un nugolo di personaggi in giacca e cravatta

che se ne dicono e se ne fanno di tutti i colori.

Non bisogna certo generalizzare, ma quando

menti più nobili e penne più argute discettano

e scrivono di “rassegnazione atavica dei

Lucani” probabilmente si riferiscono proprio

a questo. A quei (pochi) lettori di giornali

(purtroppo) poco interessa –a parte forse

un’amara ilarità iniziale- se un (ex) assessore

(e medico) raccomanda a una malcapitata

collega di curarsi a base di gargarismi fallici

o se un consigliere regionale di maggioranza

si riserva pubblicamente di usare gli scritti del

Presidente del Consiglio alla stregua di carta

igienica canina. Sono abituati, assuefatti al

peggio del peggio, e il peggio del peggio sta per

l’appunto accadendo, nella stanchezza e nello

sconforto generale. Allo stesso modo, i lettori

–come scrivevamo già sul numero scorsosono

poco disposti a scervellarsi per decifrare

algoritmi e calcoli di matematica applicata

che riguardano il bilancio di Potenza, tanto

si è sempre e comunque in emergenza (non

importa quale sindaco “del cambiamento” si

voti, a quanto pare), e si ritorna punto e a capo.

Su alcune, poche cose, però, i lucani/elettori

non sono ancora disposti a delegare/sorvolare,

per quanto grande (ed è immensa) possa

essere la loro rassegnazione. Una di queste è

la sicurezza dei luoghi in cui si abita e si vive.

Ed è bastato raccogliere alcune segnalazioni/

lamentele per rendersi conto (qualora

verifi cate dagli organi preposti) che in alcune

delle zone “parallele”, o “alternative” alla

centralissimi via Pretoria, nel centro storico

del capoluogo di regione, quella che fi nora

è stata sempre considerata come “movida

notturna” giovanile, potrebbe cominciare a

indurire i propri tratti somatici con l’età.

Chiesa di Santa Lucia, Vico Marolda, Vico

Giagni, Vico Bonaventura,Vico Atella, Largo

Rosica, Via Rosica così via, a leggere i nomi

di queste zone uno dietro l’altro sembra di

scorrere i quadrati di uno strano Monopoli,

ma da quelle parti alcuni temono possa

cementarsi un Monopolio del malcostume,

della maleducazione e forse anche del male e

basta, se la preoccupazione manifestataci circa

movimenti poco chiari dovesse trovare un

reale riscontro nelle eventuali verifi che di chi

di dovere. Sono alla luce del sole, però, taluni

obbrobri di discutibile opportunità, presenti in

questi vicoli caratteristici della parte vecchia

del Capoluogo (che vuole diventare sempre

più attrattiva turistica), che prendono la

forma magari di un qualche “mausoleo” di

indubbia bruttezza che restringe il passaggio,

o di una recinzione/rattoppo di fortuna che

non esorcizzerebbe il rischio caduta notturna

di qualche (non certo sporadico) giovane o

meno giovane col tasso alcolemico un po’ alto.

Senza contare –e rimagono tranquillamente

lì, nonostante le foto uscite sui giornali

(compreso il nostro)- i “sampietrini vaganti”

(qualcuno prima o poi se li porterà a casa come

fermacarte) e le voragini di Porta Salza e di

altre zone del Centro.

Eppure dovrebbe essere chiaro che sulla

sicurezza non c’è buco di bilancio che tenga.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

secondo l’astuta visione politica del nostro governatore, che non va a visitare l’anziano del paesino lucano a cui mancano i servizi essenziali, ma che se ne parte tranquillamente (da solo? non crediamo proprio) per l’Europsace Center in Belgio, «L’aerospazio sarà una priorità della strategia di specializzazione intelligente (S3) della Regione Basilicata nel Programma operativo ESIF 2021/2027: i ‘dati’ spaziali sono il nuovo ‘oro’ dell’economia spaziale, ma il loro utilizzo è ancora complesso soprattutto per le regioni. Tradurre i dati territoriali in informazioni e servizi utili e fruibili per i cittadini e le regioni è la grande sfida del futuro».

Insomma, “Space is the place” (“Lo spazio è la casa, il posto giusto”), come diceva il visionario musicista jazz Sun Ra, un afro-americano vestito da sacerdote egizio che diceva di essere nato su Saturno; ed evidentemente il nostro Generale Bardi, un napo-lucano vestito da Presidente della Regione che dice di essere nato in Basilicata, è d’accordo con lui.

Ma in attesa di percepire questi “servizi utili al cittadino” che per il nostro Governatore dovrebbero venire dallo spazio, ci sono questioncelle molto più terrigne che rimangono insolute. Certo, il Generale –com’è noto ormai anche a mio nipote- probabilmente mastica già il conto alla rovescia della rampa di lancio per il Senato (un grande pianeta dal quale la Basilicata gli sembrerà ancor più piccola), ma, come si suol dire, “Houston, abbiamo un problema”. La politica regionale risulta non pervenuta. In particolare, come si diceva, il piccolo terrestre lucano non ne ha percepito proprio l’esistenza, se è vero com’è vero che lì ad Accettura (tanto per dirne una e una sola) ove da oggi ritorna la festa del Maggio nel suo pieno fulgore, attendono con ansia l’arrivo di Bardi il Marziano (leggi intervista a pagina 7), ma solo e soltanto per dargli una dimostrazione pratica di cosa sia “l’attaccamento” al territorio, che nel piccolo borgo in provincia di Matera si respira a pieni polmoni (e non solo durante la festa). Sia detto per inciso, l’ultima volta, se la memoria non m’inganna, in rappresentanza della Regione si presentò l’ex assessore Leone, esperto sì di “attaccamento”, ma alla poltrona.

In ogni caso, accusato da più parti di essere un UPO (Unidentified Political Object – Oggetto Politico Non Identificato), il Nostro Bardi (insieme ai suoi accoliti ed emuli regionali, ma anche locali, come il tuttappostista a oltranza Guarente) non ne vuol proprio sapere di marchiare una scia nel firmamento lucano, nondimeno –da qualche in tempo in qua, forse imbeccato (male) da qualche addetto stampa anch’egli di stampo (!) partenopeo– preferisce affidare ai social o ai comunicati le sue attestazioni di “vicinanza” al popolo lucano, complimentandosi ora con questo e ora con quello (dalle mamme lucane alle aziende ortofrutticole), ma in ogni caso –lui tapino- sempre e comunque con gente che ce l’ha fatta da sola, ovvero non certo per merito suo.  

Come diceva la voce fuori campo al termine del classico film di fantascienza degli anni Cinquanta, “La COSA da un altro mondo”, «Cittadini, scrutate il cielo!».                          

A buon intenditor...  

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

parlare della situazione economica del Comune di Potenza, ormai è come discernere dei grandi e irrisolti misteri della storia: l’omicidio dei Kennedy, il suicidio di Marilyn Monroe, l’attentato a Papa Wojtyla, la scomparsa di Majorana, la costruzione delle Piramidi, gli incidenti del Triangolo delle Bermude, gli exploit discografici di Jovanotti. Di più: a sentir continuamente parlare, o a leggere, di debito, avanzo, disavanzo, dissesto, pre dissesto e compagnia bella, e soprattutto a leggere gli interventi a mezzo stampa –da emicrania- dei diretti interessati (sindaco attuale e suoi predecessori), sembra di piombare in una di quelle sfiancanti discussioni (perché non se ne viene mai a capo), che trasformano le casse del Municipio di Potenza nella fantasmagorica Area 51: vuoi vedere che non esistono nemmeno? Ironia a parte, il buco di bilancio –o quel che è- che da tempo immemore grava sulla sorte –amministrativa e non- del nostro Comune, pare avere tutti i contorni di un buco nero: si è creato probabilmente millenni fa, risucchia tutto quello che c’è nei pressi (spazio e tempo), e soprattutto nessuno ne è responsabile.

Il sindaco attuale dice che non è colpa sua (ma che di qualcuno sarà), quello precedente dice che non è colpa sua (ma che di qualcuno sarà); quello prima ancora dice che non è colpa sua (ma che di qualcuno sarà), e via discorrendo, in un loop infinito in cui le dichiarazioni si riecheggiano nel vuoto cosmico della nostra politica. E poi tutti sparano cifre, percentuali, grafici e quant’altro, rendendo francamente impossibile al cittadino medio (e non solo) anche lontanamente capire in quale piega di bilancio o in quale tratto di intestino di questa macchina amministrativa che tutto digerisce, si trovi questa “ulcera” maledetta. Sta di fatto che, come si diceva, è una storia che si ripete, e ogni santa volta il sindaco di turno, non ultimo Guarente, alza le braccia e –come in questo caso, ma non è stato il solo- non può che recarsi col cappello in mano dalla Regione affinché quest’ultima salvi a tutti l’osso sacro (che è poi quello che, per esser chiari, poggia sulle poltrone). L’ultima passeggiata speranzosa (processione) del sindaco di Potenza verso il Palazzo del napolucano Bardi (ed è stato fortunato pure a trovarcelo) è stata ancora una volta portatrice di rimbrotti, recriminazioni (se non miserabili manifestazioni di atavico odio) verso il Capoluogo, e il leghista Guarente è sì riuscito a portare a casa i salvifici quaranta milioni, ma non ha tuttavia messo all’incasso la solidarietà di alcuni pezzi importanti del suo stesso partito, rivelando probabilmente un vistoso calo delle sue personali quotazioni nella sua stessa borsa politica, nonchè –per l’ennesima volta- la vera “identità” delle camicie verdi lucane. Insomma, lo scrivemmo tempo fa e lo ripetiamo: è inutile promettere -al grido di ghe pensi mi!!!- fuochi e fiamme in campagna elettorale, se poi, una volta sul quadrato, puntualmente si getta la spugna insanguinata dal “buco” e si dà (a torto o a ragione) la colpa ad altri. Delle due l’una: o quando ci si candida si IGNORA (e sarebbe strano nel caso, ultimo, di Guarente, che è al Comune da tempo) la reale situazione contabile (che prima o poi presenterà il conto), o in campagna elettorale si mente al cittadino sapendo di mentire. Buon San Gerardo a tutti.                                      

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

 

 

 

dal 2014 a oggi, gli sportelli bancari in meno in Basilicata sono pari al 17%. I comuni che ne sono totalmente privi sono ben 33: 21 nella provincia di Potenza e 12 in quella di Matera. Negli ultimi due anni, c’è stata un’emorragia di dipendenti bancari lucani pari al 15,68% (sono passati da 1300 a circa 1100), leggermente al di sopra del dato nazionale che è del -14%.

Il tutto, se gli aridi numeri non lo avessero reso già abbastanza chiaro, si tramuta in un clamoroso disservizio per i cittadini lucani, soprattutto per quelli che non hanno grossa dimestichezza con la cosiddetta “digitalizzazione”, misura di cui si fanno vanto e scudo le banche che chiudono le loro filiali qui in Basilicata. Come se non bastasse, i loro nuovi piani industriali prevedono un ingresso ogni due uscite di personale, ma non sempre –e qui casca l’asino- nella zona di uscita. Talvolta, sulla carta, viene garantita la “territorialità delle assunzioni”, ma poi –TAC- arrivano i trasferimenti fuori regione.

In tutto questo, ci riferisce sempre Bruno Lorenzo, segretario generale FISAC CGIL, c’è l’assordante silenzio della politica locale. Loro, i nostri rappresentanti, dicono che le banche sono aziende private e che in un libero mercato non possono interferire con le scelte delle banche stesse. Ma guarda caso –prosegue- è un “libero mercato” solo quando le banche devono guadagnare e avere carta bianca nel desertificare le zone meno “appetibili”, escludendo così fette importanti della popolazione da tutta una serie di servizi irrinunciabili (specie ora, con l’arrivo dei soldini del Pnrr).

Le banche si dedicano sempre meno alla concessione del credito (e l’economia locale ne risente) perché è più redditizio vendere polizze, così come si guadagna sempre a tagliare il costo più alto di un’impresa, ovvero il personale. I politici dicono sia “la logica del privato”, ma poi quando si tratta di ripianare, quelle stesse banche che erano “private” diventano magicamente “pubbliche” e dunque vai col tango delle “good banks”, delle ricapitalizzazioni e istituti “sanati” a un euro: tutto a spese della collettività, e cioè noialtri, noi semplici cittadini, che magari ci dobbiamo sciroppare trenta chilometri per raggiungere il bancomat più vicino.

E poi, sempre per i nostri politici, le banche sono “private” -e dunque possono chiudere e delocalizzare quando vogliono- salvo poi ricordarsi di essere “un servizio pubblico essenziale” come nel caso della Pandemia. In quel periodo il “digitale” non andava dunque bene?

Non si può accettare questa visione distorta del mercato -lamenta alfine la FISAC CGIL- nata e alimentata con la silente complicità di una classe politica (nazionale, ma anche locale), che pure avrebbe l’obbligo costituzionale di vigilare su credito e risparmio.

Ma Bardi, Guarente e Bernardi, a fronte delle innumerevoli chiusure di filiali e di servizi essenziali al cittadino lucano, hanno preferito i silenzio alla proposta, il ponziopilatismo politico al confronto sociale.

Leggete, a tal proposito, la nostra intervista con Bruno a pagina 7.

E’ questo è SOLO UNO degli aspetti di una politica locale affetta da preoccupante afasia.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

avete presente quella scena del “Marchese del Grillo”, nella quale lui, Alberto Sordi, dopo una notte di bagordi, se ne va a dormire nel suo palazzo a mattino inoltrato? Bene, allora ricorderete anche il momento in cui il suo fedele paggetto Ricciotto urla a quelli che stavano lavorando dabbasso (scalpellini, muratori, giardinieri, lavandaie e operai assortiti): “S’è addormitooooo!”.

A seguire, un improvviso stop dei lavori e un silenzio di tomba.

In una scena successiva e speculare, al risveglio del Marchese, lo stesso servo urlerà ai citati inservienti del palazzo: “S’è svegliatoooo!”, con contestuale destarsi degli assortiti rumori del lavorìo circostante.

Fate l’equazione MarchesePolitica Lucana e forse avrete chiara la metafora riguardante gli ultimissimi giorni.

Alla notizia del passaggio del Giro d’Italia nella Città di Potenza, i politici si sono (per qualche istante) destati dal torpore, come accade in determinate circostanze (vedi concertone Rai e, pochi, simili); di conseguenza, qualche loro attendente ha notiziato alle maestranze il clamoroso risveglio e ordinato la contestuale ripresa dei lavori.

Sembrava di essere in un altro posto: strade rifatte, segnaletiche ravvivate, pulizie straordinarie, fontane inaugurate, aiuole ripulite e rigogliose (comprese alcune di quelle gestite dai privati, cadute fino a poche ore prima nell’abbandono).

Insomma, c’erano operai, muratori, giardinieri e scalpellini un po’ dappertutto, e in alcune ore della giornata Potenza risuonava dei vari “tic-toc-tac-ritac”, propri dei lavori laboriosi e frenetici.

Pensate, persino il palazzo della Regione “gargarismatica”, quella cioè che è stata teatro della infausta e famigerata battuta sessista dell’ex assessore Leone (per inciso, leggetevi l’intervento di Ivana Pipponzi a pagina 4), si è a un certo punto illuminata “di rosa”, quasi per uno spiritoso (quello sì) scherzo del destino.

Inutile dire che alcuni politici, sindaco di Potenza in primis, hanno gonfiato il petto tacciando di “disfattismo”, a favor di telecamera, tutti quei cittadini (stampa compresa?) che avevano qualche piccola obiezione o rimbrotto da esprimere, tipo che alcune strade sarebbero state interessate dai lavori (quelle a favor di telecamera) e altre no; senza contare –ma solo per citarne una- la grossa contraddizione in via Mazzini, ove è stata rifatta la segnaletica stradale, a pochi centimetri dagli impresentabili e pericolosi marciapiedi (mesi fa l’ex assessore al ramo, poi appunto sostituito, aveva detto “a giorni” a proposito dei lavori di riqualificazione).

Per concludere: stiamo scrivendo in ufficio, a poche ore dal passaggio dei ciclisti, mentre nel centro storico di Potenza ristagna un insolito silenzio, accompagnato da un percepibile fremito nell’aria.

Da domani, il politico (e forse anche il cittadino), tornerà ad addormentarsi nel suo palazzo, e affinché non venga disturbato, qualche servo urlerà, anzi, intimerà alle maestranze: “S’è addormitoooo!”.

E il “tic-toc-tac-ritac” si spegnerà all’unisono.

Per farsi un’idea, basti leggere a pagina l’intervista al “ciclista urbano” della prima ora (uno dei tanti), Marco Falconeri, consigliere comunale dei 5 Stelle, che è costretto ad “attaccare” la bici con cui si sposta in città alla ringhiera del Palazzo della politica, perché a Potenza non esiste uno straccio di “rastrelliera” per le biciclette, né tante altre cose, atte anche a ridurre il traffico e lo smog.

Ma queste, si sa, sono cose lontane dalle telecamere.

Il sindaco lunedì presenta il PUMS? Tutte chiacchiere e annunci, dice infatti uno come Falconeri: c’è già il PUM del 2008, in gran parte mai attivato.

Al prossimo “risveglio” (e speriamo che sia presto).

Walter De Stradis       

Walter De Stradis      

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

con tutto il da fare (sì, vabè) a cui si è prestato (sì, vabè) il Generale Bardi affinché la sua Regione potesse vantare il portamento istituzionale e l’autorevolezza di una Regione “carismatica” (sì, vabè), l’ultima “finezza” semiologica dell’ex assessore alla sanità, Leone, l’ha definitivamente marchiata come Regione “gargarismatica”. E sarà dura scrollarsi di dosso quella che sembra l’etichetta definitiva per una maggioranza che finora –e soprattutto in tempi recenti- ha proiettato un’immagine che più simbolica e riassuntiva non si può del cattivo uso -in termini di rispetto, contegno, serietà e garbo istituzionale- che sovente si fa del mandato dei cittadini sancito dalle urne.   L’ormai famigerata (a livello nazionale) battutaccia (a essere generosi) sui “gargarismi”, di cui è stata vittima la malcapitata Donatella Merra (che sul piano politico si può giudicare quanto si vuole, o meno, ma che di suo –va detto- è una figura molto compita), incarna il dazio di un decrepito, ma sempre ahinoi arzillo “habitus mentale” –per usare le parole dell’assessore ai trasporti- che le (sparute) donne di governo nella politica lucana sono costrette a subire. Si diceva però che è solo l’ultima, in ordine ti tempo, delle magre figure (a fronte di emolumenti piuttosto cicciosi) che questa maggioranza politica regionale ha collezionato nel corso di questa legislatura (dimissioni fantasma, litigi, baruffe per le postazioni, voti “irridenti”, insulti reciproci in Consiglio e via discorrendo). E c’è poi un’altra donna, leghista anche lei, che è rimasta “offesa” –seppur in un senso più prettamente amministrativo- per un ulteriore “scherzo” sconcio della politica lucana: Dina Sileo. In una lettera inviata al Generale Napolucano (nella quale, tra l’altro, evidenziava –guarda un po’- “le ormai consuete cadute di stile che connotano l’azione amministrativa”), la consigliera regionale ha restituito al mittente (sempre Bardi) la delega alla Cultura: ridicoli i soldi destinati al settore. Elementare, Watson. E questa, come si diceva, è un’altra offesa per tutti i Lucani. E allora ecco la proposta (visto che, ultimamente, se ne leggono di ogni): vogliamo er Monnezza assessore (se non proprio Presidente). Ci sarebbero diversi vantaggi: innanzitutto, le battute volgari e stupide, già che ci siamo, sarebbero perlomeno indirizzate –una volta tanto- a tutti, senza distinzione di credo, razza o sesso (e questo sarebbe da lezione in primis per quelli col famoso “habitus mentale”, che si troverebbero catapultati dall’altra parte della parolaccia); in secundis, nomen omen, quantomeno uno così ne capirebbe di rifiuti, e magari anche di trasporti (vista la sua vicinanza, sia detto con simpatia, al mondo dei camion). In ultimo, sarebbe un ulteriore, splendido “gancio”, col cinema. Si dirà: Tomas Milian è morto da tempo. E’ vero: ma ultimamente è uscito un discreto web-film, intitolato “Delitto a Porta Portese”, in cui un bravo Andrea Misuraca interpreta il famoso personaggio romanesco e manesco (sia detto per i cinefili puntigliosi: che egli sia ispettore o ladruncolo fa lo stesso, non sottilizziamo). Solo satira? Può essere. Ma ormai qui siamo abituati a tutto. Aspettiamoci di tutto. Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

c’è una sua foto, sui social –che purtroppo non abbiamo pensato bene di “salvare” al momento opportuno- che mostra di spalle un omino dalla testa bianca che, agile nel suo saio marrone col cappuccio, si infila nella discesa di una delle tipiche “scalinatine” del Centro di Potenza, alla volta di una qualche azione benefica, come il folletto di una favola tutta nostrana.

Il soggetto della foto, Padre Vitale Dartizio, francescano già parroco di San Michele e Santa Maria a Potenza, lo scorso 27 aprile ha compiuto un secolo di vita.

Gli auguriamo sia solo il primo.

Esageriamo? Anche no, perché a Potenza non è un mistero per nessuno che questo piccolo grande uomo, nativo di Grassano -che ha fatto per anni persino lo speaker radiofonico, che fino a qualche tempo fa scorrazzava dentro la sua macchinuccia alla volta delle contrade e delle periferie, e che ancora oggi , pioggia o vento, scarpina per la città- è sempre preso da qualcosa, qualcosa di buono, fregandosene altamente degli anni che si sommano sulle sue spalle, così come della neve che -non di rado- si accumula sulla sua figura sempre in movimento.

E non è indispensabile essere cattolici, buddisti, musulmani o altro per capire che le persone buone, disinteressate e operose sono un dono per la comunità, perché trattasi di merce troppo disgraziatamente rara. E -a leggere il libro “Le memorie di un parroco”, scritto da Maurizio Marino e pubblicato qualche anno fa- persino Papa Francesco rimase sorpreso del personaggio Padre Vitale. «Ma è vero che hai 93 anni?» gli aveva domandato infatti il Pontefice, anni addietro, trovandoselo di fronte a margine di un’udienza speciale con gli scout (il libro citato, da cui è tratta questa foto da noi rielaborata, contiene immagini sia prese da Internet sia realizzate dallo Spina Foto Studio di Moliterno, PZ - ndr).  

Sarebbe facile, troppo facile in un momento del genere, fare paragoni con ben altra genìa di persone, quelle che di certo non guidano “macchinucce” e non camminano coi sandali sulla neve, ma che in questo momento -e da tempo- stanno allestendo lo spettacolo più avvilente che si sia MAI VISTO in Basilicata: una volgare, miserabile e infetta rissa nel fango, volta alla conquista dell’ultimo scranno e dell’ultima manciata di spiccioli. Perchè la metafora o similitudine non sarebbe comunque nello stile di chi ha fatto dell’umiltà, quella vera, concreta, fattiva, la propria ragione di vita.

Cionondimeno, vogliamo in questa sede riportare ugualmente una piccola parte dell’intervista che facemmo a Padre Vitale esattamente due anni fa, in occasione del suo 98esimo compleanno. Come scrivemmo in quella occasione, il piccolo francescano emanava gioia di vivere da tutti i pori, e –mentre trafficava con un enorme telefono cellulare (praticamente in stile anni Novanta) e leggeva gli articoli di giornale che lo riguardavano- parlando di Post-Pandemia affermò: …c’è gente che considera la libertà libertinaggio. Cristo è stato crocifisso ed è morto, ma poi è risorto per giudicare tutti gli uomini. E noi, tutti, saremo giudicati sul fatto di aver amato il prossimo o meno. Tutte le persone riflessive da questa esperienza usciranno migliori. Chi non ama, invece, non vuol sacrificarsi per nessuno».

E’ infatti proprio questa attitudine al “non sacrificio” di taluni a dover far riflettere, tutti noi.

Auguri dunque, di cuore, a tutti i Padre Vitale, col saio o meno, crededenti e non, che in questo momento scarpinano per la Basilicata, con lo sguardo limpido e il cuore pulito.

Walter De Stradis  

 

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Cari Contro-Lettori,

è interessante andare a rileggersi quanto riferiva, a fine marzo scorso, il presidente Angelo Festa nella relazione annuale dell’Associazione Antiracket e Antiusura FAMIGLIA E SUSSIDIARIETÀ APS, che ha sede in Matera.

«In questo lungo periodo di pandemia, la crisi economica e sociale sta sgretolando la nostra economia e l’usura trova un terreno fertile offrendo alle famiglie e alle imprese un sostegno attivo criminale e usuraio. La Basilicata certamente non è immune da tale piaga, lo sappiamo benissimo, ma è un fenomeno sommerso per ovvi e molti motivi. Le vittime dell’usura non denunciano perché molto spesso si sentono colpevoli della loro situazione e perché domina l’idea che chi presta i soldi è un tuo amico, pronto a sostenerti e vi è quindi una certa riconoscenza. Occorre, quindi, che lo Stato sia più presente e agevoli la denuncia. (…)

Secondo la Cgia di Mestre in Basilicata sono a rischio usura 1429 imprese. Si tratta di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Queste aziende non potendo beneficiare di liquidità, rischiano di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai.

Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurispes a causa della pandemia un terzo degli italiani (33,3%) è dovuto ricorrere al sostegno economico della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Si affianca a questo dato il 12,4% di chi è stato costretto a tornare a vivere nella casa della famiglia di origine. Nel 14,9% dei casi un aiuto finanziario è arrivato da amici, colleghi o altri parenti (-0,2% rispetto al 2019). Pur di lavorare molti accettano impieghi senza contratto (21,5%) o svolgono più lavori contemporaneamente (23,9%). Almeno un italiano su dieci (11,9%) è caduto nelle maglie dell’usura non potendo accedere al credito bancario (erano il 7,8% nel 2018 e il 10,1% nel 2019)».

Una ventina di giorni dopo ha poi fatto tappa a Potenza il tavolo di confronto sulle tematiche dell’usura e del sovraindebitamento promosso da Adiconsum, Associazione Regionale Antiusura, Famiglie Fuori Gioco, Adoc e Ambulatorio Antiusura.

«Sono molte le famiglie –ha dichiarato in merito la Consigliera Regionale Dina Sileo - che, alle prese con il perdurare della crisi economica e la difficoltà di accesso al credito, sono esposte al rischio di cadere vittime della criminalità. Di fronte all’emergere di nuove povertà e all’avanzata di un fenomeno di allarme sociale, le Istituzioni non possono restare sorde. La Regione Basilicata si è dotata di una legge regionale, la numero 21 del 2015, per la prevenzione e la lotta ai fenomeni dell'usura e dell'estorsione. Duole registrare che l’intervento normativo NON HA TROVATO APPLICAZIONE (il maiuscolo è nostro – ndr), a testimonianza che il ruolo delle Istituzioni non si esaurisce con l’approvazione di norme, atto pure fondamentale, se queste non hanno capacità migliorativa della qualità della vita dei cittadini. È necessario che la norma trovi applicazione e si valutino dei correttivi. Dal confronto tenutosi, e per il quale ringrazio le associazioni che se ne sono fatte promotrici, è emersa infatti l’esigenza di aggiornare la normativa vigente e inserire tra i beneficiari degli interventi anche le famiglie, ora escluse sia dalla norma nazionale che da quella regionale, e creare una maggiore sinergia fra le Istituzioni, i soggetti coinvolti nella prevenzione dell’usura e il sistema bancario».

C’è poco da aggiungere, una volta tanto.

Se non forse che dai discorsi succitati emerge con forza un fatto serio: in Basilicata esistono i “cravattari”, che sono per l’appunto gli usurai, quelli che prestano soldi “alla strozza” e che pare dunque prosperino come porci nel fango; i “cravattati”, vale a dire i cittadini vittime dell’usura; e infine gli “incravattati” ovvero i politici locali che (come al solito) non fanno una beneamata fava per risolvere il problema. Questo, come tanti altri. Poiché, si sa, troppe sono le energie necessarie a computare algebricamente il corretto rapporto culi-sedie. E la maggioranza regionale ultimamente, calcolatrice Casio alla mano, si è dedicata solo a questo.

Troppa fatica.

Walter De Stradis

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