- Redazione
- Sabato, 30 Novembre 2024 07:42
Cari Contro-Lettori,
«Beh, il caso di Enzo Tortora era un evidente scambio di persona, nel mio caso io ERO la persona, perché avevo “osato” andare ad indagare in luoghi in cui nessuno c’era mai andato (…) Si è scatenata la caccia all’uomo (...) e fu proprio la classe politica a dire che bisognava utilizzare il pugno di ferro contro quelli che “procuravano allarme”, considerando che allora erano in tanti a sostenere che era stata acclarata la sostenibilità delle estrazioni petrolifere in Basilicata».
Era un “giorno buono”, quello, per Giuseppe Di Bello: i tipi del Teatro Minimo di Basilicata gli avevano consegnato una medaglia d’oro, su input spontaneo di alcuni cittadini. Si era nel dicembre del 2017 e quello che tutti chiamavano “il tenente Di Bello”– a prescindere dalle sue progressioni o regressioni, indotte, di carriera (per un periodo eta stato “trasferito” alla guardiola del Museo)- aveva voluto riassumere ai nostri taccuini, con quelle parole, parte della sua esperienza (poi conclusasi per il meglio, dopo lungo iter).
Ma l’ufficiale della Polizia Provinciale, di “giorni brutti”, ne aveva vissuti sin troppi fino a quel momento, e solo per averci voluto vedere chiaro sulla situazione ambientale della sua Terra.
La sua storia la conoscono tutti, ma in pochissimi, o forse nessuno, può immaginare quanto i dispiaceri accumulati e le ingiustizie patite possano aver -gradualmente- minato il suo stato di salute. E’ la prima domanda che ci siamo posti, quando qui al giornale abbiamo appreso della sua improvvisa scomparsa, a sessantun anni, a quanto pare per infarto.
Così come è apparso a tutti chiaro e cocente, come uno schiaffone ricevuto in pieno viso, che la morte di un così strenuo attivista ambientale avvenuta proprio a ridosso del “giorno zero” della diga della Camastra, sia un presagio tristissimo dal valore simbolico tremendo.
Questa Terra ha bisogno di persone che, come lui, sono disposte anche a pagare sulla propria pelle, purché certe tematiche giungano all’attenzione di tutti. C’è bisogno di chi, con onestà intellettuale e senza secondi fin (poiché i furbacchioni aleggiano anche nell’attivismo) di tanto in tanto scuotano questa Terra in cui la politica da sempre sonnecchia, vivacchia, tira a campare andreottianamente, sorvolando su dighe e dighe di problemi assortiti, alla stregua di un qualche ignobile drone che fotografa tutto e se ne fotte; e in cui -la storia recente, per altre faccende, lo ha dimostrato- ci si desta dal torpore atavico solo se si finisce sui canali nazionali e trasmissioni tipo Report o Propaganda live. Ma a qual punto, ovviamente, nelle stanze del potere, anche quello occulto (perché in Basilicata c’è eccome) non ci si imbarazza per il conclamato danno procurato ai cittadini, ma soltanto per la figura escrementizia (e cioè di cacca) rimediata a livello mediatico nazional-popolare.
Ancora, una volta, dunque, “minchia, signor Tenente”.
Walter De Stradis