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Cari Contro-Lettori,

la politica è morta a Potenza.

Ne danno il triste annuncio i cittadini/elettori, col capo chino, il lutto al braccio e le mani giunte, in processione:

al supermercato per fare la spesa, con i rincari che mordono e le tasche che languono; in fila alla Caritas, per gli indispensabili e un tempo mai neanche ipotizzati aiuti;

in coda nei pressi di uno sportello, per pagare le multe dell’Autovelox di varco d’Izzo o le quote delle mense scolastiche più alte (non in senso altimetrico) d’Italia;

in attesa, dietro la porta di un qualche Amministratore cittadino, aspettando di essere ricevuti per segnalare qualche problema rionale (e soprattutto di essere “ascoltati”, ma all’uopo si consiglia di munirsi di dispositivo Amplifon, da donare all’illustre interlocutore);

in un ingorgo stradale, chessò, dalle parti di Corso Garibadi o di Santa Maria, pregando, e bestemmiando, che i “benedetti” lavori pubblici (pur necessari, ma organizzati alla “canina”) si tolgano presto d’impaccio.

Le esequie si tengono tutti i giorni, per i vicoli del Centro, ove –anche con l’irrigidirsi delle temperature- certi giovinastri continuano morbidamente a fare il bello e cattivo tempo; per le vie dei rioni periferici, con l’illuminazione che marca visita; per le strade di “campagna”, tempestate di fossi, e spesso “condite” di spazzatura.

Le orazioni funebri si tengono poi in consiglio comunale, sempre che non salti il numero legale, ove la figura del Presidente si dà per irrimediabilmente deceduta (dichiarazione di morte presunta) e alcune questioni cruciali rimangono nel limbo dell’incertezza, altre nell’inferno delle eterne incompiute o nel buco nero dei soldi perduti (vedi Sport).

La politica a Potenza è morta e continuerà a morire ogniqualvolta un genitore, al bar, o all’edicola o dal tabaccaio, si lamenterà di non avere “Santi in Paradiso” che possano miracolare il figlio, laureato in ingegneria, che ora deve partire per Lecco, onde accettare un posto da usciere (testimonianza raccolta dallo scrivente). E meno male.

Una prece.

Walter De Stradis

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foto di Giuliano Brancati

 

 

Cari Contro-Lettori,

quel giorno, Giuliano, che sin da piccolo, da dietro i vetri, aveva testimoniato il tormento del padre di Elisa consumarsi per anni, in quel silenzioso e personalissimo avanti-e-indietro -dal tabacchino che gestiva, al palazzo di fronte- lo rincorse per salutarlo, poiché il signor Antonio aveva deciso di chiudere il suo esercizio.

Per il giovane potentino, residente a Montereale e aspirante film-maker, quello era -anche per lui, silenzioso e personalissimo- il segno di un’epoca che in qualche modo si chiudeva. E volle testimoniarlo con questa foto, quella di un uomo, Antonio, sempre lui, che attraversa un ponte, tornandosene a casa una volta per tutte, e portando via con sé le domande (e chissà, magari anche le risposte che si era dato), che con dignità stoica aveva custodito nel proprio tacere.

Oggi Giuliano, che di cognome fa Brancati, il film-maker lo fa di professione, e ha da poco rimesso mani (ma anche cuore, cervello e una discreta dose di attributi, leggi alla voce “coraggio”) al docu-film sul caso Claps (o meglio, “su Elisa Claps”, come tiene a precisare) che aveva già proiettato qui a Potenza nel 2016.

“Cruciverbaschemalibero – Elisa Claps segreto di Stato”, che torna visibile su internet il 17 ottobre, è dunque frutto del lavoro d’inchiesta e di ricerca durato oltre due anni, a cavallo tra il 2010 e il 2012; un progetto Hara produzioni, distribuito da Sofra Multimedia con le musiche originali di un artista lucano, Enrico Condelli.

Come ci spiega meglio a pagina 7, Giuliano ha inteso, con le sue interviste “stradali” e gli spezzoni di filmati (una sorta di rassegna stampa della memoria collettiva) cuciti insieme con l’ago della poesia e il filo dell’inchiesta, poggiare una mano sul ventre caldo (o meno) della sensibilità potentina. Il fine ultimo è quello di poterci guardare tutti in uno specchio e dare finalmente un volto a quell’immagine di noi stessi, non sempre a fuoco, che ci viene restituita. I suoi segmenti filmici, Giuliano (che in quella tabaccheria aveva comprato sia i quaderni di scuola sia le sigarette, mentre il signor Claps cercava di riempire le caselle di uno “schema libero” e complicatissimo, che andava ben oltre il numero della Settimana Enigmistica aperta sul suo bancone) li chiama “semi di verità”. Proprio come quei reperti, ci spiega, che in tempi più che sospetti, filtrati da una qualche “apertura” di quel maledetto Sottotetto, si sarebbero posati sul ventre di Elisa (ma forse su quello di tutti noi), che lì giaceva nel suo sonno eterno.

Così come eterno e incessante deve essere il cammino su quel simbolico ponte: pochi metri di congiunzione tra due luoghi che non sempre, però, paiono poi così vicini.

Verità e Giustizia.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,
in ambito sanitario si definisce “Umanizzazione delle cure” quell’insieme delle buone pratiche utili e necessarie a vincolare gli operatori, a tutti i livelli, a un rapporto col paziente improntato a cordialità, rispetto, comprensione, empatia: insomma, tutto quanto rientra, o dovrebbe rientrare, nel concetto di “umano”. E va detto che (per fortuna), dove si doveva capire s’è capito che, pur nella baraonda di liste d’attesa, tetti di spesa, carenza di personale e quant’altro, l’approccio simpatetico con chi soffre o è sul punto di farlo è una componente importante del discorso. Perlomeno, sembra, da qualche tempo ci si sta lavorando. E allora, visto e considerato che, qui da noi, ultimamente sembra che gli “sportelli del cittadino” si tramutino più che altro in sportellate in faccia, perché non attivare anche in politica un percorso di “umanizzazione delle cure”, a vantaggio del paziente/elettore? Se ci limitiamo al solo comune Capoluogo, ad esempio, e ci si accinge a fare una lettura “comparata” delle missive che invadono le redazioni giornalistiche, ci si accorge che il minimo “comune” denominatore di proteste e segnalazioni è più che mai “l’indifferenza” applicata alle stesse. E’ utile, in questo senso, leggere un significativo passaggio dell’ultima lettera inviataci dai cittadini di via Parigi: «(…) Nel termine Comune si intende comprendere tutte le articolazioni, consiglio, giunta, commissioni e soprattutto Sindaco che, senza alcuna eccezione, non hanno dato attenzione ai molti solleciti che sono pervenuti, in diversi modi, di noi residenti. Facciamo salvo timidi e generici accenni di qualche consigliere a tempo perso… Anche quando, entrando nelle procedure più formali, abbiamo avanzato le nostre richieste su specifici interventi tramite Avvocato, abbiamo dovuto registrare dopo oltre un anno silenzio assoluto! Nemmeno un cenno come da presunta buona educazione istituzionale».
Questa la versione di quei residenti. Ma se veramente si comincia a non rispondere manco più agli avvocati, c’è di che avere il tremoliccio. Eppure sono circa cinquecento anni che in Politica varrebbe il detto “Parigi val bene una messa!”. Facile ironia a parte, il perché ci soffermiamo su un fatto minuto delle dinamiche cittadine è presto detto: siamo di fronte a un segno dei tempi. I mezzi e gli strumenti di comunicazione aumentano, al punto dall’essere diventati invasivi, eppure tutta questa voglia di comunicare non c’è. E comunicare non vuol dire trasfeire delle semplici comunicazioni dal punto A al punto B, bensì creare una “modifica” nel ricevente, spingerlo cioè a un sentimento, una riflessione o a un’azione. Tuttavia, “inutile suonare qui, non vi aprirà nessuno”, cantava il Molleggiato, e il motivetto di “Soli” (in questo caso i cittadini) sembra essere sempre più in alta rotazione a Radio Municipio. Certo, l'aver attivato un indirizzo PEC per le pratiche in ambito viabilità è una buona cosa (in realtà il minimo, con le tecnologie di oggi), ma resta da sperare che poi tutto non finisca nuovamente "alla parigina". Di qui la necessità di una, per la verità più ampia, “umanizzazione delle cure” (in cui rientra, ovviamente, quella “buona educazione istituzionale” della cui latitanza si dolgono i “Parigini” di Potenza), in politica, laddove lo scollamento tra il cittadino e le istituzioni rassomiglia sempre più alla faglia di Sant’Andrea. E siamo a pochi mesi dal Terremoto chiamato elezioni. E buona camicia a tutti.
Walter De Stradis

 

 

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Cari Contro-Lettori,

alcuni biologi hanno da sempre sostenuto che la gallina in realtà è il sistema che l’uovo usa per riprodurre se stesso. Se ci pensate è agghiacciante. Specie in una terra di “polli” (gli elettori), che vengono utilizzati dalle “uova” (d’oro) della politica soltanto come mezzo per perpetrare se stessa. Così com’è altrettanto agghiacciante, tanto per fare un esempio plastico, la vicenda del consiglio comunale di Potenza (l’ennesimo), che salta per mancanza del numero legale. E pensare che una settimana fa, in questa prima pagina, avevamo ironizzato sulla presenza di molti argomenti un po’ “naif” nell’ordine del giorno (a fronte di quelli davvero importanti del “carnet”), ma –da sciocchi quali notoriamente siamo- non avevamo preso in considerazione che il banco saltasse nuovamente, pur consci che con questo Comune (nel senso allargato del termine) la realtà molto spesso supera la fantasia. O è il contrario? E mentre la minoranza accusa la maggioranza, e la maggioranza accusa la minoranza, a nessuno viene in mente la più dignitosa delle parole possibili in questo macello (toh, “dimissioni”), e le faccende davvero importanti aspettano che Lorsignori si degnino di poggiare l’augusto popo’ sulle loro belle poltroncine. Sarà pure, come afferma qualcuno dell'opposizione, che questo tipo di "tattiche" della maggioranza (o di una sua parte) siano tecniche di "ricatto politico" ai danni dello stesso sindaco (a cui, evidentemente, manca il "polso" della situazione?), ma, allargando un tantino la visione, l'immobilismo (o latitanza) amministrativo di questa città guidata da Guarente tocca comunque tematiche cruciali, come leggerete all'interno. Intanto, il Comune di Potenza rende noto che il 2 ottobre 2023 inizia il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, realizzato dall’Istat - Istituto Nazionale di Statistica e condotto dal Comune di Potenza, che terminerà il 22 dicembre 2023. Il Censimento si svolge su un campione di famiglie estratte casualmente.

Vien però da domandarsi (con tutto quello che la politica -da sempre, per la verità- combina, in lungo e in largo) per quanto ancora a Potenza, come nel resto della Basilicata, ci sarà gente da “censire”. Essì, perché in attesa di quello relativo a Potenza, è uscito, fresco fresco, il risultato del Censimento permanente della popolazione in Basilicata. E così apprendiamo cosucce del tipo: la popolazione legale in Basilicata, al 31 dicembre 2021 ammonta a 541.168 residenti, in calo dello 0,7% rispetto al 2020 (-3.962 individui) e del 6,4% rispetto al 2011; la riduzione più significativa si registra nella provincia di Potenza (-7,5%), mentre la provincia di Matera registra una più moderata diminuzione (-4,3%); il decremento rispetto al 2020 si deve alla dinamica naturale e ad un saldo migratorio totale entrambi negativi, non compensati da una correzione censuaria positiva; a livello provinciale, Potenza perde 2.874 residenti e registra anche il maggiore decremento relativo. Le perdite più consistenti si registrano a Potenza (-570), Lauria (-149) e Lavello (-111); in termini relativi, nei comuni di Missanello (-9.4%) e Cersosimo (-5,3%)

Pertanto, il capoluogo di regione è ancora una volta sugli scudi, ovviamente in negativo. E il motivo lo domandiamo (anche) al sindaco. In tutto questo, sempre il Comune di Potenza ci rammenta che partecipare al Censimento della popolazione e delle abitazioni è un obbligo di legge e il rifiuto, o il comportamento atto a impedire l’intervista, comporta sanzioni amministrative. Sa un po’ di beffa, se pensiamo che loro, i consiglieri, in consiglio comunale non ci vanno nemmeno. E non rischiano nulla. O sì? Ma l’elettore, ahinoi, oltre che pollo (o gallina, se preferite), purtroppo è anche smemorato.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

come già accennavamo qualche settimana fa, pare che l’ultima moda in voga nel Capoluogo sia quella di ricevere, nelle sacre stanze del potere politico, alti ufficiali militari. E farsi la foto, ovviamente. Tra Carabinieri, Guardia finanza, e persino la Marina, presso comune, provincia e quant’altro il traffico è stato intenso. Certo, ci sono stati arrivi e partenze negli alti ranghi, e in quei casi la visita/commiato istituzionale è d’obbligo, ma lo stesso si è ben capito che ai nostri politici piace posare con gente in uniforme, perché magari (credono loro) li tinge un po’ di quella autorevole cazzimma che colpisce sempre l’elettorato (e Salvini docet).

Sarà un caso, ma spetta al leghista Guarente (di solito avaro di comunicati) la medaglia di primo classificato in siffatta parata, con ben quattro strette di mano ad altrettanti ufficiali, immortalato in scatti fotografici che –pur fatti in occasioni diverse- ce lo regalano sempre nella stessa, identica, posa (e il montaggio in questa pagina ne è una, plastica, testimonianza!!!). Avranno dunque sicuramente buon gioco quelli dell’opposizione a tacciare di “immobilismo” l’attuale governo cittadino, ma, solo per curiosità, andiamo a dare un’occhiatina a ciò di cui si occupano, o meglio, occuperanno, tutti gli altri militi, noti e ignoti, della Cosa Pubblica, eletti dai civili, ovvero noi potentini. Andando dunque a spulciare il programma della seduta del Consiglio comunale del prossimo 27 settembre 2023, ci accorgiamo di alcune cosette. Tanto per cominciare, continua a -pochi mesi dalla fine della consiliatura!!!- l’incredibile e paradossale manfrina dell’elezione del Presidente del Consiglio Comunale stesso, nonché del Vice Presidente e del Consigliere segretario. Qualcuno dirà (e qualche consigliere l’ha pure affermato in intervista), “vabè, chissene, l’importante è che si affrontino i problemi CONCRETI della comunità cittadina”. Ok, allora vediamole, queste faccende “concrete” messe in calendario: -mozione avente a oggetto “La differenza un valore da difendere, l’odio un sentimento da contrastare”; -mozione avente a oggetto “Dante lingua italiana – comunale” (???); -mozione avente a oggetto “Introduzione di una retribuzione universale di base e il superamento del precariato”; -ordine del giorno avente a oggetto: “In Palestina serve azione diplomatica. di pace e di rispetto del diritto internazionale. Occorre fermare la violenza rimuovendone le cause e riconoscere lo Stato Palestina”. E qui è necessario un chiarimento: non si discute il valore intrinseco degli atti di indirizzo citati (tutti mossi dai banchi dell’opposizione) e degli argomenti toccati, né l’importanza di ribadirli, ma è pur lecito interrogarsi, prima o poi, visti anche i tempi risicati, circa l’effettiva incisività e riscontro che possano ottenere taluni argomenti (per loro stessa definizione “universali”) nell’ambito di una (piccola) assemblea comunale (di cui non si riesce ad eleggere manco il presidente, tra l’altro). Ma magari mi sbaglio io (la stessa mozione avente a oggetto “Conferimento cittadinanza onoraria Patrick George Zaki”, seppur lodevole in sé per sè, fa comunque seguito a una vera e propria FROTTA di iniziative simili, registrate sul suolo italiano).

Comunque, se andiamo avanti, ci accorgiamo che ci sono ben otto richieste, mosse da vari consiglieri, d’intitolazione di piazza, strada o parco a questo o quel personaggio (o a determinati temi); ventinove debiti fuori bilancio di cui riconoscerne la legittimità; diverse questioni di natura più smaccatamente tecnica o finanziaria; e anche qualche richiesta (ancora dell’opposizione) dall’afflato poetico indiscutibilmente pio, del tipo: “Adozione di modalità di assegnazione degli incarichi professionali che superino la mera logica del massimo ribasso mettendo al centro la qualità dei progetti e la loro capacità di migliorare la «bellezza» e qualità della vita della Città”. Amen.

Insomma, tra grandi speranze e aridi tecnicismi, le faccende “concrete” non paiono straripanti, se si eccettuano (di provenienza varia): “Istituzione comunità energetiche contro povertà energetica ed inquinamento”; “Piano Regolatore Illuminazione Comunale”; “pronto intervento sulle strade cittadine e rurali del Comune di Potenza”; “Immediata istituzione Osservatorio temporaneo prezzi”. E davvero poche altre.

Così è, se vi pare.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

in questi trent’anni, mi sono spesso interrogato sul cosa potesse significare, a livello personale, ma anche collettivo, la scomparsa (poi certificata come morte per omicidio) di Elisa. Man mano che gli anni passavano, che i capelli cadevano e che quella lanuggine chiara sulla faccia divenisse sempre più ispida e bianca, mi rendevo conto che quella storia stava contribuendo non poco alla mia formazione personale, ma anche a quella di una comunità. Cambiandoci tutti (o quasi) per sempre. I ragazzi come me, coetanei o quasi coetanei di Elisa all’epoca della sua scomparsa, sono passati infatti da una generalizzata, sbrigativa derubricazione della faccenda (l'“allontanamento volontario” o al massimo, il rapimento da parte di forze “esterne” e cioè la leggenda urbana sugli zingari, per intenderci), a una graduale, ma al tempo stesso repentina, consapevolezza che il torbido si alzava sempre più in città, raggiungendo alture fino a quel momento impensabili. Quando ci fu il ritrovamento, in quella drammatica, gotica “torre”, del corpo straziato della nostra concittadina, fu ormai solo una conferma inequivocabile di quella terribile sensazione palpabile e insistente, indefinibile, come un rumore sordo sempre in sottofondo, di tradimento e beffa che ormai graffiava con unghie sporche nello stomaco. All’inizio, la nostra ingenuità e pigrizia di ragazzi aveva consigliato di non crederci, era troppo crudele l’alternativa, ma la logica cominciò presto a urlarci dal profondo, non solo dalla testa, l’urgenza di svegliarci, il prima possibile. Perché l’aria, in città, era tutt’altro che dolce. Da qui la maturazione collettiva, che per ciascuno sicuramente significherà, con le ovvie sfumature, qualcosa di diverso, ma che per tutti è certamente diventata un grosso invito a non fidarsi più delle apparenze. D’altronde, nel corso dei secoli, alcuni teologi hanno sempre affermato che il più grosso successo del diavolo è l’averci convinto della sua inesistenza. A un certo punto, però, in città si è finalmente compreso che certe cravatte potevano essere dei cappi sempre pronti all’uso, certe penne dei pugnali, certe carezze degli schiaffi.

Il corpo di Elisa, rimasto per diciassette anni in quel sottotetto, versava in due dimensioni, lunghezza e larghezza, nei rapporti investigativi e negli articoli di giornale, e in una terza, la profondità, nei nostri cuori e nel sentire comune dei più. La quarta dimensione, il tempo, ha oggi consentito che la consapevolezza in città straripasse, che la perdita dell’innocenza che questa storia ci ha imposto si tramutasse in voglia di cambiamento, nella capacità, finalmente, di leggere tra le righe di testo, abbinando anche il giusto spessore a quelle parole che, incredibilmente e ostinatamente, sono pronunciate e vergate da coloro che attingono tuttora in quella bottiglietta colma di un nero che più nero non si può. In certi petti, già vecchi e induriti da decenni, il battito della consapevolezza già rumoreggiava da tempo, ma le loro bocche, aiutate dalle loro mani, hanno sempre e comunque preferito soffiare su quel fumo scuro, dritto dritto negli occhi di tutti gli altri.

Walter De Stradis  

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Cari Contro-Lettori,

da lunedì scorso, presso la “sala ovale” del Municipio di Potenza, c’è stato un via vai (anzi, un vai via) di alti ufficiali militari. Tant’è che il nostro buon sindaco si è dovuto per ben tre volte alzare dalla poltrona per posare nella foto di rito con annessa stretta di mano. Tre infatti gli ufficiali (il Generale della Guardia di Finanza Scazzeri, il Comandante regionale dei carabinieri forestali, colonnello Vita e il maggiore dei carabinieri Calabria) che sono stati ricevuti dal Primo Cittadino a Palazzo di Città per un saluto di commiato istituzionale. I tre infatti lasciano la nostra città e regione, dopo l’encomiabile lavoro svolto, per altre destinazioni che siamo convinti beneficeranno altrettanto della loro dedizione. Sta di fatto però che al sindaco Guarente è toccato far diramare anche ben tre comunicati stampa fotocopia in rapida successione, lui, che in fatto di notizie e soprattutto risposte ufficiali (alle tante problematiche segnalate) da dare ai giornali non pare generosissimo (e certo la sua giunta non pare da meno). E in effetti, come suggerisce il nostro opinionista Mario Petrone all’interno del giornale (ma lui notoriamente è più cattivo del Dottor Mabuse), potrebbe anche essere che certe volte (anzi, spessissimo in questo caso) il silenzio è la migliore risposta alla domande a cui non si sa rispondere. E ci si perdoni l’afflato un tantino poetico se l’immagine di questo vai via di alti rappresentanti delle forze dell’ordine che appunto vanno via, praticamente all’unisono, dalla stanza del sindaco, ci pare un metaforico e solo metaforico (visto che, grazie a Dio, comunque saranno rimpiazzati) poco piacevole auspicio. Com’è noto ai più, e anche ai meno, ormai, la credibilità del Guarente sindaco pare duramente minata proprio in fatto di ordine pubblico e sicurezza in città. Ormai non è più soltanto il Centro (dal quale comunque è partita una segnalazione alla Procura) a dolersi degli eccessi della “malamovida”, ma anche i quartieri più periferici (leggere all’uopo, l’ennesima, lettera dei residenti di Via Parigi); e -a sentire i sindacati- persino i rapporti di questa Amministrazione con gli agenti della polizia municipale sembrano essere arrivati alla fase “ferri corti”. Intanto, però, "Attacca il ciuccio dove vuole il padrone", come recita l'adagio.

In tutto questo, il capoluogo di regione dei “primati” (con le famose tariffe di mense scolastiche e i più recenti introiti delle multe stradali da record) si è improvvisamente trasformato in un cantiere a cielo aperto, con lavori di sistemazione e ripristino in atto un po’ ovunque, ma, stranamente, in concomitanza del “tic tac” dell’orologio biologico delle elezioni prossime venture che si fa più incalzante. Domanda: allora è questa la considerazione dell’intelligenza che a Palazzo di Città hanno dei cittadini/elettori?

La risposta, naturalmente, è il silenzio.

Walter De Stradis

 

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

di questi tempi per il potentino sembra sempre più difficile “tornare a casa”.

E il ritrovarsi in possesso della necessaria e indispensabile scaltrezza automobilistica (e pedonale) atta a evitare buche, smottamenti, transenne e impedimenti vari, potrebbe non essere sufficiente.

Domenica scorsa, sotto un cielo di rame infuocato, molti cittadini nelle loro auto cocenti sono stati rimbalzati da un capo all’altro della città. Compresi noi.

Capo 1 (Imbocco di Via Vaccaro) - «Da qui non si può passare. C’è il Triathlon».

Capo 2 (Incrocio di Via Mazzini, parte di sotto) - «Da qui non si può passare. C’è il Triathlon».

Ovvio che, a quel punto, noi come tantissimi altri potentini accaldati, sudati ed esasperati, abbiamo dovuto chiedere agli incolpevoli vigili urbani (sono in stato di “agitazione” pure loro) di svelarci il “segreto”, arcano, mistico, esoterico, grazie al quale poter tornare alle nostre legittime case.

«La cittadinanza era stata debitamente avvisata!», si è letto il giorno dopo. Il lettore potentino, seduto sotto i portici del Gran Caffè, sulle panchine semi-arrugginite di villa santa Maria o col culo poggiato su un qualche muretto bollente di periferia, non sa più se ridere o piangere. C’è modo e modo di fare, organizzare e comunicare le iniziative. Ma questa, naturalmente –bofonchierà qualcuno seduto in comoda poltronissima- è una critica in malafede.

Sarà, ma passa solo qualche giorno, e quello stesso lettore potentino (uno di quelli, cioè, che nel marasma dell’ignoranza indotta da abuso di social, per fortuna ha ancora la bontà di comprare i quotidiani e di consultare il nostro free press), si è poi ritrovato a lungo imbottigliato a Santa Maria, col sedere poggiato sul sedile-graticola nell’abitacolo-forno crematorio, grazie ai “tempestivi” lavori di riqualificazione in atto (con relativa “puntuale” e soprattutto “diffusa” comunicazione) che -in una zona già gravata da altri interventi -hanno ulteriormente ridotto lo spazio a disposizione. C’è modo e modo di fare, organizzare e comunicare i necessari lavori pubblici. Ma questa, naturalmente –ri-bofonchierà quel qualcuno (ancora) seduto in comoda poltronissima- è una critica in malafede.

Ma quanta fatica, qui a Potenza, per “tornare a casa”.

Posto che (o ammesso e non concesso) che la “Potenza di una volta” è un concetto astruso e astratto, riferibile a un qualcosa che forse non esiste o non è mai esistito (specie se consideriamo che anche nella “Potenza di una volta”, in un infinito rimando quantistico di scatole cinesi, si rimpiangeva la “Potenza di una volta”), è davvero difficile riconoscersi nella “Potenza di Oggi”. Menefreghismo, tuttapostismo, benaltrismo, faciloneria e arroganza ai più alti livelli, si toccano con mano, in un Capoluogo ove le segnalazioni dei cittadini (basti dare un’occhiata ai social o alle caselle di posta elettronica dei giornali) sono subito smaltite come “pilotate”, i giornalisti etichettati come “di parte” o –nella migliore delle ipotesi- “scorretti” – e le problematiche evidenziate dai potentini sbrigativamente derubricate a “esagerazioni dei malpancisti cronici mai contenti”.

«La Città non è mai stata così curata» si è letto infatti sul giornale. E non era un editoriale de La Ricotta, ma una voce istituzionale.

E poi, come se non bastasse, «Fatevi un giro in città e vedrete» ha aggiunto qualcun altro (a voce) .

E’ una parola! - in questa città che facciamo fatica a riconoscere e in cui è sempre più difficile …“tonare a casa” (tuttavia, e qui tocca essere un pochino comprensivi, ci rendiamo conto che per quelli seduti nelle poltronissime pagate dai cittadini quello del “tornare a casa” è un concetto un tantinello indigesto).

Buona lettura e buon agosto tutti, Controsenso torna sabato 2 settembre.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

nel settembre del 1991 un «uomo d’onore» di Cosa Nostra, disse a Paolo Borsellino: «Non deve aver più paura, io che dovevo ucciderla sono in carcere». Il magistrato rispose: «Paura? Ma tu non sai che è bello morire per cose in cui si crede; volevate uccidermi a Marsala? A Palermo dovete uccidermi, è più facile». Soggiunse: «Un cristiano non teme la morte. Chi vuol salvare la sua vita la perderà, e chi la perderà l’avrà salvata». Pochi mesi dopo, il 19 luglio 1992, proprio a Palermo, la vita di Paolo Borsellino veniva stroncata nella strage di via D’Amelio. Ma, come aveva affermato proprio quello stesso «uomo d’onore», in realtà «La mafia aveva paura dell’onore di Borsellino; perché Borsellino era il vero uomo d’onore, che non diviene tale con la “pungitura” o bruciando l’immaginetta, ma con la forza delle idee».

Tutto ciò lo riportava Mario Cicala su “Micromega” n. 5 del 2000.

“Come ogni anno ricordiamo il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della Polizia di Stato che con lui morirono nel tragico attentato del 19 luglio 1992. Lo facciamo innanzitutto per un dovere civico e morale -ha dichiarato il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi- perché i giovani sappiano che la nostra Repubblica, e con essa i principi di legalità e trasparenza, sono stati difesi strenuamente da eroi moderni della lotta a tutte le mafie come i giudici Borsellino e Falcone, che hanno segnato profondamente, con i loro innovativi metodi di investigazione, le strategie dello Stato per combattere le organizzazioni criminali. I futuri successi nella lotta alla mafia, fino alla recente cattura di Messina Denaro, si devono anche alla intelligenza investigativa di quei giudici e alla loro capacità di scoprire gli investimenti delle mafie nell’economia e nella grande finanza. A 31 anni di distanza, nella mutata situazione di oggi, resta la lezione che i servitori dello Stato caduti nella lotta alle mafie ci hanno lasciato: ancora una volta occorre riaffermare i valori della democrazia e della libertà come motore per un ordinato sviluppo civile e sociale, che metta al bando la criminalità organizzata ed ogni forma di violenza e di sopraffazione”.

Per il Presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Carmine Cicala, in veste di Presidente del Coordinamento delle Commissioni e degli Osservatori regionali per il contrasto della criminalità organizzata e la promozione della legalità “Risuonino ancora una volta, le parole del giudice Borsellino che diceva in particolare ai giovani: ‘La lotta alla mafia deve essere, innanzitutto, un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità’. Un invito - ha concluso Cicala - che deve interrogare tutti, nessuno escluso”.

Anche il presidente del consiglio comunale di Matera, Francesco Salvatore, insignito a novembre 2022 del “Premio Borsellino per la legalità” ha voluto rendere pubbliche alcune sue riflessioni, citando una lettera incompiuta vergata dallo stesso giudice: «Il conflitto inevitabile con lo Stato, con cui Cosa Nostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni), è risolto condizionando lo Stato dall'interno, cioè con le infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi, perché venga indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la comunità sociale». “Un conflitto, quello tra Stato e mafie –afferma Salvatore- che oggi ha mutato la propria forma ma che resta assolutamente attuale e di grande attenzione”.

Meditate gente, meditate. Walter De Stradis

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

in una scena di “Pierino Medico della Saub”, il direttore dell’ospedale redarguisce l’ovviamente fallimentare personaggio di Alvaro Vitali, ricordandogli che nella professione medica ci vuole “rigore, rigore, rigore”. A quel punto, un collega di Pierino infierisce, gomitandolo e sibilandogli: “hai perso, caro mio”. “E per forza –risponde Alvaro Vitali, da par suo- m’ha dato tre rigori!”.

Chissà se una risposta del genere potremmo aspettarcela dal sindaco di Potenza, Mario Guarente, fresco di ultimo posto in classifica nel tradizionale “Governance Poll” svolto per Il Sole 24 Ore del Lunedì da Noto Sondaggi. Giusto per la cronaca, tra i sindaci, dopo il milanese Sala (65%), al secondo posto si conferma Marco Fioravanti (Ascoli Piceno, centro-destra, 64,5%), seguito da Antonio Decaro (Bari, centro-sinistra, 64%). Scende dal primo al quarto posto Luigi Brugnaro (Venezia, centro-destra, 63%), ex aequo con Michele Guerra (Parma, centro-sinistra 63%). Fanalino di coda, come già accennato, il Sindaco di Potenza, Mario Guarente (42% dei consensi).

Il fatto è che per Guarente non contano tanto i rigori subiti, quanto quelli falliti, visto che, tutto considerato (pur al netto del Covid), di occasioni ne ha avute tante, da Potenza Capitale Europea dello Sport al sostegno milionario elargito (per fortuna) dalla Regione Basilicata. Ma ecco che, presentatosi sul dischetto col passo sempre più pesante, il Primo Cittadino ha mandato in tribuna puntualmente le palle (dopo averne dette altrettante in campagna elettorale, sostengono i maligni) più decisive. Ultime solo in ordine ti tempo, la questione sicurezza (ed è strano che un sindaco di destra debba vedersi sfilare la questione sotto il naso, in direzione Procura), il caos immondizia (e relativi tira e molla politici sulle nomine), il “controsenso” di un Autovelox “naif” che ha scontentato, basito (e multato) un po’ tutti, e i lavori pubblici in città. Per quanto riguarda quest’ultimo particolare –sorvolando sull’ormai proverbiale “terzo incomodo” che comunque riguarda più enti- non si contano più in città le transenne, le buche, le mattonelle divelte, i sampietrini saltellanti e le rovinose cadute (in via Mazzini se ne registra quasi una al giorno).

Facendo due conti, dunque, Guarente e la sua giunta stanno perdendo 4 a 0, e non a tavolino.

E pensare di sopperire con qualche (pur agognato) lavoro di circostanza e/o a orologeria, ovvero con l’inconfessata speranza, magari, di recuperare qualche punteggio –non tanto nella classifica del Sole 24 Ore- quanto nella “tappa” che potrebbe riportare al traguardo di una candidatura o ricandidatura da qualche parte (sua o di qualche suo assessore), potrebbe rivelarsi –all’occhio ormai disincantato del cittadino- una “pia” illusione. Quella di un politico che parrebbe –a questo punto- meglio destinato alla tribuna?

Si vedrà. Quel che è certo, è che il Potentino, in questa lunga ed estenuante “partita”, si è parecchio scocciato di limitarsi a fare il “raccatta-palle”.

Walter De Stradis

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