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Cari Contro-Lettori,

chi scrive, domenica scorsa è stato ospite di una bella trasmissione di Radio Vulture, nel corso della quale i colleghi di Rionero hanno riferito di essere stati particolarmente colpiti (e stupiti) dall’intervista rilasciata a questo giornale, un paio di numeri fa, dall’Associazione Centro Storico di Potenza, e in particolare dal suo titolo (un virgolettato delle dichiarazioni rilasciateci): «L’alcool, l’ultimo “aggregante sociale” rimasto nel centro storico di Potenza».

A distanza di qualche giorno, anche chi scrive è rimasto particolarmente “colpito” (e stupito), da una notizia diffusa dal Comune, che vorrebbe il Capoluogo candidato a “Capitale dei Giovani 2024” (un bando ministeriale). Avete letto bene. Tale candidatura, con invidiabile faccia tosta, è stata annunciata mercoledì scorso alla Galleria Civica, Palazzo della Cultura, Sala dell’Arco, allo scopo di: «essere sempre più attenti ai giovani, universitari, studenti e comunque giovani in generale, tra i 15 e i 35 anni, quelli grazie ai quali, potremo pensare e realizzare la nostra città del futuro». Parola di assessore.

Sia chiaro, iniziative di questo tipo sono sempre meritorie (e si confida siano occasione, finalmente, per lavorare seriamente sui temi), ma il sospetto di “faccia tosta” municipale nasce da (almeno) un paio di riflessioni (se si escludono, ovviamente, faccenducole come disoccupazione ed emigrazione giovanile galoppanti).

La prima è la seguente, semplice e lapidaria: qualcuno ricorda, per caso, “Potenza Città Europea dello Sport???”.

La seconda riflessione nasce anch’essa spontanea (come avrebbe detto Lubrano), se si pensa al comunicato stampa che –ironia della sorte!- è stato diramato dalla Polizia, il giorno dopo l’annuncio del Comune: «Centro storico: la Polizia di Stato ha deferito all’Autorità Giudiziaria due diciottenni per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente». In sostanza, insospettiti dalla pronta “fuitina” di due giovani (che, alla vista delle uniformi, da via Rosica sgattaiolavano in via IV Novembre), i poliziotti li hanno controllati e quindi trovati in possesso di droga (hashish) e di una mazzetta di soldi (550 euro). Un ormai “tipico” fatto “minuto” dei vicoli della parte vecchia di Potenza.

Che dire, questa giunta Guarente è anche sfortunata, i suoi annunci vengono uccellati il giorno dopo, dai crudi fatti.

Non è certo un caso, infatti, se sei minuti (e si sottolinea sei!) dopo il succitato comunicato della Polizia di Stato, ne sia arrivato un altro, particolarmente significativo, della Prefettura di Potenza: «Approvato il Piano coordinato di controllo del territorio della provincia di Potenza. Disposti, nella stessa riunione, servizi interforze “ad alto impatto” nel centro storico del capoluogo». E così apprendiamo che (tra le altre cose) per la Città di Potenza, il nuovo Piano coordinato di controllo del territorio potrà anche avvalersi delle importanti potenzialità offerte dalla tecnologia, grazie all’implementazione del sistema di videosorveglianza, con l’installazione di 22 nuove telecamere (11 nel centro urbano e 11 nelle contrade, che andranno a integrarsi con quelle già esistenti), per le quali il Ministero dell’Interno ha assicurato, proprio nei giorni scorsi, un finanziamento di € 250.000,00, nell’ambito del P.O.C. - Programma Operativo Il Prefetto Campanaro ha inoltre disposto, a partire dal questo fine settimana e con cadenza periodica, servizi interforze “ad alto impatto” nel centro storico, finalizzati al contrasto alla vendita a minori di bevande alcoliche e allo spaccio e al consumo di sostanze stupefacenti. Che dire, menomale che il Prefetto c’è. Sul versante politico-amministrativo, invece, prima di sparare candidature a caso, la Potenza “dei giovani” –da qui al 2024- merita un quantitativo di lavoro e di riflessioni, a 360 gradi, che si annuncia di proporzioni quantomeno “bibliche”.

E così sia.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

una volta, anche qui da noi, valeva il detto: “Chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane”.

Tuttavia, il Capoluogo di regione, sempre più povero, è riuscito a polverizzare anche questa antica verità, se è vero com’è vero che (grazie a un Protocollo d’intesa tra Caritas Diocesana di Potenza-Muro Lucano- Marsico Nuovo, l’Albo degli Odontoiatri e l’I.P.S.I.A “G. Giorgi” di Potenza), in tre mesi sono state donate quattro protesi dentarie a persone affette da “edentulia”. Si tratta, per l’appunto, della totale o parziale mancanza di denti. E la meritoria attività dei soggetti coinvolti ha reso drammaticamente palese che a Potenza oggi c’è chi non ha né pane, né denti. E non è una battuta.

Il dott. Veralli (presidente dell’Ordine degli Odontoiatri) ha infatti affrontato il tema dal punto di vista sanitario applicato al sociale, affermando: «Si tratta di un progetto generoso. La mancanza di denti è un handicap grave, basti pensare in primis al disagio psicologico di sorridere, oltre ai numerosi problemi afferenti alla masticazione. Questo progetto ha toccato le corde giuste per donare un sorriso e dignità alle persone in difficoltà. 4 protesi in 3 mesi sono un buon risultato, ma con il sostegno di Caritas, motore di questa iniziativa, confidiamo di poter estendere il numero di prestazioni».

E tutto questo paradossalmente accade, nella città dei senza denti e senza pane, proprio nel mentre un’indagine del Sole24 Ore ci dice che le tariffe delle mense scolastiche lucane sono le più alte d’Italia. Perché? Beh, perché a Potenza si pagano cifre esorbitanti per il servizio di ristorazione, il quale –può non c’entrare nulla o può c’entrare tutto, come sottolinea a pagina tre il solitamente arguto Mario Petrone- è da anni ormai affidato al privato in regime di prorogatio, in attesa che si allestisca finalmente un bando con tutti i crismi.

Nel mentre accogliamo con favore la notizia che Il Comune di Potenza ha varato nuovi interventi connessi alla realizzazione dei programmi di autonomia del Fondo ‘Dopo di Noi’, finalizzato alla realizzazione di progetti personalizzati di autonomia per persone con disabilità, non ci rimane che aggirarci, con tanti interrogativi che si arrovellano nella testa, in una città che appare sempre più sporca, degradata, con la pavimentazione del centro storico – per dirne una- rattoppata di catrame, mentre i sampietrini giacciono ammonticchiati agli angoli di vicoli e slarghi (foto a pagina 10).  

Dopotutto, e vi rimando al meraviglioso intervento dello scrittore Lucio Tufano a pagina 5, questa è sempre meno la “Capitale” culturale, economica e sociale della regione, ed è sempre di più la Capitale del Servilismo. Un Servilismo che non serve (più) a nessuno, se non ai “Serviti” stessi.

Il che ci porta al concetto di Città “Self-Service”.

E buon appetito a tutti.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

archiviata la Festività di San Gerardo, si ritorna tutti, con un po’ di mal di testa e tanto mal di tasca, a riaffrontare i problemi della quotidianità. Dice il filosofo che noi ci incamminiamo verso la morte dal momento in cui nasciamo, e i pessimisti vedono il tutto come una lunga (chi più, chi meno), agonia. Se trasliamo il ragionamento all’agone politico, ci rendiamo conto che un governo, locale o nazionale che sia, poco importa, comincia a incamminarsi verso la propria morte non appena insediato, costellando il proprio percorso di vita di fatti, o non fatti, a seconda delle capacità e/o volontà di ognuno. E man mano che i giorni passano, nel microcosmo potentino, in luogo degli aromi di stagione che tardano a palesarsi, si comincia sempre più ad avvertire l’odore pesante, a tratti soffocante, di un’esperienza politica che, giorno per giorno, a falcate sempre più lunghe, si avvicina al proprio decesso naturale. Il percorso, accidentato e mai realmente al galoppo, dell’ultima amministrazione comunale, è –tuttora- anch’esso caratterizzato da fossi (ehm) come da fiori, da crepe come da aiuole, ma si fa sempre più palpabile la sensazione che alcune, molte questioni irrisolte o complicate le si voglia/possa “traghettare” –a mo’ di patate bollenti- al prossimo governo cittadino che germoglierà. Sarebbe interessante, in proposito, raccogliere i pareri dei residenti di via della Pineta (il cartello di chiusura dice "fino al 12/6", ma poi aggiunge un sinistro "fino a cessate esigenze"!) o di Corso Garibaldi (o di chiunque passi da quelle parti). In più, è fresca fresca la questioncella del sottopasso di Via Roma, inaugurato in pompa magna solo a febbraio scorso, che si allaga e viene chiuso a ogni pioggerella, e che ora richiede ulteriori lavori (pensarci prima no, ovviamente) e ulteriori costi (a proposito dei quali, leggerete a pagina tre le riflessioni del nostro arguto Marione Petrone). La faccenda in città è diventata una vera e propria barzelletta (oltretutto la battuta è stata servita su un piatto d’argento: il così battezzato “Terzo Comodo” in un battibaleno è diventato “Terzo Incomodo”). Da qui, la nostra vignetta che raffigura un volenteroso (?) sindaco Guarente che, alla prossima pioggerella, anch’egli in (o con) pompa magna, si spende in prima persona per aspirare l’acqua. Ci rendiamo conto che il buon Primo Cittadino –di suo- invece aspirava a qualcosa di diverso, magari a uno scranno futuro un po’ più in su, e ci rendiamo conto che –tornando al ragionamento esistenziale di cui sopra- stia già nasando gli afrori di una probabile sconfitta elettorale, talmente rapida da essere multabile con Autovelox, ma ugualmente già lo sentiamo lamentarsi a proposito della nostra vignetta: “Il progettista non sono io, i lavori li ha fatti fare FAL, con fondi PO FESR 2014 - 2020”. Quasi a parafrasare, in modalità autogol, “Don Giovanni”, la celebre canzone di Battisti, appartenente al periodo, anch’esso “filosofico”, col paroliere Panella: «L’artista non sono io/Sono il suo fumista/Rivesto quello che vuoi/Son l’attaccapanni».

Se -per assurdo!- così fosse (ma è notorio che il Comune ha avuto un ruolo importante nella vicenda), allora un po' tutti, in questa Amministrazione, dovrebbero essere perlomeno assai più cauti nel presenziare, in pompa magna, alle inaugurazioni, nell’intestarsi meriti e soprattutto nel rilasciare contestuali promesse e/o dichiarazioni di sorta. Anche perché (basta guardare le interviste realizzate da Lucania.Tv il giorno dell’inaugurazione), oltre all’attuale sindaco e vicesindaco, puntualmente poi ti spunta anche l’ex sindaco di turno (in questo caso Santarsiero) che, pur criticando l’esito finale, afferma “Il progettista originale sono io/sono io l’artista”. Che dire. Il silenzio, quello sì, è d’oro. E vale per tutti.

                                           Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

ricordiamo tutti quella scena de “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli (1981), in cui il Pontefice (Papa Pio VII, interpretato da Paolo Stoppa), seduto sulla sua “sedia gestatoria”, è portato a spalla da alcuni nobili romani. Fra i “sediari pontifici” sotto di lui, c’è appunto il Marchese irriverente e burlone interpretato da Alberto Sordi, il quale, fingendo di inciampare, fa traballare la sacra “portantina” del Santo Padre, rimediando l’ennesima ramanzina.

Ebbene, una scena del genere potrebbe ripetersi nella Potenza di oggi, laddove c’è il serio rischio che qualcuno dei Portatori del Santo, nel corso della Parata dei Turchi, possa inciampare in una delle tante buche, voragini o sconnessioni del manto stradale cittadino, facendo traballare il Tempietto di San Gerardo. E questa, infausta, evenienza non sarebbe affatto una burla a opera di un qualche Marchese.

Un’ipotesi assurda? Non tanto, se si pensa che nei giorni scorsi un comune cittadino (la notizia è stata pubblicata sui social e ripresa dai quotidiani) quasi spariva, precipitando in un misterioso “buco” presente nella parte vecchia della città.

Lo stesso parroco di Poggio Tre Galli, sempre su un quotidiano locale, si rivolgeva all’amministrazione comunale del Capoluogo onde perorare la causa dello stato, alquanto precario, in cui versano le strade del suo quartiere.

Ma interventi e commenti del genere se ne registrano ormai con frequenza sconcertante e inedita. Le elezioni non sono tanto lontane: non sarà che qualcuno, sul al Comune, magari presagendo una sua non-rielezione, stia pensando di passare tutte queste “patate bollenti” a chi verrà dopo?

Mah.

Certo, ci si dirà, nel Capoluogo di regione ci sono problemi assai più seri della manutenzione delle strade cittadine, ed è vero. Ma se è anche vero che un Sindaco e una Giunta, come si legge sempre nelle loro interviste (e non del tutto a torto), non possono certo risolvere il problema del Lavoro, così come quello della Salute o della Tutela Ambientale (materie complesse che sono per lo più a carico di altri enti), è altrettanto indiscutibile, però, che qualcosina un Comune la dovrà pur fare. O no?

E se è vero come è vero che a Potenza la gente continua a inciampare e sbucciarsi ginocchia manco fossero le pannocchie arrostite della Festa; se è vero come è vero che al Comune c’è penuria di operai dediti alla manutenzione viaria e che c’è urgenza di altro personale; se è vero come è vero che nel Capoluogo l’uso delle auto (che produce inquinamento) è quasi reso obbligatorio dalle inefficienze dei collegamenti pubblici, meccanizzati e su ruota, e che –pertanto- la gente di camminare a piedi non ne vuol sapere (anche per la paura di inciampare); ne consegue che le (in)azioni di un Comune possono influire –e come!!!- su questioni “non alla loro portata” come Lavoro, Salute e Ambiente.

Ma per oggi, forse, di cattiverie ne abbiamo scritte a sufficienza.

Godiamoci tutti la Festa del Santo Patrono.

E San Gerardo, già che ti trovi, pensaci tu, và!

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

nei vicoli del centro storico di Potenza stanno accadendo delle piccole cose magiche. Non chiamiamoli miracoli, per carità, perché quelli spettano, di diritto, a San Gerardo; e/o perché qualche politicante locale, di quelli che, in separata sede, vanno tirando le orecchie a chi si espone sul nostro giornale, magari si arroga anche questa prerogativa tutta mistica.

No, semplicemente, dei piccoli uomini (solo per statura), stanno facendo accadere delle cose, piccole (ma solo per metratura), laddove da tempo non succede nulla (episodi di malamovida a parte, ovviamente).

Ed è così che Vincenzo Lauria e i sodali delle compagnie dialettali “Lu Uarniedd” e “La Risata”, si sono rimboccati le maniche, e con la forza delle loro braccia hanno voluto scacciare le nuvole, non solo meteorologiche, che si addensano sui tetti della parte vecchia, il cuore, della città. E hanno dato ri-dato vita a un “sottano” (messo a disposizione da un privato cittadino), allestendo una piccola macchina del tempo, che istantaneamente può riportare il visitatore a 80 anni fa, aprendo una finestra sulla Potenza di una volta, quando (come ci ha raccontato un membro della compagnia), ci si “assettava” fuori dall’uscio, si parlava e ci si dava (soprattutto) una mano. E questo accade in vico Santa Sofia: gli animatori dell’iniziativa sperano che il Comune, che finora si è fatto vedere per i saluti istituzionali, dia loro una concreta mano affinché questa piccola casa dei sogni (che ha già suscitato l’interesse di diversi turisti), non debba chiudere tra qualche settimana, come, ahimè, previsto.

A pochissimi metri di distanza, in vicolo Atella, solo qualche settimana prima il piccolo poeta Fanì aveva -di tasca sua e in un locale di sua proprietà- aperto un bagno pubblico, per offrire a tutti (turisti compresi) un’opportunità, semplice, basilare, ma che in centro storico, guarda un po’, è quasi del tutto assente. Spiace segnalare che qualche cittadino aduso alla lamentazione preventiva e continuata, abbia anche ironizzato (“ma chi glielo dà, il permesso?”) sulla provocazione (abbinata però a una soluzione concreta) del Cavalier Fanì.

Ma sta di fatto che da questi vicoli ci giunge, come un piccolo venticello benefico, una lezione di umiltà e di iniziativa personale, che si spera possa ingrandirsi, per aiutare a scacciare le nuvole del maltempo, del malcostume, della malamovida …e anche, perché no, della malapolitica.

Walter De Stradis

 

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Cari Contro-Lettori,

soltanto un anno fa, il Giro d’Italia passava per Potenza e il Capoluogo improvvisamente si riscopriva città a misura di bicicletta, ma anche di pedone, visto che il Comune, con mano insolitamente munifica, aveva rimesso a nuovo alcune strade cittadine. Guarda caso -dissero percossi e attoniti alcuni Potentini- si trattava proprio dei tratti di strada che sarebbero stati toccati dalla tappa ciclistica! Acciocché la comunale amministrazione tacciò di disfattismo e di disonestà intellettuale codesti critici, poiché essa aveva programmato da lunga pezza siffatti e ben altri lavori di ripristino, che ora brillavano ardimentosi sul nerissimo, ma lucido serpente d’asfalto che si crogiolava sotto il sole di un Capoluogo tutto vestito di rosa.

A distanza di un anno, in assenza delle tappe, ci si è dovuti accontentare delle toppe, e bisogna anche dire grazie, perché per veder comparire in centro storico quelle tristissime chiazze di bitume nero, atte a ricoprire i “vuoti” dei sanpietrini mancanti, anche questa volta si è dovuta attendere una fortuita e fortunata concomitanza, ovvero l’evento nazionale del 1 maggio, che ha visto riversarsi su Potenza (oltre a qualche tonnellata d’acqua) i big del sindacato e un buon numero d’iscritti.

Ma a ben guardare le segnalazioni dei cittadini sulla pagina Facebook “Potenza denuncia” (le cui foto sono pubblicate qui a fianco), l’ameno gesto di buttare una saccata di bitume laddove l’ammanco di asfalto o di pavimentazione si fa periglioso, sembra la regola al Comune di Potenza; oltre a quella naturalmente, di disseminare il tessuto cittadino di transenne un po’ alla carlona, come fossero spille arrugginite utili a tenere insieme i brandelli di un vestito che si fa ogni giorno più logoro. Senza contare le inaugurazioni pluri-istituzionali (vedi sottopasso di via Roma) che si rivelano un buco nell’acqua, piovana, manco il tempo di pubblicare le foto di rito con politici festanti, le strette di mano calorose, e i sorrisi istituzionali a 47 denti (in molti casi trattasi però di dentiere).

Ma occorre pensare positivo, la Festività del santo patrono si avvicina sempre più, e persino il meteo, forse, sembra aver desistito dal romperci l’anima (e non solo quella). Alla giunta Guarente, poi, resta un annetto per riguadagnare terreno (si spera privo di buche e rattoppi col catrame) e far ricredere il cittadino scontento. Perché se, sul tavolo regionale, Bardi col “bonus gas” ha comunque calato un asso che potrebbe rivelarsi decisivo, Guarente (o chi per lui) cosa potrà mettere sul piatto?

L’Autovelox?

Mah, a quel punto, forse sarà meglio la solita supercazzola.

Bitumata, ovviamente.

Walter De Stradis    

 

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

con l’incessante progredire della tecnologia, c’è da aspettarsi che in uno dei prossimi processi contro la criminalità, il testimone principale dell’accusa possa essere un…frigorifero.

Non è una battuta, ma una prospettiva realistica, se è vero come è vero –come ci hanno spiegato (nell’intervista a pranzo a pagina 7) due esponenti del Sindacato della Polizia (SILP CGIL)- che gli strumenti domestici di largo consumo (Alexa, Google, ma anche –per l’appunto- i frigidaire digitali di ultima generazione) in quanto ricettori e immagazzinatori di dati, possono rivelarsi fonti preziose, e inaspettate, di informazioni utili alle investigazioni.

Tuttavia, a quanto pare, le forze di polizia italiane (ma anche le Procure) non sembrerebbero tenere il passo (tecnologico) della criminalità organizzata, forse per questioni di carenze (ataviche) di budget e/o di attività di formazione (del personale). Non a caso, in un recente intervento tenutosi nel marzo scorso a Milano (all'auditorium Giovanni Testori nell'ambio dell'evento organizzato da WikiMafia 'La 'Ndrangheta nel mondo'), lo stesso procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha riferito che «le mafie si sono evolute, (…) sono in grado di farsi costruire da hacker delle piattaforme che utilizzano per comunicare. Noi usiamo Whatsapp o Telegram, loro hanno delle piattaforme che usano per comunicare nel mondo. Hanno dei telefoni particolari che durano quattro mesi, che costano migliaia di euro, e vengono utilizzati solo per quella piattaforma (…) E noi stiamo qui a discutere se le intercettazioni costano poco o troppo, se il mafioso parla o meno al telefono, se possiamo utilizzarle o meno per i reati che riguardano la pubblica amministrazione. Capite quanto è lontana la discussione degli addetti ai lavori rispetto alla realtà? Corruzione, concussione e peculato sono i reati che vanno gomito gomito con la politica e con la mafia".

Se a queste parole aggiungiamo quelle del procuratore antimafia di Potenza, Francesco Curcio (riportate nell'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento), secondo il quale «Le indagini svolte hanno posto in evidenza l'esistenza di un sistema mafioso endemico, capillare e pervasivo in tutta la regione Basilicata», allora meglio si comprende l’importanza di un evento come quello previsto per il 16 maggio a Potenza (al palazzo della Cultura), organizzato dal SILP CGIL e dall’ONIF (Osservatorio Nazionale Informatica Forense), in cui si formeranno gli addetti ai lavori, proprio in materia di “Tecniche avanzate e nuove sfide”, con riguardo alle “Indagini Digitali e Forensi”.

Il capoluogo di regione diverrà dunque per un giorno la “Capitale” di un certo tipo di –ormai indispensabili- approfondimenti, che si spera si tramutino presto anche in risorse concrete (strumentazione e personale formato), che al momento possono anche apparire “futuristiche”, ma che per certi furbacchioni sembrano già essere, invece, il pane quotidiano.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,
in attesa del Decreto previsto proprio per il 1 Maggio, visto l’andazzo generale, c’è forse da aspettarsi che prima o poi qualcuno di quelli che comandano, così come accade –sempre di più e sempre più vergognosamente- col 25 aprile, manifesterà pubblicamente dei “dubbi” anche sulla Festa del Lavoro, ritenendola ingiusta, ingiustificata, inopportuna, una perdita di tempo, e magari tirando in ballo anche un certo qual revisionismo storico (che fa tanto “persona a-cculturata”).
Siamo ormai nel Paese in cui ci si pasce (almeno nominalmente) dei diritti sanguinosamente acquisiti (compresa la libertà di sparare ignobili puttanate), ma in cui ci si “dimentica” –a convenienza- di come li si è ottenuti. E così accadrà anche col Lavoro: dài e dài, qualcuno (che il “lavoro” ce l’ha, perché gliel’abbiamo dato noi), prima o poi con gran faccia tosta farà negazionismo anche su quest’altro principio fondante del nostro Paese.
E sapete qual è il bello? Che molti di noi (con o senza occupazione) gli crederanno.
D’altronde, se ben ci pensiamo, il Lavoro GIA’ adesso non è un diritto. Basti dare un’occhiata più approfondita alle carte di molte delle indagini eclatanti (e relative intercettazioni) che riguardano o hanno riguardato la nostra regione; è infatti molto spesso l’occupazione il perno sui cui ruotano, come pipistrelli in circolo, i giri di vite del malaffare e del malcostume, anche politico, e si va dai concorsi truccati, a discorsi sulle comparsate in Tv.
La via più breve, dunque. Ma è anche l’unica? E’ in realtà questa la domanda (dal punto di vista sociale) da un milione di dollari. La risposta è (anzi, deve essere) sempre e comunque no, ovviamente, ma qualche riflessione in più è comunque doveroso farla, specie se notiamo che, negli ultimi anni, gli aspetti più putridi del connubio Politica-Lavoro si sono cementificati, dato che la Politica stessa, da “mezzo” che era per affrontare la questione a livello di interesse generale, è (ancora più di prima) diventata “il fine”.
Banalità da quattro soldi? Forse, ma facciamoci due conti e chiediamoci quanti sono i nostri politici, a tutti i livelli, che prima di salire su un qualche scranno o su una qualche poltrona un Lavoro ce l’avevano già. Domanda più che lecita, considerato il numero sempre crescente di disoccupati che “scendono in campo” a ogni tornata elettorale, o quanto ci raccontano le cronache a proposito di sindaci (e qui in Basilicata ne sappiamo qualcosa) che prima di divenire tali dichiaravano reddito zero!
Sarebbe curioso, visto che in non pochi comuni lucani si è in campagna elettorale, conteggiare quante volte la parola “Lavoro” ricorrerà nei comizi di piazza e simili. Ma, a pensarci bene, sarebbe come contare i morti ammazzati nella saga cinematografica di “John Wick”. E pertanto, quello sì, dunque, sarebbe un esercizio inutile e una perdita di tempo.
O forse no?
Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori

l’affare si complica.

«Sul Pnrr in questi mesi abbiamo assistito a un dibattito in cui pareva che i comuni potessero creare ritardi. Ma i comuni non sono in ritardo e stanno facendo la loro parte per il paese». A dirlo all’Ansa è il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, a margine della presentazione del programma ‘Motore Italia Transizione Energetica’ di Intesa Sanpaolo.  «I Comuni spenderanno 40 miliardi –aggiunge- che sono solo il 19% della cifra complessiva prevista dal Pnrr. C’è un altro 81% di cui non parla nessuno». Inoltre, secondo Decaro, «più del 56% delle risorse assegnate le abbiamo già avviate alle procedure di gara che tra un po’ si trasformeranno in opere pubbliche».

Le affermazioni di Decaro –a riprova che la faccenda è piuttosto ingarbugliata- sembrerebbero non collimare del tutto con uno studio della Svimez (su circa 600 comuni italiani), di cui ci dà conto a pagina 4 l’economista D’Agostino. «… emergono dati molto preoccupanti: più della metà ritengono le procedure del piano troppo complesse, pesano le carenze di organico degli enti locali, il ricorso a consulenze esterne da parte dei comuni è tutto da valutare, in rapporto ai desiderata dei comuni, il 40% delle amministrazioni ha una conoscenza parziale delle gare del Pnrr, nel Mezzogiorno per completare una opera sono necessari mediamente 3 anni contro un anno e mezzo richiesto nel Nord Ovest, i comuni più penalizzati sono quelli più piccoli, una circostanza che rende molto problematico il lavoro da fare in Basilicata, dove la larga maggioranza degli enti locali è notoriamente di piccole dimensioni; tra il 2008 ed il 2019, il personale amministrativo (per non parlare dei tecnici di programmazione in molti casi inesistenti) è calato del 20,9 % nel Centro nord e del 33, 5% nel Sud, a causa del blocco del turn over, in questo processo il personale sotto i 40 anni si è ridotto dal 22,5 al 10, 2 nel Centro Nord e dall’8, 2 al 4, 8 al Sud , il Mezzogiorno contava nel 2019 soltanto 21, 2% laureati in servizio a fronte del 28, 9 del resto del Paese».

Tutto ciò pare ottenere una conferma dalle parole di un operatore “sul campo”, ovvero un sindaco, in questo caso quello del Comune di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza, che di gestione di fondi e procedure ne sa qualcosa (vedasi alla voce “royalties petrolifere”). A proposito delle tematiche toccate da D’Agostino, Massimo Macchia ha infatti affermato laconicamente «E’ follia. Gli adempimenti sono troppi, impensabili. Domani io mica posso assumere venti persone (…) Pochi anni fa avevamo 43 dipendenti, oggi ne abbiamo 13. E’ devastante. (…) In tutto il sistema dei bandi e delle gare, in generale, arrivano istanze, in tempi talmente stretti, e il più delle volte richiedono un livello di progettazione già elevato (quello di fattibilità). Altrimenti non ti finanziano! E io-sindaco con quali soldi faccio un bando definitivo? Prenda il bando della metanizzazione fatto dalla Regione: abbiamo un tecnico che ci lavora giorno e notte (perché il finanziamento non possiamo certo farcelo scappare). Ma noi abbiamo la fortuna delle royalties, e possiamo farlo, ma gli altri, che royalties non ne hanno?».

Prendete e leggetene tutti (“Intervista a pranzo” a pagina 7). Il dibattito è aperto.

Walter De Stradis

 

 

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Cari Contro-Lettori,

in Basilicata, la criminalità organizzata studia “da grande”. E in grande. La gente (i giovani, ma non solo), se ne va, quelli che restano (gli altri giovani, ma non solo) hanno difficoltà a trovare lavoro e/o ad arrivare a fine mese; nel frattempo, però, risorse pubbliche (e cioè soldi, tanti) continuano ad arrivare, a fiumi. Ricchezze, naturali e non, continuano a far salivare le voraci bocche di quegli insaziabili che osservano, studiano, fanno progetti, intessono relazioni, stilano grafici, elaborano con i loro computer e poi agiscono. Sono, il più delle volte, in giacca e cravatta. E siedono a una scrivania. E sono criminali. I criminali di nuova generazione.
Nella giornata del 12 aprile è stata pubblicata sul sito della Camera dei Deputati la Relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso del I° semestre del 2022. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e documenta la tendenza, rilevata da diversi anni, circa il generale inabissamento dell’azione delle consorterie più strutturate, che hanno ormai raggiunto un più basso profilo di esposizione e, come tale, particolarmente insidioso proprio in ragione dell’apparente e meno evidente pericolosità.
“Le indagini svolte” hanno “posto in evidenza l’esistenza di un sistema mafioso endemico, capillare e pervasivo in tutta la regione Basilicata”: sono le parole del procuratore antimafia di Potenza, Francesco Curcio, riportate proprio nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento.
Il singolare panorama criminale della Basilicata, caratterizzato da sodalizi autoctoni e da manifestazioni mafiose provenienti dalle regioni confinanti, ‘ndrangheta, camorra e mafie pugliesi, ha portato all’istituzione della Sezione Operativa DIA a Potenza. Nel documento - in cui si fa riferimento dunque all’istituzione nel capoluogo lucano della Sezione operativa Dia con la presenza, il giorno dell’inaugurazione, il 7 marzo 2022, dell’allora Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, - è sottolineato che, secondo Curcio, “attualmente la situazione criminale mafiosa colloca il Distretto di Potenza, quanto a grado di allarme che suscita il fenomeno, subito dopo quelli tradizionalmente afflitti dalla presenza delle mafie storiche”.
Dalla relazione inviata al Parlamento emerge poi che lo scenario della regione, segnato dalle difficoltà economiche in cui versano le imprese e dall’elevato tasso di disoccupazione tra la popolazione residente, rappresenta un fattore di seria vulnerabilità alle pressioni delle cosche mafiose delle regioni confinanti, molto interessate anche ai cospicui flussi di fondi pubblici investiti nel territorio.
Importante notare che i diversi sodalizi criminali, sebbene duramente ridimensionati e scompaginati nel tempo dalle congiunte attività delle Forze di Polizia e della Magistratura, si sono rivelati, al pari di altre realtà delinquenziali più progredite, particolarmente inclini a rigenerarsi con crescente attività di proselitismo e diversificazione delle attività illecite, evolvendo gradualmente verso formazioni a gestione imprenditoriale che incrementano i rischi d’infiltrazione nella pubblica amministrazione.
Maggiori approfondimenti a pagina 8.
Buona lettura,
Walter De Stradis

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