- Redazione
- Sabato, 10 Luglio 2021 09:32
di Antonella Sabia
“I primi ad arrivare e gli ultimi ad andare via”: lo dice con soddisfazione e orgoglio, Michele Quagliano, presidente neo eletto del comitato regionale della Croce Rossa Italiana, della macchina dei volontari CRI che si attiva tempestivamente in occasione di grandi emergenze e calamità naturali, e che una volta spenti i riflettori continua a supportare ed aiutare le popolazioni duramente colpite.
d: Qual è stato il cammino associativo che l'ha portata a diventare presidente?
r: Sono iscritto alla Croce Rossa Italiana dal 1998, sono partito come volontario del soccorso, prima di ricoprire tutte le cariche previste dallo statuto. In particolare sono stato delegato regionale per l’attività di emergenza, questo incarico mi ha portato, ahimè, ad affrontare gli ultimi terremoti in Abruzzo, Emilia-Romagna e Centro Italia, come delegato regionale dirigendo l’affluenza dei volontari dalla regione Basilicata. Ho inoltre gestito il primo campo profughi a Palazzo San Gervasio, nel 2012, quando arrivarono oltre 500 persone dal Nord Africa, ricevemmo le lodi dalla Prefettura per come trattammo umanamente queste persone, loro stessi alla fine del nostro intervento ci ringraziarono. Nel 2017, infine, sono stato chiamato a ricoprire il ruolo di presidente del Comitato di Potenza fino a quando lo scorso novembre all’unanimità, è stato fatto il mio nome per ricoprire la carica di presidente regionale.
d: Quali altre attività svolge la Croce Rossa?
r: In questi ultimi due anni di pandemia, in particolare nei primi mesi di lockdown, ci siamo messi a disposizione per la consegna dei farmaci e della spesa, seppur con l’ansia di dover gestire qualcosa di sconosciuto. Per quanto riguarda il Comitato di Potenza, abbiamo effettuato circa 2500 interventi, ma in media i numeri si equivalgono negli altri comitati. Ancora oggi siamo in prima linea a supporto delle fasce più vulnerabili della popolazione, che molto spesso per dignità personale non chiedono aiuto: nello scorso novembre abbiamo distribuito nel potentino e nei comuni limitrofi, oltre 500 carnet di buoni spesa donati dal nostro comitato nazionale.
d: Come vi sono state segnalate queste famiglie?
r: Abbiamo in prima battuta chiamato gli uffici di competenza dei comuni, poi le parrocchie e le case famiglie per farci segnalare eventuali casi di difficoltà, abbiamo preferito però che prima venissero distribuiti gli aiuti governativi, in maniera tale da non accavallare i sussidi e poi dare risposte a tutti quelli rimasti fuori. Tra l’altro gli iniziali timori nel chiedere aiuto sono andati man mano scemando.
d: Prima del Covid, come si promuoveva l’attività della Croce Rossa?
r: Eravamo soliti andare nelle scuole per dare nozioni di primo soccorso, anche in caso di incidenti domestici, per aiutare gli stessi bambini/ragazzi a riconoscere un’emergenza ed eventualmente saper reagire, poiché fare una chiamata in maniera tempestiva può rivelarsi fondamentale. Molto spesso organizzavamo anche degli Open Day in Croce Rossa, cercavamo di essere presenti ovunque potessimo trasmettere informazioni utili, manifestazioni, gare sportive e concerti, in cui è necessaria anche la presenza di un’ambulanza. Del resto è questo il nostro modo di auto sostenerci essendo un’associazione di volontariato, che non riceve alcun sussidio. Ad oggi effettuiamo anche il servizio di tampone per la popolazione, poiché è necessario per partecipare alle cerimonie, ai concorsi e lo offriamo ad un prezzo contenuto e accessibile proprio per venire incontro alle esigenze dei cittadini.
d: Cosa caratterizza il volontariato della Croce Rossa?
r: Quello che ho sempre cercato di trasmettere ai miei colleghi volontari, che non finirò mai di ringraziare, è il volersi mettere a servizio degli altri con il cuore. Ho ancora la pelle d’oca se penso al lockdown, quando in tanti ci chiamavano per avere mascherine e gel, e anche quando non riuscivamo a soddisfare le loro esigenze ci dicevano “Grazie perché almeno ci avete risposto al telefono”, poiché qualcuno chiamava solamente per avere conforto. È la gratitudine delle persone che ti fa tornare a casa felice.
d: Negli anni avete riscontrato criticità nello svolgimento delle vostre attività?
r: Devo essere sincero, grosse criticità non devo segnalarle, perché il nome Croce Rossa Italiana fa aprire le porte un po’ ovunque. Se proprio devo dire qualcosa, accade a volte che molti credono che il volontariato sia qualcosa da sfruttare, credendo di ottenere un servizio totalmente gratuito, non viene tenuto conto nemmeno dieventuali spese vive dell’associazione. Molto spesso dimenticano che noi ci auto sosteniamo, per esempio paghiamo 8000 € l’anno solamente per mantenere i 18 mezzi di Potenza, oppure abbiamo i dpi perchè ci vengono mandati dalla CRI Nazionale, che sostiene tutti i comitati, perché altrimenti da soli non potremmo procurarceli. Io parlo per la Croce Rossa ma questo è un problema che si ripropone per tutte le associazioni di volontariato. Mi preme ringraziare molto la prefettura di Potenza, con cui facciamo rete ormai da diversi anni, per l'attenzione nei riguardi della CRI.
d: Se invece potesse fare delle proposte alle istituzioni, cosa chiederebbe?
r: Sarebbe utile istituire una cabina di regia dove si dovrebbero sedere tutte le associazioni di volontariato e cercando di fare rete tra loro, magari ognuna specializzandosi in un settore. Si potrebbe creare una sorta di database comune in cui vengano anagrafate persone e famiglie che hanno bisogno di sostegno, sempre nel pieno rispetto della privacy, così da non accavallare gli interventi, e soprattutto non lasciare nessuno escluso. A volte bisognerebbe cercare di superare le invidie e le antipatie, in particolare quando si fa del bene per chi ha più bisogno. Per quanto riguarda la CRI Basilicata, cercherò inoltre di ramificare i nostri servizi nei comuni in cui oggi non siamo presenti: al momento copriamo solamente 46 comuni (su 131) e abbiamo 10 comitati sul territorio regionale. In alcuni casi, sono stati proprio alcuni sindaci, consapevoli del grande supporto che abbiamo dato durante la pandemia, a richiederci una presenza più assidua sul territorio e, dove possibile, l’apertura di un nuovo comitato.