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di Antonella Sabia

 

Da oltre una settimana sono iniziate in Basilicata le procedure di vaccinazione sulla popolazione over 80.

Lunedì hanno preso il via anche a Potenza, secondo un calendario per cognomi e orario, e dovrebbe concludersi nella serata di domani. Senza alcuna prenotazione, sono 5500 gli over 80 chiamati a vaccinarsi presso le ormai note tende del Qatar nel piazzale della stazione di Macchia Romana.

Più lente, invece, le procedure a Matera, per consentire ai medici di famiglia di completare le schede per il consenso informato: numeri ridotti nei primi giorni con precedenza ai più anziani.

A un anno dall’inizio della pandemia, rappresenta un primo passo per un più veloce ritorno alla vita di ogni giorno, oltre che una speranza per la ripresa economica del Paese.

QUI BANZI:          

«Si aveva la sensazione che la tensione dovuta al periodo Covid cominciasse un po’ a scemare»

Negli occhi dei nonnini lucani, felicità e speranza, come hanno documentato operatori sanitari e medici nei vari comuni della regione, e come ci è stato riferito anche dal Sindaco di Banzi, Pasquale Caffio, dove le vaccinazioni si sono tenute nella giornata di mercoledì 17 febbraio, in una struttura comunale ad uopo allestita per l’occasione. “Le operazioni sono state molto ordinate, un grande senso di responsabilità, era palpabile anche la serenità di quella giornata. Erano felici di fare il vaccino, si aveva la sensazione che la tensione dovuta al periodo Covid cominciasse un po’ a scemare”. Su 120, solo 10 non si sono presentati poiché non attualmente domiciliati nel paese o perché sconsigliato, dietro indicazione del medico. A Banzi, il richiamo, è stato già calendarizzato per il 10 Marzo. “Ho ringraziato pubblicamente il dottor Pinto, a capo dell’Ufficio di Igiene del distretto di Venosa, e il suo staff infermieristico per il grande lavoro svolto, stanno facendo dei turni pazzeschi pur di velocizzare le procedure di vaccinazione. Noi abbiamo organizzato la comunicazione verso i cittadini, ci siamo fatti carico di precompilare in parte i moduli per il consenso informato, e quella mattina le vaccinazioni si sono svolte in maniera molto fluida. Sono state circa 20 le somministrazioni domiciliari per quelle persone impossibilitate a recarsi al punto vaccinale”, ha dichiarato il Sindaco Caffio.

QUI MARSICOVETERE:

la comunità “più giovane della Basilicata” deve ancora aspettare un po'

L’attesa sarà un po’ più lunga, invece, per gli ultra ottantenni di Marsicovetere, che stando al calendario regionale, si vaccineranno nelle giornate del 19 e 20 marzo, per poi fare il richiamo a distanza di 21 giorni, sulla base delle scorte presenti in regione. “Il principio che ha guidato la priorità di inoculo del vaccino è stata l’anzianità della popolazione. Marsicovetere è la comunità più giovane della Basilicata, abbiamo un’incidenza degli over 80 di circa il 5,35%, per un totale di 298 ultra ottantenni, su una popolazione attiva di quasi 5600 abitanti”, ci ha detto il Sindaco Marco Zipparri. Nel frattempo, il Comune si è attivato per organizzare al meglio le procedure di vaccinazione: “Abbiamo individuato una palestra facilmente raggiungibile per tutti gli anziani, senza barriere architettoniche, adiacente a via Verdi, una strada centralissima prima di Villa D’Agri. Con la Protezione Civile, stiamo anche organizzando un servizio navetta per quegli anziani che vivono soli, non sono automuniti, o non hanno un congiunto che li possa accompagnare fino al punto di somministrazione”, ha concluso Zipparri.

QUI LAGONEGRO:

«C’è l’intoppo di alcuni medici di base»

Non sono mancate polemiche, invece, a Lagonegro, dove la campagna vaccinale ai circa 500 over 80 è prevista dal 3 al 5 marzo. “Come Comune stiamo cercando di metterci totalmente a disposizione, in collaborazione con il direttore del distretto di Lagonegro, dr. Alberto Dattola, per facilitare quanto più possibile l’attività vaccinale. È stata messa a disposizione la palestra dell’istituto D’Alessandro, dove stiamo provvedendo ad allestire le postazioni”, ci ha detto la Sindaca, Maria Di Lascio. Negli scorsi giorni, è successo però che 3 medici di base su 4 hanno restituito al Comune i plichi contenenti i moduli del consenso informato, che avrebbero dovuto completare con l’anamnesi e poi consegnare al paziente. “Immagino che i medici di base lamentino una scarsa comunicazione, da parte del comparto sanitario, rispetto a una procedura che viene implementata per la prima volta. Si tratta di svolgere una funzione che rientra nei compiti morali di un medico di medicina generale, a mio giudizio. Ad oggi, dei tre medici, due stanno comunque aiutando i cittadini a completare le schede, un terzo li manda via dallo studio. Per quei pazienti, probabilmente si procederà con la compilazione al momento del vaccino, con un aggravio in termini di tempo, ma né il Comune né il personale ASP lascerà questi cittadini abbandonati”, dice la Sindaca, che sottolinea come il comune in primis si è adoperato a proprie spese, a stampare e compilare il modulo con l’anagrafica per garantire a tutta la popolazione ultraottantenne il diritto a vaccinarsi. “Confido molto nella capacità e nella sensibilità dei medici di base di Lagonegro. Conosco la correttezza professionale e la serietà di molti medici di base quindi credo che alla fine tutto rientrerà nell’alveo della polemica di qualche giorno. L’obiettivo principale è sicuramente il bene della salute dei cittadini, i medici di base hanno questo come faro”, ha concluso Maria Di Lascio.

 

 

 

 

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In seguito alla sottoscrizione del Protocollo di intesa tra Parole O_Stili e il Comitato Paritetico Ufficio Scolastico Regionale e Consigliera Regionale di Parità, da settembre 2021 partirà in Basilicata un percorso per supportare i docenti e gli studenti nell’insegnamento dell’educazione civica e digitale, a partire dai dieci principi del Manifesto della comunicazione non ostile che, per la trasversalità dei contenuti che affronta, si presta a favorire una riflessione e approfondimenti in ambito civico, volti anche alla promozione della parità di genere ed al contrasto di stereotipi e pregiudizi. Ne dà comunicazione la Consigliera regionale di parità, Ivana Pipponzi.
Il percorso coprirà tutti gli ordini e gradi scolastici, partendo dalla scuola primaria e arrivando alla classe quinta della scuola secondaria di secondo grado. Rivolge l'attenzione anche verso i temi della sostenibilità, nelle sue differenti accezioni e della costituzione.

Il percorso sarà declinato in maniera specifica a seconda del tipo di indirizzo scolastico con contenuti modulabili e customizzabili a seconda delle esigenze di approfondimento.
Il percorso prevede il coinvolgimento delle studentesse e degli studenti e dei docenti.
Per le ragazze e per i ragazzi, il progetto si svilupperà attraverso il lavoro con gli insegnanti dove saranno affrontate le tematiche relative all’educazione civica e digitale e saranno sviluppati liberamente progetti specifici.
Per gli insegnanti, invece verranno proposti incontri formativi online di supporto al progetto di cittadinanza civica e digitale e uno sportello di supporto. La partecipazione è aperta a tutti gli insegnanti della Regione Basilicata, e avrà l’obiettivo incidere attivamente sul processo di educazione culturale per contrastare l’odio on line.

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di Antonella Sabia

Lo scorso venerdì ha preso forma il nuovo Governo. Il presidente incaricato, Mario Draghi, ha scelto figure di primissimo piano per i ruoli cruciali, dividendo la squadra in 8 “tecnici” e 15 “politici”; 3 le conferme: Di Maio e i potentini Speranza e Lamorgese. Questa settimana, parola ai segretari regionali di CGIL, CISL e UIL, rispettivamente Angelo Summa, Enrico Gambardella e Vincenzo Tortorelli.

 

SUMMA (CGIL)

«La Regione spenda i soldi senza sprecarli»

D: Cosa dovrebbe chiedere la Basilicata al Governo Draghi?

R: È sotto gli occhi di tutti il divario territoriale, sia infrastrutturale che dei servizi sociali, l’isolamento del mezzogiorno rispetto al resto del paese. La Basilicata, insieme alle regioni del sud, deve spingere affinché nel recovery fund vi siano risorse abbondanti da destinare al Mezzogiorno, che sta pagando negli ultimi vent’anni l’assenza di risorse economiche in conto capitale, basti solo pensare che la quota del 34% non è stata mai raggiunta (nel Sud si è attestata la media del 24%). Non si tratta solo di sviluppo ma di garantire i diritti di cittadinanza. Abbiamo di fronte a noi il tema dello spopolamento, su cui se non c’è una politica seria non si va da nessuna parte.

D: E cosa il Governo Draghi potrebbe invece “chiedere” alla Basilicata?

R: La Basilicata è una delle regioni che più di altre ha dato tanto al paese in termini energetici. Brilla anche il settore manifatturiero, l’industria, l’automotive. I governatori dovrebbero però spendere le risorse a disposizione senza sprecarle, come è stato fatto negli ultimi anni, ma utilizzarle per rafforzare il nostro sistema di sviluppo locale. Parte della responsabilità ritengo sia delle classi dirigenti meridionali, basti pensare che in quasi due anni dall’insediamento del governo Bardi non c’è ancora uno stralcio di piano strategico di programmazione regionale.

D: La Basilicata appare davvero coesa nelle istanze delle regioni del Sud, o viaggia per conto proprio?

R: La debolezza del Meridione è data proprio dal fatto che in tutti questi anni le regioni del sud non hanno fatto sistema, non c’è stata nessuna politica industriale di sviluppo coordinata. Questo ha impoverito il Sud sia come peso specifico politico, ma anche come traiettoria di sviluppo, non possiamo immaginare una ripresa senza avere una visione comune sia dal punto di vista infrastrutturale che per le politiche economiche di sviluppo.

D: Come giudica la riconferma del ministro Speranza? Quali errori non dovrebbe ripetere?

R: Ho salutato positivamente la conferma del Ministro Speranza, che in questo anno ha avuto il grande merito di porre al centro la salute pubblica e il sistema universalistico del nostro paese, inoltre ha rafforzato il fondo sanitario di circa 7 milioni in più. La traiettoria di Speranza è quella che da tempo la CGIL a livello nazionale rivendica, investire sulla sanità pubblica e un maggiore coordinamento con le regioni. È emerso anche il limite del regionalismo, credo che ci debba essere una centralità nazionale senza il “fai da te” come emerso da alcuni presidenti di regione che stanno invocando di acquistare i vaccini in prima persona. Fa bene il Ministro Speranza a mantenere una visione univoca della sanità a livello nazionale perché il diritto alla salute deve essere garantito in modo uniforme in tutte le regioni, altrimenti avremmo diritti differenziati. Speranza credo che oggi rappresenti quell’elemento centrale del diritto alla salute sancito dal nostro articolo 32 della costituzione.

GAMBARDELLA (CISL)

«L’economia lucana ha reagito meglio, ma non per merito della Regione»

D: Cosa dovrebbe chiedere la Basilicata al Governo Draghi?

R: Viviamo una condizione di gap infrastrutturale diventata storia comune a molta parte del mezzogiorno, la Basilicata in maniera particolare come area interna. Si parta da un piano infrastrutturale per garantire il diritto alla mobilità sul territorio e i collegamenti. Ci sorprende che ancora una volta questa Terra sia stata individuata come un potenziale sito per il deposito delle scorie nucleari, una Terra che negli ultimi decenni ha avviato una sua riconversione sul piano industriale, ma anche turistico e di tutela ambientale. Nell’utilizzo del recovery plan, ci aspettiamo innanzitutto che il governo regionale faccia chiarezza, non c’è stato un confronto, non è mai stato aperto un tavolo in tal senso. Per noi le priorità da chiedere al governo Draghi dovrebbero essere il recupero delle aree interne, una politica demografica di intervento più efficace soprattutto sul piano dei servizi sociali e della sanità.

D: E cosa il Governo Draghi potrebbe “chiedere” alla Basilicata?

R: Penso che alla Basilicata si chieda già tanto, partendo dal presupposto che viene chiesto uno sforzo pari al fabbisogno del 10% del consumo di idrocarburi del paese. Siamo in fase di rinegoziazione della concessione Eni, bisognerà cambiare il modello di utilizzo delle royalties sul nostro territorio che si è dimostrato tutto sommato fallimentare, non ha creato occupazione ne quello sviluppo economico che ci si aspettava. L’utilizzo in maniera disorganizzata, senza alcuna idea di sistema da parte delle autonomie locali, ha determinato i risultati che abbiamo sotto gli occhi: alti tassi di disoccupazione e il livello dei servizi sociali e sanitari scarsi.

D: La Basilicata appare davvero coesa nelle istanze delle regioni del Sud, o viaggia per conto proprio?

R: In questo periodo ho guardato con più attenzione i dati economici della nostra regione (Svimez, Invitalia) ho notato che la Basilicata è riuscita a reagire meglio alla stretta dell’emergenza Covid. Stando ai dati dell’Inps, c’è stato sì un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali, ma il sistema ha reagito meglio, sono meno le imprese che hanno chiuso, o che hanno interrotto le proprie produzioni. Di questo non riconosco alcun merito all’esecutivo regionale, credo che invece siamo di fronte ad un’imprenditoria di piccole dimensioni ma sana, ad una forte volontà dei lavoratori lucani di andare avanti con le proprie attività per non perdere questa opportunità. Poi c’è da dire che questa Terra viene sistematicamente penalizzata nell’ambito della ripartizione della spesa pubblica nazionale, che per il mezzogiorno dovrebbe essere pari al 34% rispetto alla spesa nazionale, nel Mezzogiorno si attesta intorno al 24%, in Basilicata arriviamo al 22%.

D: Come giudica la riconferma del ministro Speranza? Quali errori non dovrebbe ripetere?

R: Fin dalla prima fase, il Ministro Speranza ha assunto un ruolo decisamente ingrato e molto gravoso perché assunto la guida di un sistema particolarmente provato dalla crisi economica che ha penalizzato fortemente l’intero sistema sociale italiano. Si è trovato sostanzialmente alla guida di un esercito che non aveva armi. Le difficoltà dei sistemi sanitari sono stati nelle politiche europee di tutti i paesi europei, la “Cenerentola” per quanto riguarda la destinazione delle risorse pubbliche. Il ministro ha fatto quello che ha potuto, fermo restando che ho apprezzato intanto lo spirito e la dedizione. Forse dovrebbe rivedere il suo apparato, che a volte non è stato particolarmente efficace nella comunicazione, è stato improvvido, e nel caso di alcune scelte anche discutibile.

TORTORELLI (UIL)

«Bisogna dire bastaalla Sanità per pochi, alla fuga delle eccellenze»

D: Cosa dovrebbe chiedere la Basilicata al Governo Draghi?

R: Bisogna chiedere un’attenzione maggiore alle infrastrutture, investimenti per far avanzare la nostra regione e tutto il Mezzogiorno, investimenti che devono garantire occupazione, un futuro migliore alla nostra Terra affinché possa essere una cerniera del Mezzogiorno e la porta del Mediterraneo.

D: E cosa il Governo Draghi potrebbe “chiedere” alla Basilicata?

R: Questo nuovo governo, che non è politico, ma nasce sotto una stella completamente diversa, può avere tanto dalla Basilicata, che sta già dando tanto sotto il profilo dell’energia e del petrolio, abbiamo i giacimenti più importanti a livello europeo. Anche sotto il profilo dell’industria, esportiamo eccellenza in tutto il mondo, qui vengono prodotte tra le migliori auto ibride, inoltre abbiamo l’unico stabilimento che produce la Jeep. Una terra che può dare tanto anche dal punto di vista turistico, ricordiamo quello che ha rappresentato Matera Capitale della cultura 2019, una cartolina da esportare in tutto il mondo. Pensiamo poi al G20 che si terrà proprio a Matera a fine giugno, se decidono di portare i 20 capi di Stato mondiale in Basilicata, significa che la nostra è una Terra da far visitare, far vivere, ricca di eccellenze che in tutto il mondo ci rappresentano.

D: La Basilicata appare davvero coesa nelle istanze delle regioni del Sud, o viaggia per conto proprio?

R: Abbiamo apprezzato l’invito del governatore Bardi quando abbiamo costruito insieme un documento in cui si rivendicava al premier Conte un’attenzione maggiore al Mezzogiorno, anche nelle scelte del recovery fund di aumentare le risorse destinate al Sud. Anche sull’esempio della pandemia, sappiamo tutti che ogni regione, spesso decide in autonomia, i presidenti hanno deciso e fatto gli interessi della propria regione, forse oggi serve più coesione e alleanza. La regione Basilicata deve far valere le sue potenzialità storiche, è sempre stata una regione molto generosa se pensiamo all’utilizzo delle risorse idriche. Credo che oggi però si debba rafforzare nel rapporto con le altre regioni, soprattutto le vicine Puglia e Campania.

D: Come giudica la riconferma del ministro Speranza? Quali errori non dovrebbe ripetere?

R: Il Ministro della Salute Speranza ha vissuto una fase complicata, per qualsiasi altra persona al suo posto sarebbe stato difficile. Ha dimostrato grandi potenzialità di ascolto, ha fatto scelte difficili con grande coraggio che hanno prodotto buoni risultati. Abbiamo sempre condiviso il fatto di dover investire sulla sanità, sulle competenze e l’occupazione, senza fare più tagli, rinforzando la sanità territoriale. Riconfermare il ministro significa riconfermare un progetto di una nuova dimensione di salute del nostro Paese. Bisogna dire basta alla sanità per pochi, creare le condizioni per non sentire più parlare di migrazione sanitaria, o di medici lucani che sono eccellenze fuori regione. Bisogna dare speranza a chi vuole curarsi nella propria Terra, e non solo, aspirare ad accogliere i bisogni di cura dei cittadini delle regioni limitrofe, come volano economico. La Basilicata è una regione accogliente, la sua lentezza è un valore da preservare. Essendo lucano, il ministro deve dare un segno tangibile per il Mezzogiorno e per la Basilicata, un segno da non intendersi come clientelismo politico, ma come l’attuazione di una scelta politica di rafforzamento del Meridione.

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di Walter De Stradis

 

Settant’anni, occhi chiarissimi, viso rotondo e bonario, il dottor Nicola “Nico” Grande è il Presidente (carica annuale) del Club LIONS “Potenza Host”, il primo e più longevo fra quelli presenti nel capoluogo lucano (gli altri sono il “Potenza Pretoria” e il “Potenza Duomo”, presieduti rispettivamente da Rocco D’Amato e Michele De Bonis).

Ginecologo del San Carlo in pensione, oggi medico legale per l’Inps, il Nostro ebbe anche una fugace esperienza politica, candidandosi una ventina d’anni fa alle regionali con Forza Italia.

Il dottor Grande, prima di ogni cosa, tiene a precisare che come “immagine” del particolare momento vissuto dal Pianeta, il “Governatore” del Club (a livello di distretto meridionale) Antonio Marte ha scelto la ginestra, simbolo di resilienza, che è un misto di resistenza e di pazienza in tempo di Covid.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Ho cominciato da subito a leggere, a nove anni, nella biblioteca di mio zio, maestro elementare. Da allora non ho perso questo vizio: mi interesso, oltre che di ginecologia e di ostetricia, di psicologia e sociologia, di qualsiasi cosa abbia a che fare con la mente e con l’esistenza.

D: Il vostro Club fu il primo “Lions” a nascere a Potenza. Come e perché vi aderì?

R: A Potenza il nostro club nacque nel 1957. Io vi aderii ventitré anni fa perché mi piaceva la sua filosofia. I Lions (traducendo dall’inglese: “Libertà, Intelligenza a salvaguardia della propria Nazione” – ndr), in generale, nacquero da un interrogativo: che cosa accadrebbe se ognuno di noi si svegliasse una mattina e decidesse di migliorare il mondo? E (se lo domandava nel 1917 il fondatore Melvin Jones), che cosa riusciremmo a fare se ci mettessimo tutti in rete? La risposta è: niente sarebbe impossibile.

D: La vostra “Dichiarazione di Missione” in effetti è: «Dare modo ai volontari di servire le loro comunità, rispondere ai bisogni umanitari, promuovere la pace e favorire la comprensione internazionale attraverso i Lions club».

R: Noi siamo “donatori di tempo”, a titolo gratuito, sottraendo momenti alla nostra poltrona, ai nostri cari, alla nostra casa.

D: Come si entra nel Club? Si fa domanda? Quali meriti bisogna avere? Bisogna appartenere a qualche categoria sociale particolare?

R: Affatto. Quest’anno ho già fatto entrare sei persone, che hanno manifestato un cuore puro e una volontà a servire (il nostro motto è “we serve”). La “com-passione” è il valore fondante della nostra missione. Noi non chiamiamo nessuno, accogliamo persone che si propongono, umilmente (e sottolineo umilmente) per fare cose utili alla comunità.

D: Avete mai rifiutato qualcuno?

R: Mm, no.

D: Quindi prendete tutti?

R: No. Facciamo prima un colloquio, e quelli che manifestano un cuore puro... noi li prendiamo.

D: Un “cuore puro”? Mica facile stabilirlo così.

R: Sono loro stessi che a volte, dopo un po’, se ne vanno, anche come “insalutati ospiti”, perché non dimostrano una reale volontà di impegnarsi. E’ successo.

D: Mandati via?

R: Mandati via mai.

D: Ci sono operai che fanno parte del vostro club?

R: Certo. Così come i medici e gli avvocati.

D: Dottore, io la sto provocando un po’, perché –come di certo saprà- a volte si sente dire che realtà come i Lions sono “l’anticamera” della Massoneria.

R: Questo è totalmente falso. Tuttavia, nella misura in cui i Lions vengono associati a quella parte della Massoneria che fa speculazioni logiche e filosofiche (dopotutto era massone anche un certo Giordano Bruno)… insomma, in quell’ambito, noi accettiamo tutti quelli che fanno Cultura. Invece la Massoneria che intende lei è ben altro. Noi siamo degli umili servitori che “spengono il proprio ego” per essere utili agli altri. Se invece vuoi essere “protagonista” non fai niente di buono.

D: Quindi è capace comunque che qualche massone faccia parte del Lions.

R: Questo non lo so.

D: I vostri elenchi sono pubblici.

R: E trasparenti.

D: Non si infrange la privacy se si dice che uno fa parte dei Lions (risate).

R: No, tant’è vero che le ho appena dato dei documenti i cui i nomi ci sono.

D: Tuttavia qualche “complottista” con la vostra “Dichiarazione della Visione” ci andrebbe a nozze: «ESSERE IL LEADER MONDIALE nel servizio comunitario e umanitario».

R: Noi siamo la prima organizzazione non governativa al mondo: 48mila club, un milione e mezzo di affiliati. Doniamo milioni di dollari… Ci sono cinque aree tematiche: la vista; l’ambiente; il cancro pediatrico; la fame nel mondo e il diabete.

D: Mi interesserebbe sapere cosa avete fatto su Potenza.

R: Per quanto riguarda il discorso femminicidio, operiamo in sinergia con la Consigliera di parità e la Presidente del Crpo. Il Governo ha messo a disposizione un numero (il 1522), per le denunce di stalking etc, e noi lo abbiamo apposto su due panchine rosse (una santa Maria e una nel parco Mondo).

Per quanto attiene al cancro pediatrico, abbiamo portato dei doni all’Hospice di Lauria e interveniamo anche quando una famiglia non può pagare il biglietto per Roma o Milano (per le cure extra-regione di un figlio). Abbiamo inoltre avviato il progetto “Martina”, per far conoscere ai giovani quali sono le lesioni pre-cancerose.

Abbiamo donato un presepe gigante alla parrocchia di Bucaletto. Alla fondazione dei non vedenti abbiamo dato una mano, così come al Banco Alimentare.

In ambito diabete, fino al pre-covid, siamo andati nelle scuole per gli screening.

A breve pianteremo degli alberi in città. Organizziamo inoltre un premio –un corrispettivo economico- per le migliori tesi di laurea.

D: Ricevete contributi pubblici?

R: Si potrebbe verificare aderendo al Terzo Settore, ma questo è in itinere, dobbiamo ancora decidere. In quel caso ci sarebbe il discorso del 5 per mille

D: Ritiene che aderire ai Lions possa essere, per qualcuno, un trampolino di lancio per la politica? Qualche politico è mai venuto a cercare il vostro appoggio?

R: Parlo a titolo personale: no. Quest’anno ho anche avuto modo di chiarire che io sono super-partes e che sono (non a parole) il “Presidente di tutti”. Ho colloquiato col sindaco Guarente per il discorso panchine, ma se si tratta di discutere opere di bene, lo stesso farei con la sinistra. Sono in ottimi rapporti col vescovo Ligorio.

D: Non è un mistero che qualche consigliere comunale è membro del Lions.

R: Non c’è nessuna forma di “comparaggio” o altro. Chi mi conosce lo sa: a Potenza ho servito, con queste mani, per settant’anni.

D: C’è una cerimonia particolare quando uno entra?

R: C’è un cerimoniale, con una nostra preghiera. C’è il suono di una campana (una vibrazione del nostro cuore che ci richiama all’ordine), poi si ascolta l’inno nazionale, dopodiché si leggono gli intenti da rispettare. Ma il nostro valore principale è la Libertà.

D: Come accennava, lei mi ha fornito questa rivista (“108 Ya”, che è anche il nome del distretto a cui appartiene il Club Potenza Host e che comprende Campania, Basilicata e Calabria - ndr), al cui indice leggo “Opportunità in tempo di Covid”.

R: A livello internazionale sono stati stanziati milioni di dollari.

D: E a Potenza?

R: Entro un mese distribuiremo degli opuscoli a proposito di virus, vaccini e tutto, nell’intento di portarli nelle scuole (e in seconda battuta nelle famiglie).

D: Il suo momento più difficile durante questa pandemia?

R: Ho perso uno zio, a Torino, a cui ero legatissimo.

D: Lei è medico: perché la Sanità, ovunque, si è fatta trovare così impreparata?

R: Perché ci crediamo onnipotenti. Questo Covid ci ha dato tre lezioni fondamentali:

L’individualismo sfrenato non serve a niente: bisogna essere tutti solidali. non c’è una gerarchia fra esseri umani.

L’Io e la Natura sono una cosa sola, ma noi abbiamo espropriato la Terra fino al punto di non ritorno.

Abbiamo passato questo secolo a erigere muri e fili spinati per tenere fuori gli “intrusi”: ora l’intruso e tra noi. Come la mettiamo?

D: La Basilicata come ha gestito la Pandemia finora?

R: Tentando di fare il possibile. Io ho degli amici anestesisti che hanno visto la morte in faccia e qualcuno di loro è stato fra la vita e la morte. L’impegno dei medici è stato totale: io stesso vengo appena dal lavoro, dove ho incontrato dodici persone che vengono da fuori…

D: Il governo regionale come si sta comportando?

R: Le ho detto che io la politica non la faccio entrare…

D: Mi risponda da cittadino.

R: Vedo che i vaccini stanno arrivando, che i medici sono stati vaccinati…

D: Ma se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Di fare le cose nel modo migliore possibile, con un impegno totale.

D: Dottore lei ha questo faccione buono… su, mi dica una cosa cattiva. S’incazzi.

R: Mi creda, io le mie battaglie politiche le ho fatte, e quindi di cose da dirle ne terrei eccome. Ma ho deciso di fare dell’etica la mia strada maestra, anche per i trascorsi che ho avuto con mio padre, morto a cinquantasei anni dopo una serie di infarti: la Cultura si forma col dolore. A quindici anni avevo già finito tutta la biblioteca di mio zio. Credo nella Cultura, nella Compassione e nel prossimo, e ci credo veramente. Quindi, può dirmi quello che vuole, ma io sono così. I politici? Sono sempre “double-face”: è la Politica che lo esige. Io ci sono stato dentro.

D: La Politica esige un po’ di doppiezza.

R: No, la politica É doppiezza. A me lo fecero capire chiaramente: «Con te non possiamo fare molto: non hai scheletri negli armadi, quindi sei fuori gioco».

D: Il film che la rappresenta?

R: “Braveheart – Cuore Impavido” di Mel Gibson

D: Il libro?

R: “I Fratelli Karamazov”.

D: La canzone?

R: “Uè Marì”, la canzone del mio amore con mia moglie, che si chiama, appunto, Maria.

D: Fra cent’anni al Club scoprono una targa a suo nome. Cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

R: «Visse con lealtà e senso dell’amicizia».

D: La domanda più delicata, l’ho tenuta per ultimo: il miglior direttore generale del San Carlo?

R: Cannizzaro.

 

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di Antonella Sabia

 

Mercoledì, nella stessa giornata in cui si è avuto un lieve aumento dei contagi in Regione, stando ai numeri diramati dalla task force regionale, è cominciata la fase di vaccino per la popolazione lucana ultra ottantenne, a partire dal Comune di Forenza (PZ).

Con il dott. Ernesto Esposito, Direttore del Dipartimento Politiche della Persona e Sanità, abbiamo fatto una panoramica sul tema vaccini, popolazione fragile e sui risultati raggiunti a distanza di un anno dall’inizio della pandemia.

D: La somministrazione dei vaccini procederà in un comune per volta o contemporaneamente?

R: Tutto dipende dalla disponibilità delle dosi che abbiamo, che oggi non sono presenti in maniera massiccia come si può pensare. Ci vengono fornite regolarmente, ma tenga presente che una quota (circa il 30%) deve essere stoccata per effettuare il richiamo.

D: È già stata stilata una lista di questi comuni?

R: Abbiamo iniziato con Forenza, domani (giovedì scorso, ndr) procederemo con Oliveto Lucano, poi ci sarà Cirigliano per quanto riguarda l’ASM. Proseguiremo dando la priorità ai Comuni che hanno una maggiore densità (in percentuale) di cittadini ultraottantenni per singolo distretto.

D: A proposito della prima fase dedicata al personale sanitario e ospiti di RSA, a che punto siamo come copertura vaccinale?

Tra la città di Potenza e la provincia, mancano all’appello circa 29 case di riposo. Purtroppo il blocco dei vaccini ha rallentato il processo. Si consideri comunque che siamo intorno all’83% delle dosi somministrate, tendendo conto del 20% di dosi stoccate, quando il Ministero ci raccomandava di stoccarne almeno il 30%. Ci siamo spinti già un po’ oltre.

D: È prevista qualche consegna nel breve periodo?

R: Oggi (mercoledì scorso, ndr) è prevista una consegna di Moderna, circa 1200 dosi. Ieri (martedì scorso – ndr) ne sono arrivate circa 3000 di Pfizer, e un’altra consegna massiccia è prevista la settimana prossima. Più in là, inizieranno anche le consegne da parte di AstraZeneca.

D: Ci sarà una differenziazione in base alle fasce d’età?

R: La popolazione ultra 55enne, tutto il personale sanitario e sociosanitario, verrà vaccinato con Pfizer o Moderna. Mentre tutta la popolazione al di sotto dei 55 anni, che non appartiene a categorie a rischio, pazienti fragili con almeno una comorbilità, verrà vaccinata con AstraZeneca.

D: A proposito delle categorie più fragili, in cui sono coinvolte tante altre patologie e fasce d’età anche giovanili, quando sarà il loro turno?

R: Subito dopo gli ultra ottantenni, si procederà con tutti i pazienti più fragili, di tutte le età. Queste sono le disposizioni del Ministero, su indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico.

D: Qualche settimana fa intervistammo il presidente ANCI Basilicata, Salvatore Adduce, proprio sul piano vaccinale, sul coinvolgimento delle amministrazioni locali. Come sono i rapporti tra i Sindaci lucani e il Dipartimento Salute?

R: C’è la massima collaborazione. Siamo l’unica regione in Italia che ha istituito un punto vaccinale in ogni Comune, mentre in quasi tutte le altre regioni sono stati istituiti pochi punti vaccinali dando l’onere al cittadino di recarsi direttamente nel più vicino. Questo è stato molto apprezzato dai sindaci, all’inizio ci hanno fatto presente che c’erano delle difficoltà relativamente alla raccolta dei dati, ma attraverso una serie di incontri in video conferenza è stato spiegato come fare. Tutto questo servirà a evitare che un cittadino, magari di una certa età, debba fare chilometri, trovare qualcuno che l’accompagni, creando non pochi disagi, quindi credo che quello che stiamo facendo sia una cosa fondamentale.

D: Tornando ai ritardi sulle consegne dei vaccini, secondo lei si corre il rischio che possano diventare meno efficaci rispetto alle nuove varianti?

R: La letteratura scientifica internazionale ci dice che i vaccini Pfizer e Moderna sono efficaci anche sulle varianti fin qui studiate. L’unica eccezione è AstraZeneca che pare non sia efficace sulla variante sudafricana.

D: La Basilicata è stata più volte presa come esempio virtuoso per la gestione e il contenimento della pandemia, in questi giorni anche un reportage dalla Francia titolava “Miracolo Basilicata”. Cosa si sente di dire rispetto al lavoro fatto in quest’anno?

R: Penso che le scelte strategiche fatte dalla regione Basilicata sono state azzeccate, ed effettuate in tempi non sospetti, infatti già a luglio avevamo un piano contro la seconda ondata ed eventualmente la terza che stiamo vivendo adesso. Ci siamo basati su quelle che sono le nostre risorse, fondamentalmente siamo una regione che non ha una rete ospedaliera radicata come alcune regioni settentrionali. La nostra sfida si è basata proprio sulla esperienza della prima ondata che ha visto il collasso delle strutture ospedaliere del Nord Italia, ci siamo posti il problema di dover tutelare le strutture ospedaliere lucane e cercare di fare arrivare il numero minore di malati possibile in ospedale. Abbiamo tenuto un atteggiamento di ricerca del virus, non siamo rimasti lì ad attendere di ricostruire la rete dei contatti di un positivo, ma abbiamo fatto una serie di screening a tappeto sulla popolazione bersaglio, su tutte le cose di riposo, sul personale sanitario, anche nelle scuole. E questo se ben si ricorda, nei primi giorni di novembre ci ha portato ad avere un RT molto alto, che però di contrappunto non si è tramutato in un aumento notevole dei ricoveri ospedalieri, che invece sono rimasti sempre al di sotto dei livelli di soglia. Nel momento di maggiore crisi, siamo arrivati ad occupare il 40% dei posti di terapia intensiva. L’unica criticità forse l’abbiamo avuta nei reparti di malattie infettive, nell’area sub-intensiva, però nel momento che sono stati attivati gli ospedali di Venosa e di Stigliano, il livello critico si è ridotto notevolmente. Abbiamo fatto un’operazione di tracciamento notevole: secondo le indicazioni europee su una popolazione come quella della Basilicata erano previsti 1250 tamponi al giorno, ci sono stati dei momenti in cui ne abbiamo fatti anche 2500, ben oltre la media riconosciuta a livello europeo. Questa secondo noi è stata la strategia vincente.

D: Non sono comunque mancate critiche e attacchi al vostro operato, è stato fatto anche qualche errore?

R: Sicuramente tutto è perfettibile, si poteva migliorare di tutto e di più, però alla fine se qualcuno d’Oltralpe ci ha visto addirittura come modello, probabilmente qualcosa siamo riusciti a farlo. Le critiche ci sono, ci saranno ed è anche giusto che sia così, ognuno la vede in modo diverso.

 

 

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di Walter De Stradis

 

 

 

Il taglio di capelli tradisce (in senso buono) un passato da insegnante elementare, ma sono già quaranta gli anni spesi come funzionario al servizio del Ministero dei Beni Culturali: Anna Maria Pilogallo, potentina verace, è il direttore (la declinazione al maschile è una sua preferenza) del Polo Bibliotecario di Potenza.

Un breve riassunto delle puntate precedenti: a novembre del 2017 c’era stato il Protocollo d’Intesa (tra MiBACT, Regione e Provincia di Potenza) per la costituzione del “Polo culturale integrato del territorio” (questa la definizione tecnica), in cui confluivano la Biblioteca Nazionale e la Biblioteca provinciale di Potenza, consistente nell’integrazione funzionale e gestionale delle due strutture e finalizzata alla valorizzazione del patrimonio librario, con annessa destinazione, quale sede del Polo, dell’immobile conosciuto come “Bibliomediateca provinciale”, sito nel capoluogo e appartenente al patrimonio edilizio della Provincia (concesso quindi in comodato d’uso).

Ultimati i trasferimenti di cose e persone, dal settembre 2019 tutto il personale è quindi in servizio presso la sede di via Don Minozzi (praticamente all’interno del vecchio parco dell’ex ospedale San Carlo, nel Rione Santa Maria).

Dal 6 luglio scorso, infine, c’è stata un’apertura graduale (modalità dettata dallo stato pandemico) del Polo. Tuttavia, come afferma la Pilogallo, «dal 3 agosto 2020 praticamente TUTTO il personale è in presenza in sede con un’organizzazione del lavoro con flessibilità dell’orario di servizio e turnazioni». Insomma, il momento è quel che è, ma loro garantiscono comunque le 11 ore di servizio al giorno. E non è poco.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Impegnandomi al meglio in ciò che faccio e in ciò in cui credo.

D: Mi diceva di preferire “direttore” a “direttrice”.

R: Sì, “direttrice” mi sa di persona un po’ arcigna e poco disponibile.

D: Un retaggio di quando era maestra di scuola?

R: Può darsi (ride).

D: Quali caratteristiche deve avere un buon bibliotecario pubblico?

R: La disponibilità: essere aperti a qualsiasi tipo di informazione e di richiesta. Bisogna mettersi dalla parte dell’utente, ma anche recepire tutto quanto di nuovo c’è sul territorio, nonché in ambito tecnologico, onde poter apportare le novità relative alla biblioteconomia e alla gestione dell’istituto.

D: Lei parlava di disponibilità verso l’utente, ma immagino sia necessaria anche verso gli editori locali, non di rado bistrattati negli scaffali delle librerie.

R: La politica degli acquisti dev’essere mirata a questo. Una biblioteca deve conservare e testimoniare il passato e la cultura, in particolare quella del proprio territorio, senza preclusioni alcune. Da quando siamo in questa sede abbiamo istituito una sala fumetto, una sala grafica, e stiamo allestendo un laboratorio di digitalizzazione e di coding, di robotica. Se un utente viene e qui e non trova ciò che cerca, può benissimo fare richiesta d’acquisto di una particolare risorsa, anche elettronica. In generale la politica degli acquisti viene fatta tenendo conto delle esigenze e delle richieste delle scuole, di università e professori, degli utenti. Inoltre, come dicevo, dobbiamo testimoniare tutta la produzione letteraria a livello nazionale e locale.

D: Qual è il trend attuale nelle richieste?

R: La richiesta maggiore oggi è forse nei fumetti e nelle pubblicazioni per i ragazzi. Ma non mancano, ovviamente, anche quelle relative a testi giuridici, universitari, saggi, romanzi e riviste.

D: Il che fa ben sperare quanti temono che il virtuale soppianti prima o poi il cartaceo.

R: No, il cartaceo non andrà mai perduto. Il Polo Bibliotecario si è dotato anche di un nuovo scanner planetario per la digitalizzazione a colori di volumi di ogni formato, che consentirà di incrementare le risorse digitali già prodotte negli anni scorsi dalla Biblioteca Nazionale e dalla Biblioteca Provinciale e disponibili sulla Biblioteca e sull’Emeroteca Digitale italiane. Il personale viene formato all’utilizzo dello scanner e abbiamo già iniziato a digitalizzare cartoline e fotografie antiche della Basilicata e proseguiremo con dei bozzetti e delle stampe di materiale artistico-storico che noi conserviamo nei nostri depositi. Ma l’acquisto del libro cartaceo non verrà mai meno.

D: Con le restrizioni attuali della pandemia com’è organizzato il lavoro presso il Polo?

R: Avremmo dovuto inaugurare nella primavera scorsa, ma poi le note vicende non l’hanno consentito. Abbiamo aperto in maniera contingentata e ridotta dal luglio scorso, dopo aver garantito il rientro dei dipendenti (nonché di utenti, fornitori e manutentori) in tutta sicurezza. L’Istituto, aperto dalle 7.15 alle 18.15, offre il servizio al pubblico di prestito locale, con prenotazione online, nonché la consultazione presso la sala di lettura a piano terra per 15 utenti in orario antimeridiano e 15 utenti in orario pomeridiano, esclusivamente con prenotazione online anche dei testi necessari alla consultazione; da oggi (9 febbraio - ndr) è possibile la consultazione anche in emeroteca per ulteriori 10 utenti in orario antimeridiano e 10 in orario pomeridiano, sempre con prenotazione online. Tuttavia, anche quando non eravamo aperti, fino al luglio scorso la Biblioteca ha comunque funzionato, garantendo i servizi da remoto: si assicurano sempre il prestito digitale, tramite ReteINDACO e MediaLibraryOnLine (MLOL), e il servizio di “Document Delivery” gratuito di riproduzioni digitali per gli utenti del Polo Bibliotecario di Potenza.

D: Comunque è sempre possibile venire a prendere un libro e portarselo a casa.

R: Sì, tramite prenotazione. Per la restituzione, l’utente si avvarrà di un carrello all’ingresso, e imbusterà il libro; quest’ultimo verrà posto in quarantena per una settimana.

D:...Persino i libri vanno “in quarantena”!

R: Le disposizioni sono queste, è una questione di tutela, degli utenti come degli operatori. La pulizia e la sanificazione della struttura sono continuative.

D: Quanti sono i dipendenti?

R: E qui veniamo alle dolenti note. Al momento abbiamo ventuno unità del Ministero e due della Regione (quest’ultime erano in servizio presso la Biblioteca Provinciale). Causa pensionamenti, il personale sta diminuendo: nell’ultimo anno ne abbiamo persi una decina.

D: E non ci sono concorsi all’orizzonte?

R: Sono tutti bloccati. Il mio interpello richiesto a livello nazionale è andato deserto; a livello regionale la situazione di grave carenza di personale è identica in tutti gli uffici del MiBACT, per cui anche la collaborazione di colleghi di altri istituti risulta difficile. Dal prossimo 1 agosto, inoltre, andrà in pensione l’unico funzionario amministrativo contabile ancora in servizio e da tale data non vi sarà alcun funzionario o assistente amministrativo che potrà adempiere alle attività dell’ufficio economico/finanziario/contabile.

D: E come farete?

R: Non lo so, anche perché a tale situazione bisogna poi aggiungere gli ulteriori pensionamenti di bibliotecari, assistenti e operatori amministrativi. Al momento si riesce a garantire l’apertura al pubblico perché vi è il contingentamento degli accessi imposti dalla pandemia, ma qualora rientrasse la situazione epidemiologica, con il personale che resterà in servizio, sarà difficile garantire i servizi al pubblico sui 6 piani della nuova sede, così come realizzare le attività e le iniziative pianificate (mostre, convegni etc.) con il Protocollo d’Intesa firmato dal Segretariato Regionale con la Provincia e la Regione Basilicata.

D: Appunto, "la Regione e la Provincia"..., ma da parte loro nessun segnale?

R: La Provincia ci ha dato l'immobile, ma non ha titolarità sul personale... la Regione la titolarità sulle biblioteche del territorio ce l'ha...

D: Quindi potrebbe venirvi incontro quanto a dipendenti o collaboratori...

R: Questo non lo so, ma noi attiveremo una serie di contatti con loro per fare qualcosa. Anche perché, a livello regionale, la situazione è questa un po’ ovunque, basti pensare alla Biblioteca provinciale di Matera, alla “G. Fortunato” di Rionero, a quella di Moliterno, a quella di Montalbano Jonico.

D: Tutti “Figli di un dio minore”.

R: Ehhhh... sì. Abbiamo bisogno che la politica ci dia una mano. Dalle biblioteche può venir fuori una grande linfa vitale per tutto il territorio, anche del punto di vista occupazionale. Noi Polo Bibliotecario ci candidiamo a essere il centro del sistema delle biblioteche della Basilicata. Pensi che abbiamo anche avviato la procedura di cessione gratuita di beni mobili e immobili non più utilizzabili nella nuova sede e/o fuori uso. Le assegnazioni sono state improntate alla massima trasparenza e, dopo un’attenta valutazione delle richieste, con l’intento di realizzare una biblioteca “diffusa”, hanno riguardato la Croce Rossa Italiana, l’Hospice dell’Ospedale San Carlo di Potenza; Legambiente, l’Unione Italiana Ciechi, l’Arcidiocesi di Potenza, associazioni musicali e teatrali, il Coro polifonico di Potenza, la Casa di riposo di Avigliano…

D: Lei è di nomina ministeriale, quindi è una delle poche figure apicali sul territorio che non dipendono dalla Regione, ma quali sono i suoi rapporti con la politica locale? Bardi l’ha mai incontrato?

R: No, non l’ho mai incontrato e non l’ho mai visto.

D: E se potesse prenderlo sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Di venire a visitare il Polo delle Biblioteche.

D: Perché non è mai venuto.

R: Infatti. Gli farei conoscere quest’istituto che è all’avanguardia e gli farei delle richieste. A nome del territorio. Guardi, nonostante noi si sia in pochi, abbiamo tante idee. È mia intenzione proporre un’opera di digitalizzazione ad ampio raggio sul territorio regionale, con l’obiettivo di mettere a disposizione il più ampio numero possibile di opere monografiche e fascicoli di periodici sulla storia della Basilicata. A questo fine, è stato già avviato un monitoraggio dei fondi librari più significativi, tra cui il Fondo Racioppi Lovito della Biblioteca comunale Giacomo Racioppi di Moliterno, una serie di opere della sezione lucana della Biblioteca Tommaso Stigliani di Matera, le opere di interesse locale del Fondo Ridola della Biblioteca Stigliani in dotazione al Museo archeologico nazionale Domenico Ridola di Matera, i Fondi della Biblioteca comunale Giustino Fortunato di Rionero in Vulture e della Biblioteca comunale Filippo Rondinelli di Montalbano Jonico. Tutte queste biblioteche, chiuse al pubblico o a regime ridotto, renderebbero possibile la fruizione del loro patrimonio in formato digitale grazie a questo Polo che, per le iniziative intraprese e le sue attività, viene riconosciuto sul territorio quale unico istituto culturale di riferimento per le biblioteche lucane in materia di tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni librari...

D: Ma...?

R: Ma, come le dicevo, queste cose vanno discusse. E la politica ci deve supportare e deve credere fino in fondo, come facciamo noi, in ciò che stiamo facendo.

D: Il libro che la rappresenta?

R: Guardi, le posso dire l’ultimo libro che ho letto: “Il colibrì” di Sandro Veronesi.

D: Il film?

R: “Mine vaganti” di Ozpetek.

D: La canzone?

R: Il repertorio di Ligabue o di Antonacci.

D: Fra cent’anni qui scoprono una targa al primo direttore (lei) del Polo delle Biblioteche. Cosa vorrebbe ci fosse scritto?

R: Spero che dicano che ho lavorato al meglio per la mia Terra. Comunque, già il nome basterebbe (sorride).

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di Walter De Stradis

 

 

 

 

Dietro le lenti ha gli occhi sottili, su un volto roseo incorniciato da una leggera e curata lanuggine grigio-bianca.

Cinquantun anni, ingegnere, una seconda laurea in economia aziendale, un master nella direzione delle aziende sanitarie, Giuseppe Spera è il direttore generale dell’ospedale più grande e importante della regione, il San Carlo di Potenza.

Ricercatore all’Unibas per una decina d’anni, nel 2005 divenne direttore della struttura tecnica dell’ospedale potentino (ricoprendo ad interim vari incarichi: provveditorato, ragioneria, area dipartimentale tecnico-logistica); per breve tempo –e nel pieno della prima fase della pandemia- è stato direttore amministrativo presso l’Asp, e infine è divenuto commissario (dopo la decadenza del Dg Barresi), e poi direttore generale del nosocomio potentino.

E’ attesa una sentenza al Consiglio di Stato (com’è noto, l’ex direttore generale del San Carlo, il dottor Barresi, si è appellato avverso la decisione del Tar –scaturita da un ricorso dello stesso Spera- che aveva spinto la Regione a farlo decadere dall’incarico), a proposito della quale l'attuale Dg si dice «fiducioso».

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Come uomo, è rappresentata dai miei figli. Dal punto di vista professionale, la ragione d’esistere la trovo giorno per giorno, mettendo il massimo dell’impegno e della passione nelle mia attività.

D: Lei è un potentino verace?

R: Sono nato ad Avigliano, ma vivo a Potenza da quando avevo diciotto anni. Preferisco definirmi “un lucano”: mia mamma è di Genzano, mio padre di Sant’Angelo Le Fratte.

D: Di cosa si occupavano i suoi?

R: Mio padre era responsabile dell’orfanatrofio di Avigliano, per poi divenire funzionario regionale; mia madre è sempre stata insegnante di scuola media.

D: Lei è un ingegnere ed è direttore di un ospedale: quali caratteristiche deve avere un manager che non è un medico, ma che si occupa di sanità?

R: Un manager è un manager a prescindere dal settore. Anzi, mi permetto di dire che avere una “deformazione professionale” maturata ad esempio nella disciplina medica, potrebbe –e dico potrebbe- avere delle ripercussioni sulla visione, che è appunto quella di un medico. Un manager invece deve saper gestire in senso lato l’azienda (gli ospedali sono fra le più grandi aziende pubbliche in questo Paese), il che significa gestire sicuramente dal punto di vista dei servizi sanitari al cittadino, ma anche dal punto di vista dell’organizzazione, e ci sono realtà all’interno di un’azienda ospedaliera che sono molto vicine a settori industriali: pensiamo alle sale operatorie, all’organizzazione di servizi molto importanti. La particolarità della sanità, tuttavia, è il non dover mai perdere di vista il fatto che si ha a che fare con delle persone.

D: Infatti lei è come fosse il sindaco di una piccola città, con i dipendenti comunali (medici, infermieri, OSS e amministrativi) e i semplici cittadini (i pazienti), che sono cittadini molto particolari.

R: Certo, e parliamo di un “comune” anche di dimensioni consistenti: tra pazienti, personale e persone che si recano in ospedale per diversi motivi, parliamo di sei-settemila “abitanti”. Con una difficoltà in più: i “cittadini” sono in buona parte ammalati.

D: Qual è quel pensiero che ogni tanto la tiene sveglio di notte, e quale invece quello che la fa riaddormentare, ridonandole serenità?

R: Per la verità, è difficile che mi svegli di notte perché sono abbastanza stanco (sorride), e credo che ciò che ti fa dormire è la consapevolezza di aver fatto e dato il massimo ai pazienti. Certamente, a volte è difficile prendere sonno per la voglia di fare e a causa dei tempi pressanti delle scadenze, ma, come dicevo, con il massimo dell’impegno si riesce a prevenire.

D: Una volta il procuratore generale di Potenza mi disse che se la tua sola preoccupazione è che le carte siano “a posto”, allora dovresti cambiare mestiere. E’ così anche per un direttore d’ospedale?

R: E’ così. Le carte devono essere a posto, sì, ma nel senso della trasparenza: ovvero l’essere sempre in grado di dimostrare di aver agito per il bene pubblico, senza temere che qualcuno poi possa chiedere conto del tuo operato. Ma preferisco essere tempestivo nel dare risposte ai cittadini e non temporeggiare.

D: Se il San Carlo fosse un paziente, in tutta onestà, quale sarebbe la sua cartella clinica? Da cosa l’ospedale è ancora afflitto e da cosa invece sta guarendo?

R: Lo definirei un paziente in ripresa, dotato di tante forze vitali, che gli danno capacità di reagire e di crescere. Al di là del Covid, che ha colpito tutto e tutti, il male che ancora attanaglia il San Carlo è il fatto che non si è mai creata una vera sinergia, una vera collaborazione tra gli ospedali che sono le “dita” della “mano” di questa azienda ospedaliera. Non si è ancora superato il dualismo fra l’ospedale San Carlo e i diversi presidi sui territori, che invece SONO una risorsa importante per l’azienda.

D: Qual è la situazione attuale riguardante le visite intramoenia all’ospedale potentino?

R: Diversamente dalla prima fase pandemica, che vide un blocco totale dell’attività, in questa seconda fase –che reca venticinque volte i positivi della prima!- abbiamo avuto la volontà, e forse anche l’accortezza, di non interrompere le attività, ambulatoriali, operatorie. E’ fisiologico che in queste circostanze ci si scontri anche con una certa ritrosia da parte dei cittadini a venire in ospedale, ma le nostre risposte alle loro esigenze non si sono mai interrotte.

D: Quindi siete attivi al 100%?

R: Assolutamente sì.

D: Non c’è nessun reparto o settore in sofferenza?

R: La sofferenza nasce dal fatto che l’ospedale ha triplicato i posti letto destinati al Covid, che richiede cure delicate. E con le stesse risorse umane, tra l’altro, perché le integrazioni sono risultate modeste per varie ragioni (non si accetta di lavorare in questo momento con il tempo determinato e non ci sono i tempi per fare i concorsi velocemente). Non dimentichiamo che il San Carlo, oltre a essere l’azienda di riferimento regionale, è stato chiamato a essere anche punto di riferimento per il virus. Gli altri ospedali dell’Azienda sono rimasti indenni, non essendo deputati a trattare il Covid, se non nei pronto soccorso e per le emergenze.

D: Veniamo alla “telenovela” dell’ospedale del Qatar. Lei ci aveva fatto conto? Adesso vi è venuto meno?

R: La curva pandemica ha di particolare che non se ne può prevedere esattamente l’andamento. E’ chiaro che a un certo punto, fra ottobre e novembre, la pressione pandemica sull’ospedale è stata elevatissima: ci siamo ritrovati ad ampliare i posti letto, come le dicevo, ma sempre creando posti idonei: noi non abbiamo mai messo letti in corridoio, o nelle cappelle. Abbiamo realizzato reparti con le condizioni impiantistiche ideali e col comfort più elevato possibile. Pertanto non le nego, beh, che in quel momento, immaginare la possibilità di avere posti letto ulteriori avrebbe creato quantomeno una sicurezza in più (anche se magari poi la curva scendeva e non venivano utilizzati).

D: A che punto siete con le vaccinazioni del personale?

R: Aggiorniamo costantemente il nostro sito con i dati. Abbiamo vaccinato praticamente tutti i sanitari (con un’adesione ben oltre l’80%), tenendo conto che alcuni hanno già gli anticorpi dopo il contagio (abbiamo verificato con i sierologici) e quindi non hanno ritenuto necessario vaccinarsi. Altri ancora sono in aspettativa, in maternità o in congedo, ma i rifiuti tout-court sono stati davvero pochi.

D: Preoccupano i ritardi nella consegna delle dosi. Voi come siete messi?

R: A breve avremo un’altra consegna, che -se confermata- ci consentirà di andare a vaccinare anche tutti quei soggetti che operano in ospedale, ma che non sono dipendenti diretti: addetti alla sanificazione, manutentori, persone che vanno comunque tutelate, così come i pazienti che possono venire a contatto con loro. Per quanto riguarda i richiami, siamo al 50%, e quindi la prima fase è in avanzato stato di completamento.

D: Sembra a volte registrarsi un problema di comunicazione fra i vari attori della sanità lucana. Quali sono i rapporti con la Politica?

R: Il mio spirito è sempre stato quello di mettere a disposizione, come manager, le mie capacità, seguendo gli obiettivi prefissati dalla politica, e lo sto facendo. Devo dire che attualmente c’è un pieno rispetto dei ruoli, senza ingerenze. Mi è stato dato pieno mandato e lo sto svolgendo in piena libertà.

D: La storia, più o meno recente, ci ha raccontato di corridoi del San Carlo “passeggiati” da politici, sponsor di primari o simili da sistemare.

R: Se il confronto è “politico” e basato sulle istanze dei cittadini, allora la politica svolge il proprio ruolo. Se invece si tratta di discorsi “ad personam”, posso dire di essere fortunato, perché mai su di me sono state fatte pressioni del genere, e mai ci saranno, perché non ci sono portato.

D: Tuttavia in alcuni reparti del San Carlo c’è sempre stato un clima “caldo”, da polveriera, sovente finito per carte bollate...abbiamo visto anche alcune “fughe eccellenti” da Potenza.

R: E’ comprensibile che ove ci siano professionalità di alto livello possano verificarsi degli attriti. Vanno gestiti, facendo capire -e l’ho anche detto non appena insediatomi- che nell’interesse del cittadino è bene ritrovare lo spirito di squadra e di appartenenza, visto che siamo l’azienda più grande. Ho chiesto a tutti la stessa cosa: tornare a essere fieri di indossare la spilletta del san Carlo sul camice.

D: In che misura le appartiene la politica dei provvedimenti disciplinari?

R: E’ chiaro che ognuno deve sempre rispondere delle cose che fa e in quest’ottica esiste il consiglio di disciplina. E’ normale. Ma ciò non implica avvalersi di questi strumenti in maniera distorta e a proprio uso e consumo. Assolutamente no. E si perde anche di credibilità.

D: Ma lei quale valore aggiunto ritiene di aver apportato, in definitiva, al San Carlo?

R: Serenità, dal primo momento. Guardi, indipendentemente dalle persone … l’ospedale ha vissuto momenti di sofferenza notevole, di continue verifiche e controlli, anche senza fondamento, a volte di stampo “minaccioso”... e questi non sono climi in cui si lavora bene. Le statistiche ci dicono che la maggior parte degli errori sanitari si verificano in ambienti poco sereni. Quindi, prima di tutto la serenità. Poi viene anche l’organizzazione, perché noi dobbiamo essere consapevoli di essere un’azienda fatta di più ospedali e che il principio di sussidiarietà costituzionale significa portare i servizi quanto più possibile vicini al cittadino (e, quando è possibile, non farli spostare) e quindi cercare di dare le risposte sul territorio, in un’ottica di collaborazione stretta tra le diverse strutture. Per banalizzare: non possiamo far fuggire uno specialista perché non vuole andare a vivere nel nostro paese: noi dobbiamo fare in modo che quello stesso specialista continui a lavorare nell’azienda ospedaliera e magari gli si può chiedere di andare, con una certa cadenza, a dare il servizio sul territorio.

D: Una cosa che ritiene di dover fare meglio?

R: Col senno di poi tante cose si riconsiderano, ma non mi imputo grossi errori finora.

D: Insisto, non ritiene ci sia un aspetto del San Carlo più “cagionevole di salute”?

R: Certe volte più che il livello della prestazione, che è eccellente, conta saperla comunicare a chi la sta ricevendo.

D: Parla del discorso “umanizzazione delle cure”?

R: Esatto. Ma anche della comunicazione verso l’esterno, visto che a volte le persone criticano l’ospedale per partito preso. E poi magari si ritrovano ad avere cattive esperienze fuori regione.

D: Quella volta che lei è stato un paziente...?

R: Qualche anno fa ebbi ricoverati i miei figli qui a Potenza per problematiche respiratorie e ne sono usciti bene. Ecco, se posso dire qualcosa, è che in quell’occasione notai l’importanza di un ritorno a un rapporto “fra persone” nella Sanità. Non bisogna mai dimenticare che di fronte c’è una persona, che sta vivendo un’esperienza che porterà per sempre con sè.

D: A questo proposito, vorrei spendere due parole su Antonio Nicastro, nostro cronista scomparso agli inizi della Pandemia, ad aprile. C’è un‘indagine in corso e immagino non si possa dire molto, ma...

R:...io Nicastro lo conoscevo da tempo, perché per motivi suoi di lavoro era venuto spesso al san Carlo. Poi vi era tornato nella veste di giornalista a fare delle domande e devo dire che era una persona squisita. Come altre persone ha avuto un percorso sfortunato a causa di questa maledetta pandemia, ed è giusto che si faccia chiarezza su tutto quello che è successo. In generale penso che nelle prime fasi, più che col male e la malattia, si lottasse contro l’incertezza, la non consapevolezza di cosa si avesse di fronte, e questa credo sia stata la più grande carenza che abbiamo avuto nei primi momenti.

D: Quali i momenti più difficili?

R: Nella prima fase della Pandemia ero direttore amministrativo all’Asp (e mi trovavo benissimo con i dottori Bochicchio e D’Angola). La gente forse non lo sa, ma ci sono state delle fasi in cui siamo andati a farci prestare addirittura i tamponi dal policlinico di Bari, perché ne eravamo sprovvisti; quindi ci trovavamo con cinquanta tamponi da dover restituire e in situazioni vissute davvero col patema d’animo.

D: Ma com’è possibile che la sanità italiana si sia fatta trovare così sprovvista e disarmata? E’ vero allora che per la politica la sanità è stata negli ultimi anni un "figlio povero"?

R: Siamo abituati a vivere come se fossimo eterni. E’ questa la causa di tutto. Non penso che in sanità ci siano le persone sbagliate o le persone peggiori. La stessa cosa si può dire dell’ambiente: si agisce senza pensare alle conseguenze sulla Natura, e forse la Pandemia è essa stessa una conseguenza di questa miopia dell’uomo. Bisogna iniziare a guardare oltre il proprio naso. Si sente parlare di investimenti in sanità... io mi auguro che il giorno dopo la fine della Pandemia, non ci si dimentichi di queste cose. Ma l’uomo ha la memoria corta.

D: A proposito di futuro, è di ieri (lunedì), la notizia della stabilizzazione di trentadue precari al San Carlo, tra ostetriche, amministrativi, infermieri e OSS, ma se non erro ci sono anche concorsi in vista.

R: Sì. Questo delle stabilizzazioni è solo un tassello del complessivo piano triennale dei fabbisogni, che è stato uno dei primi atti di cui mi sono occupato già da commissario. Il nostro piano sul personale è ambizioso e prevede l’assunzione di circa seicento unità, tra infermieri, OSS, tecnici e dirigenti medici. A parte le stabilizzazioni citate, ci sarà a breve tutta una serie di concorsi che la Regione intende allestire come “concorsi unici” e che quindi vedranno il San Carlo come attore per la propria parte, come azienda capofila per alcuni di essi.

D: La tempistica?

R: I tempi saranno sicuramente stretti: la Regione ha adottato una delibera qualche giorno fa che andava a definire i vari concorsi unici, individuando le varie aziende capofila; ha dato venti giorni alle aziende per fare un crono-programma e un protocollo d’intesa, che stiamo già cercando di mettere su; pertanto, immediatamente dopo, secondo un programma che sarà reso pubblico, i concorsi si avvieranno. Nei prossimi mesi.

D: Di solito chiedo “Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?”, ma lei ha un rapporto di comunicazione frequente col Governatore.

R: Sì, ma non lo prendo sottobraccio perché con la Pandemia non si può (sorride). Devo dire che ho trovato una persona molto, molto aperta al confronto e ricettiva alle interlocuzioni, per cui quello che ritengo di suggerire al presidente Bardi lo faccio costantemente, così come lui dà degli indirizzi secondo la sua visione. Insomma, i suggerimenti ce li diamo volta per volta a vicenda.

D: Il difetto che le rimprovera più spesso sua moglie?

R: La testardaggine. Sono “acqua cheta...” come si dice: sono calmo, ma non mi schiodo. A volte anche sbagliando. E’ il mio difetto/pregio.

D: La canzone che la rappresenta?

R: Pino Daniele è da sempre il mio artista di riferimento, e non saprei scegliere un brano soltanto.

D: Il film?

R: “Schindler’s List” di Spielberg. Ne conosco i dialoghi a menadito.

D: Il libro?

R: La tetralogia di Zafon, un genere noir introspettivo, che tratta del “cimitero dei libri dimenticati”.

D: Ci sarà mai un futuro in politica per lei?

R: Non m’interessa e non è nelle mie corde.

D: L’hanno mai contattata? Ci hanno mai provato?

R: Ripeto, non m’interessa proprio. Io mi vedo -finché mi sarà concesso- come manager e come tecnico.

D: Fra cent’anni scoprono una targa al san Carlo col suo nome, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

R: Beh, già il dedicarmi una targa...è un risultato (sorride).

D: Modifico: cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: Che tutto il tempo a mia disposizione ho cercato di dedicarlo al lavoro, alla famiglia e a tutti coloro che ho avuto attorno.

 

 

 

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di Antonella Sabia

 

Anche quest’anno, nonostante le tante difficoltà legate alla pandemia, si svolgerà dal 9 al 15 febbraio la Giornata di Raccolta del Farmaco. Basterà recarsi nelle 32 farmacie aderenti all’iniziativa, per donare un farmaco a chi ha bisogno: “Perché nessuno debba più scegliere se mangiare o curarsi”. Promotore dell’iniziativa, il Banco Farmaceutico, sostenuto da diversi partner. Abbiamo contattato Nicola Di Pietro, referente per la provincia di Potenza, per farci raccontare l’iniziativa e il lavoro che il Banco Farmaceutico svolge su tutto il territorio nazionale.

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di Antonella Sabia

 

A causa dei ritardi nelle consegne da parte dei colossi farmaceutici, pare che la campagna vaccinale slitterà di almeno un mese. Al momento, in Basilicata, si stanno effettuando i primi richiami al personale sanitario e agli ospiti delle RSA, che dovrebbero terminare alla fine del corrente mese. La scorsa settimana c’è stato un confronto a distanza tra il presidente ANCI Basilicata, Salvatore Adduce, e l’assessore regionale alla sanità, Rocco Leone, relativo proprio al piano vaccinale. Oggetto di discussione, una (prima) comunicazione ricevuta dai sindaci lucani in data 18/01/2021 che riferiva sulle modalità della fase 2, che li vedeva coinvolti direttamente nell’acquisizione del consenso informato delle categorie interessate. “Abbiamo fatto notare che la comunicazione ricevuta non fosse facilmente comprensibile, e che non era pensabile che i sindaci, con modalità porta a porta, dovessero acquisire il consenso informato degli ultra 75enni, ma sarebbe stato necessario l’ausilio di personale sanitario”, riferisce Adduce, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

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di Walter De Stradis

 

Quarantasette anni, imprenditore nel ramo auto, Donato Pessolano è il referente regionale di “Basilicata in Azione”, ovvero la costola lucana di “Azione”, creatura politica di Carlo Calenda.

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