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Competenza, affidabilità, trasparenza e costanti monitoraggi, sono gli obiettivi che Acquedotto Lucano, nell’ultimo triennio, persegue a ritmo incessante per il raggiungimento di standard qualitatitivi sempre più elevati nel servizio idrico integrato della Regione Basilicata. E’ di questi giorni, infatti, l’avvenuta certificazione dei parametri azoto totale, fosforo totale per la matrice acque reflue e carica batterica a 22° e 37° per la matrice acque da destinare al consumo umano, da parte di ACCREDIA, Ente unico nazionale di accreditamento designato dal Governo italiano che opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico. La certificazione, da ultimo ottenuta, completa il percorso che ha avuto inizio nel 2019 con la certificazione ISO 9001, proseguendo nel 2020 con l’accreditamento, ai sensi dell’UNI EN ISO/IEC 17025, del primi 7 parametri, ivi inclusi i trialometani, spesso in passato oggetto di divaricanti valutazioni con gli enti di controllo.

Con questi ultimi accreditamenti Acquedotto Lucano ha conseguito la certificazione di ben 11 diversi parametri tra chimici e batteriologici che consentono al gestore del servizio idrico integrato lucano di assicurare, come sempre, il pieno rispetto delle stringenti norme nazionali ed europee in materia ed il costante controllo della qualità dell’acqua dell’acqua distribuita.

“Esprimo soddisfazione per il proficuo ed incessante lavoro della Direzione Vigilanza Igienica di Acquedotto Lucano - ha affermato l’amministratore unico di Acquedotto Lucano, Giandomenico Marchese – che ha consentito l’ulteriore passo verso il continuo miglioramento della qualità del servizio offerto e soprattutto della sicurezza igienico-sanitaria dell’acqua potabile. Il monitoraggio costante del rispetto dei parametri di potabilità delle acque come prescritto dalle Leggi europee, nazionali e regionali, attraverso il Laboratorio interno accreditato, - aggiunge Marchese - consente al gestore di garantire ai propri utenti qualità, sicurezza e bontà dell’acqua erogata. Senza dubbio, in tale direzione, proseguiranno le azioni del gestore anche con un potenziamento a breve sia della strumentazione necessaria che di risorse umane”.

Acquedotto Lucano seguiterà il percorso intrapreso per ottenere l’accreditamento di ulteriori parametri sì da garantire la rigorosa attendibilità del proprio operato, anche attraverso i confronti interlaboratoriali nazionali ed internazionali da anni attivi, con specifici proficent test che hanno già evidenziato ottimi risultati.

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“La ricorrenza del I maggio, Festa del Lavoro, impone ogni anno delle riflessioni stringenti sul tema, ancora irrisolto, delle disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro, specie nell’attuale tempo di pandemia. L’emergenza sanitaria ha costretto molti settori/comparti/attività, sia dipendenti che libero professionali, ad uno stravolgimento delle modalità lavorative (imponendo nella maggioranza dei casi il c.d. smart/home working), con conseguente impatto negativo sull’occupazione stessa, specie femminile. La pandemia, invero, ha acuito le criticità poste a base dell’annosa questione del gender divide; non è un caso, dunque, se siano state proprio le lavoratrici a subire le maggiori conseguenze della crisi economica generatasi. I dati Istat sull’occupazione (2020) ci restituiscono un quadro drammatico in cui dei 444.000 occupati in meno registrati lo scorso anno ben 312.000 sono donne (il 70% del totale). Il picco del crollo è stato registrato nel solo mese di dicembre 2020 quando sui 101.000 nuovi disoccupati ben 99.000 erano donne, ovvero il 98% del totale”.
Lo dichiara, in una nota, la Consigliera regionale di Parità della Basilicata, Ivana Pipponzi.
“Invero, - prosegue - le ragioni di questo crollo occupazionale quasi esclusivamente femminile risiedono nella natura stessa del sistema lavoro che in Italia, così come in Basilicata, è ancora fortemente caratterizzato dal fenomeno della segregazione occupazionale: le donne, infatti, sono per lo più impiegate in quei settori/comparti maggiormente colpiti dalla pandemia. Se nel 2020 le donne hanno perso posti di lavoro il doppio rispetto ai colleghi uomini, questo è avvenuto perché esse occupano più spesso posizioni lavorative meno tutelate e perché sono impiegate, come detto, nei settori più colpiti dalla crisi (servizi, terziario e domestico), spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità (part-time). Difatti, i settori più colpiti dalla crisi sono stati proprio i servizi domestici (-16,7% nel secondo trimestre e -6,7 nel terzo), il comparto alberghi e ristorazione (rispettivamente -16,1% e -10,8%), in particolare le attività ricettive, e il commercio (-5,8% e -4,2%); tra le professioni l’impatto è stato maggiore per quelle del commercio e dei servizi e per quelle non qualificate. Tutti settori che vedono, per l’appunto, un’importante presenza femminile.
Con riferimento alla nuova modalità lavorativa del lavoro agile, - evidenzia la Consigliera regionale di Parità - giova rappresentare che prima della diffusione del Covid-19 lavorava da casa poco più di un lavoratore su cento (1,2%), con il periodo di chiusura (marzo–aprile 2020) si è registrato il balzo in avanti arrivando all’8,8%, soprattutto in comparti già adusi a tecnologie digitali come i call center. La riapertura delle attività (maggio e giugno) ha fatto ridimensionare il fenomeno (5,3%). L’ultimo periodo del 2020 con le chiusure a livello regionale, ha fatto riscontrare un incremento dell’home working, questa volta superiore al più stringente periodo di lockdown. Da giugno a dicembre ben l’11,1% degli occupati ha lavorato da casa.
È interessante notare, inoltre, che, nel tempo, ci sia stata una progressione ed estensione della nuova organizzazione del lavoro non solo nei settori più affini alle tecnologie, ma anche nel manifatturiero e nei servizi. Di questi lavoratori, la maggioranza sono donne.
Questa nuova modalità lavorativa – aggiunge Pipponzi - è sempre stata da me incentivata come efficace misura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (e, connesso deterrente per le dimissioni per maternità) e sta dimostrando quanto l’innovazione tecnologica sia un valido alleato per le donne e per le famiglie e, dunque, utile strumento per vincere il divario di genere”.
“Nonostante ciò - sottolinea Pipponzi, - è innegabile che detta nuova modalità di lavoro abbia avuto un risvolto pesante per le lavoratrici che si sono ritrovate totalmente schiacciate dai tripli/quadrupli turni: il turno del lavoro pagato svolto in home working, il turno domestico della cura (della casa, dei figli), il turno dell’istruzione dei figli (la didattica a distanza ha impegnato moltissimo le mamme), il turno dell’accudimento di persone malate, disabili o anziane, se conviventi”.
In Basilicata, grazie all’Indagine conoscitiva sullo smart working in ottica di genere elaborata dalla Consigliera regionale di parità, è emerso che nelle pubbliche amministrazioni lucane, ad oggi, oltre l’80% dei lavoratori è in smart working; con una leggera percentuale superiore in favore delle donne. Giova, però, sottolineare che alla rilevazione dei dati vi era la vigenza della normativa che imponeva per le PP.AA. la percentuale minima al 50% del lavoro agile. Anche nel settore privato, le aziende garantiscono in percentuale alta il lavoro agile ai propri dipendenti: almeno il 70%, di cui oltre 68% è donna. Tanto in ragione della scelta che spesso le coppie di lavoratori operano in famiglia, laddove si preferisce che chi ha un lavoro meno remunerato (quasi sempre le donne) vada in smart working. “Con riferimento, invece, al lavoro libero professionale lucano, dal altra Indagine conoscitiva avviata dal mio Ufficio”, dichiara ancora la Consigliera regionale di parità Pipponzi, “è emerso che nel 2020, in piena pandemia, l’emergenza sanitaria non lo abbia vulnerato in maniera incisiva. Dunque, poche donne si sono cancellate dai relativi ordini professionali ed in alcuni casi si è assistito ad un incremento delle iscrizioni agli ordini, specie per quelle professioni considerate tradizionalmente femminili (assistenti sociali, psicologhe, farmaciste), così evidenziando il fenomeno della segregazione occupazionale”.
“Stante dunque il permanere delle ataviche problematiche legate all’occupazione, specie femminile, e della persistenza del divario di genere, fenomeni che il Covid-19 ha drammaticamente amplificato”, conclude Pipponzi, “anche quest’anno abbiamo poco da festeggiare la ricorrenza del I Maggio. Per questo con il webinar “Consigliere di Parità al lavoro per il lavoro femminile” calendarizzato per il 6 maggio 2021 ho inteso organizzare un momento di riflessione corale sul tema del lavoro femminile e sulle possibili soluzioni . Nell'occasione saranno presentate best practice da parte delle Consigliere regionali di Parità che interverranno: Tonia Stumpo (Calabria), Mimma Lomazzo (Campania), Stella Sanseverino (Puglia), Margherita Ferro (Sicilia), Giuseppina Cennamo (Molise), Valentina Cardinali – Loredana Pesoli (Lazio), Sonia Alvisi (Emilia Romagna) e Maria Tiziana Putzolu (Sardegna). Le conclusioni saranno affidate alla Consigliera nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani.” All’iniziativa parteciperanno l’Assessore regionale al Lavoro, Francesco Cupparo la Presidente CRPO Perretti e tutti i rappresentanti delle parti sindacali e datoriali. Che possa essere una Festa del lavoro dignitosa per tutte e tutti”.

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di Walter De Stradis

 

 

 

Quarantasette anni, nativo di Bari, Antonio Nicoletti è un ingegnere materano dai tratti che, seppur nascosti dalla mascherina, paiono riconoscibilmente nostrani. Dal novembre 2019 è direttore dell’APT (Agenzia di Promozione Territoriale), ma vanta una pluridecennale esperienza in tematiche legate al turismo e alla valorizzazione del patrimonio territoriale. Ha lavorato come esperto di politiche comunitarie e culturali nell’ambito del Piano strategico della Città Metropolitana di Bari e ha ricoperto il ruolo di responsabile, a fianco dell’allora sindaco De Ruggieri, per la programmazione strategica e l’innovazione urbana della Città di Matera, dal 2015 al 2019.

D: Come giustifica la sue esistenza?

R: E’ una domanda che non mi ponevo da tempo. Diciamo che cerco di creare condizioni per migliorare la vita di chi mi circonda, tanto nel privato, tanto più nel pubblico.

D: Lei ha avuto un ruolo molto importante in Matera 2019: il Covid ha però interrotto tutto il periodo del “dopo”, in cui occorreva lavorare per non disperdere tutto quanto si era investito e raccolto, e metterlo definitivamente a regime. Ora sarà più dura ripartire?

R: Io sono ottimista sulla tenuta del brand, in ambito nazionale e internazionale. Abbiamo dei dati oggettivi del 2020 che ci fanno ben sperare: ci si aspettava una naturale inflessione nel “dopo 2019”, ma ad agosto scorso il numero di arrivi in Città è stato pressoché identico a quello dell’estate precedente (50mila contro 51mila). Per le presenze non è stato così, per ovvie ragioni, ma Matera ha avuto la capacità –anche grazie al lavoro dell’Apt- di rientrare nei 500 posti più belli del pianeta (al n.44) ed è la terza italiana in classifica. Nei consigli di viaggio di Trip Advisor la Città è l’unica italiana a far parte della categoria “destinazioni di tendenza”. Pensi, nell’immaginario del viaggiatore Matera si è talmente consolidata, che se prima le riviste specializzate ne parlavano come della “Cappadocia d’Occidente”, oggi descrivono la Cappadocia come la “Matera d’Oriente”. Un cambio di paradigma irreversibile!

D: Siamo quasi alle porte dell’estate, ma da una stagione turistica all’altra, in questo lunghissimo intermezzo di chiusure e di divieti, su cosa si è concentrato principalmente il vostro lavoro?

R: Nel cercare di mantenere alta l’attenzione sulla destinazione Basilicata (come terra dell’anima, terra verde, dove magari potersi isolare), soprattutto avendo cura dei messaggi da veicolare, evitando di andare sopra le righe, di non essere in linea con il momento di lutto nazionale (come magari è accaduto con la messaggistica per altre destinazioni, che non sto qui a ricordare).

D: Il Covid ha forse inevitabilmente cambiato il modo di intendere la vacanza. La settimana scorsa il sindaco di Balvano, Di Carlo, suggeriva proprio questo, di puntare sugli spazi aperti, silenziosi, anche isolati… che in Basilicata non mancano.

R: E infatti già l’anno scorso, nel primo periodo di pandemia (quando eravamo tutti disorientati in assenza di dati certi per immaginare il futuro), lanciammo un ciclo di seminari, anche con esperti di altre discipline, e ciò che venne fuori è proprio questo: il mondo sarebbe cambiato con un desiderio di esperienze all’aria aperta, di ricerca dell’autentico, di tranquillità e benessere recuperati. Pertanto a giugno dell’anno scorso lanciammo la nostra campagna dedicata all’outdoor “Basilicata en plein air”, aggregando sul nostro sito basilicataturistica.it tutti gli operatori privati che hanno aderito all’iniziativa.

D: Manca poco all’avvio della stagione turistica, da cosa occorre ripartire?

R: Dall’autenticità del nostro essere lucani. Da un paesaggio ricco di diversità e peculiarità che toccano le corde dei valori universali dell’uomo. La Basilicata è una delle regioni più ricche di parchi d’Italia e il verde è il tessuto connettivo delle nostre spiagge, dei nostri centri storici: su questo stiamo lavorando molto, con un apporto della Regione Basilicata, stando sempre al fianco degli operatori perché uno dei nostri punti di forza (e ce lo dicono gli indici di gradimento) è la qualità dell’accoglienza. Tradotto: la qualità delle persone che accolgono.

D: Nondimeno è prevedibile che il contraccolpo causato dalla crisi innestata dal Covid sia notevole, con la chiusura definitiva di molte attività ricettive. Non crede?

R: E’ un timore che abbiamo. Le statistiche ci dicono che, almeno fino a febbraio 2020, le misure adottate dalla Regione hanno reso possibile mantenere inalterata la nostra capacità ricettiva. La sofferenza degli operatori è atroce, ma ritengo che le misure adottate fin qui ci consentiranno un’apertura il più vicino possibile alla completezza. Dico agli operatori che noi stiamo lavorando, che il monitoraggio che abbiamo ci dice che la Basilicata è una regione cercata. Non ho la sfera di cristallo, ma credo che molto dipenderà dal rapporto riaperture, contagi e vaccinazioni. Mi auguro di trovarci tutti quanti nei pressi dell’uscita da questo tunnel.

D: Qual è stato il momento più difficile per lei?

R: Ah! I primi mesi, da marzo a giugno 2020. Eravamo tutti disorientati. Sia a livello personale sia lavorativo. Poi abbiamo cominciato a prendere le misure e abbiamo usato un approccio “adattivo”: cercare di rispondere in linea con i cambiamenti che ci venivano incontro, tutti inaspettati. Oggi siamo stanchi…

D: … e tocca ripartire!

R: No, siamo stanchi di stare fermi. C’è appunto voglia di ricominciare. Noi puntiamo molto sulla “Basilicata interna”. Va tenuta alta la visibilità di Matera come “faro” dal punto di vista internazionale, occorre puntare sui nostri mari (Metapontino e Maratea), ma dobbiamo connettere queste aree perimetrali con un’offerta della “Basilicata interna” che ha una potenzialità di crescita enorme, anche a vantaggio di quegli stessi luoghi limitrofi. Ci sono contesti di bellezza inaudita, una rete di piccoli musei dotata di uno standard di qualità elevatissimo, occasioni ove ci può essere la meraviglia di imbattersi in luoghi che toccano davvero il cuore.

D: Abbiamo parlato di Matera, ma una volta tanto spendiamo due parole anche su Potenza che recentemente è stata toccata, finalmente, dal cinema importante. Se dovesse “venderla” a un Americano, cosa gli direbbe?

R: Ho una frequente consultazione con l’amministrazione comunale, che è attivissima proprio in ambito turismo e cultura. Potenza ha un suo, notevole, patrimonio cittadino (Palazzo Loffredo, la Pinacoteca Provinciale…) che necessita di essere vissuto e conosciuto di più. Ma ciò che può essere un elemento distintivo è l’offerta del paesaggio circostante: Potenza è baricentrica in un’area che comprende l’alta montagna, la Sellata, il parco di Gallipoli-Cognato (che è a un tiro di schioppo), il Volo dell’Angerlo di Castelmezzano, il Ponte alla Luna a Sasso di Castalda, l’osservatorio astronomico di Anzi. Si tratta di un’offerta turistica molto incentrata sull’ “outdoor” (che, come si diceva, è ciò che cerca oggi il viaggiatore) che ha una buona strada da percorrere.

D: Un’altra categoria di operatori attualmente in difficoltà, che possono rappresentare anche una notevole risorsa turistica, è quella dei musicisti tradizionali lucani… Il nostro patrimonio è ricco è variegato. La promozione di questa risorsa fa parte degli obiettivi dell’Apt?

R: Lei tocca una corda emotiva, mia, perché in passato sono stato un pianista dilettante e tuttora ho notevoli frequentazioni in ambito musicale. Sono molto vicino alla sofferenza che molti operatori dello spettacolo stanno vivendo. Sì, cerchiamo di integrare anche questo tema nell’ambito delle nostre attività. Nel dicembre del 2020 alla galleria Nazionale Arte Moderna e Contemporanea di Roma, abbiamo portato un presepe d’artista della collezione di Castronuovo di Sant’Andrea: nell’evento –di una notevole visibilità nazionale- abbiamo portato con noi la musica che il compositore Friedrich Haas aveva composta per Matera 2019, con un quartetto d’archi che ha potuto esibirsi in un momento davvero toccante.

D: Il film che la rappresenta?

R: In questo momento potrei dire “Amarcord” di Fellini.

D: La canzone?

R: Fra mille… scelgo “Absolute Beginners” di David Bowie. Ma faccio torto a tantissimi altri.

D: Il libro?

R: “Sopra eroi e tombe” dello scrittore argentino Ernesto Sabato.

D: Fra cent’anni qui all’Apt scoprono una targa alla sua memoria. Cosa vorrebbe ci fosse scritto?

R: Spero innanzitutto di meritarla.

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di Antonella Sabia

 

Corso Garibaldi ancora in alto... “mare”

Per il ripristino in sicurezza dell'arteria il Comune deve ancora discuterne con Acquedotto Lucano, con la Regione ...e col geologo

di Antonella Sabia

Era il 3 dicembre dello scorso anno, quando in Corso Garibaldi si aprì una voragine che trascinò giù parte del marciapiedi e la pensilina che insisteva su quell’area. Fortunatamente non ci furono danni a persone, l’area venne transennata e ci fu il restringimento della carreggiata. Erano giorni piovosi, e in un primo momento si attribuì la causa alle piogge. A tutt’oggi, a distanza di 4 mesi, la situazione rimane pressoché invariata, e l’area, esposta alle intemperie stagionali, rischia di diventare sempre più pericolosa. Senza contare i persistenti disagi al traffico.

Contattato l’assessore alla viabilità del Comune di Potenza, Giuseppe Pernice, ci ha detto che “il punto dove si è verificato il cedimento del terreno è in corrispondenza di una condotta storica soggetta a una perdita, si tratta perciò di una situazione da discutere con Acquedotto Lucano. Al momento della frana sono stati fatti interventi in somma urgenza, e attualmente stiamo facendo analizzare l’area anche da un geologo per comprendere effettivamente quali sono le cause che hanno portato al cedimento”. Abbiamo cercato quindi di chiedere quali sono i tempi e una volta stabilita l’entità dei lavori di ripristino (tanto del manto stradale che della condotta), se fossero state già destinate delle risorse economiche per tale intervento. “Aspettiamo il parere definitivo del geologo. Ci sono delle risorse stanziate dal Comune, ma andranno stabiliti degli accordi con Acquedotto, è tutto ancora in analisi. In seguito a degli incontri tra gli Uffici di Viabilità, EGRIB e Acquedotto, abbiamo ritenuto opportuno richiedere un ulteriore incontro con la Regione perché sono state stimate delle cifre che purtroppo al momento il Comune non può sostenere. L’impegno non è di poco conto”, ha detto Pernice.

Abbiamo preso quindi l’impegno con l’assessore di aggiornarci sulla situazione nei prossimi 10 giorni, per conoscere maggiori dettagli dell’incontro in Regione. “Spingeremo molto per accorciare i tempi, perché non si può andare molto oltre”, ha concluso Pernice.

C'è però invoca chi da subito almeno un “intervento tampone”. «Ma un milione di euro non basta»

Sulla situazione è tornato a parlare il consigliere comunale, Rocco Pergola, che già lo scorso marzo (con i colleghi Andretta, Blasi, Falconeri, Falotico, Flore, Fuggetta, Smaldone e Telesca), aveva presentato un’interrogazione per conoscere i motivi del fermo dei lavori di messa in sicurezza e stabilizzazione del tratto franato in Corso Garibaldi.

Il Comune ha fatto un primo incontro con EGRIB e Acquedotto, stabilendo che si è trattato di un problema all’intero tratto fognario che andrebbe totalmente sostituito fino all’altezza della farmacia di San Rocco. Ho segnalato agli amministratori, però, che al momento tutti questi incontri non hanno prodotto nulla di scritto, non è stata convocata alcuna conferenza di servizi, per poter avere qualcosa di ufficiale da mettere nero su bianco”, ci ha detto Pergola.

A distanza di oltre 4 mesi dalla frana, dalle parole del consigliere traspare la paura che, tra il recupero delle risorse, la programmazione, la progettazione e l’affidamento dei lavori si rischia che quella zona rimanga in quello stato per anni. “Sarebbe auspicabile programmare un intervento tampone che vada intanto a sistemare l’area della voragine poiché è pericolosissima, la recinzione si muove, e inoltre il fronte di scavo che è stato lasciato esposto all'intemperia, continua ad essere soggetto a ulteriori cedimenti, se passa qualche mezzo pesante i rischi sono altissimi” ha affermato Pergola, che ha così concluso: “In Commissione, il dirigente incaricato (ing. Cautela) ha quantificato un intervento tampone di circa 1 milione di euro, ma a mio parere questa cifra non è sufficiente perché ad oggi non c’è più solo il problema del tratto fognario, ma anche il muro di sostegno da rifare, poiché compromesso dalle perdita di acqua. Sarebbe auspicabile quanto prima, sottoscrivere un accordo di collaborazione tra gli enti con una buona programmazione degli interventi”.

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di Antonella Sabia

 

 

In un ipotetico “tour” della città di Potenza, nessuno mai si sognerebbe di visitarlo, eppure l’ex ospedale ortofrenico nei pressi del San Carlo, rientra tra le opere più importanti di una corrente architettonica nota come “Brutalismo”, i cui migliori esempi in Italia sono a Milano (La Torre Velasca e l’Istituto Marchiondi Spagliardi), Firenze (la Chiesa di San Giovanni Battista e le abitazioni del quartiere Sorgane), Roma (Casa Sperimentale di Fregene) e appunto Potenza. Si erge con tutta la sua imponenza a ridosso del quartiere Macchia Romana, frutto del progetto dell’architetto friulano Marcello D’Olivo: quattro padiglioni e una galleria centrale, prevede tra l’altro una serie di stanze che si affacciano sui giardini che circondano la struttura. Oggi l’edificio è deserto, abbandonato, e del suo futuro ne abbiamo discusso con l’Avv. Bartolomeo Cozzoli, Commissario Amministrazione Straordinaria Congregazione “Ancelle della Divina Provvidenza”.

D: Da quanto tempo l’immobile è dismesso? Come mai è rimasto inutilizzato?

R: Da circa una decina di anni. All’atto della mia nomina nel 2013 l’immobile era già dismesso. È rimasto inutilizzato perché i servizi sanitari ed assistenziali resi dalla Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza in regime di convenzionamento con la Regione Basilicata non necessitavano di ulteriori spazi rispetto a quelli attualmente utilizzati.

D: Chi è il proprietario e chi ha la gestione di tale immobile?

R: L’immobile è nella disponibilità della procedura di Amministrazione Straordinaria di cui sono Commissario.

D: Questo immobile sopporta dei costi di gestione seppur inutilizzato?

R: Invero assai residuali.

D: Si è mai pensato di metterlo all’asta o di venderlo?

R: L’immobile di cui discutiamo rientra tra i cosiddetti “beni non funzionali” all’attività imprenditoriale dell’azienda in Amministrazione Straordinaria, per la quale il D.Lgs. n. 270/1999 (Prodi-bis) prevede la salvaguardia dell’unità operativa; pertanto la dismissione dello stesso immobile può avvenire con modalità più flessibili e con tempi diversi rispetto a quelli previsti per la cessione delle attività core. I “beni non funzionali” della procedura di Amministrazione Straordinaria di cui sono Commissario possono essere alienati attraverso procedure trasparenti e non discriminatorie, senza ulteriori formalità rispetto a quelle minime previste dalla legge e con modalità di pubblicità appropriate e proporzionate alla natura ed al valore dei beni oggetto di cessione. Premesso questo inquadramento normativo, chiarisco che per l’immobile di Potenza sono stati già pubblicati due avvisi pubblici per la cessione, ma nessuno ha inteso parteciparvi. Nei prossimi giorni verrà pubblicato un terzo avviso di vendita a prezzi ulteriormente ribassati.

D: Quale potrebbe essere un eventuale diverso utilizzo?

R: L’immobile è ricompreso nel territorio del Comune di Potenza in un’area classificata nel vigente Piano Regolatore Generale (PRG) quale Zona F2B2 “Aree per attrezzature sanitarie”, come definita all’art.52.1.12 <Nosocomio Don Uva> delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA). Le aree per attrezzature sanitarie comprendono attrezzature funzionali all’erogazione di pubblici servizi, quali, ad esempio, cliniche, laboratori medici, laboratori di ricerca e attrezzature connesse, case di riposo per anziani, ecc.

D: Qualche mese fa, l’assessore al Turismo del Comune di Potenza, Alessandro Galella, supportava l’ipotesi di poter utilizzare l’immobile come sede del corso in Medicina, è un’idea perseguibile?

R: La futura destinazione dell’immobile non rientra nelle competenze dell’Amministrazione Straordinaria, ma della futura proprietà. La destinazione urbanistica e d’uso dell’area, invece, è prerogativa degli Enti Territoriali. A titolo personale posso solo dire che quella dell’assessore comunale sembra un’ipotesi interessante.

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di Walter De Stradis

 

Da quindici anni è sindaco del suo piccolo comune, Balvano, in provincia di Potenza. Un’eternità, dal punto di vista politico. Il 44enne Costantino Di Carlo, capelli e barba rossicci, spruzzati di grigio, negli anni a venire, verrà probabilmente ricordato anche per aver patito in prima persona le pene del Virus che sta cambiando il corso della Storia, dal più piccolo al più grande agglomerato umano su questo Pianeta.

D: La sua vicenda, quella di un sindaco lucano che ha portato la croce del Covid sulle proprie spalle, è emblematica anche del “decorso” della malattia stessa. Infatti, stando ai suoi comunicati, a inizio marzo scorso lei aveva inizialmente annunciato di essere risultato negativo al tampone. Solo alcuni giorni dopo, però, le cose erano cambiate...

R: Sì. Avevamo saputo che alcuni colleghi di lavoro di mia moglie erano risultati positivi, così ci mettemmo in isolamento domiciliare e ci facemmo il tampone, inizialmente risultato negativo per entrambi. Alcuni giorni dopo lo ripetemmo, sempre in isolamento, e solo lei risultò positiva. A quel punto il nostro isolamento domestico divenne separato: lei in casa, io in una tavernetta sottostante. Circa una settimana dopo, però, risultai positivo anch’io al tampone. Avevo sintomi tipici: febbre, mal di testa, stanchezza. La terapie –antibiotica e cortisonica- non si rivelarono pienamente efficaci e cominciai ad avvertire un dolore tra le scapole, il segnale di una broncopolmonite…

D: … sua moglie quindi era praticamente asintomatica, mentre per lei si rese necessario il ricovero al San Carlo di Potenza.

R: Lei aveva sintomi lievi, diciamo. La mia saturazione cominciò invece a scendere sotto la soglia limite, toccando picchi pericolosi (86-87), e quindi col medico ritenemmo opportuno il ricovero. Dalla Tac del Pronto Soccorso emerse infatti che ero affetto da broncopolmonite bilaterale intersiziale. Fui quindi ricoverato al reparto Covid 2, quello alle spalle del Pronto Soccorso.

D: Che tipo di realtà ha incontrato?

R: Guardi, in quindici giorni di ricovero ho incrociato in tutto una ventina di compagni di stanza. I primi tempi, i degenti che iniziavano a stare meglio dopo alcuni giorni di cure (gente più o meno della mia età, fra i 40 e 50 anni) per me rappresentavano un traguardo; quando poi iniziai io stesso a stare meglio, rivedevo nei nuovi arrivati le mie condizioni iniziali. Riscontrai che il numero dei giovani, miei coetanei, stava crescendo e che questi erano anche molto sintomatici. Notai contestualmente che in alcuni casi, la pesanti cure (terapia antibiotica, cortisonica, ciclo antivirale) portavano all’ “esplosione” di alcune piccole criticità che magari in occasioni normali non si rilevano. Penso alla glicemia o alle transaminasi, o alle altre contingenze di alcuni casi specifici che in qualche modo si amplificano, specie in chi già ne soffre.

D: Cosa emergeva invece a livello umano?

R: Due cose sostanzialmente. La prima è il Tempo: quasi immobile, passato stando sempre a letto, scandito esclusivamente dalle gocce delle flebo. La seconda: prelievi e terapie iniziavano prestissimo la mattina (anche alle quattro e mezzo) e la cena era alle 18: da quel momento in poi c’era l’attesa di un’altra giornata, che sembrava non arrivare mai. Ricordo poi il ricovero di un 45enne particolarmente ansioso, che nonostante le nostre rassicurazioni («ci siamo passati anche noi, stai tranquillo, poi respirerai meglio») è andato nel panico e ha cominciato a diventare cianotico. Ci pensi: il respirare per noi è un atto naturale, spontaneo, ma quando ne sei privato, anche solo in parte, diventa una cosa che devi “gestire”, “decidere”, controllando i gesti. Io stesso ho faticato un po’, ma ho incontrato pazienti che sono stati davvero male, come questo ragazzo (ora diventato mio amico) che poi è finito in rianimazione ed è stato 4-5 giorni “in croce”, collegato alle macchine cardiache, perché era a rischio collasso da un momento all’altro.

D: Che risposta ha ricevuto dalla struttura pubblica? Da paziente, che giudizio dà dell’ospedale San Carlo?

Io mi sono permesso di scrivere una lettera al direttore generale, per ringraziare la struttura. La responsabile del reparto Covid 2, la dottoressa Gianna Mennillo, è una persona STRAORDINARIA, e con lei tutti i medici e gli infermieri. Lo dico fuor di retorica, parlando come paziente. Noi tutti siamo stati sinceramente curati, non solo dal punto di vista medico-farmacologico: anche solo nel darci la sveglia, gli infermieri scherzavano e la stessa dottoressa responsabile, magari stanchissima (e si vedeva dagli occhi), ogni giorno passava a dirci una parola buona: «Pensa a come stavi ieri, oggi va già meglio. Ieri avevi dieci litri di ossigeno, oggi ne hai tre. Bada ai progressi». Quindi c’è stato veramente un “accompagnarci fuori”, che ci ha aiutato a vedere la luce.

D: Oggi lei fortunatamente è uscito da questo tunnel, ma adesso spostiamo il suo punto di vista, e passiamo da quello del paziente a quello dell’amministratore. Come giudica le scene di affollamento e di calca alle tende del Qatar di Potenza, in corrispondenza del turno di vaccinazione per la fascia di età dai 79 ai 60 anni (ammessa anche senza prenotazione) di lunedì scorso?

R: Le immagini di calca infastidiscono chiunque. Se da una parte si può capire l’azione del cittadino che cerca di non perdere il posto, dall’altra bisogna fotografarne gli effetti: su cento casi di infezione, novanta magari sono asintomatici o paucisintomatici, ma chi vive il reparto Covid, sa bene che gli altri dieci presentano problematiche molto serie. E se faccio un “fermo immagine” di quella calca, penso inevitabilmente al fatto che per salvaguardarsi bisogna mantenere le distanze, e quelle immagini invece sono insopportabili, ingiustificabili (senza voler additare nessuno). C’è bisogno di un’organizzazione un po’ più strutturata. Mi auguro che non si ripeta più, a tutela di chi organizza e di chi va lì a fare il vaccino. Non è accettabile che ci vadano mille persone e poi magari ne escano positive cento.

D: In generale come giudica l’operato della Regione Basilicata nel contrasto alla Pandemia?

R: Bisogna starci dentro: è difficile per la Regione ed è difficile per i Comuni. Io comprendo gli sforzi...altre cose le comprendo meno. Ripeto: c’è bisogno di una migliore organizzazione. Mi riferisco al tracciamento. Mi riferisco ai tamponi antigenici, di cui i Comuni si fanno carico, e i cui esiti abbiamo difficoltà a “caricare” sulla Piattaforma: il mio Comune, ma sfido qualsiasi altro Comune lucano, praticamente non li ha mai caricati! E quando chiediamo delucidazioni agli addetti della Task Force regionale, questi non ci sanno dare indicazioni su come fare, e c’è un rimando e rimbalzo continuo tra persone. Io sono stato anche uno dei 21 sindaci che ha criticato l’istituzione della zona rossa regionale, laddove altre regioni hanno agito per province o per comprensori (tant’è che la stessa Regione poi ne ha preso atto). Capisco che bisogna attenersi alle norme e alle indicazioni ministeriali, ma bisogna anche calarsi un attimino nel territorio: il “cuore” di Napoli è diverso da Balvano, che a scuola ha 160 bambini e che ha spazi più aperti.

D: La sua collega di Ginestra la settimana scorsa ci parlava di difficoltà di “comunicazione” con la Regione stessa, e ci parlava delle Ordinanze regionali, che legge prima sui giornali e che solo dopo arrivano al Municipio. E’ così anche per voi?

R: E’ così per tutti. Non lo dico io, o solo io, ma lo dice l’Anci. Alcune volte è capitato che le ordinanze di chiusura delle scuole siano arrivate alle dieci di sera e noi siamo stati “massacrati” dai nostri concittadini perché non sapevano cosa sarebbe successo l’indomani. I Comuni devono organizzare il trasporto scolastico... e agli autisti cosa diciamo? Si parte? Non si parte? E quando glielo diciamo? Alle tre di notte? C’è poi tutta la questione della sanificazione degli istituti, insomma, ci sono delle decisioni che vanno prese in un tempo utile. E’ mancata anche la condivisione delle scelte. Certo, non vuol dire che il governatore o l’assessore debbano ascoltare 131 sindaci, ma C’E’ l’Anci per questo! E deve condividere alcuni percorsi.

D: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?

R: Di condividere maggiormente e di non caricarsi di decisioni solitarie. Adesso ci sono dei comuni con dei picchi di contagio e che -solo loro- sono passati in zona rossa: se questo tipo di ragionamento l’avessero applicato prima, magari ad alcuni altri comuni si sarebbero risparmiati una quindicina di giorni in rosso, che penalizzano eccome. E magari i ventuno sindaci non avrebbero protestato. Ci sono paesi lucani di 500 abitanti, che con zero contagi si sono ritrovati in zona rossa! Vanno dunque censiti i comuni dove c’è il picco. Pertanto, con molto, molto riguardo, a Bardi direi che sul territorio ci sono ALTRE istituzioni locali, e cioè i sindaci, che governano le comunità, che sono il “front office” dei cittadini, che vengono “massacrati” dai cittadini. Perché tocca a me sindaco spiegare al compaesano che il bar è chiuso, che non può uscire... certo, potrei cavarmela dicendo “L’ha deciso la Regione, l’ha deciso il Ministero”, ma la problematica rimarrebbe. Occorre condividere, tenere l’Anci dentro, sulla falsariga della Conferenza Stato-Regioni, perché le buone idee possono venire a chiunque.

D: Al di là del Covid, Balvano di cosa ha maggiormente bisogno adesso?

R: La Basilicata deve essere innanzitutto definita: siamo Terra per il turismo? Per l’industria? Per l’agricoltura? Per tutte e tre le cose? Per nessuna? La terre che non sanno avere un’identità faticano di più. Noi facemmo un grande investimento sulle Gole del Platano, e recentemente abbiamo realizzato una strada ferrata in un vecchio percorso dei minatori, scavato in una roccia verticale. Proprio in un momento come questo, penso che gli “spazi larghi” della nostra regione siano una grande risorsa. Negli ultimi anni abbiamo registrato in queste zone l’arrivo di persone con la voglia di un turismo “lento”, all’aria aperta. Chiederei pertanto alla Regione di accompagnare i comuni in questa direzione, specie quelli che vi hanno già investito.

D: La canzone che la rappresenta?

R: “Dolcenera” di De Andrè.

D: Il libro?

R: “Sogno cose che non sono state mai” di Robert Kennedy. L’ho letto di recente e lo consiglio a tutti.

D: Il film?

R: “Il Miglio verde”.

D: Immaginiamo che fra cent’anni in questo Comune scoprano una targa a suo nome. Cose le piacerebbe ci fosse scritto sopra?

R: Che sono stato tra la gente.

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di Antonella Sabia

 

Risale alla metà degli anni ’50, l’inizio dei lavori di costruzione dell’edificio che per oltre 40 anni ha ospitato il cinema Ariston, per tanto tempo unico stabile realizzato per tale scopo.

Chiuso per diverso tempo in seguito al Terremoto dell’80 per verificare la tenuta della struttura post sisma, iniziò la sua fase di declino oltre 10 anni dopo, nel 1993, quando lo stabile venne chiuso per consentire la realizzazione del palcoscenico e servizi accessori.

La chiusura definitiva avvenne due anni dopo, quando vennero evidenziate delle carenze in termini di sicurezza.

Ancora oggi, lo stabile che si erge a due passi dal cuore della città, rimane un contenitore dismesso, fatiscente e indecoroso, ma l’edificio rientra nella proprietà di un privato cittadino: nel tempo, pur avendo vagliato diverse ipotesi progettuali, di fatto non si è mai arrivati ad una soluzione.

All’epoca dell’acquisto da parte del privato, l’obiettivo doveva essere quello di poterlo demolire e ricostruire, conservando la destinazione d’uso secondo quelli che erano i dettami di una scheda dei PRUSST (Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio), una sorta di memoria storica dei volumi originali. Questo affonda le sue radici nella notte dei tempi, un processo che si è stoppato per delle vicissitudini amministrative e politiche e non ha visto più il suo completamento”, ci ha detto Antonio Vigilante, assessore comunale all’Urbanistica, Condono e Ricostruzione.

Con il passare degli anni, si è andati incontro ad una sorta di dinamica di anti-economicità nella realizzazione di una sala cinematografica, e una successiva idea fu quella di realizzare un parcheggio con annessi servizi, ma anche in quel caso tutto è rimasto nel campo delle ipotesi, complice inoltre la crisi economica nel 2008 che ha visto il procrastinare degli investimenti.

Abbiamo avuto modo di interfacciarci con l’ingegnere incaricato dal privato. L’incontro è avvenuto durante la ‘pausa pandemica’ estiva, riservandoci di poter approfondire alla luce del Super Bonus del 110% di cui tanto si parlava per la riqualificazione, ma che in realtà ragiona su interventi per strutture con destinazione d’uso residenziale. Verosimilmente, nella disamina delle opportunità, abbiamo valutato la possibilità di una permuta, in questo caso bisognerebbe incaricare l’Agenzia del Territorio per la stima del valore immobiliare sia del bene da cedere sia di quello da acquisire, in modo tale da venire in possesso di questa struttura e renderla poi oggetto di finanziamenti europei. Dal nostro punto di vista sarebbe utile utilizzare tale edificio come Torre Parcheggio, che da via Mazzini consentirebbe di posteggiare e raggiungere il cuore del centro storico a due passi”, afferma Vigilante.

Negli anni, questo fantasma di cemento, uno dei simboli del declino lento del centro storico cittadino, ha fatto tanto parlare di sé anche in termini di sicurezza, e ha destato non poca preoccupazione la tenuta dello stabile, soggetto a crolli e con solai nel tempo completamente divelti. A questo proposito il Comune intende rassicurare i cittadini: ”L’ingegnere incaricato, dopo aver fatto delle verifiche, alla luce delle diverse soluzioni progettuali che la proprietà gli aveva affidato, ci ha rassicurato affermando che non ci fossero particolari criticità, supportato da documentazione approfondita. L’unica criticità innegabile è chiaramente legata all’elemento estetico sul quale stiamo cercando di lavorare e al contempo abbiamo avviato un’interlocuzione con la Regione per consentirci una sorta di valorizzazione del patrimonio pubblico di proprietà dell’ente (qualora, ovviamente, avvenisse la permuta), funzionale a semplificare inoltre il processo di modifica della destinazione d’uso di uno stabile”, ha concluso l’assessore Vigilante.

 

 

 

di Walter De Stradis

 

 

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«Questo è il classico piccolo comune lucano oberato da vecchi debiti che si perdono nel tempo», ci spiega la prima cittadina di Ginestra, non appena ci vede arrivare. Quarantacinque anni, Fiorella Pompa è stata eletta nel giugno 2016 in forza a una lista civica (“Uniti per Ginestra”), quando lei –come tutti gli altri, nel mondo- non immaginava nemmeno che di lì a qualche anno sarebbe scoppiata una Pandemia mondiale. Considerati i piccoli numeri del paese (circa 730 abitanti, dati di Wikipedia), verrebbe facile supporre che il Covid non ha fatto emergere chissà quali problematiche. E sarebbe une errore, come vedremo.  

D: Oggi (giovedì – ndr), la veniamo a trovare in un giorno un po’ difficile, per un piccolo comune come Ginestra.

R: Sì, c’è un po’ di amarezza per alcune persone anziane che sono in quarantena e sono sole. Ad alcuni di loro, per la verità, è stata già somministrata la seconda dose di vaccino –in quanto ultraottantenni- e perciò sono fiduciosa che andrà tutto bene. Prego per loro. Li ho chiamati e stanno tutti bene, ma l’ansia per queste persone, sole e fragili, rimane sempre.

D: Ginestra finora non ha registrato decessi a causa del Covid, ma quali sono le questioni che vi preoccupano maggiormente?

R: Ginestra finora si è difesa egregiamente, perché non ci sono stati molti casi (e quando ci sono stati, siamo riusciti a intervenire), e le persone seguite hanno ottemperato con serietà alle prescrizioni. La mia preoccupazione maggiore risiede nel fatto che la maggior parte della popolazione è anziana; tuttavia gli ultraottantenni, come dicevo, hanno completato l’iter del vaccino, e in quanto ad anticorpi si può dire che sono tranquilli.

D: Con le vaccinazioni sta andando dunque tutto liscio?

R: Per la prenotazione delle persone fragili e per gli ultrasettantenni (in una seconda fase) è attiva questa piattaforma online, ma non tutti riescono ad accedervi (e infatti qualcuno lo stiamo aiutando noi), ma in questa sede vorrei fare una proposta al direttore generale dell’Asp.

D: Prego.

R: A Ginestra di ultrasettantenni ce ne sono solo sessanta, e anche questi non hanno figli e sono soli. Pertanto vorrei chiedere un punto vaccinale qui in paese: in un paio d’ore riusciremmo a fare tutto.

D: Attualmente le vaccinazioni non avvengono qui?

R: No. Gli ultraottantenni sono stati vaccinati qui, ma gli ultrasettantenni saranno spostati e smistati sia su Venosa sia su Melfi, ove si trovano i punti vaccinali.

D: E dunque crede sia difficoltoso per i suoi concittadini…

R: …sì, e temo che non tutti si vaccinerebbero, per questo ci terrei a farlo qui. Spero che l’Asp accolga il mio appello.

D: In questo anno di pandemia, da sindaco e da semplice lucana, qual è stato il suo momento più difficile?

R: Eh, la fase più dura è stata la seconda. Un anno fa, nel corso della prima ondata, qui a Ginestra non c’erano contagi, il che ci rendeva tutto sommato tranquilli, pur dovendo rispettare le regole. Dopo l’estate, invece, quando sono arrivati i primi contagi, è stato davvero difficile, dovendo “bloccare” i contatti, e anche a novembre, a ridosso di Natale, quando abbiamo avuto il picco di infezioni.

D: E com’è cambiato il suo lavoro di sindaco, da allora?

R: In un paese piccolo può sembrare che tutto è semplice e normale, ma così non è. E’ ancora più complicato, invece. Si può dire che adesso io viva stabilmente nella Casa Comunale. Una volta riscontrati i contagi, si è dovuto lavorare tanto. Ci sono stati momenti di difficoltà, con persone in situazioni economiche preoccupanti, famiglie con problemi seri, e quindi siamo dovuti intervenire anche con i sostegni alimentari. Quando i cantieri sono stati aperti, abbiamo anche cercato di andare avanti con i lavori di riqualificazione. Credo che abbiamo saputo amministrare quei momenti nel modo migliore possibile.

D: Secondo lei la Regione Basilicata come sta gestendo l’emergenza sanitaria? Quali i vostri rapporti con l’Ente? Intervistando alcuni suoi colleghi primi cittadini, non di rado è emersa qualche criticità nell’interfacciarsi con le figure apicali della Regione.

Confermo. L’unico punto di riferimento che abbiamo è l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Tlaliani – ndr), che non smetterò mai di ringraziare, perché ci fa da interlocutore con la Regione Basilicata. E’ un momento che nessuno si aspettava, nessuno sapeva come agire, e penso che anche il governo regionale si sia trovato spiazzato. Non resta che rimboccarci le maniche e lavorare “in tempo di guerra”.

D: Però confermava la difficoltà a interloquire con la Regione.

R: Sì, perché non riusciamo a trovare un canale di comunicazione. Anche se chiamiamo…mi dispiace, ma… Cioè, ci sono consiglieri regionali che ci rispondono e che sono davvero persone perbene, per carità, ma non si riesce ad avere in tempo reale le Ordinanze. Ci arrivano tramite giornali. Ne viene a conoscenza prima la stampa e poi noi. Ma alla fine noi siamo qua a lavorare, e ci mettiamo l’anima.

D: Si riferisce alle ordinanze del Governatore?

R: Sì, a tutto. Ci arrivano in un secondo momento, dopo che le abbiamo acquisite dalla stampa.

D: E se lei potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?

R: Molte sarebbero le cose da dire in questo momento. Ma oltre alla Pandemia, gli parlerei del caso Stellantis che interessa Ginestra, così come tutti i comuni della Basilicata. Se le voci di ridimensionamento diventassero realtà, sarebbero guai per tutti. Nel mio comune c’è almeno un centinaio di persone che lavora a San Nicola di Melfi.

D: Senza contare la questione collegamenti e l’annosa faccenda dell’Oraziana.

R: Beh, devo dire che –oggi come oggi- non ci sono grossi problemi di accessibilità, a parte piccoli smottamenti. Ginestra è diventato un paese centrale: in sei minuti siamo a Venosa, in dieci a Rionero. Con Melfi siamo ben collegati. E’ logico che investire nelle infrastrutture significa sempre concorrere allo sviluppo dei paesi, e speriamo che anche in futuro questi investimenti ci saranno.

D: Il Covid ha fermato e/o rallentato un po’ tutto, ma non appena sarà possibile, su cosa il suo Comune investirà per ripartire dal punto di vista turistico e culturale?

R: Sul turismo scolastico legato alla natura. Eravamo già partiti prima del Cvoid, ma poi abbiamo dovuto annullare alcuni appuntamenti già presi con le scolaresche. Noi abbiamo un giardino etno-botanico, l’unico nell’area, e su di esso è stato effettuato uno studio da parte delle Università di Londra e di Miami, attraverso il quale è stata riscontrata la presenza di erbe officiali anticancerogene. Abbiamo investito molto su questo orto e abbiamo iniziato a fare dei laboratori con gli alunni, attinenti alla trasformazione delle erbe officiali in profumi e saponi. I ragazzi si sono entusiasmati, ma poi è arrivata la Pandemia… tuttavia noi siamo pronti per ripartire e speriamo di farlo quanto prima.

D: Questo è anche il paese d’origine di Raffaele Ciriello, fotoreporter che ha dato la vita per il suo lavoro (restò ucciso a Ramallah, in Palestina)…

R: Gli abbiamo dedicato la piazza principale del paese e sicuramente in futuro penseremo ad altre iniziative in sua memoria: abbiamo già realizzato delle mostre fotografiche… e se la famiglia ci concederà il materiale, potremmo pensare di trasformarle in una mostra permanente.

D: Sul versante della musica popolare, mi risulta che in paese ci sia ancora una nonnina di 95 anni (Fiorina Pentagine – ndr) ultima depositaria della tradizione dei canti arbereshe…

R: Sì, ma non è la sola. C’è un gruppo di anziani che ha anche inciso un cd (“nder zhure: Canti Tradizionali Arbereshe di Ginestra” - ndr). Purtroppo, come sa, la parlata arbereshe avviene solo fra le persone anziane, ma noi stiamo facendo di tutto per preservarla e insieme ad altri comuni stiamo mettendo in campo dei progetti di recupero. Sperando che ci arrivino le risorse.

D: Il film che la rappresenta?

R: “Questo è il mio paese” con Michele Placido, che è stato anche nostro gradito ospite al “Borgo dei Sapori Arbereshe” (manifestazione annuale, attualmente interrotta per la pandemia).

D: La canzone?

R: Mi piace molto Fabrizio De Andrè.

D: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome qui al Comune, in quanto prima donna a divenire sindaca di Ginestra: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?

R: In effetti, c’è una piccola parola che mi rappresenta: “libera”.  

 

 

 

di Walter De Stradis

 

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Pastore (ancora per qualche tempo) del gregge del suo paese natio, ma anche studioso, saggista, antropologo ed etnomusicologo: nei settantacinque anni splendidamente portati di don Giuseppe Filardi, c’è tutto questo e anche di più. Figura rispettata e conosciuta tanto nell’ambiente ecclesiastico quanto in quello accademico (è autore di diversi, preziosi volumi di carattere storico e religioso), Don Peppino è universalmente conosciuto come colui che –col sostegno delle istituzioni, di giovani appassionati delle tradizioni, nonché di studiosi di livello internazionale- ha consolidato il Maggio accetturese (quello del celeberrimo rito arboreo) come un evento socio-religioso-antropologico di caratura mondiale. Lo abbiamo incontrato nel suo piccolo studio di Accettura (Mt), in cui conserva ancora il mobilio di quando era giovane parroco di Capomaggiore (Pz), comune che recentemente gli ha tributato la cittadinanza onoraria.

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fotoIvanaPipponzi

La Consigliera di Parità della Regione Basilicata, Ivana Pipponzi, sta procedendo alla rilevazione sulle quote di genere nei Comuni lucani.
Al fine di svolgere funzioni promozionali e di garanzia contro situazioni di squilibrio di genere nel mondo della politica lucana, la Consigliera ha inviato a tutti i Comuni lucani una nota con cui si chiede di compilare un questionario indicando il sesso del/della Sindaco/a, quello del/della Presidente del Consiglio comunale ed il numero delle donne nei Consigli comunali e nelle Giunte.

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