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di Antonella Sabia

 

 

Rieletto lo scorso 13 marzo, Leopoldo Desiderio sarà il Presidente del CONI Basilicata anche per il quadriennio 2021/2024. Prima della pandemia il CONI Basilicata si era mosso a 360° mettendo in campo diversi progetti, tra i più interessanti “Un calcio al passato”, con cui si è entrati nelle carceri (tra i primi in italia) a portare ogni giorno uno sport diverso per 4 mesi..con lui abbiamo affrontato qualche aspetto del difficile momento che lo sport sta vivendo.

«Nelle scorse settimane, Malagò, Presidente del CONI, ha concordato con il Commissario straordinario all'Emergenza Covid. il lucano Figliuolo, di mettere a disposizione la sua rete territoriale al servizio dei cittadini. Inoltre, si è parlato della possibilità di vaccinare gli atleti: abbiamo già fatto le prime riunioni con la Federazione Medico Sportiva che ci supporterà nella parte medico scientifica. Tutte le attività sportive stanno pagando il peso di questa pandemia, gli unici che un po’ si sono salvati sicuramente sono gli atleti e le società coinvolte in attività professionistiche. Tutto quello che invece riguarda le serie minori e i campionati giovanili purtroppo hanno subito uno stop, eppure sappiamo che i vivai sono l’anima delle società sportive e successivamente potranno dare i loro frutti, ridare una linfa a tutte quelle associazioni che si occupano di attività sportiva».

D: Cosa servirà al momento della ripartenza a questa società?

R: Sotto la cenere c’è sempre il fuoco, l'Araba Fenice è sorta dalle ceneri e credo che noi avremo la forza e il coraggio di riaprire e ricominciare come prima, qualche cosa sicuramente si perderà ma bisognerà andare avanti. Siamo degli sportivi e sappiamo rialzarci sempre dalle sconfitte.

D: La politica cosa ha fatto e cosa avrebbe dovuto fare?

R: Forse poteva fare qualche cosa in più, ma non bisogna mai buttare benzina sul fuoco, perché secondo me hanno avuto problemi ben più gravi da dover fronteggiare. Credo che successivamente, risolti alcuni di questi, torneremo a risorgere. Avevamo scritto anche noi una settimana fa una lettera in Regione, non appena abbiamo compreso che c’era qualcosa nell’aria che riguardasse i sostegni alle società. Ho chiesto di poterci incontrare e di poter programmare attività di comune accordo e poter garantire qualche sostegno economico a queste società. So che sono tempi duri, ma aspetto fiducioso.

D: Potenza Città Europea dello Sport: un'occasione persa?

R: Spero che a maggio potremmo fare qualche riunione per poter programmare anche questa cosa. A lungo ne abbiamo parlato al Comune e la risposta è stata positiva al 100%.

 

Sostegni agli operatori dello sport: la risposte della Politica

Tra i settori economici più colpiti dalla pandemia, va annoverato certamente quello sportivo. Economici, sì, perché la stragrande maggioranza delle società sportive diventano a tutti gli effetti delle aziende, alle prese con bilanci, spese e introiti, a seconda delle categorie di appartenenza. E se i campionati professionistici hanno avuto il via libera lo scorso autunno per provare a rimettersi in gioco, a pagare le maggiori conseguenze sono state tutte le società dilettantistiche che, dopo un anno di stop, sono allo stremo, senza sostegno e senza possibilità di programmazione. È proprio degli ultimissimi giorni, lo stop definitivo della FIGC al campionato di Eccellenza maschile lucano. E dopo la lettera indirizzata al presidente Bradi, in cui viene lanciato un grido di allarme da alcuni presidente dei massimi campionati sportivi in Basilicata (Potenza Calcio, CMB Matera, Volley Rinascita Lagonegro, Basilicata Nuoto e Olimpia Basket Matera), si è aperto un acceso dibattito politico sull'importanza di mettere in campo uno forzo per un settore che va trattato al pari degli altri e non abbandonato a se stesso.

“Lo sport è importante non solo per i suoi aspetti agonistici, ma anche perché è uno straordinario mezzo di emancipazione e promozione sociale di un territorio. Vanno difese le nostre eccellenze agonistiche per non disperdere un patrimonio di storia della Basilicata che negli anni ha dato lustro alla nostra terra anche fuori dai confini lucani diventando in alcuni casi un motivo di vanto per la Basilicata che sa vincere”, è stato il commento del vicepresidente del Consiglio regionale Polese.

Se il monito, da un anno, è che ‘nessuno sarebbe stato lasciato indietro’, è oggi opportuno considerare la condizione delle società sportive, valutando la predisposizione di alcuni strumenti di sostegno rivolti a questa categoria, non meno importante di altre per il tessuto economico regionale e, in molti casi, unica fonte di sostentamento per numerose famiglie”. E’ quanto sostengono, in una nota, i componenti del Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia della Regione Basilicata.

E dal presidente Bardi e dall'assessore Cupparo arriva una risposta con dati e contributi erogati, con il bando “Sport promoturismo Basilicata” e l'avviso per erogare “Misure di sostegno a favore di operatori del settore dello sport”. “La giunta regionale, inoltre, ha proceduto ad agosto 2020 ad approvare il Programma regionale triennale 2020/2022 per lo sviluppo dello sport - dicono Bardi e Cupparo - proprio in una fase nella quale erano sospese le gare e le competizioni ludico-amatoriali con le attività connesse, praticate a livello dilettantistico di base, le scuole e l’attività formativa di avviamento. Un segnale di attenzione verso il mondo sportivo, con la certezza che saremo pronti con la programmazione non appena le attività sportive potranno riprendere a regime”. E nella stesa serata di mercoledì 24 marzo, è arrivato il sì dalla Quarta Commissione, per la prima annualità del suddetto piano per lo sviluppo dello sport. Il finanziamento complessivo ammonta a circa 670mila euro.

Specie in questa fase che registra ancora la sospensione di numerose attività sportive ed amatoriali a causa della pandemia la Regione – ha sottolineato l’assessore Cupparo – non rinuncia alla sua azione e riconosce, infatti, la naturale vocazione dello sport a promuovere i concetti di inclusione, partecipazione, rispetto delle regole, solidarietà e democrazia, facendo espresso riferimento alla pratica delle attività sportive dei diversamente abili, quale mezzo privilegiato di sviluppo individuale e di rieducazione”.

(Ant. Sab.)

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di Walter De Stradis

 

Ha una voce squillante, ma gentile, Marianna Iovanni, giovane sindaca pentastellata di Venosa, la bellissima città di Orazio. Accentuati dalla mascherina, l’espressività di alcuni sguardi -che hanno sottolineato diversi passaggi della conversazione- è stata una componente significativa di questa intervista, che potrete maggiormente apprezzare nella versione video in onda su Lucania Tv, a partire da sabato sera alle 20.  

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di Antonella Sabia

 

 

 

Continua l'odissea della DAD per circa 7 milioni di studenti italiani nelle zone rosse. Anche in Basilicata, che dal 16 marzo è tornata in zona arancione, gli studenti continueranno a seguire le lezioni a distanza, su provvedimento del Governatore Bardi.

Martedì scorso abbiamo contattato, Claudia Datena, Dirigente Ufficio Scolastico Regionale, per fare il punto ad un anno dall'inizio della pandemia.

D: Che periodo storico sta vivendo la scuola oggi?

R: Un momento di grandi cambiamenti e di continui adattamenti, la scuola ha affrontato quest’ultimo anno con grande capacità di resilienza, adeguandosi ai momenti dell’epidemia e alle indicazioni che sono state date dal Ministero e dalle autorità locali. A mio avviso si tratta di un momento di grande sofferenza, legato soprattutto alla necessità di svolgere le attività quasi esclusivamente a distanza.

D: Come influirà sulla crescita culturale e personale dei ragazzi?

R: Di sicuro ci dobbiamo aspettare degli effetti, molti dei quali sono già visibili. Se ne è parlato da più parti, la didattica a distanza è stato uno strumento prezioso per assicurare continuità alla scuola e all’azione formativa di bambini e ragazzi, ma dopo un anno mi sento di dire che la scuola non può vivere solo di DAD, soprattutto per gli alunni in età infantile. Questa è una modalità che sacrifica l’elemento della socialità che è fondamentale non solo per la crescita personale, ma anche ai fini dell’apprendimento, questo elemento protratto nel tempo sarà penalizzante per i nostri ragazzi.

D: Ha avuto modo di riscontrare un cambiamento del livello di apprendimento tra didattica a distanza e in presenza?

R: Sicuramente ci sono delle differenze, l’anno scolastico precedente ci ha visto affrontare il problema senza preparazione e inevitabilmente ci possono essere stati dei ritardi, delle lacune nello svolgimento dei programmi. Quest’anno la scuola è arrivata più preparata perché abbiamo avuto anche il tempo di programmare meglio, gli istituti si sono dotati di un piano per la didattica digitale integrata e hanno avuto la capacità di riorganizzarsi. Ci aspettiamo per quest’anno scolastico una situazione più completa nello svolgimento dei percorsi formativi, ma solo alla fine si potrà verificare quali sono stati i risultati di questo percorso.

D: Ritiene che la scuola sia stato uno dei maggiori catalizzatori del contagio?

R: Di questo se ne è discusso tanto, per tutte le misure di sicurezza che sono state adottate all’interno delle scuole, ritengo che non possa essere considerata un fattore di trasmissione. Il problema è tutto quello che poi si svolge all’esterno, che è interconnesso alla scuola, quindi spostamenti e trasporti, in particolare nella scuola secondaria di secondo grado, ove abbiamo un’incidenza piuttosto elevata di alunni viaggiatori, che hanno subito ritardi e problemi nell’adeguamento dei trasporti rispetto alle esigenze di distanziamento. C’è poi la questione degli assembramenti all’esterno degli istituti, o in prossimità delle fermate, quindi si tratta di un discorso diverso. Posso affermare con certezza che sono stati osservati scrupolosamente tutti i piani di sicurezza all’interno degli istituti, e questo non ha certo favorito la diffusione dei contagi.

D: Riguardo gli studenti più fragili, come si sono organizzate le scuole?

R: Le scuole hanno valutato autonomamente ogni singola situazione. I vari provvedimenti normativi sia del governo centrale che delle regioni hanno fatto salva, anche quando fosse istituita la DAD, la possibilità per questi studenti fragili (disabili o studenti con bisogni educativi speciali) di poter continuare la didattica in presenza, per assicurare una dimensione inclusiva del percorso educativo.

D: Per il futuro, è stata immaginata per esempio l'istituzione di una figura per il supporto psicologico all’interno degli istituti scolastici?

R: In realtà non si parla di “futuro”, in quanto a livello nazionale il Ministero dell’Istruzione ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, e lo stesso abbiamo fatto noi a livello regionale con l’Ordine degli Psicologi della Basilicata. Nelle singole scuole, sempre in maniera autonoma, sono stati attivati percorsi di supporto con dei professionisti, tra l’altro, le scuole hanno ricevuto anche dei contributi finanziari proprio per la sottoscrizione di queste convenzioni. Il supporto chiaramente è previsto non solo per gli alunni, in questo periodo, situazioni di disagio possono essere vissute anche dal personale scolastico.

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

Baffetti e pizzo bianchi, filiformi, occhio vispo, il 64enne professor Ignazio Marcello Mancini è il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi della Basilicata. E lo sarà fino al 2026, quando –spera lui e speriamo anche noi- l’istituendo Corso di Studi in Medicina sarà una solida realtà.

Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio a Potenza (dalle vistose poltroncine rosse), rispettando i protocolli, alla presenza anche della professoressa Patrizia Falabella, Prorettrice alla Didattica.

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di Antonella Sabia

 

 

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Quanto ha influito la pandemia sulla vita dei pazienti affetti da diabete di tipo 1? Ecco il punto di vista del Dr Citro, responsabile dell’UOSD Diabetologia-Endocrinologia dell’ASP, di Angela Possidente, presidente Associazione di Genitori e di Giovani Diabetici della Basilicata, e Nadia Errichetti, mamma di una bambina diabetica di 10 anni e mezzo (quinta elementare).

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di Walter De Stradis

 

«Basilicata, terra di cinema! Non c’è solo Matera, splendida Capitale Europea della cultura per il 2019, tra le città location cinematografiche spicca anche Potenza. Soprattutto negli ultimi anni il Capoluogo si è prestato come set di numerose pellicole italiane girate e interpretate da registi e artisti noti. “La sorpresa”, del regista Ivan Polidoro, prodotto dalla Movie Factory di Roma, è uno dei più recenti film le cui scene sono state girante anche a Potenza.

Nel 2014 per le strade della città si sono aggirati attori come Carlo Buccirosso e Fabio Volo, interpreti del film “La grande seduzione” diretto da Massimo Gaudioso, che ha scelto come location lucane anche Castelmezzano e Pietrapertosa due splendidi comuni che ricadono nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.

Sempre a Potenza sono state girate anche alcune scene dei film “Quando il sole sorgerà” (2012) di Andrea Manicone e interpretato da Lorenzo Flaherty, e “Il ragioniere della mafia” (2013) tratto dal romanzo omonimo di Donald Vergari, del regista Federico Rizzo e sempre con Lorenzo Flaherty».

Queste parole sono leggibili sul sito dell’Apt Basilicata e rendono evidente che, laddove sui film girati (in tutto o in parte) a Matera già nel 2007 esisteva un libro (Luciano Veglia, “Matera una città per il Cinema” – Edizioni Giannatelli) di oltre 250 pagine (che oggi sarebbero almeno il doppio), a proposito del capoluogo di regione, beh, finora ci dovevano bastare quelle poche righe istituzionali.

A dare una brusca sterzata a questo “trend” che finora aveva visto Potenza solo marginalmente lambita da produzioni cinematograficamente importanti, ci stanno pensando il regista romano Simone Aleandri e i suoi famosi attori (Alessandro Haber, Ambra Angiolini): in città da qualche giorno, vi rimarranno per un’altra quarantina di “notti”, necessarie al completamento delle riprese del film “La Notte più Lunga dell’Anno” (appunto).

Qual è dunque la vera novità? Che si tratta del primo film di un certo peso (se la memoria non ci tira un brutto scherzo) scritto su, pensato per e ambientato nel capoluogo lucano.

Abbiamo incontrato il quarantenne regista nella terrazza del Grande Albergo, ove soggiorna.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: Domanda difficile. C’è questa tensione di raccontare storie, che mi accompagna da diversi anni. Vi ho dato seguito attraverso il racconto del reale, coi documentari, e oggi mediante questo film di finzione che realizziamo qui a Potenza.

D: Il titolo apparso sui giornali è “La notte più lunga dell’anno”. E’ un titolo di lavorazione o è già definitivo?

R: E’ definitivo, fin dal primo momento. Il film racconta la notte del solstizio d’inverno -quella a cavallo fra il 21 e il 22 dicembre- in cui si intrecciano e si incontrano storie di personaggi che faranno i conti con la parte più intima di loro stessi.

D: Il soggetto è dello scrittore Andrea Di Consoli, autore e opinionista di origini lucane.

R: Il soggetto sì, la sceneggiatura è scritta da lui, da me e da Cristina Borsatti.

D: Si è letto che gli interpreti saranno nomi importanti (Ambra Angiolini, Alessandro Haber, Massimo Popolizio), ma mi interessa capire se questa storia, oltre che girata, sarà anche “ambientata” a Potenza. Come sa, diversi sono stati i film girati in Basilicata, ma poi ambientati in paesi e posti del tutto immaginari, luoghi di un “ipotetico Sud”.

R: Il film è stato pensato e scritto su Potenza. Con Andrea Di Consoli avevo già collaborato diversi anni fa per un documentario intitolato “Mater Matera” e quello per me fu il “battesimo” in Basilicata. Grazie ad Andrea ho imparato a conoscere questo territorio. Fu in quell’occasione che a lui venne l’idea di scrivere un soggetto su Potenza, e quindi questa non è una location pensata in un secondo momento per ambientarvi un film: il film è nato proprio pensando a questa città.

D: Se la memoria non m’inganna questo sarà il primo film fatto a Potenza e “su” Potenza. Venendo qui ha avvertito su di sé questa “responsabilità”?

R: Beh, sì. E devo dire che la cosa mi dà una motivazione in più. Potenza, cinematograficamente, è territorio vergine, ma ho sempre pensato che avesse un grande potenziale, almeno per quanto riguarda il tipo di storia che stiamo ambientando qui. Potenza è una città che si nasconde, piena di sovrapposizioni, è una manciata di luci buttate nel buio; dovendo noi raccontare la notte e la provincia del Sud, trovo che abbia delle caratteristiche urbanistiche molto interessanti, che è difficile trovare altrove in Italia: questi edifici pesanti, grigi, che poi si “amplificano” nella notte... infatti gireremo alle Scale Mobili, al Ponte Musmeci, al “Serpentone” e in alcune zone del Centro.

D: La descrizione che ha fatto della città lascia presumere che abbiamo a che fare con un film drammatico e non con una commedia.

R: Sì, l’impianto è sicuramente drammatico.

D: Trova che Potenza sia una città un po’ “noir”?

R: Beh, l’ambientazione notturna del film rimanda un po’ al noir, ma il taglio non sarà quello.

D: Lei ha già fatto un primo incontro con i potentini quando c’è stata la selezione delle comparse. Si è sentito un po’ un “Uomo delle Stelle”, al momento di arrivare in una città nella quale il cinema non c’era quasi mai stato?

R: Ho avuto sensazioni molto positive. Ho avvertito un grande senso di ospitalità ed entusiasmo da parte della gente. Come diceva lei, è la prima volta che viene raccontata la città e ci sono molte aspettative. Un po’ mi dispiace non poter frequentare di più la popolazione a causa della Pandemia: giriamo di notte e tutto il giorno stiamo in albergo, e dobbiamo per ovvie ragioni vivere in un ambiente protetto. Spero di rifarmi una prossima volta.

D: Che tipo di aspettative avevano i Potentini che si sono presentati al provino?

R: Avevano molta curiosità. Questa inedita situazione per la città ha amplificato il desiderio di esserci ed è mia intenzione coinvolgere molto la gente del posto.

D: C’è una cosa di Potenza che non le piace?

R: Mmm. Ci devo pensare. Abbiamo iniziato le riprese da quattro giorni e magari questa cosa verrà fuori più tardi. Al momento, e lo dico sinceramente, non saprei cosa rispondere.

D: Il film, ovviamente, ha ottenuto il supporto della Lucana Film Commission...

R: Sì ed è prodotto dalla Clipper Media di Sandro Bartolozzi, in collaborazione con Rai Cinema.

D: Ieri (lunedì scorso – ndr) ha incontrato gli amministratori. Era la prima volta?

R: No, avevo già avuto modo di incontrare il sindaco e ieri, insieme a Massimo Popolizio, siamo stati ricevuti al Comune...

D: Lei è di Roma, e dicevamo che ha già lavorato in Basilicata. Quando si fa un film sul Sud è facile scadere nell’oleografia, nel mito di un Mezzogiorno che non c’è più, nelle immagini stereotipate. E questa cosa è successa anche con diverse produzioni realizzate in questa regione... qual è la ricetta per non cadere nel tranello?

R: Mah, io ho già raccontato molto il Sud con i miei documentari e credo che questo nuovo film si allontani drasticamente dallo stereotipo e dall’oleografia. E’ un’intenzione che era già presente a livello di scrittura del soggetto, da parte di Andrea Di Consoli. Se nell’immaginario collettivo spesso il Sud rimanda a un posto solare e caldo, noi stiamo ambientando questo film di notte e al buio... basterebbe già questo...

D: Glielo chiedevo perché anche in tv, e di recente, si ascoltano questi accenti forzatamente marcati...

R: Il nostro non è un film dialettale, da sottotitoli, ma c’è l’intenzione di raccontare questo posto, questa provincia “di frontiera”: così la concepiamo. Credo che in qualche modo Potenza, in virtù dell’impianto urbanistico di cui le parlavo, abbia la capacità di raccogliere e di condensare diverse realtà provinciali del Sud, non solo dell’Italia, ma anche del Mondo. Ci sono questi paesaggi molto aperti... una sorta di “Texas italiano”.

D: Ma ai tempi del Covid come si lavora sul set? Immagino siate tutti sottoposti a tampone e che dobbiate comunque rispettare le distanze...

R: E’ molto difficile. Sì, siamo sotto stretto controllo, ci facciamo il tampone ogni tre giorni e dobbiamo rispettare delle distanze. Sul set lavoriamo con le mascherine e gli ambienti vengono continuamente sterilizzati, prima e dopo le riprese. E questo, ovviamente, porta via molto tempo e grava anche sui costi di produzione. Fare un film al tempo del Covid è assai più complicato.

D: Anche perché immagino si lavori nell’incertezza, non sapendo quando e se le sale riapriranno. Lei stesso magari si domanda se il film uscirà effettivamente al cinema...

Ce lo auguriamo tutti. Il film è stato pensato per il grande schermo e speriamo di lasciarci alle spalle quanto prima questo brutto momento.

D: Ci sono state anche delle polemiche sulla chiusura di cinema e teatri. Diversi operatori sostengono che non era lì che si creavano i focolai e che, oltretutto, sono stati anche costretti a chiudere dopo aver adottato le misure per la prevenzione e aver fatto i lavori per la messa in sicurezza.

R: Condivido. A Roma molti cinema avevano adottato queste pratiche per poter ospitare in sicurezza gli spettatori e sinceramente mi auguravo che si potesse andare avanti in questo modo. Ho partecipato all’ultima edizione del Festival di Venezia, quando si era già in Pandemia, e la kermesse è riuscita molto bene, si sono applicate delle precauzioni (misurazione delle temperatura, prenotazione etc.). Penso che sia una prassi da poter utilizzare anche nelle sale cittadine.

D: Il Ministro della Salute è di Potenza. Cosa gli direbbe se potesse prenderlo sottobraccio?

R: Mi auguro che usciremo da questa situazione con rinnovato spirito... avverto che da parte della gente c’è molta voglia della sala, del teatro... sono momenti di aggregazione che mancano e forse andrebbe fatta qualcosa di più.

D: Il film, il libro e la canzone che la rappresentano?

R: Ce ne sono moltissimi che fanno parte del mio bagaglio. Lei poi mi fa queste domande...! (risate) Beh, visto che abbiamo iniziato le riprese il 4 marzo, potrei dirle Lucio Dalla, un autore a cui sono molto legato e che sto ascoltando in questo periodo. Lui come De Andrè... Anche sui film sono molto bulimico. Sono cresciuto con i film del neorealismo italiano, ho seguito la Novelle Vague francese, seguo il cinema americano e la nuova generazione, molto promettente, di registi italiani: Alice Rohrwacher, Jonas Carpignano, i fratelli D’Innocenzo...

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“Futuro, competenze e lavoro: donne verso l’empowerment e l’innovazione” è il titolo dell’incontro organizzato dalla Consigliera di parità, Ivana Pipponzi, coordinato dalla giornalista Virginia Cortese, che si è svolto questa mattina in diretta streaming su facebook, raccogliendo l’adesione di diversi soggetti istituzionali e rappresentanti del mondo delle imprese. In apertura dei lavori, esibendo un ramoscello di mimosa, simbolo della giornata internazionale celebrata oggi, la Consigliera di parità ha augurato buona festa a tutte le donne.

L’assessore regionale alle Attività produttive, Francesco Cupparo, ha portato la propria testimonianza di imprenditore e politico. “Da imprenditore – ha detto – ho sempre prestato attenzione alle esigenze delle donne, al fatto che devono coniugare la vita professionale con quella familiare; e da politico, osservando i risvolti prodotti dalla pandemia, sono soddisfatto che il governo regionale abbia messo in campo l’avviso pubblico ‘Valore Donna’ e intenda includere nel Recovery fund interventi mirati legati alle politiche di genere”.

Francesco Somma, presidente di Confindustria Basilicata, ha evidenziato come la situazione della parità di genere sia migliorata rispetto al passato, ma “il percorso da compiere è ancora lungo e le difficoltà sono in prevalenza di natura culturale, nonostante l’equilibrio di genere aumenti i fatturati aziendali e nel complesso il Pil del Paese”.

Concetti ribaditi dall’amministratore unico di Sviluppo Basilicata, Gabriella Megale, che ha messo al centro del suo intervento concetti quali passione, avanguardia, tradizione e innovazione. “Le donne possiedono il futuro nelle proprie mani” ha rimarcato Megale, indicando gli innumerevoli studi che riconoscono la centralità della donna nella gestione d’impresa.

La presidente del Comitato imprenditoria femminile di Confartigianato, Rosa Gentile, ha parlato delle attività d’impresa al femminile perse ogni giorno a causa della pandemia, soffermandosi sulla situazione che interessa i piccoli borghi lucani, e sull’urgenza di individuare strumenti di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

La presidente della Commissione pari opportunità della Regione Basilicata, Margherita Perretti, ha posto l’accento sull’indispensabilità della sinergia tra istituzioni pubbliche e soggetti privati per affrontare concretamente il divario di genere.

Presentata, nel corso dell’evento, l’indagine conoscitiva sullo smart working in Basilicata, avviata nei mesi scorsi nell’ambito dell’Osservatorio regionale sullo smart working istituito dalla Consigliera di parità. Pipponzi ha sottolineato che “la ripresa economica passa attraverso l’innovazione tecnologica e in futuro dello smart working non si potrà più fare a meno. In linea con i bisogni delle lavoratrici, ma anche dei lavoratori, bisognerà eliminare una volta per tutte il digital divide, nel Mezzogiorno e in Basilicata, e soprattutto intraprendere iniziative legislative volte a valorizzare il lavoro agile, guardando ai risultati e non alla presenza fisica. Se prima della diffusione del Covid-19 lavorava da casa poco più di un lavoratore su cento (1,2%), con il periodo di chiusura di marzo e aprile 2020 – ha proseguito Pipponzi – si è registrato un balzo in avanti arrivando all’8,8%, in particolare in comparti già adusi a tecnologie digitali come i call center. La riapertura delle attività, registrata nei mesi di maggio e giugno, ha conosciuto il ridimensionamento del fenomeno che ha toccato il 5,3% dei casi. Nell’ultimo periodo dell’anno, con le chiusure a livello regionale, si è riscontrato un incremento dell’home working, questa volta superiore al più stringente periodo di lockdown. Da giugno a novembre ben l’11,1% degli occupati ha lavorato da casa. Ed è interessante notare – ha concluso la Consigliera di parità – che nel tempo è stata evidenziata un’estensione della nuova organizzazione del lavoro non solo nei settori più affini alle tecnologie, ma anche nel manifatturiero e nei servizi”.

Diversi gli interventi autorevoli che si sono susseguiti durante le sessioni dell’evento. A partire da quello di direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Potenza e Matera, Michele Lorusso, il quale ha parlato della necessità di affinare ulteriormente i campi a disposizione sul portale “Click lavoro” per avere un quadro il più puntuale possibile sugli effetti dello smart working.

Preziosi i contributi di Simona Bonito, esperta in comunicazione e referente di ‘Potenza città per le donne’, e di Laura Orestano, esperta in innovazione e impresa.

“ll territorio e la comunità non possono essere visti solamente dal punto di vista fisico. E il luogo di lavoro deve esprimere anche cultura intesa come libertà di creare, innovare e migliorare il mondo” ha detto in conclusione Cinthia Bianconi, presidente della Fondazione Adriano Olivetti.

 

 

 

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di Antonella Sabia

 

 

A un anno dalla pandemia, rimane centrale il ruolo dell’informazione, basti pensare che i DPCM che si sono susseguiti nel tempo, hanno sempre considerato le edicole attività di prima necessità. Tra carta stampata, TV e social, circolano ogni giorno una quantità indefinibile di informazioni, ed è proprio in questi ultimi che spesso “girano” notizie poco affidabili, le cosiddette fake news. A pochi giorni dal giuramento a Palazzo Chigi, abbiamo contattato il neo Sottosegretario all’Informazione e all’Editoria, il lucano Giuseppe Moles.

d: Qual è il ruolo di questo settore e quanto ha contribuito in questo lunghissimo anno?

r: È un dato di fatto che è uno degli elementi fondamentali di un Paese libero e democratico. Una giusta informazione fa sì che tutti i cittadini abbiano la possibilità di essere correttamente informati, del resto anche la linea di comunicazione introdotta dal Presidente Draghi va in questo senso: molte meno chiacchiere e un’informazione circa la pandemia finalizzata alla correttezza delle notizie da veicolare. Allo stesso tempo, in una situazione di enorme disagio sociale, economico e sanitario, purtroppo anche il settore dell’informazione e dell’editoria ne hanno risentito profondamente, tra cassa integrazione, e diminuzione delle vendite. C’è poi il problema delle fake news, che anche il mio predecessore aveva iniziato ad affrontare e che proveremo a contrastare, poiché danneggiano la vera e corretta informazione.

d: A pochi giorni dalla sua investitura, c’è già qualcosa in agenda su cui lavorare?

r: Non ancora, da qualche giorno ho iniziato a studiare i vari dossier del Dipartimento Editoria, i temi sono tanti e complessi, la direttiva europea sul copyright, le fake news, i contributi all’editoria. Proprio in questi giorni è stata approvata in Senato una proroga per il rinvio dei tagli al settore, credo sia un primo passo perché ritengo che il settore dell’informazione in questa situazione di estrema emergenza non può essere lasciato indietro. Non è solo cultura, non è solo impresa, non è solo informazione, ma posti di lavoro.

d: Si parla ormai da anni di stampa in crisi: quanto hanno influito l'avvento del digitale e i social?

Può essere uno degli elementi, ma se da parte delle istituzioni c’è il sostegno corretto di tutti i settori dell’informazione, a quel punto diventa più semplice fare giornalismo di qualità.

d: Questa crisi è percepita in maniera molto forte in Basilicata: da lucano sente il peso e la responsabilità del suo ruolo?

r: Assolutamente sì, forse avrò anche perso la cadenza, ma sono orgogliosamente Lucano. Credo e spero che il ruolo che occupo potrà essere utile anche e soprattutto al Sud e alla nostra regione. Tenendo conto che questo governo nasce sulla base di un appello del presidente della Repubblica Mattarella, nessuno di noi può tirarsi indietro e siccome sarà fondamentale il sostegno generale attraverso i fondi europei, la nostra regione sicuramente non può essere penalizzata, anzi deve essere sostenuta ed io ci sarò.

d: Anche perché la Basilicata è fortemente rappresentata in questa complicata fase: due ministri, un sottosegretario e un commissario straordinario per l’emergenza Covid.

r: Vuol dire che, come abbiamo sempre sostenuto, dobbiamo essere orgogliosi della nostra regione, e vorrei che in qualche modo i Lucani possano avere la possibilità di esprimere le loro capacità, professionalità e competenze anche nella nostra regione e non essere costretti ad andare fuori.

d: Si aspettava di poter ricoprire questo ruolo e cosa ha contato nella scelta del suo nome per l’informazione e l’editoria?

r: Ero al corrente che sarei entrato nella compagine di governo perché me lo aveva comunicato il presidente Silvio Berlusconi, dicendomi che voleva questo, senza darmi la possibilità di pensarci. In secondo luogo credo che sia il riconoscimento a 25 anni di militanza in Forza Italia, sin da quando ero ragazzino, ma soprattutto per tutto ciò che abbiamo fatto con la squadra di donne e uomini della Basilicata. Avevo espresso il mio gradimento per la Difesa o l’Interno che sono settori di cui mi sono già occupato, poi ad un certo punto per una serie di polemiche durante il Consiglio dei Ministri, il presidente Draghi pare che abbia scelto di affidarmi questo ruolo sulla base del mio curriculum, il che mi rende molto felice, e cercherò di lavorare il più velocemente possibile.

 

 

 

 

 

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di Walter De Stradis

 

Lorenzo Bochicchio, giovanile quarantottenne nativo di Salerno, è dirigente di ruolo del Ministero dell’Economia. Si è occupato di verifiche di natura contabile e amministrativa negli enti pubblici. Per sette anni è stato direttore generale dell’Università degli studi della Basilicata e due anni fa è stato nominato, dalla giunta regionale, direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale della provincia di Potenza.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: In questo momento storico particolare, tutti siamo chiamati a dare un contributo importante, ciascuno con il proprio lavoro e ruolo, non ultimo quello di genitori e di consorti.

D: Lei è un manager della sanità pubblica nel momento più complicato che si possa immaginare. Tutti gli occhi sono puntati sull’Asp. Ma vorrei iniziare con la domanda che in questo momento probabilmente passa per la testa di molti lucani: ma cosa sta succedendo? Oggi (martedì) è il secondo giorno di “zona rossa”, un “marchio” determinato dall’ “indice di contagio” del Covid e non più di tanto dal numero di contagi stessi. Ci sono polemiche politiche in atto, lettere al Governo, ricorsi al Tar: mai come in questo caso, ai lucani non sembra andare giù questa ennesima decisione “dall’alto”. Secondo lei queste rimostranze hanno una ragione d’essere?

R: Il presidente Bardi e molti sindaci lo hanno già detto. L’ordinanza che ha dichiarato la Basilicata “zona rossa” è conseguenza degli esiti del sistema di monitoraggio nazionale, che ha talvolta offerto un quadro -se vogliamo- non facilmente “sovrapponibile” con la realtà sostanziale dei fatti. La Basilicata è classificata come regione “a rischio moderato” e gli indicatori diversi dall’Indice di Trasmissibilità presentano valori adeguati; le attività di tracciamento, di testing, di sorveglianza sanitaria vengono svolte in maniera puntuale. Sulla dichiarazione di zona rossa ha “impattato” l’oscillazione dell’Rt, che in regioni di piccole dimensioni (come anche il Molise), laddove la base di calcolo è bassa, risente facilmente della presenza di focolai anche contingenti: sono sufficienti numeri contenuti perché gli incrementi in termini percentuali siano elevati e tali da determinare un aumento significativo dell’Rt. In generale, mi sentirei di dire che sarebbe opportuno l’inserimento di alcuni correttivi o una diversa modulazione del sistema degli indicatori perché - quand’anche ispirati a un principio di correttezza scientifica e di ragionevolezza- può accadere che innestino valutazioni forzate.

D: Alcuni sostengono che sarebbe stato più giusto istituire singole zone rosse nei comuni con il più alto tasso di contagi.

R: Anche se non l’unica, è una scelta possibile. I focolai da noi sono sufficientemente circoscritti e interessano in maniera puntuale alcune realtà. Complessivamente posso dire che la situazione epidemiologica lucana è governata in maniera attenta.

D: Secondo lei cosa dobbiamo aspettarci? Sappiamo che le settimane di “zona rossa” -di base- sono due, ma questa variabile dell’Rt, così come l’abbiamo descritta, è piuttosto aleatoria.

R: Sì, soprattutto laddove i numeri sono contenuti: basti pensare che due settimane fa eravamo gli unici in Italia a presentare i requisiti per poter passare in “zona bianca”! La verità di fondo è che trovare un punto di sintesi tra esigenze di natura sanitaria ed istanze di carattere economico-sociale è difficile, e bisogna capire qual è l’interesse pubblico preponderante: in questa fase si pone attenzione prioritariamente ad esigenze di natura sanitaria e in virtù di queste vengono sacrificati interessi parimenti importanti e costituzionalmente tutelati. E’ evidente che un fermo di due settimane metterà ulteriormente in difficoltà tutti coloro i quali esercitano attività private e che hanno assoluta necessità di dare continuità alle stesse.

D: Se lei potesse prendere sottobraccio Bardi (che immagino contatti giornalmente) o meglio ancora Speranza, cosa direbbe loro?

R: La dichiarazione di zona rossa è conseguenza del valore degli indicatori assunti a riferimento dal Ministero per le attività di monitoraggio, ma è chiaro che a distanza di qualche tempo dalla definizione di quel sistema, sulla scorta dell’esperienza di questi mesi, lo stesso dovrebbe essere rimodulato, attraverso l’inserimento di variabili che tengano conto delle dimensioni delle regioni e della eventualità che i piccoli numeri possono indurre oscillazioni dell’RT rapide e significative.

D: Il “primo turno” delle vaccinazioni over 80 a Potenza è stato ultimato, mentre la situazione in alcuni paesi è un po’ più complicata, perché c’è stato un rinvio del programma così come inizialmente concepito, a causa del mancato arrivo delle dosi previste.

R: Sì, ma vi è un elemento da valorizzare: la Regione Basilicata è stata l’unica che ha deciso –scelta meritoria- di portare i punti vaccinali “presso i cittadini”. D’accordo con l’Assessorato alla Salute, abbiamo previsto l’istituzione di tante sedute vaccinali quanti sono i comuni della Basilicata, secondo un principio di prossimità molto spinto. Altrove non è stato fatto, e comprenderà che è molto più semplice chiedere a 550mila cittadini di convergere verso pochi punti vaccinali, piuttosto che raggiungere quegli stessi cittadini in 131 paesi della regione e, laddove necessario (lo stiamo facendo in maniera diffusa), anche presso i propri domicili. Le prime tre settimane di campagna vaccinale per gli over 80 -con il contributo determinante dei sindaci, delle amministrazioni e dei cittadini stessi, ai quali abbiamo chiesto un grande sforzo- si sono svolte in maniera ordinata, senza alcuna sbavatura. Dopodiché, sulla scorta dei prospetti di flusso da ultimo inviatici dalla Pfizer, abbiamo dovuto differire e riprogrammare la campagna vaccinale, atteso che per le prossime due settimane avremo forniture sufficienti per la somministrazione delle sole dosi di richiamo. Sarebbe del tutto irresponsabile non accantonare i quantitativi necessari per la seconda somministrazione. La ripresa della campagna vaccinale sugli over 80 nei restanti comuni della provincia di Potenza richiederà l’arrivo di forniture maggiori da parte della Pfizer o, anch’esse previste, da parte di Moderna. Non appena disporremo di quantitativi congrui, ripartiremo con grande solerzia.

D: Quanti sono i comuni interessati da questo stop momentaneo?

R: In questa settimana avremmo dovuto somministrare i vaccini in venti comuni della provincia di Potenza. Ricordo che la settimana passata abbiamo chiuso, tra le altre, la prima fase della campagna vaccinale sugli over 80 nel capoluogo di regione, somministrando circa 4mila e 100 vaccini e –devo dire- con grande soddisfazione da parte di tutti. Lo spiegamento di forze è stato imponente: abbiamo utilizzato ogni giorno contestualmente all’incirca venti squadre di operatori sanitarie, oltre che volontari della Protezione civile e di altre associazioni, e le operazioni si sono svolte in maniera esemplare.

D: E questi dati hanno fatto balzare Potenza al primo posto in Italia. Tuttavia lei citava i comuni e i sindaci: in un comunicato dell’Anci di stamane, si lamenta che i primi cittadini «si sono dovuti sostituire» al sistema sanitario regionale. Insomma, ci sarebbe stato quasi uno “scarica-barile” ai loro danni.

R: La scelta di portare i punti vaccinali nei comuni ha richiesto un contributo determinante ai sindaci e alle amministrazioni, chiamate sostanzialmente a gestire due fasi, di concerto con l’Asp: la convocazione dei cittadini e –per il tramite dei medici di famiglia- la compilazione della documentazione (schede anamnestiche) presupposte all’inoculazione del vaccino. Abbiamo chiesto uno sforzo significativo e di ciò abbiamo piena consapevolezza (e non ho perso occasione per ringraziare i sindaci), ma in questo momento storico siamo tutti chiamati (e i primi cittadini non si sono mai sottratti, anzi!) a spenderci anche in attività che in “tempo di pace” sarebbero irrituali. Detto ciò, scontiamo la presenza di una “variabile indipendente”: il vero fattore limitante per noi è l’insufficienza dei vaccini, ed è un dato contro il quale le Regioni, le aziende sanitarie e i sindaci nulla possono. Abbiamo una struttura organizzativa pensata in maniera accorta: quando arriveranno quantitativi più consistenti di dosi vaccinali, saremo nelle condizioni di riprendere rapidamente la campagna delle prime dosi per gli over 80.

D: Una “variabile indipendente” che, presumo, non ci consente di fare ipotesi sulle tempistiche delle vaccinazioni per le altre fasce di popolazione…

R: Sì, perché vi sono ancora alcuni elementi di indeterminatezza sulle forniture. La Pfizer–dopo un momento di flessione di alcune settimane fa- ha ricominciato a consegnare vaccini con sostanziale continuità; è ancora altalenante, invece, la fornitura di vaccini da parte di Moderna, mentre iniziano ad essere più consistenti quelle della AstraZeneca; tant’è che in questi giorni siamo partiti con la campagna vaccinale per gli under 65. Operiamo in una fase di grandi incertezze, che ci ha indotti ad allestire una macchina organizzativa “modulare” che, di volta in volta, dovrà adeguarsi alle condizioni di contesto. Comprendo che queste dinamiche hanno dei riverberi pesanti sui cittadini, sui sindaci e sulle amministrazioni comunali, che sono chiamati a gestire anche le interlocuzioni con le proprie comunità, ma questo momento storico richiede sacrificio ed intelligenza nella lettura degli eventi.

D: Tutti i giorni arrivano comunicati, da parte di varie categorie professionali (dagli avvocati ai veterinari etc.), sociali o –per così dire- sanitarie, con la richiesta di essere inserite, da subito, nelle fasce di popolazione da vaccinare. Lei non può fare certo classifiche, ma ritiene ugualmente che vi sia una qualche categoria da tenere prioritariamente in considerazione?

R: Gli scenari sono in continua evoluzione. Le aziende sanitarie non hanno alcun margine di discrezionalità nell’individuazione dei target della popolazione da sottoporre a vaccinazione. I principi sinora assunti a riferimento sono due: si è andati per “fragilità” o per “esposizione”. Per gli over 80 e i cittadini con patologie importanti e comorbilità siamo in tema di “fragilità”; gli insegnanti e le forze dell’ordine sono stati ricompresi in questa fase vaccinale in quanto esposti al rischio di infezione da Covid-19; sarebbe opportuno –ma si arriverà anche a questo- consentire un rapido accesso alla pratica vaccinale a tutti coloro i quali, per motivi professionali e sociali, versano in condizioni di particolare esposizione. Su queste categorie stiamo strutturando un progetto di mappatura epidemiologica, d’accordo con l’Assessorato alla Salute, perché siano oggetto di sorveglianza sanitaria in maniera specifica, anche attraverso la somministrazione periodica di tamponi molecolari.

Le cronache ci hanno narrato di presunte “filiere di privilegiati”, prima del tampone e successivamente del vaccino. Immagino che lei non possa dire più di tanto in presenza di indagini, ma qual è la sua sensazione quando legge queste cose?

R: Le competenti Autorità, nel doveroso esercizio delle loro prerogative, hanno ritenuto opportuna e necessaria un’attività di verifica, e ad essa ci affidiamo. Sui vaccini, allo stato delle mie conoscenze, non ho motivo di ritenere che la nostra Azienda Sanitaria abbia operato in deroga ai principi e alle direttive fissati a livello nazionale e regionale. Dico tutto questo al netto -ovviamente- degli esiti delle indagini in corso. I criteri di individuazione dei target sono codificati e – ripeto - superata una fase iniziale di maggiore incertezza nella declinazione delle Raccomandazioni ministeriali, al momento non sussistono margini di discrezionalità nella individuazione dei cittadini da sottoporre a vaccinazione.

D: Qual è stato il momento più difficile per lei, anche umanamente?

R: Chi lavora nel sistema sanitario deve inevitabilmente confrontarsi con la sofferenza e i bisogni delle persone. Ricordo sempre che quando arrivai qui, un bravo dirigente mi disse: «Direttore, se lei vuole lavorare bene, deve tenere presente soltanto una cosa: in fondo a tutto, c’è sempre la salute e la vita dei nostri concittadini». E’ dunque motivo di dolore per me e per noi tutti la notizia di una perdita umana, della condizione di sofferenza di un cittadino o del disagio di chi rivendica l’erogazione di servizi migliori.

D: Il suo omologo all’ospedale San Carlo -il dottor Spera, che tra l’altro era stato direttore amministrativo proprio qui all’Asp- mi raccontava delle prime fasi della Pandemia, caratterizzate da difficoltà tecniche -come quelle del reperimento dei tamponi- che inducevano quasi allo sconforto.

R: Sì, le abbiamo condivise quelle fasi. Gli approvvigionamenti –non soltanto di tamponi, ma anche di dispositivi di protezione individuali- erano davvero limitati e quantitativamente inadeguati; circostanza che in quella fase ha molto limitato la capacità di intervento delle aziende sanitarie: abbiamo dovuto inventarci di tutto perché i nostri operatori lavorassero senza soluzione di continuità e in condizioni di piena sicurezza. Ricordo che un giorno di allora fui finanche costretto a contattare un piccolo negozio di merceria di un piccolo paese dell’entroterra lucano, perché mi era stata segnalata la probabile presenza di un piccolo quantitativo di tute a bio-contenimento, necessarie per i servizi di emergenza urgenza del 118…. Dopodiché, con l’istituzione delle Unità speciali Covid nel mese di marzo e l’arrivo di approvvigionamenti via via più consistenti abbiamo strutturato un’organizzazione adeguata, che ha funzionato in maniera egregia per tutto il tempo e che ha reso l’Asp – e non lo dico soltanto io - un paradigma assoluto a livello nazionale nella gestione dell’emergenza pandemica.

D: Tuttavia in questi mesi si sono lette anche diverse critiche sull’Asp, in merito alle gestione pandemica. Ce n’è qualcuna che magari è stata detta con un fondo di verità? O non si rimprovera proprio nulla?

R: Ritengo che la gestione sia stata assolutamente virtuosa, pure in un momento di grandi difficoltà e a fronte di risorse limitate. Ho il dovere di dirlo, perché il merito è tutto degli operatori sanitari, socio-sanitari, amministrativi e tecnici dell’ASP, che hanno speso il proprio tempo e la propria professionalità in questo tempo, con serietà e senso di responsabilità. Saprà che molti ci riconoscono il primato di migliore azienda sanitaria territoriale a livello nazionale nella gestione dell’emergenza pandemica, tanto in relazione all’attività di sorveglianza sanitaria sui cittadini in isolamento domiciliare, quanto in relazione all’attività di testing (siamo stati diffusamente primi in Italia in moltissime operazioni di mappatura) e di tracciamento. Nel corso dell’ultimo anno abbiamo assunto all’incirca novanta infermieri ed ottanta medici di continuità assistenziale per le Unità Speciali Covid-19 e istituito una centrale di tracciamento con ulteriori operatori sanitari, a supporto dei circa venti medici di igiene e sanità pubblica già nei ruoli dell’Azienda. Lo sforzo organizzativo è stato notevole e ha prodotto risultati importanti. E’ fisiologico che quando i numeri dei contagi crescono (e ci sono state delle fasi in cui sono cresciuti in maniera esponenziale) alcune attività vadano sotto stress (ma non per demerito di alcuno) e scontino dei rallentamenti, ma mai nessun cittadino è stato lasciato solo.

D: Quindi l’Asp sta funzionando al 100% dei suoi servizi?

R: L’Azienda ha funzionato e funziona, ripeto. Inevitabilmente ci sono e sono stati sbavature e momenti di forte criticità (il Covid è un’emergenza storica, sovra-ordinata alle nostre capacità di azione, e tutto il sistema è andato in difficoltà). La struttura ha, però, retto bene ed è riuscita – elemento che spesso passa sottotraccia- ad assicurare anche la contestuale erogazione, senza interruzioni –fatto salvo il periodo di lockdown sanitario- delle attività ordinarie e delle prestazioni socio-assistenziali non riconducibili al Covid.

D: E allora cos’è che la fa incazzare quando legge i giornali?

R: Mah, ho come l’impressione che non si abbia sempre la capacità di leggere in maniera attenta gli accadimenti di questo tempo e la pregevolezza di quello che stiamo facendo. Riceviamo, d’altra parte, quotidianamente, da parte di cittadini ed amministratori, manifestazioni di encomio e di gratitudine per il lavoro dell’Azienda e dei nostri operatori. Dovremmo essere più bravi a valorizzare il lavoro e i risultati del nostro sistema sanitario e a credere più convintamente nelle nostre capacità.

D: Passiamo a una nota di colore, non “rosso”, ma rosa: qual è il rimprovero che le fa più spesso sua moglie?

R: Ah! (Ride). E’ una donna piuttosto paziente. Il rimprovero dovrebbe farmelo lei, ma me lo faccio io: ahimè, spesso sono poco presente a casa. Questo tipo di lavoro, purtroppo, è difficilmente conciliabile con dimensioni della vita molto importanti ed il prezzo che siamo chiamati a pagare è davvero alto.

D: Mi viene da pensare che lei a casa ha una specie di “telefono rosso” come quello dei film, che squilla nei momenti critici, anche di notte.

R: Esattamente (ride).

D: Suona spesso?

R: Ininterrottamente. Ma è giusto così.

D: Il libro che la rappresenta?

R: Mah, posso dirle quello che mi è piaciuto di più tra gli ultimi che ho letto: “Anna Karenina”.

D: La canzone?

R: Sono molto legato ai Radiohead.

D: Il film?

R: Amo Sergio Leone…

D: “C’era una volta l’Asp”.

R: (Risate).

D: Ma, a questo proposito, se fra cent’anni scoprissero una targa a suo nome in questi uffici, cosa vorrebbe ci fosse scritto?

R: Ho il piacere e l’onore di collaborare con professionisti e con uomini e donne di assoluto spessore. Alle figure apicali di un’Azienda è soprattutto richiesta la capacità di fare squadra e di coagulare forze, tanto più in un momento così difficile. Insomma, credo di poter dire, forse in maniera un po’ forzosa, di aver concorso, assieme ad altri e al pari di altri, a creare le condizioni perché in Azienda si potesse lavorare in un contesto di serenità ed in maniera strutturata.

D: L’ultimissima: un messaggio ai potentini e ai lucani tutti.

R: I lucani hanno gestito con senso di responsabilità questa emergenza storica. Adesso siamo tutti stanchi, nel corso dell’ultimo anno abbiamo dovuto ripensare le nostre vite. E’ forse il momento più difficile. Dobbiamo trovare la forza di guardare con speranza e fiducia al futuro e –come le accennavo- di credere più convintamente nelle capacità e nelle risorse della nostra terra e della nostra gente.

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È stata ufficialmente ratificata una intesa tra l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Potenza, presieduto dal dr. Rocco Paternò e l’Ufficio della Consigliera regionale di Parità della Basilicata, rappresentato dall’avv.ta Ivana Enrica Pipponzi. L’iniziativa nasce grazie alla condivisione di obiettivi congiunti e azioni di prevenzione trasversali e, in particolare, l’impegno sarà quello, per entrambe le parti, di promuovere l'attuazione di politiche di genere nel rispetto del principio della pari dignità e trattamento sul lavoro; di superare gli stereotipi di genere, attraverso la richiesta di adeguate politiche aziendali, di formazione e di sensibilizzazione, anche promuovendo i percorsi formativi ECM; di pretendere il rispetto del principio di parità di trattamento nei processi che regolano tutte le fasi della vita professionale e della valorizzazione delle risorse umane, affinché le decisioni relative ad assunzione, formazione e sviluppo di carriera vengano prese unicamente in base alle competenze, all’esperienza, al potenziale professionale delle persone; di sensibilizzare e formare adeguatamente i medici sul valore della diversità e sulle modalità di gestione delle stesse; nell’organizzare periodicamente convegni e seminari in materia di medicina di genere; nell’individuare iniziative utili ad assicurare uguaglianza e pari dignità sul posto di lavoro tra uomini e donne, allo scopo di migliorare la qualità della vita nell’ambiente di lavoro e individuando ogni forma di discriminazione diretta e indiretta che ne ostacola la piena realizzazione; nell’attuare una sistematica collaborazione sui temi delle pari opportunità dei diritti e doveri contrattuali, detta conciliazione lavoro-famiglia, della sicurezza sul lavoro; nel realizzare attività seminariali di informazione, formazione e aggiornamento al fine di coinvolgere tutti i soggetti interessati alle tematiche di cui sopra e a diffondere i contenuti delle medesime iniziative.

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