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Nel rispetto dell’art 15 del D.Lgs 198/06, la Consigliera di Parità della Regione Basilicata, Ivana Pipponzi, sta procedendo alla rilevazione delle situazioni di squilibrio di genere nel mondo del lavoro.

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di Antonella Sabiapaterno_vaccino2.jpg

Tra qualche giorno sarà trascorso un mese dal #VaccinDay. Stando ai numeri del report vaccini sul sito del Governo (dati al 20 gennaio, ndr), la Basilicata ha toccato la percentuale del 60% delle somministrazioni sul totale delle dosi ricevute, si sta procedendo con la seconda dose per il personale sanitario e sono già stati effettuati i primi vaccini agli ospiti delle Residenze Sanitarie Assistenziali. Abbiamo intervistato il dr. Rocco Paternò, medico di Medicina Interna e presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Potenza, e a proposito degli “scettici” ha sottolineato ancora una volta la sua posizione netta: “La mia idea è una sola, tutti devono fare il vaccino, naturalmente con le priorità stabilite. Fare il vaccino è un dovere, un obbligo morale nei confronti della società che rappresentiamo, non solo per noi sanitari”.

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di Walter De Stradis

 

Biondissima, allegra, con la voce squillante. Margherita Perretti (della “Perretti Petroli”) è la Presidente Vicaria di Confindustria Basilicata, nonché Presidente della Commissione Regionale Pari Opportunità.

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Si è insediato il Comitato Paritetico tra l’Ufficio Scolastico Regionale e la Consigliera Regionale di Parità, in attuazione del Protocollo d’Intesa, in essere tra le parti, volto al “Superamento degli stereotipi di genere che influenzano i percorsi formativi ed alimentano fenomeni discriminatori”.

Mediante il Protocollo d’Intesa regionale, diretta promanazione del Protocollo nazionale tra Ministero Istruzione e Consigliera Nazionale di Parità, si intende promuovere nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado della Regione Basilicata, a seguito della emanazione delle Linee Guida Nazionali MIUR, la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, la promozione di studi STEM, le azioni educative e formative alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le altre discriminazioni ed il superamento degli stereotipi genere, che ancora oggi influenzano i percorsi formativi e, perciò, l’accesso al mercato del lavoro.

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di Walter De Stradis

 

Pochi giorni prima che la faccenda del deposito unico di scorie tornasse a minacciare il sonno dei Lucani, era appena uscito un romanzo di fantapolitica intitolato “Il Papa Straniero” (Libria). L’autore? Un curioso personaggio lucano (nel senso buono): un settuagenario ingegnere edile, pratico di edificazione di ospedali (!), nonché autorevole appassionato ed esperto di musica Sudamericana (ha partecipato persino ad alcuni festival a Cuba), già autore di un preziosissimo saggio (“Alma Latina”) sui rapporti del Tango con la musica napoletana. Il suo nuovo romanzo prende le mosse dalla celeberrima “Rivolta di Scanzano”.

Beh, nella Basilicata del “napoletano” Bardi (e dei suoi dirigenti), delle “tarantelle”, degli “ultimi tanghi”, e delle “scorie”, era proprio il caso di invitarlo a pranzo.

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L'INTERVENTO Quando, qualche tempo fa, si è conclamato il dissesto
finanziario della città con la nomina di un Commissario
ad acta, abbiamo rilevato come anche per
la condizione culturale occorresse la nomina di un
commissario con pieni poteri che annotasse i guasti,
le manchevolezze, le adulterazioni, i falsi e gli sprechi, i vuoti lasciati
nella storia, nella tradizione e nell’attualità di una comunità
bisognosa di prediligere la propria cultura attraverso una più attenta
retrospettiva. Una cultura che andava celebrata, in un modo
più pieno, nuovo e diverso, nelle sue consuetudini, nelle sue molteplici
risorse. Occorreva una lente creativa e più ravvicinata alle
abitudini, al costume di una città, ai gusti della sua gente, nel suo
idioma, nelle sue piazze, nel suo agglomerato urbano, nel suo centro
storico, nel suo folclore, nei suoi talenti e nella sua autentica
identità.
Ma la disinvoltura delle decisioni, la concezione monocratica
delle amministrazioni, anche i fatti e le produzioni culturali, la
unanimità di assemblee spesso corporative, la pressione delle
associazioni e dei vari esibizionisti, le innovazioni fasulle e gli
sporadici interventi, anche anomali, nel centro antico a dispetto
di regole urbanistiche ed estetiche, inoltre la animosità del “cerchio
magico” dei sindaci, monopolizzatori di idee e di iniziative,
rispetto alla passiva, a volte diffidente sudditanza, ha finito col
necropolizzare la città.
Eppure, lo sanno in molti, la cultura non deve essere intesa solo
come visita, spettacolo, mostra, erudizione verticale, bensì come
scoperta, inventiva e valorizzazione delle risorse e dei giacimenti
locali. Non consiste solo nelle mostre d’arte dei grandi maestri del
passato, conosciuti mediante i numerosi testi di storia dell’arte, i
grandi pittori nazionali, europei, russi, surrealisti, spagnoli, francesi
etc., dei quali si è letto e saputo, avvalendosi della TV e dei
famosi critici come Vittorio Sgarbi, Bonito Oliva ed altri.
Il narcisismo di provincia, alimentato dalla pigrizia dei più e dalla
indifferenza, ha operato ed opera spesso nella assoluta insipienza
per le produzioni del talento locale, la originalità delle idee, per
cui spesso, quasi sempre, ci si erge ad organizzatori di cultura,
fregiandosi del supporto di qualche grande nome nazionale, di luminari
delle Università metropolitane, dei c. d. divi della Rai-Tv,
invitati a portare un po’ di luce nella infima gara.
È così da decenni accade, da noi, i premiati siano quasi sempre
quelli di fuori, con grande enfasi di elogi, l’esterofilia impera
imperterrita nelle vetrine dei librai delle città, nelle associazioni
culturali che prediligono quelli di altre regioni, se non accademici
delle Università, per presentare libri scritti da lucani occorre che
vi sia la necessaria firma di presentazione, il Premio di turno, i
circoli medio e piccoli borghesi, ansiosi di ricevere Sgarbi, Cacciari

La nostra rivoluzione culturale deve trovare i suoi connotati nel
prediligere innanzitutto la nostra storia urbana. C’è la necessità di
instaurare subito un regime di autarchia culturale e letteraria, di
dichiarare l’ostracismo agli esterofili che freneticamente inneggiano
al successo ottenuto da quelli di fuori.
Ma ci è nota la identità della nostra città? Siamo in grado di riassumerla,
di sintetizzarla per parti separate e per storie, per vicende,
siamo sicuri di poterla riesumare nella sua globalità, nei
suoi reperti antropologici, storici, politici e culturali? Questo lo
hanno fatto in pochi, malgrado la dissoluzione del tempo, degli
interventi insensati delle classi dirigenti, questo hanno tentato di
fare, anche se in maniera assai esigua, quelli de “La città svelata”,
limitandosi ai racconti, anche eccelsi, di strade, luoghi, piazze e
quartieri, nella moviola dei ricordi, operano in tal senso ed hanno
operato alcuni scrittori; docenti dell’Università, Antonio Lerra ed
i suoi collaboratori; gli intellettuali degli anni ‘50 e ‘60, scrittori,
poeti e pittori, quella generazione del dopoguerra che riuscì ad opporre
alle retoriche vittorialiste che percorsero tutto il Novecento,
il Vittoliarismo di D’Annunzio ed il Futurismo di Marinetti che
inneggiava alla guerra come “igiene del mondo”, lo Sconfittorialismo
come bilancio di catastrofi causate dalle follie parossistiche
dei fascismi e degli imperialismi esasperati (elemento essenziale
e fondamento del Neorealismo, anni ‘50). Ci furono voci liriche
e pensieri innovatori capaci di rinverdire alcuni aspetti della tradizione
potentina; i commediografi del teatro dialettale e gli attori
che negli ultimi decenni hanno animato la ribalta della città; tutto
ciò che si muove attorno al vicario della Diocesi, don Vito Telesca
sul piano dell’arte sacra, della creatività e del dibattito culturale e
religioso.
Tutto questo tenta di avere un senso di monito per coloro che ritengono
di operare in favore della cultura senza badare alla creatività
ed alla produzione culturale cui si intende dare luce e realizzazione,
con il pedissequo modo di organizzare dibattiti superflui,
su temi che suscitano scarso interesse, ai crepuscolari di “letti ad
una piazza”, o “a due piazze”, o “ad una piazzetta”, agli untori
della logora retorica di poetastri.
Il tutto sprofonda nella quiete della indifferenza, la “Stasi” come
sindrome, in cui alberga il rettile dell’invidia per le operazioni
riuscite ed il logoro egualitarismo tracotante e presunzione dei
plurilaureati.
Questo è il fenomeno comportamentale di chi, bene o male, è riuscito
ad ottenere nella fluida quiete un qualche pulpito dal quale
far sentire la sua flebile voce.
Né manca il complesso di filo esterofilia, per cui qualsiasi fenomeno
culturale può ottenere legittimità o successo, solo con l’apporto
di qualche intellettuale forestiero (vedi Cacciari, Sgarbi ed
altri).
Tentativi di ripresa sono apparsi quelli della task-force di Gianpiero
Perri con le sue prospettive di produttività manageriali
della cultura.

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di Walter De Stradis

 

Fresca di riconferma, Incoronata “Tina” Zacometti, è la Presidente (locuzione scelta da lei) dell’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Potenza.

Ha la voce bassa e roca, e i modi spigliati.

D: L’ordine dei veterinari, rispetto ad altri, è un po’ meno noto …

R: …e vengono dette anche molte cose improprie. I veterinari vengono visti solo come “i medici degli animali”, laddove invece ci occupiamo di un po’ di tutto, a partire dall’alimentazione (dell’uomo): latte, formaggi, sicurezza alimentare. E invece, come accennavo, nel “confronto” coi medici la gente ci sminuisce sempre. E purtroppo si è visto anche a livello nazionale. Come le dicevo, invece c’è un’ampia branca della veterinaria che si occupa esclusivamente di sicurezza alimentare, nella quale l’animale manco lo si vede. Ci si occupa di caseifici, salumifici…

D: C’è chi dice anche che imparando ad amare gli animali, si finisce con l’amare sempre meno le persone.

R: Beh, certe volte succede! (Ride) Purtroppo, a guardare anche ciò che succede oggi nel Mondo, il peggior animale è spesso l’Uomo. Un errore però che non bisognerebbe mai commettere è quello di “umanizzare” l’animale: trattare e tenere un cane come un “figlio”, mettendolo a tavola o altre cose del genere, è un discorso egoistico, che non fa bene all’animale stesso. Peggio ancora quando lo si tratta come un giocattolino, cioè come una cosa che quando non ti piace più, la butti in mezzo a una strada.

D: Che spessore ha in Basilicata il fenomeno dell’abbandono degli animali, i cani in particolare?

Fortunatamente non credo sia presente in larga misura. Però c’è. Un collega mi ha recentemente raccontato di aver trovato dei “pinscher”, caratteristici cani da appartamento, abbandonati nel bosco: si sono fatti accarezzare, cosa che di solito non avviene con i randagi. Erano quindi stati abbandonati da qualcuno.

D: Per un giovane che si vuole laureare e intraprendere questa professione ci sono sbocchi qui da noi?

R: Gli sbocchi, quelli buoni, sono nel sistema sanitario pubblico (a breve dovrebbe esserci un ricambio attraverso alcuni pensionamenti). Per quanto riguarda i piccoli animali ci sono strutture ben organizzate nel privato. Sulla zootecnia, seguita da liberi professionisti, abbiamo qualche difficoltà -oggi la veterinaria sembra concentrarsi più che altro sui piccoli animali- ma ci sono giovani colleghi che si stanno dando molto da fare.

D: Lei come presidente dei veterinari ha avuto la possibilità di incontrare Bardi o gli assessori?

R: Ho mandato delle email per la questione Covid (sicurezza e tamponi), e adesso scriverò a proposito delle vaccinazioni, perché noi siamo sanitari a tutti gli effetti, e soprattutto non ci siamo mai fermati.

D: Chi legge, in maniera semplicistica, potrebbe obiettare: “Vabè, voi avete a che fare con gli animali”.

R: Noi siamo soprattutto a contatto con I PROPRIETARI degli animali: chi lavora in ambulatorio vede tot cani e tot padroni, certe volte più i secondi dei primi. Se il padrone mi mantiene il cane, la vacca o la pecora durante una qualsiasi operazione, il discorso “distanziamento” diventa relativo. E infatti ci sono stati colleghi che hanno contratto il Covid -fortunatamente- con sintomi lievi, ma c’è stato anche un collega, il dottor Angelo Bochicchio (direttore UOC Area C del Dipartimento Igiene delle produzioni zootecniche all’Asp -ndr) , che purtroppo non ce l’ha fatta (la voce si incrina – ndr). Aveva contratto il virus sul lavoro, essendo andato a prendere parte alla commissione di un concorso...

D: Quindi dicevate di quella mail…

R: …sì, l’ho mandata alla Regione in quanto tale e alla Task Force. Tuttavia, forse per gli impegni e tutto il resto…

D: …non vi hanno risposto.

R: Non ci hanno risposto. Ne approfitto allora per sollecitare la possibile e futura vaccinazione dei colleghi! Loro vanno sul territorio e –come scrivevo nella mail- oltre a essere un possibile bersaglio del virus, possono essere loro stessi fonte di contagio per proprietari e allevatori. Finora sono stati inseriti nell’elenco del personale da vaccinare esclusivamente i veterinari dipendenti del SSN (hanno avuto il tampone e a breve, credo, saranno vaccinati, se non lo sono stati già)…

D: Quindi il suo appello è a favore dei veterinari che lavorano come privati.

R: Sì, i liberi professionisti. Che sono tanti.

D: Passiamo a tutt'altra questione. In Basilicata da anni c’è l’"invasione" dei cinghiali. C’è chi propone di creare un “indotto”, relativo alla macellazione e la commercializzazione di carne da cinghiale, come avviene nel Centro Italia.

R: Io non sono per la caccia, ma in effetti quella potrebbe essere un’opportunità, a fronte di un’invasione che può distruggere animali, persone (cinghiali sono stati visti a Potenza, a Sant’Antonio La Macchia) e raccolti. Inoltre, a quanto ci risulta dagli esami che facciamo in Associazione Allevatori, la macellazione del cinghiale già c’è.

D: E perché l’invasione non si riesce ad arginare?

R: Credo sia una questione politica. Non saprei dire se c’è incapacità o mancanza di volontà, so che il discorso caccia spesso va a cozzare con quello dell’anti-caccia… e poi bisognerebbe vedere chi dovrebbe gestire certe cose, perché ci vogliono i macelli adatti, così come quelli che catturano gli animali…Ci sono state delle associazioni di categoria che avevano messo in piedi un buon progetto, ma poi non è andato a buon fine.

D: C’è poi questa storia, quasi una fiaba d’altri tempi, della lupa “randagia” che ritorna a Potenza. Alcuni hanno puntato il dito contro una presunta “sporcizia” del capoluogo…

R: No, non è quello. La lupa probabilmente è “scesa” fin qui poiché, dopo essersi staccata dal branco, ha trovato una zona sua, che riteneva sicura. I lupi in genere non sono attratti dai cassonetti. Il problema è che il locale Ordine dei Veterinari non è stato contattato, come dovrebbe essere sempre quando si tratta di animali: ci sono colleghi specializzati in ambito animali selvatici, ma non sono stati minimamente tenuti in considerazione! Senza nulla togliere al collega di Salerno, ma pareva fosse l’unico che si intendesse di certe cose, e invece non è vero, perché le professionalità qui ce l’abbiamo. Io l’ho saputo dai giornali.

D: Ma è pericolosa questa lupa?

R: Se è da sola e incontra lei, se ne scappa. Ma è altrettanto chiaro che se in qualche modo si sente aggredita, reagisce. Essendo al di fuori del suo branco, si sente disorientata.

D: Forse la più bella immagine di fine anno è stata quel branco di cani in giro per Potenza, che poi si sono andati a “sedere” sul monumento al Leone cittadino, quasi come se sapessero…

R: (Ride) Sì, proprio su quel Leone che, poverino, è stato spostato diverse volte! Alcuni di quei cani molto probabilmente erano randagi sfuggiti alla cattura di routine, mentre altri, i più piccoli, quelli un pochino più “birbanti”, a mio avviso erano cani padronali abbandonati. E qui torniamo al discorso del cane preso come “giocattolo”.

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di Antonella Sabia

 

La pandemia da Covid 19, ancora in corso, ha messo a dura prova non solo il sistema sanitario, ma anche quello economico, un mondo che ha dovuto affrontare sfide complesse, in particolare se pensiamo al passaggio allo smart working. Abbiamo chiesto alla Consigliera di Parità, l’avv. Ivana Pipponzi qual è stato l’impatto sul lavoro femminile in Basilicata, e quanto sia stata modificata la vita delle donne, con l’adozione di queste nuove modalità di lavoro, che in alcuni casi hanno portato all’accentuazione del senso di isolamento e mancanza di tempo da dedicare a se stesse.

Chi è la Consigliera di parità? A mente del d.lgs 198/2006, è un organo istituzionale, di nomina ministeriale (Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero delle Pari Opportunità), deputata non solo alla promozione della parità di genere, ma soprattutto alla prevenzione e contrasto delle discriminazioni di genere sul posto di lavoro, quale pubblico ufficiale.

D: Come è stato il 2020 lucano in materia di parità?

R: Senza dubbio il 2020 - anche lucano - è stato caratterizzato dall'emergenza sanitaria che ha comportato riverberi negativi anche in ambito socio-economico, come ho avuto modo di verificare stante la mia attività istituzionale che offre un osservatorio "privilegiato" sulle questioni di genere, specie del mondo del lavoro. Proprio a partire dal primo lockdown ho monitorato tutte le problematiche territoriali in termini di perdita di occupazione femminile. Nel 2020 ho rilasciato 39 pareri a pubbliche amministrazioni lucane in merito alla composizione delle commissioni esaminatrici su bandi pubblici, commissioni che, ai sensi di legge, devono essere rispettose delle quote di genere. Ho, altresì, rilasciato 18 pareri ai PAP (Piani di azione triennale) che le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad adottare per favorire pari opportunità alle proprie dipendenti e ai propri dipendenti.

D: Quante lavoratrici si sono rivolte al suo Ufficio?

R: In questo difficile periodo di emergenza sanitaria, abbiamo osservato da un lato, come le donne lucane siano state protagoniste della tenuta del territorio (penso al personale medico e paramedico, alle lavoratrici delle filiere alimentari, etc.), dall'altro lato la perdita di moltissimi posti di lavoro, specie nel terziario e nei servizi, ambiti nei quali le donne lucane sono maggiormente occupate. Nell'ambito del contrasto alle discriminazioni di genere sul posto di lavoro, si sono rivolte al mio Ufficio 18 lavoratrici, quasi tutte dipendenti di pubbliche amministrazioni lucane, denunciando la mancata concessione di misure conciliative (ad es. mancata concessione della flessibilità oraria, del cambio turno, del part time etc.). Il 70% del casi è stato risolto positivamente a seguito di Conciliazione stragiudiziale.

D: Il suo Ufficio ha posto grande attenzione al nuovo modello di lavoro in Smart working.

R: Lo Smart Working, invero, dalla sua istituzione (2017) è stato da me fortemente caldeggiato e promosso presso le aziende pubbliche e private lucane convinta che, quale forma di lavoro "agile", flessibile e organizzabile, possa costituire un valido ed efficace aiuto alla conciliazione e una via alternativa al part time. Voglio ricordare il progetto pilota da me strutturato nel 2018 unitamente al CUG ARPAB che ha costituito un modello virtuoso adottato da tante Pubbliche Amministrazioni lucane.

D: Ci sono state segnalazioni sulla mancata concessione di “lavoro agile”?

R: Ci sono state moltissime lavoratrici che, nella prima fase del lockdown pur avendo richiesto l'applicazione del Lavoro Agile, lo stesso non era stato concesso (ovviamente si tratta di aziende private poiché per le pubbliche sussiste una obbligatorietà in tal senso); tanto mi ha indotto a diramare una nota circolare per sollecitarne e promuoverne l'applicazione. Da qui l'istituzione da parte del mio Ufficio del primo Osservatorio Regionale sullo Smart Working in ottica di genere, per monitorare il fenomeno e supportare le lavoratrici.

D: Lo smart working come ha stravolto il ruolo di donna-lavoratrice?

R: Un discorso più approfondito meritano le numerose lavoratrici impegnate nello "Smart working" (seppure in modalità semplificata), che per un verso ha costituito un'efficace misura di contenimento della propagazione del virus e un valido sostegno alla conciliazione vita/lavoro, dall'altro ha costituito l'ennesima tagliola segregativa per le lavoratrici spesso impegnate anche nella didattica a distanza dei propri figli. È necessario rilevare che spesso le lavoratrici sono poco ferrate quanto all'uso del digitale , a causa del gender digital divide che scontano le donne lucane. È importante sottolineare, peraltro, che spesso la casa non si è rivelata un luogo sicuro se pensiamo all'aumento dei casi di violenza domestica registrati (oltre 73% di chiamate in più al numero antiviolenza, 1522 rispetto allo stesso periodo del 2019).

D: Qual è l’auspicio per il nuovo anno?

R: L'emergenza Covid-19 ha accelerato, come mai accaduto finora, una rivoluzione, un cambiamento strutturale che va incoraggiato e seguito, ma anche monitorato con attenzione, per definire regole mirate per i lavoratori e le lavoratrici, le aziende e il sistema economico e sociale. Per questo ritengo che sia oltremodo necessario ripartire dalle donne che in questi mesi hanno dimostrato resilienza, capacità e competenze di grandissimo rilievo; peraltro, tutta la nuova programmazione europea e gli stessi finanziamenti della Next Generattion EU puntano su green e digitale, ambiti nei quali sempre più donne si stanno formando e troveranno occupazione nel prossimo futuro. Ripartiamo dalle donne perché è giusto, equo, fa bene ed è utile.

 

 

 

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di Antonella Sabia

 

Il 27 dicembre passerà alla storia come il V-day, giornata simbolo della lotta contro il Covid, in cui sono stati somministrati i primi vaccini, contemporaneamente nelle regioni italiane, e in alcuni paesi europei. Anche in Basilicata sono arrivate le prime dosi, e sono stati infermieri, medici e oss del San Carlo a sottoporsi alla vaccinazione. Primo tra tutti, il tarantino Felice Arcamone, triagista del Pronto Soccorso di Potenza, e una missione: dedicarsi al prossimo con abnegazione, formazione continua e aggiornamento. Amare il proprio lavoro, del resto, è il miglior modo per affrontarlo ogni giorno.

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di Antonella Sabia

 

POTENZA - A Bucaletto sorge il CSED Rotary, Centro Socio Educativo Diurno per diversamente abili, in una struttura comunale, donata diversi anni fa dalla fondazione Rotary, e gestito dalla Cooperativa “La Mimosa”. Abbiamo incontrato il presidente Francesco Ritrovato, insieme alla psicologa e coordinatrice del Centro, Antonella Marzario.

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