- Scritto da Redazione
- Sabato, 11 Giugno 2022 08:53
CLIKKA SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO
di Walter De Stradis
Dallo scorso 1 febbraio, il Direttore della Biblioteca Nazionale di Potenza è il dott. Luigi Catalani.
Persona alla mano (nonostante l’aristocratica “r” arrotondata), è un vero appassionato (oltre che esperto qualificato) della materia. Tocca a lui dunque l’incarico di coordinare il Polo culturale integrato del territorio, inaugurato nel 2020 in attuazione del Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2017 da MiC, Regione Basilicata e Provincia di Potenza
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Domanda impegnativa... non credo sia possibile giustificare un’esistenza, parlando in generale. Credo sia un dono, pertanto cerco di meritarlo giorno dopo giorno sia in famiglia sia nella mia attività professionale.
d: La sua attività professionale riguarda senza dubbio il mondo dei libri. Come ne è entrato a far parte? C’è stato qualcuno che l’ha introdotta o è stato “rapito”?
r: Avevo già una passione da piccolo e, ben prima di questo incarico, ero già in mezzo ai libri, poiché stavo per concludere il mio dottorato di ricerca quando partecipai a uno degli ultimi concorsi per bibliotecari bandito in Basilicata, era il 2003 se non erro. Presi, dunque, servizio presso la Biblioteca provinciale di Potenza e ciò fino a sei anni fa, quando -con la riforma delle Provincie- il personale in forza alle stesse è passato in comando alla Regione Basilicata; anche se di fatto non è cambiato nulla, se non l’importante stipula di un protocollo d’intesa tra Ministero, Regione e Provincia per la nascita di un Polo culturale integrato del territorio. Ebbene, da un paio d’anni a questa sono operativo presso questo Polo, dapprima come bibliotecario alla Provinciale, poi come Direttore del Polo stesso.
d:...Tra l’altro lei dirige una Biblioteca all’interno di una cornice splendida, una sede ultramoderna. Ne parlammo in una precedente intervista anche con la direttrice che l’ha preceduta, la dottoressa Pilogallo. Oggi come procedono le attività, a seguito di una Pandemia che ha lasciato alle sue spalle numerosi strascichi, specialmente in ambito culturale?
r: A distanza di due anni da quella prima timida apertura -era il cinque luglio del 2020, quando potevamo far entrare in biblioteca solo cinque persone- direi che oggi, con la caduta dei principali vincoli legati alla Pandemia e pur rispettando le normative in vigore, posso certamente dire che la biblioteca lavora a pieno regime e la comunità è riuscita a riappropriarsene.
d: Le persone, dunque, nonostante le potenzialità della Rete, ancora tornano in Biblioteca a consultare fonti e documenti?
r: Certamente, e la cosa ci conforta. I primi a essere rientrati in biblioteca ovviamente sono stati gli studenti universitari, per la preparazione di esami o tesi di laurea, tuttavia c’è un’ampia presenza di persone che -fortunatamente- non possono fare a meno di leggere. Abbiamo immediatamente riattivato il servizio di prestito, oltre che organizzato numerose iniziative culturali, specialmente a favore delle scuole. Insomma, direi che chi scopre questo posto non può fare a meno di ritornarci.
d: In Basilicata ci sono molti editori, dunque immagino che le assi della biblioteca siano più che adeguatamente fornite. Estendo il discorso a un campo ben più ampio, secondo lei ci sono poi realmente tutti questi lettori?
r: I tassi di lettura non sono poi così lusinghieri, ha perfettamente ragione, tuttavia io e tutte le persone che lavorano intorno al Polo culturale partiamo da un punto di vista privilegiato: abbiamo la possibilità di raccogliere ed ospitare tutte le produzioni letterarie della nostra Regione, specialmente in virtù della norma sul deposito legale che ne permette la conservazione.
d: Come si spiega, a fronte dei numeri dei lettori non proprio confortanti, il fiorire al contrario di un ampio numero di editori e di produzioni culturali?
r: In effetti è un fenomeno su cui riflettere, anche se a noi fa particolarmente piacere questo fiorire di stimoli culturali, al punto da dedicare alle pubblicazioni made in Basilicata un’intera sezione. I libri locali vengono letti e consultati e, spesso, intorno a questi riusciamo a organizzare delle iniziative di più ampio respiro. È certamente vero, altresì, che uno degli altri deficit è legato alla scarsità di personale, poiché molte biblioteche sono sguarnite di bibliotecari. Potrei citare a mo’ di esempio il caso della Biblioteca provinciale di Matera, che non ha un bibliotecario già da qualche anno, o il nostro stesso Polo che dispone di un solo funzionario bibliotecario, che tra l’altro andrà in pensione il prossimo anno. Purtroppo è una situazione generalizzata che riguarda anche tutte le altre biblioteche d’Italia.
d: Vista la dipendenza dal Ministero della Cultura, dell’Università e della Ricerca, non si potrebbe pensare all’eventualità di farsi inviare dipendenti da altre sedi, come la Regione, in virtù del meccanismo della mobilità delle risorse?
r: In realtà ci sono dei concorsi per funzionari tecnici all’orizzonte, tuttavia questa ipotesi non si è ancora concretizzata (anche perché dovrebbero bandirsi a livello nazionale). Ci sarebbe la possibilità di arricchire il personale della Biblioteca Provinciale (gestita dalla Nazionale) confluito nei ruoli regionali, ma attualmente ridotto al lumicino; dunque, sì, anche attraverso la Regione ci potrebbe essere questa possibilità…
d:...Avete già fatto presente ufficialmente tale necessità, o meglio, questa richiesta?
r: Ci sono delle interlocuzioni in merito e, forse, potrebbe essere anche il momento giusto per ridefinire la policy non solo del Polo culturale di Potenza, ma anche quello di tutte le altre biblioteche della regione Basilicata. È vero, non sono moltissime, ma abbiamo tanti istituti ove è possibile usufruire di servizi di qualità; tuttavia è altrettanto vero che molte altre realtà chiudono i battenti quando l’unico bibliotecario presente se ne va in pensione.
d: Come se ne esce?
r: Non se ne può uscire se non attraverso un investimento, ma bisogna comprendere che un processo di sviluppo può e deve passare anche dalla cultura e dalla formazione permanente. Nel momento in cui si entra nel Polo integrato del territorio, si ha l’idea di cos’è una biblioteca oggi: non solo un luogo di tutela e conservazione, bensì un centro permanente di formazione. Ogni giorno ospitiamo tirocinanti universitari, scolaresche, dunque la biblioteca può diventare un volano di sviluppo economico.
d: Lei dice che bisogna far comprendere questo messaggio, dunque secondo lei non si è ancora capito?
r: Probabilmente non siamo stati bravi noi a lasciarlo passare, o a spiegarlo al meglio; quel che è certo è che insisteremo affinché venga compreso il ruolo strategico che una biblioteca può avere oggi nella società, specialmente in termini di sviluppo economico.
d: Non mi chiami malizioso se le propongo la stessa domanda che tempo addietro feci a chi l’ha preceduta, cioè alla dottoressa Pilogallo, quando confessò a questa testata che Bardi non era ancora andato a visitare il Polo culturale integrato...
r: Non abbiamo ancora avuto l’onore di averlo come ospite. In compenso sono venute a farci visita tante altre figure di spicco del panorama politico, sociale o religioso. Mi auguro che venga presto anche perché, insieme alla Provincia, la Regione è uno dei soggetti firmatari del Polo culturale integrato del territorio, unitamente al Ministero che lo sta gestendo al massimo delle sue potenzialità. A mio parere la Regione, infatti, potrebbe giocare un ruolo di primo piano nella messa a disposizione di personale da affiancare e formare.
d: Le notizie apparse qualche tempo fa nel rapporto tra Regione e Cultura sono state pressoché allarmanti (la mancata partecipazione alla Fiera del libro di Torino, la protesta della consigliera con delega alla Cultura). Insomma, si fa un gran parlare del binomio “Basilicata e Cultura”, ma secondo lei la politica ci crede davvero? O è diffusa la classica mentalità “ma sì, tanto i libri non portano da mangiare”?
r: È il settore che amo di più e del quale mi piace occuparmi a trecentosessanta gradi, affrontando tutte le complessità che ne derivano. Spesso si è abusato della parola cultura, svuotandola di ogni significato. La cultura è un investimento e in quanto tale va considerata. Non è possibile pensare di istituire una biblioteca senza pensare a professionisti che ci lavorino all’interno. Il ruolo strategico di una biblioteca deve essere tale non solo nell’ambito della cultura, ma anche e soprattutto in quello dell’innovazione, delle tecnologie e della formazione permanente. Penso alla digital literacy, ad esempio.
d: Qual è oggi il suo principale motivo di soddisfazione?
r: Be’, senza dubbio vedere i bambini mettere piede per la prima volta all’interno della biblioteca, leggere lo stupore attraverso i loro occhi... poi entrano nello spazio a loro dedicato e inizia la magia del primo contatto con un libro.
d: Su cosa deve puntare una biblioteca nazionale (in Italia non sono moltissime)?
r: La città deve essere consapevole dalla fortuna che ha ad avere a disposizione un posto come questo, che tra l’altro è anche pinacoteca, considerando la presenza di tutte le opere d’arte presenti. Per mezzo di tali sinergie, dunque, stiamo diventando uno degli snodi principali del confronto e della socializzazione, specialmente in merito a temi di ampia risonanza.
d:...Si può dire: “possiamo farcela solo se”…?
r: Se ogni attore coinvolto riesce a fare la sua parte, facendo però squadra e rete insieme agli altri. Siamo tra l’altro avvantaggiati in questo compito, essendo una piccola realtà, ma dobbiamo farlo. Faccio un esempio concreto. Grazie all’app SapereBas, attraverso un semplice click, è possibile fruire di tutto il patrimonio culturale della nostra Regione.
d: Se potesse prendere Bardi sotto braccio cosa gli direbbe?
r: Lo inviterei non solo a visitare il Polo, ma anche a riflettere sul ruolo innovativo che le biblioteche come la nostra possono e devono giocare in termine di sviluppo, poiché una volta compreso, è possibile pianificare tutta una serie di investimenti in questa direzione.
d: E al sindaco di Potenza?
r: Il sindaco frequenta spesso il nostro Polo. A lui chiederei di rilanciare la Biblioteca comunale dell’infanzia, che è in sofferenza, per permetterle di continuare la sua attività nonostante il prossimo pensionamento del suo bibliotecario.
d: Il film che la rappresenta?
r: “Un mondo perfetto” di Clint Eastwood.
d: Il libro?
r: “Pinocchio”, perché è il primo che ho letto tutto d’un fiato.
d: La canzone?
r: “Bad” degli U2.
d: Se tra cent’anni scoprissero una targa a suo nome su al Polo, cosa vorrebbe ci fosse scritto?
r: Nome, cognome e …”bibliotecario”, sperando che tra cent’anni non sia un lavoro estinto.
d: O vietato.
r: (Risate)
- Scritto da Redazione
- Sabato, 04 Giugno 2022 08:50
CLIKKA SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO ANDATO IN ONDA SU LUCANIA TV
di Walter De Stradis
Dopo due anni di assenza, torna anche il “Maggio di Accettura”, il più importante e seguito fra gli originalissimi “riti arborei” lucani. Il “clou” dell’atteso evento religioso-antropologico si consumerà proprio fra oggi (sabato) e martedì prossimo, dopo tutti i ben noti passaggi: l’esbosco dell’albero del Maggio, il taglio della Cima e il trasporto in paese, la processione di San Giuliano, l’innesto della Cima con il Maggio, e infine la celeberrima “scalata”.
Pietro Varvarito è il giovane vice-sindaco del borgo lucano della provincia di Matera che vive nel mezzo di due splendidi boschi (Montepiano e Gallipoli-Cognato), ma anch’egli ha una doppia anima, essendo anche il leader e cantante degli “Accipiter”, gruppo di musica popolare conosciuto e apprezzato in tutta la regione, nato proprio ad Accettura.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Cercando di fare qualcosa di utile insieme agli amici e alle persone che mi circondano, a maggior ragione da quando ho deciso di rimanere nel nostro piccolo borgo. Ho vissuto per undici anni in Lazio, per una scelta precisa, ma poi il richiamo del paese –anche in virtù della musica, perché mio padre faceva quello- è stato troppo forte e sono tornato.
d: Cosa le mancava di Accettura, che non trovava altrove?
r: Recentemente abbiamo ospitato dei Milanesi, e per loro stare qui un solo giorno equivale a un’intera vacanza. C’è in paese un modo di far sentire bene le persone, che a volte sottovalutiamo noi stessi.
d: Tra l’altro, in base a un’indagine che pubblicammo qualche mese fa, qui si registra un importante numero di centenari e di quasi centenari.
r: Rimanendo qui nelle loro case, gli anziani accetturesi sono attorniati da un’attenzione e da un affetto (da parte dei vicini etc.) che probabilmente non troverebbero nelle strutture preposte e o magari raggiungendo i figli al Nord, impegnati in quelle vite frenetiche.
d: Lei ha accennato al fatto che suo padre, Francesco, fosse anch’egli interprete di musica popolare, essendo stato il leader de “I Maggiaoli”: la sua esperienza con gli Accipiter si può considerare una prosecuzione di quel discorso?
r: Mio padre in effetti mi ha lasciato un archivio immenso, di testi e musiche, che io in larga parte sto riprendendo e facendo nostre. Proprio qualche giorno fa è uscito il video del nostro brano intitolato “U iashkaridd”, che è poi il recipiente tipico da cui si beve alla festa di San Giuliano, uno strumento di condivisione.
d: Cosa c’è di peculiare nella tradizione accetturese (che è comunque solo una parte del vostro discorso musicale)?
r: C’è questo dialetto molto “chiuso”, a tratti incomprensibile, ma che conferisce ai testi una metrica e un carattere particolari, specie laddove modi di dire antichi trovano “applicazione” nella realtà odierna.
d: Le crea una qualche difficoltà essere il vise-sindaco, ma anche il cantante del gruppo folk (semplificando molto) del paese?
r: Non mi crea difficoltà, ma cerco di tenere separati i due discorsi.
d: Cioè quando suona in altri posti (ove non la conoscono), non dice di essere anche il vice-sindaco di Accettura.
r: Esatto (sorride).
d: Il maggio di Accettura è uno degli eventi religiosi e antropologici più attesi della Basilicata e del Sud…
r: …ti accorgi subito che è una festa diversa dalle altre. Si respira un attaccamento addirittura maniacale, pensi che c’è chi –fra coloro che vivono fuori- si organizza un anno prima per venire qui. E in paese, in quei giorni, tutti contribuiscono, in virtù dell’attaccamento alle tradizioni e a San Giuliano Martire stesso. Se incontri un Accetturese in una qualsivoglia parte del mondo, ti parlerà della Festa…
d: Da queste parti sono venuti antropologi ed etnomusicologi di fama internazionale: secondo lei la politica regionale ha saputo salvaguardare e promuovere il vostro evento, specie in tempi recenti di “maggiore esposizione”?
r: Come sa, Accettura è capofila nella rete dei Riti Arborei, che in Basilicata riguarda diversi comuni; purtroppo tutti gli altri non godono della complessità e del prestigio della nostra festa, mentre Accettura, come dicevamo, ne ha fatto la più seguita e la più studiata. Tuttavia, la politica guarda al “materiale”, ovvero l’aspetto economico, trascurando quello sociale e delle relazioni. Accettura è proprio nel cuore della Basilicata, lontanissima tanto da Potenza quanto da Matera: ciononostante l’allegria delle persone qui è tangibile. E non solo quando c’è festa.
d: E quindi la politica cosa dovrebbe/potrebbe fare?
r: Incentivare questo tipo di eventi, perché mentre il mondo va verso l’individualismo, queste occasioni riportano l’uomo in una dimensione di condivisione con gli altri e di contatto con la natura.
d: Con diversi altri suoi colleghi del mondo musicale lucano (ad esempio con la Krikka Reggae, la scorsa settimana) abbiamo spesso discusso sulle potenzialità di promozione, turistica e non solo, che possono vantare alcuni fra i gruppi regionali; potenzialità che –ci viene detto di volta in volta- sono poco sfruttate dalla politica regionale.
r: La Basilicata ha una varietà nella tradizione musicale, direi “geolocalizzata”, molto estesa; pertanto sognerei la creazione di un qualche organo regionale deputato a fare promozione, perché la maggiore difficoltà è uscire fuori, far conoscere la musica, ma anche tutto quello che c’è intorno.
d: Ma a parte questo, la politica è comunque attenta sulla questione, c’è la possibilità di ricevere –equamente- contributi e sostegni?
r: Al netto degli ultimi due anni di Pandemia in cui tutto è stato fermo, direi che anche prima non si è fatto abbastanza. Organizzare eventi locali ha un costo non indifferente. Tuttavia in passato i soldi a disposizione ci sono stati, mi chiedo perché non se ne siano visti gli utilizzi.
d: L’Accettura Folk Festival, evento estivo molto seguito, è stato sempre organizzato con le vostre sole risorse? Avete mai chiesto aiuto alla Regione?
r: Abbiamo fatto le classiche domande, ma non hanno avuto seguito. Non voglio lamentarmi, suggerirei soltanto di girare e rendersi conto di quello che si sta finanziando (e non), di dare un occhio alla qualità, insomma.
d: Dicevamo dei vostri testi dialettali, ma voi avete anche fatto molte canzoni in italiano, che denunciano i malcostumi della politica…
r: Sì, quando vogliamo dare le classiche “botte” scriviamo in Italiano. (sorride) Nella politica lucana io vedo una mancanza di visione, poiché si procede un paio di anni alla volta e poi si pensa
d: E l’ambiente musicale lucano? Si parla sempre di organizzare un grande Festival unitario, ma saltano sempre fuori il campanilismo, le rivalità…
r: Io credo che l’ambiente musicale lucano sia fortemente influenzato dalle varie situazioni politiche. E sì, i campanili ci sono.
d: L’Accettura Folk Festival poteva essere uno dei punti di partenza?
r: Ci abbiamo provato, abbiamo cercato di fare edizioni esclusivamente con gruppi lucani; si poteva sfruttare la situazione di Matera 2019, ma lì si è peccato parecchio, secondo me.
d: “Peccato”?
r: Se l’obiettivo era quello di far girare il nome di Matera, è stato raggiunto ampiamente. Il resto non lo so (sorride). Sul collegamento coi territori interni, anche dal punto di vista musicale, s’è persa una grande occasione. Cercare di forzare l’ingresso di tradizioni musicali che non hai nel tuo sangue, nel tuo Dna, non va bene. La musica tradizionale lucana non si è minimamente vista a Matera 2019. E’ un dato di fatto.
d: Se dovesse convincere un giovane a NON lasciare Accettura?
r: Beh, in generale trovo che a volte studiare fuori regione sia vista come una cosa “obbligata”, e che non sia una scelta meditata e ponderata. Direi pertanto di investire di più sulla nostra Università e che soprattutto le occasioni in loco bisogna crearsele, come stanno facendo diversi Accetturesi, soprattutto nel Terzo Settore.
d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direbbe?
r: Gli farei passare tre giorni qui, durante la Festa del Maggio, per fargli capire cosa significa nei nostri comuni essere davvero attaccati; e poi gliene farei passare altri tre, sempre qui, quando NON è festa.
d: Metaforicamente, cosa vorrebbe trovare in cima al Maggio, dopo la scalata tradizionale?
r: Vorrei trovare, fra dieci anni, le stesse persone che vivono ad Accettura OGGI. Sarebbe già un grande risultato. Nell’ultimo anno abbiamo perso sedici persone in tutto, a fronte di diciotto nascite: la situazione non è dunque drammatica come in passato, ma bisogna sperare che non peggiori.
d: Mi risulta anche che il costo delle case ad Accettura è molto alto.
r: Sì, perché anche chi vive fuori, e lascia qui una casa vuota, si SENTE sempre Accetturese, e questo anche in virtù della Festa. Pertanto non la venderà mai sottocosto.
d: In cosa Accettura potrebbe essere d’esempio per tutta la regione?
r: Innanzitutto direi che la politica regionale dovrà una volta per tutte scegliere fra gas/petrolio o la preservazione del patrimonio ambientale-naturalistico. Detto questo, Accettura è un paese nel bosco (in mezzo a due boschi, meglio), e qui il rapporto fra uomo e natura è forte, ed è sicuramente un concetto che va ripreso.
d: Il libro che la rappresenta?
r: “I fratelli Karamazov”.
d: La canzone?
r: “Time of your Life” dei Green Day.
d: Il film?
r: “La vita in un attimo”, un film spagnolo sulle esistenze che si intrecciano.
d: I prossimi impegni degli Accipiter?
r: Oltre ad aprire qui la Festa del Maggio, saremo a Balvano il 14, a Grumento a 18, a Possidente il 25. E siamo in fase di organizzazione dell’Accettura Folk festival.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 04 Giugno 2022 08:30
di Antonella Sabia
È trascorso quasi un mese dal passaggio della tappa del Giro d’Italia, che è stata sì una bella vetrina per la città di Potenza e per la sua provincia, ma come dice un vecchio proverbio, “Passato il Santo, passata la festa”. Che cosa vogliamo dire, la città si è fatta bella per il giorno di festa, ma a chi in bici va tutti i giorni cosa resta? Un argomento che Controsenso aveva già affrontato qualche settimana fa, con il consigliere pentastellato Falconeri, che aveva denunciato l’assenza di piste e segnaletica per i “ciclisti”, lo stesso infatti affermava di essere stato investito da un furgone. Abbiamo continuato a sentire voci sull’argomento, chiamando in causa un altro consigliere comunale, Francesco Giuzio (La Basilicata possibile) che da qualche mese ha scelto di muoversi in città sulle due ruote.
«Personalmente la vivo come una protesta, come una testimonianza che si può fare qualcosa per il bene della collettività, anche sacrificando la propria comodità. Il clima e la conformazione orografica del nostro territorio con tutti questi saliscendi sono bocconi duri da digerire, in più la scarsa manutenzione delle strade, l’assenza di qualsiasi pista ciclabile e la presenza di numerose barriere come i marciapiedi che finiscono a strapiombo senza passerelle, offrono continui pericoli. Insomma, è complicato muoversi in una città in cui la viabilità è pensata per le macchine che la fanno da padrone, tant’è che Potenza è una delle città con il più alto tasso di motorizzazione per abitante. Basti pensare a quante piazze sono state votate a parcheggi, proprio perché c’è necessità di potersi muovere e non rimanere chiusi in un ingorgo. Non c’è attenzione ai pedoni e chiaramente a tutti coloro che si muovono con mezzi alternativi, questo è un peccato però sono convinto che con un po’ di educazione, un po’ di sensibilizzazione, soprattutto con tanto buon esempio, quello che provo nel mio piccolo a dare, è possibile invertire un po’ la rotta.
d: Cosa ha lasciato in eredità il Giro d’Italia?
r: Il Giro in eredità lascia poco ai ciclisti e a chi si muove in bicicletta, se non l’amarezza di vedere una città così appassionata però poi anche così distante dalla pratica reale. Per fortuna in questo senso qualcosa sembra muoversi, da anni ci sono associazioni come Ciclostile per esempio, che sono molto attive e fanno eventi di sensibilizzazione per educare all’utilizzo di una mobilità diversa. Sarebbe bello che si intraprendessero delle azioni per ripensare la struttura della viabilità cittadina, intervenire dove le arterie si prestano certamente meglio per la predisposizione di piste ciclabili. Penso alla strada che dal Principe di Piemonte arriva fino a Santa Maria, che è tutta a senso unico e la strada è abbastanza larga, sacrificando qualche metro di parcheggio si potrebbe ricavare una pista; stessa cosa in Corso Matteotti per arrivare a chiudere l’anello per l’università e l’ospedale, che rappresenta la zona più frequentata dai giovani. Penso alla Fondovalle, dove il limite è 70/h, secondo me è inutile avere quattro corsie, una la si potrebbe lasciare per uso pedonale o ciclabile. Si tratta di un area da restituire alla città, il cui ruolo è congiungere diversi punti strategici fino al Parco del Basento, dove sono partiti i lavori per la pista ciclabile che porterà fino al Comune di Pignola, passando per il Pantano. Ciclostile, per esempio, aveva già proposto un programma di vie ciclabili all’amministrazione, ma purtroppo ancora non si è mosso niente. Speriamo che l'assessore Di Noia sia più sensibile al tema rispetto al suo predecessore, soprattutto abbia più coraggio nel fare delle scelte che magari nell’immediato possono sembrare o essere percepite come impopolari. L'obiettivo di un politico non è quello di farsi rieleggere, ma di lasciare un segno.
d: Si era parlato anche di “car sarin” e “bike sarin”, ma a che punto siamo?
r: Mi auguro di poterle vedere a settembre, ne parlavamo proprio al Sindaco ieri, a margine di un'interrogazione in Consiglio Comunale sulla riqualificazione di Piazza Zara, esempio lampante di aree sacrificate proprio per i parcheggi. Nell’ottica di restituirle alla cittadinanza, il sindaco diceva che grazie all’acquisto di monopattini e biciclette per il bike sharing, si pensava di installare in quella zona una sorta di piccola stazione, dove mettere rastrelliere per il fitto o nolo. Speriamo che per settembre, magari, gli alunni potranno muoversi e decidere di tornare a casa con la bicicletta elettrica presa in bike sharing dal Comune di Potenza. Sarebbe una bella esperienza, in tutte le città più grandi d'Europa, Berlino, Bruxelles, Roma, Milano ormai sono piene, forse ce ne sono anche troppi e mal regolamentati, però penso che noi siamo pronti per iniziare ad affacciarci a questo nuovo modello di trasporto.
d: Il Comune ha pensato al Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, e i cittadini sono stati invitati a partecipare ad un questionario sulla mobilità del domani, lo ritiene uno strumento utile?
r: Il PUMS va bene, è apprezzabile, ma dobbiamo fare presto, a volte il meglio è nemico del bene, quindi bisogna nottetempo tracciare una pista ciclabile e poi lasciare che siano i cittadini a utilizzarla e man mano noi amministratori a migliorarla. Ripeto, bisogna avere coraggio, a Milano durante il covid hanno fatto le nuove piste ciclabili in centro città, e la gente la mattina dopo si è svegliata e le ha trovate sotto il naso, terminati i periodi di lockdown, le persone hanno utilizzato le nuove piste. Non è che possiamo sempre star a perdere tempo a menare il can per l’aia e lasciare che queste cose ammuffiscano, in questi casi la troppa riflessione non è una buona una buona consigliera.
- Scritto da Redazione
- Giovedì, 02 Giugno 2022 11:38
Visite agli impianti e formazione in aula, nell’ambito di un progetto che ha coinvolto75 giovani frequentanti due istituti di istruzione superiore a Corleto Perticara e a Stigliano.
Visite agli impianti e formazione in aula, nell’ambito di un progetto che ha coinvolto75 giovani frequentanti due istituti di istruzione superiore a Corleto Perticara e a Stigliano.
Si è concluso, con la visita agli impianti Tempa Rossa degli studenti dell’istituto d’istruzione superiore “F. Alderisio” di Stigliano, un progetto di Pcto (Percorso per le competenze trasversali e l’orientamento), ex‘alternanza scuola-lavoro’.
L’iniziativa è frutto della convenzione siglata da TotalEnergies EP Italia con due scuole del comprensorio della concessione Gorgoglione, quella di Stigliano e l’istituto tecnico dell’omnicomprensivo “16 agosto 1860” di Corleto Perticara.L’iniziativa, che rientra nella formazione on the job obbligatoria prevista dal Ministero dell’Istruzione per l’ultimo triennio della scuola superiore si è sviluppata attraverso sessioni di formazione in aula per un totale di 14 ore, focalizzate sul processo dell’impianto Tempa Rossa, gli impianti Seveso e la politica di sicurezza di TotalEnergies.Gli studenti coinvolti sono stati in tutto 75, di cui 25 della scuola di Stigliano e 50 dell’istituto di Corleto Perticara.
Otto ore, invece, sono state dedicate alle visite nel centro olioTempa Rossa, nel centro Gpl di Guardia Perticara e in un’area pozzo.
“Riteniamo fondamentale - ha detto Ambrogio Laginestra, responsabile del Dipartimento Relazioni con il territorio di TotalEnergies EP Italia- aiutare le giovani generazioni, che sono il futuro del territorio, a potenziare le loro competenze. I progetti di Pcto sono un metodo didattico innovativo che, attraverso l'esperienza pratica, aiutano gli studenti ad orientare il percorso di studio, a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e a testare le attitudini sul campo. L’iniziativa, tra le attività che la compagnia sviluppa per il territorio,in linea con la politica di responsabilità sociale ha ottenuto un riscontro molto positivo da parte degli studenti, molto interessati grazie al coinvolgimento dei rappresentanti aziendali dei diversi dipartimenti e dei docenti delCentro di formazione internazionale TotalEnergies “Oleum” di Dunkerque, in Francia”.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 28 Maggio 2022 08:45
CLIKKA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE IL VIDEO DELL'INTERVISTA
di Walter De Stradis
Sono ancora giovani, ma da vent’anni ormai hanno deciso di rimanere in Basilicata (pur avendo avuto proposte di “trasferimento” fuori regione), nonché di investire su se stessi, sulla collaborazione con altri noti artisti lucani (come il cabarettista Dino Paradiso e l'attore regista Rocco Papaleo), e soprattutto di comunicare le problematiche (ma anche le gioie) della loro terra con un mezzo poco comune, la musica reggae.
I bernaldesi Manuel Brando (al secolo Manuel Tataranno) e Big Simon (Simone Cammisa, fresco anche di un cd solista che ospita grandi artisti giamaicani), sono i frontmen (le voci) di uno dei pochi gruppi musicali conosciuti e apprezzati anche fuori regione, i Krikka Reggae.
D: Iniziamo con una domanda antipatica, ma che serve a tracciare dei contorni: voi nella vita fate solo questo?
R: Manuel: Sì. Il nostro è un lavoro che riguarda tutto ciò che è intorno alla musica, infatti siamo anche produttori e organizzatori di eventi. E’ una delle nostre “mission” fare ciò in cui crediamo “in loco”, e non magari a Milano, Roma…
Ma “Lei”, la Basilicata, vi ha ricambiato finora? Si può vivere di musica in Basilicata?
R: Manuel: Io intanto farei un distinguo: c’è il “popolo” lucano (che è la “conditio sine qua non” e che ci ha sempre supportato, basti vedere le piazze gremite ai nostri concerti)…e poi ci sono le istituzioni. Queste ultime hanno sempre risposto “a intermittenza”, ovvero senza una “visione” costante di quella che può essere la musica lucana in generale, che C’E’, è viva, vegeta e produce tante cose belle. Infatti la musica è anche un “prodotto” con delle potenzialità di promozione territoriale…
R: Simone: A differenza del “peperone crusco”, ad esempio, non c’è stata una vera volontà di sostenere i prodotti musicali e culturali.
D:Tuttavia a Potenza, città che ospita il “palazzo” della Regione, non manca chi sostiene che fra i gruppi che abbiano maggiormente beneficiato dei contributi pubblici vi siano proprio i Krikka Reggae.
R: Manuel: Questa cosa mi fa sorridere. I fondi erogati sono pubblici e chiunque può verificare: quando la nostra associazione culturale ha ricevuto quei sostegni, lo ha fatto partecipando a dei bandi pubblici (o meglio, l’unico bando regionale, quello dello spettacolo), accessibili a chiunque. Non ci sono mai state “corsie preferenziali” e tenga conto che qui parliamo di musica come professione, il che comporta concetti e impegni piuttosto seri, giornate Enpals, contributi versati…
D:Ricordo il video dell’inno “Lukania”.
R: Manuel: Esatto, quella fu un’operazione proprio di tipo “turistico”. E l’Apt, all’epoca guidata da Gianpiero Perri (se non erro), fu premiata alla Bit di Milano proprio per l’idea di promozione del territorio effettuata attraverso quella nostra canzone.
D:Il concetto, mi pare di capire, è che la politica regionale comunque sfrutta poco i gruppi lucani (soprattutto quelli conosciuti anche fuori regione), e la loro musica, come mezzo di promozione della Basilicata.
R: Manuel: Certamente sì. Abbiamo un esempio lampante qui vicino: i nostri cugini pugliesi, che hanno fatto della musica locale un grande strumento di promozione, arrivando poi a essere i numeri uno in fatto di presenze turistiche. L’investimento fatto da quelle parti –che tuttora continua- ha consentito ai gruppi musicali di fare il loro lavoro, garantendo però agli artisti tutto un sistema di promozione, notizie, uffici stampa, atto a diffondere la loro musica nel resto dell’Italia. Un volano di promozione turistica della regione.
R: Simone: Lì c’è stato tutto il lavoro di “Puglia Sounds”.
D:Quindi in Basilicata ci vorrebbe una “Music Film Commission”? O sarebbe un altro carrozzone?
R: Manuel: Beh, se dev’essere un “poltronificio”, meglio di no, ma per renderla funzionale basterebbe, come dicevo, seguire le buone pratiche fatte da altri, senza doversi inventare nulla.
R: Simone: E in Basilicata ci sarebbe terreno fertile, perché qui da noi le realtà musicali sono tantissime, ma avrebbero solo bisogno di sostegno, anche a favore del territorio.
R: Manuel: Pensi che produttori di dischi e di spettacoli di altre regioni vanno in Puglia perché c’è la possibilità, attraverso i sostegni pubblici, di produrre nuovi lavori con artisti del posto. E’ un discorso che conviene a tutti.
D:Tuttavia, uno lettore di Milano, leggendo queste righe potrebbe chiedersi: scusate, ma voi non siete lucani, di Bernalda, a pochi chilometri da Matera, Capitale della “CULTURA” 2019??? Come mai tutti questi problemi?
R: Manuel: Eh! Ce lo chiediamo anche noi (sorride). Non siamo politici e non ci sappiamo dare una risposta. Per lavoro seguo gli aspetti istituzionali, e so bene che nel 2020, l’anno successivo al grande evento materano, e con tutta la Pandemia in corso, la Regione Basilicata –unica in Italia- non ha dato alcun ristoro alle associazioni culturali e ai musicisti. Pensi che il primo bilancio del 2020 (fortunatamente poi le cose sono un pochino cambiate) per la Cultura aveva previsto “Zero”, e in effetti era una cosa che strideva con la regione della Capitale della Cultura.
D:Se ci riferiamo alle ultimissime, per la prima volta la Regione non ha partecipato alla Fiera de Libro di Torino, e la consigliera regionale con delega alla cultura, ha restituito il mandato al governatore Bardi, proprio a causa dell’irrisorietà dei soldi destinati al settore.
R: Manuel: Temo ci sia la convinzione che del contributo alla Cultura ne beneficia soltanto il destinatario; mentre per ogni euro speso per il settore – e i numeri di Matera 2019 ce lo confermano- se ne sviluppano venti per l’indotto (servizi, alberghi, ristoranti, etc).
R: Simone: Questa cosa o non si è capita, o non si vuole capire.
D:A proposito di Bernalda, il presidente Bardi ha reso noto di aver scritto a Francis Ford Coppola, originario di questo paese, per organizzare una mostra sui 50 anni de “Il Padrino”. Non si annuncia dunque un importante evento, ma solo l’aver scritto una lettera in merito. Un (triste) segno dei tempi?
R: Simone: Questa mi mancava. Ma Coppola gli ha risposto? (risate)
R: Manuel: (sorride) Dài, prendiamo per buono l’impegno, anche se questa mostra –che si vuol fare a Natale- arriverebbe comunque in ritardo per l’anniversario. Io dico però un’altra cosa: Coppola ha una proprietà-residenza qui da ormai dieci/quindici anni, ed è cittadino onorario di Benalda dagli anni Ottanta…
D:Quindi questa “parentela” con Coppola si poteva “sfruttare” meglio?
R: Manuel: Esattamente! Con l’attore Michele Russo, il vero “collante” di tutta la faccenda, c’erano in ballo tutta una serie di progetti, che sono rimasti sulla carta. La “presenza” di Coppola a Bernalda è una miniera d’oro culturale non sfruttata: da dieci anni a questa parte c’è stato un sensibile aumento turistico, con pullman pieni di gente che vogliono vedere la sua residenza.
D:Tra l’altro la figlia Sofia, stimatissima regista anche lei, si è sposata qui.
R: Simone: E io al matrimonio ci sono andato! La zia di mia nonna è la sorella del papà di Francis, insomma, “d’ l’ Copp’l”, come si dice qui. Non so a quale grado gliene vengo parente, ma mi arrivò una telefonata per partecipare a quel matrimonio così riservato.
D:E non ha chiesto a Coppola di musicare un suo film?
R: Simone: (Ride) Non mi sembrava il caso, mi sono fatto una foto e cose così.
Da quando c’è Coppola, a Bernalda il turismo è aumentato… e da quando ci sono i Krikka Reggae? (Io ho spesso presenziato alla “Reunion” estiva che fate a Mataponto, ospitando ogni anno decine di artisti reggae nazionali e non, e ho sempre visto un gran numero di gente…)
R: Manuel: Sì, siamo arrivati alla diciassettesima edizione, ma tenga conto che il “Metaponto Beach Festival” non riguarda solo la musica. Anche da prima dei Krikka, facevamo serate con migliaia di persone giù in spiaggia, già ai tempi del “Brigante Sound”.
D:La politica ha mai cercato di “veicolarvi”. Vi hanno mai chiesto di candidarvi?
R: Manuel: E’ pure successo, ma non ci interessa.
R: Simone: Per scelta non ci schieriamo.
R: Manuel: Facciamo politica con la musica.
D:Infatti avete fatto canzoni sul petrolio, sul nucleare…avete mai fatto incazzare nessuno?
R: Manuel: A Potenza abbiamo fatto arrabbiare Guarente. Quando ci fu il suo ballottaggio con Tramutoli (e fu una delle poche volte che abbiamo preso posizione), per indole meridionalista (c’era di mezzo comunque la Lega, eh), in un concerto cambiammo le strofe di “Lukania”, cantando “io vivo in Lucania che non è la Padania…per chi non la conosce e l’ha sempre denigrata” (la cantano assieme– ndr).
R: D:E come sapete che Guarente si è arrabbiato?
Manuel: Beh, ci arrivarono diversi messaggi sui social, in tanti ci attaccarono...Tanti invece ci dissero grazie.
D:Se poteste prendere Bardi sottobraccio, cosa gli direste?
R: Simone: <<MA TU, D' DOV' SI???>>.
R: Manuel: Detto questo (risate), gli ricorderei delle belle energie culturali, teatrali e musicali presenti in Basilicata, che HANNO bisogno di un sostegno, spiegandogli che si tratta di un sostegno che ritorna TUTTO indietro. Non si tratta di soldi di dare a qualche “privilegiato"; bensì, come dicevamo, di un investimento economico che dà risultati veri.
D:Un grande festival della Basilicata, tipo “Notte della Taranta”, secondo voi è possibile o piuttosto –come hanno sostenuto alcuni vostri colleghi- ci si scontrerebbe con le solite velleità campanilistiche? Oltre a questo, c’è chi sostiene che mancano le strade, gli alberghi…
R: Simone: Almeno, dovremmo iniziare a pensarci.
R: Manuel: Più che farlo in Basilicata, io lo immaginerei come un festival itinerante, in grandi città italiane, col supporto della Regione Basilicata, per portare il marchio culturale lucano in giro per l’Italia. Per dimostrare che qui C’E’ vita. Ciò che ci manca è proprio questo: farci conoscere. A pochi anni dalla fine di Matera 2019, a parte Matera stessa, si nota che l’attenzione sul resto della regione già sta scemando. La Fondazione, "Matera-BASILICATA" con la sua esperienza e il suo prestigio, andrebbe oggi messa a disposizione di tutti i comuni lucani e delle loro risorse turistiche, che ci sono eccome.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 21 Maggio 2022 09:23
CLIKKA SULLA FOTO PER GUARDARE IL VIDEO ANDATO IN ONDA SU LUCANIA.TV
di Walter De Stradis
In provincia di Potenza: Armento, Brindisi di Montagna, Calvera, Campomaggiore, Carbone, Castelluccio Superiore, Castelmezzano, Forenza, Gallicchio Ginestra, Guardia Perticara, Missanello, Noepoli, Ruvo del Monte, San Paolo Albanese, Sasso di Castalda, Teana, Trecchina, Trivigno.
In provincia di Matera: Accettura, Calciano, Cirigliano, Craco, Garaguso, Gorgoglione, Miglionico, Oliveto Lucano, Rotondella, San Giorgio Lucano, San Mauro Forte, Valsinni.
Il Segretario generale della FISAC-CGIL (Federazione Italiana Sindacale Lavoratori Assicurazione e Credito), Bruno Lorenzo, ci ha consegnato un foglio con tutti e trentatré (sì, avete letto bene) i comuni lucani privi (o recentemente privati) di sportelli bancari.
Dal 2014, sono ben quarantuno in meno, in tutta la regione.
D: A sentire le ultime sulla chiusura e il dislocamento di filiali in Basilicata, sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio “tsunami”: è così davvero?
R: Purtroppo sì. La tendenza ormai è quella di diminuire sempre più la presenza degli sportelli bancari sul territorio. La Basilicata, storicamente, aveva due grandi aziende di credito: la Banca di Lucania e la Banca di Pescopagano, senza contare gli istituti di credito cooperativo, parte integrante del tessuto economico della nostra regione. Purtroppo abbiamo perso questa “identità”: l’ultimo istituto di credito locale -che tra l’altro era interregionale- era la Banca Popolare di Bari, ormai acquistata dal Mediocredito centrale. A seguito della riforma Renzi, le banche di credito cooperativo hanno poi perso la loro identità regionale, e quindi non abbiamo più un presidio locale a livello di direzione.
D: Come mai queste chiusure si registrano perlopiù al Sud?
R: Perché le banche sempre più investono nel Centro-Nord, che -ahimè- rappresenta il tessuto economico e sociale più forte, in barba a tutto ciò che sta succedendo nel Meridione, per di più in un momento delicato in cui arriveranno a pioggia i milioni del Pnrr: le aziende che avessero bisogno dell’erogazione del credito, rischierebbero o di rivolgersi alle direzioni del Nord o -pur rivolgendosi a uno sportello locale- che la loro richiesta venga comunque valutata al Nord.
D: Ma allora gli Italiani del Sud portano meno soldi nelle banche rispetto a quelli del Nord?
R: E’ l’esatto opposto. Tra l’altro, storicamente, i cittadini del Sud erano quelli che avevano una maggiore capacità di risparmio. E molto spesso si sono utilizzati questi “depositi” del Mezzogiorno per impiegarli al Nord, col paradosso che i tassi sono differenziati tra le due aree.
D: Pure.
R: Acquistare denaro al Sud ha un costo mediamente tra lo 0,10 e lo 0,20 più alto rispetto a chi acquista l’analoga cifra, e alle stesse condizioni, al Nord. Per le banche la convenienza è dunque avere comunque clienti al Sud, per fare raccolta di denaro, da impiegare successivamente al Nord, favorendo le aziende o i piccoli risparmiatori locali.
D: E’ una questione politica?
R: Sbagliata. E purtroppo negli anni non abbiamo avuto un grande aiuto dalla NOSTRA classe politica, a livello nazionale, regionale e comunale. Ricordiamoci che l’articolo 47 della Costituzione specifica che la politica ha anche il compito di presidiare l’erogazione e la disposizione del credito in Italia!
D: Si può fare una mappatura della situazione in Basilicata?
R: Ci sono ben trentatré comuni privi di sportelli bancari e di Atm: ventuno in provincia di Potenza e dodici in provincia di Matera. Ne consegue che per effettuare operazioni bancarie occorre recarsi nei comuni limitrofi, con grandi disagi soprattutto per i più anziani e le persone non autosufficienti. Le banche, dal canto loro, si nascondono dietro il dito della “digitalizzazione”: ma se per un “millennial” non è sicuramente un problema adoperarsi con l’ “home banking”, lo stesso non può dirsi per chi non ha le adeguate conoscenze tecnologiche.
D: Potenza, Matera, Brienza, Venosa, Oppido, Acerenza, Rotondella, Pisticci, Tito, Ruvo del Monte, Forenza, Trecchina, Gorgoglione…sono solo alcuni dei comuni, a leggere i vostri comunicati, che di recente sono stati interessati dalle chiusure…
R: Tra l’altro venerdì (ieri per chi legge – ndr), chiuderanno altri due sportelli bancari di Bper, uno a Miglionico e uno a Gorgoglione e pensi che non sono in perdita, ma il contrario. Il problema è che le banche –come tutte le aziende private- quando vogliono diminuire i costi, la prima cosa che tagliano è il personale. E’ facile fare cassa tagliando le teste.
D: E in mezzo ci sono i cittadini.
R: Sì, ma anche i dipendenti, che nella migliore delle ipotesi sono poi costretti a farsi 30 chilometri per raggiungere il posto di lavoro…
D: Licenziamenti ce ne sono stati?
R: Fortunatamente no. Nel settore del credito abbiamo pi un Fondo privato che accompagna i lavoratori vicini alla pensione, fino alla soglia pensionistica. Ma non è un pozzo senza fondo e poi le aziende –per ogni due dipendenti che escono- ne assumono soltanto uno, e non sempre nella regione in cui avvengono gli esodi. In Basilicata, molto spesso, escono dei dipendenti e magari vengono sostituiti – al 50%- da persone assunte a Torino, Milano o Verona. Se il trend è questo, lo spopolamento della Basilicata continuerà ad aumentare.
D: Limitandoci alla sola Potenza, il bollettino delle chiusure di sportelli e Atm ci parla di zone come Gallitello, corso Garibaldi, Centro Storico, Ospedale San Carlo, viale Dante…cosa avrebbe potuto fare il sindaco e non ha fatto?
R: Quantomeno ci saremmo aspettati un coinvolgimento delle parti sociali, per studiare come frenare il fenomeno. E’ chiaro che un sindaco, come anche un governatore, non può usare la bacchetta magica dinanzi a un’azienda privata, ma perlomeno ci saremmo aspettati una presa di posizione, soprattutto quando si è paventata la chiusura della Banca Popolare di Bari (al momento dell’avvio delle procedure di dissesto); si rischiava di veder andar via dalla Basilicata centoquattro lavoratori, che significa centoquattro famiglie e chissà quanti studenti che avrebbero dovuto studiare altrove. Chiedemmo più volte un incontro a Guarente e a Bardi, ma non ci hanno nemmeno degnato di una risposta. Qualche partito politico è intervenuto, per la verità, ma a noi non interessa offrire occasioni alle forze politiche per farsi campagna elettorale, bensì trovare la soluzione al problema.
D: A microfoni spenti mi diceva che ci fu un sindaco, ad esempio, che PROVO’ a offrire un’alternativa alla chiusura…
R: Sì, certo, quello di Ruvo del Monte, che aveva offerto l’uso gratuito dei locali alla Banca Popolare di Bari, affinché si mantenesse il presidio. Ci provò anche quello di Gorgoglione, che attivò anche un consiglio comunale straordinario.
D: Lei dice: almeno ci hanno provato…
R: Ci saremmo aspettati lo stesso da parte del sindaco di Potenza, ma anche da parte del collega di Matera, anzi, a maggior ragione: lì la Bper è stata spogliata di vari presidi di direzione. E pensare che la Bper nasce dalla Banca Popolare del Materano e una volta c’era la direzione generale proprio a Matera… In altre regioni, come la Calabria (Crotone) e la Campania (Avellino), a fronte della notizia della chiusura e del trasferimento della direzione territoriale, c’è stata una specie di rivoluzione, e il pericolo è rientrato, ma solo perché sono intervenuti anche politici locali e nazionali. Qui certe cose, come dicevo, non accadono.
D: E perché qui in Basilicata ci sarebbe questo disinteresse?
R: Non saprei dire se è disinteresse o menefreghismo, mi lasci essere anche un pochino malizioso. Qui si parla del nostro futuro, dell’esistenza della Basilicata da qui a dieci anni, dell’arginare lo spopolamento…per evitare di diventare una costola della Puglia o della Campania. Quantomeno dovremmo provarci!
D: Lei ha già citato i fondi del Pnrr: come FISAC Cgil –insieme alle altre sigle- avete chiesto che se ne occupi direttamente Sviluppo Basilicata…
R: …perché sarebbe una scelta naturale, ma -anche qui- è quasi un anno che chiediamo un incontro all’amministratore delegato (anche per vedere come utilizzare questi soldi e come veicolare le banche affiliate sul territorio), ma finora non abbiamo avuto risposta. In generale direi che sul Pnrr ci vogliono innanzitutto controlli, poi evitare la realizzazione di nuove cattedrali nel deserto (non vorremo ritrovarci con una nuova Sinoro, o con incompiute come quelle rimaste nel Lazio dopo la pioggia dei soldi del Coni per i Mondiali).
D: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?
R: Di occuparsi con maggiore dedizione al problema Lavoro, in una regione col tasso di disoccupazione tra i più alti. Ripeto, nessuno ha la bacchetta magica, ma certo si può intervenire sulla infrastrutture (alcune opportunità le stiamo già perdendo, tipo l’alta velocità su Potenza), investire diversamente nelle aziende che cercano di fare assunzione e intervenire con incentivi –perchè no, anche sugli istituti bancari- per coloro che puntano sui giovani lucani.
D: E a Guarente cosa direbbe?
R: Certo un sindaco ha meno potere di un presidente della Regione, però gli chiederei di sederci tutti a un tavolo –con tutti gli esponenti della società civile, sindacati, politica, Camera di commercio etc.- e confrontarci FINALMENTE sulle problematiche del lavoro in città. I problemi non si risolvono a comunicati stampa.
D: Il libro che la rappresenta?
R: “Crypto” di Dan Brown.
D: La canzone?
R: Per una serie di motivi a cui sono legato... “Bella ciao”.
D: Il film?
R: “Roma città aperta”.
- Scritto da Redazione
- Sabato, 14 Maggio 2022 09:15
«Sono tre anni che utilizzo la bicicletta a Potenza, a mio rischio e pericolo, tant’è che lo scorso febbraio, di domenica, sono stato investito da un furgone della frutta. Tuttora ho una costola incrinata e dunque posso dire che il ciclo-pedone qui non è minimamente tutelato».
E’ facile vederlo in Città inerpicarsi per salite e discese, a bordo della sua bicicletta e soprattutto bardato nella tenuta tecnica del “ciclista urbano”, caratterizzata anche da casco e piastra pettorale. Il già candidato sindaco, attualmente consigliere comunale per i Cinque Stelle, Marco Falconeri (nella foto), è infatti un noto propugnatore (e non è certo il solo) della ciclo-pedonalità potentina.
A lui abbiamo chiesto se la Potenza “del Giro d’Italia”, in tutti gli altri giorni, sia davvero o meno un Capolouogo “a misura di bicicletta” (e soprattutto dei suoi utilizzatori).
«Il passaggio del Giro d’Italia –afferma- è la cartina al tornasole di un governo cittadino che si fa bello con l’importante evento sportivo, ma che nulla ha fatto e fa per favorire la ciclo-pedonalità urbana. L’annunciata pista ciclabile Potenza-Pantano di Pignola, per esser chiari, è legata a una scelta di carattere turistico e di svago, che nulla ha che fare con la ciclo-pedonalità urbana, che invece punta –come in tutte le città europee- a deflazionare il traffico e a favorire una mobilità sostenibile».
Potenza dunque maglia nera della ciclo-pedonalità?
«Senz’altro. Io credo che il nostro sia l’unico capoluogo di regione privo di una pista ciclabile urbana, dentro la città, di un qualche tipo di segnaletica dedicata ai ciclo-pedoni, o anche di una semplice rastrelliera per poter parcheggiare le biciclette, sedi istituzionali comprese: io stesso sono costretto ad attaccare la mia alla ringhiera del palazzo delle commissioni, tramite un misero lucchetto. Come tutti gli utenti, non ho dunque la possibilità di parcheggiare in sicurezza la mia bici, non dico nei punti nevralgici della città, ma nemmeno nei pressi delle sedi istituzionali (che com’è noto, rappresentano il “benvenuto” per il cittadino).
La situazione è dunque paradossale per il consigliere comunale.
«Si fa il Giro d’Italia –ed è un bene- ma ciò avviene in una Città che invece fa delle politiche contrarie alla ciclo-pedonalità. E, ripeto, è una mentalità soprattutto di questa giunta che, nonostante le reiterate richieste del sottoscritto (che da consigliere comunale rappresenta comunque una parte della città), nulla ha fatto per implementare quantomeno gli strumenti di base, atti a consentire al ciclo-pedone di sentirsi perlomeno “accettato” e riconosciuto come utente della strada».
Finito il Giro d’Italia, dunque, ci ritroveremo punto e a capo con la totale assenza di politiche ciclo-pedonali?
«Già, ma un’altra cosa grave è che nel regolamento di sosta a pagamento della città questa giunta vorrebbe inserire il permesso per una terza auto a famiglia. Una cosa che io già tentato di contestare tramite un emendamento e che va a certificare ciò che già L’Istat ci dice, ovvero che Potenza è una delle città col più alto tasso di motorizzazione d’Italia, con una range che va dai 72 ai 77 veicoli per residente».
Lunedì, tuttavia, Guarente presenterà il percorso di partecipazione per la definizione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, proprio a margine del Giro.
«Come da mie interrogazioni -conclude Falconieri- Guarente sa bene che di Piano ce n'è già uno, il PUM, approvato nel 2008. In gran parte mai messo in atto. Con le parole e le promesse stiamo dunque a zero, qui in città abbiamo bisogno di fatti. E finora non ne abbiamo visti. Dove sono, infatti, il car sharing e il bike sharing elettrico? Non serve a nulla annunciare sempre nuove linee programmatiche, se poi non vengono messe in pratica, nel concreto. Da sottolineare inoltre l'ipocrisia dei tanti politici che in città non hanno mai usato la bicicletta e che oggi si dichiarano tutti ciclisti».».
- Scritto da Redazione
- Sabato, 14 Maggio 2022 09:08
CLIKKA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE IL VIDEO ANDATO IN ONDA SU LUCANIA TV
di Walter De Stradis
Il fatto che (complice anche una sua vecchia, abile idea di “marketing”) qui nel Capoluogo lui sia conosciuto semplicemente come Mimmo “Il Ciclista” (quasi alla stregua di un fatto singolare), rende chiaro a tutti l’esiguità del rapporto esistente, storicamente, tra Potenza, i suoi abitanti e il ciclismo stesso.
In occasione del passaggio nel Capoluogo (anche proprio sotto la sua trattoria) del Giro d’Italia, abbiamo voluto dunque incontrare Domenico Carlucci, ristoratore da una vita, che –secondo i dettami di uno sport «che è soprattutto sofferenza»- è abituato a lamentarsi poco e a lavorare molto.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: La passione per la bicicletta è arrivata tardi. Certo, ne avevo avuta una da piccolo, ma mai pensavo che mi ci sarei dedicato; finché un giorno non vidi una bicicletta da corsa appesa nella vetrina di un negozio. La comprai. Fu un colpo di fulmine.
d: Lei dunque era già grandicello?
r: Sì, avevo ventisette/ventotto anni. Quel negozio era in piazza Bologna.
d: Cosa le è scattato quel giorno?
r: Non saprei, ripeto, una bicicletta da piccolo ce l’avevo, ma all’età di quindici anni già lavoravo a Milano e quindi… ma anni dopo ci fu questo episodio qui a Potenza. Comprai una bicicletta fuori misura, tra l’altro, neanche adatta a me.
d: Questo ristorante esiste dal 1973, ma lei come ha cominciato?
r: Lavando i piatti in un ristorante, a Milano. Poi passai ai primi, successivamente ai secondi, poi arrivai in sala…insomma, feci tutta la trafila del ristoratore. Fin quando, nel 1973, trovai questa trattoria che si vendeva a Potenza e iniziai a lavorare da solo.
d: I suoi erano del mestiere?
r: Io sono di san Cataldo, comune di Bella, vicino Avigliano e no, i miei non erano del mestiere. Nessuno lo era: misi le mie sorelle e le mie cugine a lavorare, ma avevano imparato tutto da me.
d: E il ristorante già si chiamava “Da Mimmo il Ciclista”?
r: All’inizio no, era solo “Trattoria e vini da Mimmo”.
d: In città quando hanno cominciato a chiamarla “Mimmo il Ciclista”?
r: Vede, quando iniziai a gareggiare e a vincere qualche coppa, cominciai anche a metterle nel ristorante, ma la gente mi domandava cosa fossero; allora mi venne l’idea di chiamare la trattoria “Da Mimmo il Ciclista”, in modo tale che i clienti sapessero già a cosa si riferivano quei trofei.
d: Di che tipo di gare si trattava?
r: Erano sempre tornei amatoriali (io lavoravo, e non avevo moltissimo tempo libero). Ho partecipato a più di seicento gare, finora. Mi sono sempre allenato, quasi tutti i giorni, e ho vinto tre campionati italiani di categoria. Ho vinto circa cinquecento trofei. Finora, ho fatto circa cinquecentomila chilometri, tra gare e allenamenti vari.
d: Finora???
r: Non gareggio più, ma in bicicletta ancora ci vado.
d: Potenza è una città quantomeno “difficile” per chi vuole usare la bici. Lei dove va?
r: Eh, io vado. (Sorride). Perché se non sei allenato, in bicicletta non ci vai, a Potenza. Io però i miei settanta/ottanta chilometri me li faccio tranquillamente, il lunedì che sono di riposo.
d: Ho sentito bene? Settanta/ottanta chilometri???
r: Il lunedì sì, poi quando esco il mercoledì e venerdì me ne faccio altri quaranta/cinquanta.
d: E che tragitto segue di solito?
r: Dipende dal tempo…in una bella giornata prendo la salita che va verso Cuppulicchio, verso Tricarico, vado verso Brienza, Lagopesole, Muro Lucano…
d: Ma scusi lei quanti anni ha?
r: Settantatrè.
d: E non le capita mai di spingere la bicicletta a mano?!
r: Eh, no, mai (sorride). Finora è capitato solo una volta, per cento metri sulla salita dello Zoncolan, una delle salite più dure d’Europa, a Belluno, sulle Dolomiti.
d: La sua soddisfazione più grande?
r: La prima volta che ho vinto il campionato italiano: il campione uscente, vedendo come affrontavo le salite, mi disse “Sei peggio di un camoscio!”. Era il 1998.
d: La sua famiglia non le ha mai detto: “Ma dove vai, lascia perdere. Pensa al ristorante”?
r: Mai, anzi, mia moglie mi seguiva pure.
d: Abbiamo detto che Potenza è difficile “morfologicamente” (salite ripide etc.), per un ciclista o per chiunque voglia usare la bicicletta; ma dal punto di vista delle “strutture” (piste ciclabili, eventi etc.), come siamo messi?
r: Purtroppo non ci sono. Siamo costretti a camminare sulla strada, dovendo stare attenti al traffico. Strutture non ce ne sono, anche perché è il territorio che non lo consente. Come dicevo, Potenza non è una città da “passeggiare”, se non sei allenato –o se non hai la bici elettronica- non ce la puoi fare.
d: Quindi non è colpa di chi comanda?
r: E’ il territorio che – a parte la pista ciclabile del Pantano, l’unica che c’è al momento- non è adatto per chi fa la “passeggiata” normale in bicicletta. Tutti gli altri devono essere allenati.
d: Ritiene comunque che questo mondo –a parte l’episodio del Giro d’Italia- necessiti di più eventi e/o di maggiore visibilità? Oppure va bene così?
r: “Va bene così”, no, qualcosa di più si può sempre fare. Adesso si sta parlando di questa via ciclabile che parte da Potenza e che va verso Pignola (seguendo la vecchia tratta della Calabro-Lucana); mi è stato detto che qualcosa si sta facendo, pur avendo incontrato qualche difficoltà. Per noi tutto quello che viene è gradito.
d: In questo locale vengono a mangiare molti giornalisti, e presumo che nel corso di cinquant’anni siano venuti anche molti politici. Le dicono o le chiedono qualcosa di particolare?
r: No, più che altro sono curiosi della mia passione, delle mie coppe…
d: E lei ha mai chiesto qualcosa, sempre nell’interesse della città o dello sport che pratica?
r: No, no. Non è mio costume.
d: Dopo diversi anni il giro d’Italia torna a Potenza: quali sono le sue sensazioni al momento (martedì scorso – ndr)?
r: Per me è un grande evento. Per appassionati e non. Ci saranno sicuramente dei disagi, ma è uno giorno solo, che poi passa, non è la fine del mondo.
d: In effetti, tra divieti di circolazione e di sosta, fra chiusure di scuole etc., non manca chi rumoreggia.
r: Ci vuole solo un po’ di pazienza, da parte di tutti: l’evento è sicuramente superiore al disagio.
d: Lei lavorerà quel giorno?
r: Io sarò aperto, ma non so se verrà qualcuno a mangiare (sorride).
d: Beh, il turismo indotto dall’evento è proprio ciò che ci si augura, sindaco e Presidente della Regione in primis. Lei cosa si augura che porti, in città e in regione, questo Giro d’Italia?
r: Un ritorno d’immagine internazionale, sicuramente. Credo che ci sarà. Spero vada tutto bene.
d: Ha un suggerimento da dare? A ch gareggia, ai tifosi, alla politica…
r: No…io lo vedrò in tv, a parte il passaggio qui sotto. Non potrò vedere l’arrivo perché lavorerò, ma sarà sicuramente un’emozione grandissima, beato chi potrà.
d: Una domanda banale: in cuor suo, si è mai immaginato o sognato al Giro d’Italia?
r: No, no. Ho cominciato a ventotto anni e questo tipo di sogni non possono esserci. Sicuramente, però, se avessi cominciato da piccolo…beh, la predisposizione alla sofferenza c’era. E non si sa cosa poteva uscire fuori.
d: Quindi il ciclismo è innanzitutto sofferenza?
r: Senza di quella non vai.
d: Ma lei cosa prova, ancora oggi, quando è in sella e si fa i suoi settanta/ottanta chilometri?
r: Il ciclismo mi dà tutto, come salute, mentalità…quando ho qualche dolore salgo sulla bicicletta e mi passa tutto. La bicicletta per me è come una “medicina generale”: mi passa tutto, dolori, pensieri…è come una terapia. Ma bisogna essere appassionati, perché in salita è dura.
d: Venendo al settore della ristorazione, sappiamo tutti che è stato uno di quelli maggiormente danneggiati dalle chiusure e dalle restrizioni dovute al Covid. Come ha vissuto quei momenti?
r: Le istituzioni hanno fatto il possibile per agevolarci: abbiamo avuto degli incentivi e non posso negare che siano stati utili, in un momento in cui le bollette continuavano ad arrivare nonostante tutto. Certo, abbiamo sofferto (le chiusure forzate etc.), ma ci stiamo riprendendo piano pano, specie da quando è stato tolto l’obbligo del green pass.
d: Il sistema sanitario lucano ha tenuto bene?
r: Penso di sì, non ho lamentele personali da fare. Bisogna anche capire che è stata una situazione che nessuno poteva prevedere.
d: Se potesse ospitare Bardi al suo tavolo, cosa gli direbbe?
r: Non me ne intendo di politica, ma noi votiamo della gente –che paghiamo- e vorrei che si dedicassero a risolvere i problemi, invece di andare in giro a litigare per “voglio questo e voglio quello”, mentre ognuno di loro fa come gli pare
d: Mettiamo che fra cent’anni, chi erediterà questo ristorante ponga una targa a suo nome in mezzo a tutte queste foto e tutti questi premi. Cosa vorrebbe ci fosse scritto?
r: Dovrebbe far capire che c’è stato tanto sacrificio, che su ogni coppa ci sono circa mille chilometri di allenamento. Un giorno, giocando con la calcolatrice, è uscito fuori che finora ho prodotto ottanta quintali di sudore!
- Scritto da Redazione
- Sabato, 07 Maggio 2022 09:09
CLIKKA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE IL VIDEO DELL'INTERVISTA ANDATO IN ONDA SU LUCANIA.TV
di Walter De Stradis
Il suo bisnonno, Enrique, italo-argentino originario della provincia di Como, ha giocato nella Roma e ha vinto il Mondiale con la nazionale italiana nel 1934. Anche suo padre (nipote di Enrique) era un giocatore dal curriculum importante, avendo militato nell’Estudiantes.
Lui, Leo Guaita (anch’egli con doppio passaporto) è un giocatore d’attacco (ala destra) di grande talento, ma il Potenza Calcio per lui è stata soltanto la porta d’ingresso in un mondo, che gli ha dato un calore (ricambiatissimo), che va ben oltre gli spalti del Viviani.
Simpatico e affabile, con la “cresta” (alla cui “tenuta” sembra tenere tanto) e la barba rossiccia, compirà trentasei anni il prossimo 19 maggio.
d: Come giustifica la sua esistenza?
La mia vita è sempre stata all’insegna della famiglia, avendone una davvero molto unita. Al punto che, quando ho cominciato seriamente con il calcio (a diciassette anni), fu davvero dura svegliarmi da solo la mattina presto, e senza colazione a letto!
d: Il suo idolo di allora (a parte Maradona)?
Mio padre, mio nonno per parte di madre e il mio bisnonno, come sa, avevano tutti giocato a calcio a livelli importanti. A casa avevo tutti i cimeli, ma mio padre per me era l’idolo principale.
d: Prima di arrivare a Potenza lei ha girato il mondo…
Eh, sì. Ho iniziato a 17 anni nell’Estudiantes de La Plata, poi sono stato in Francia, in Svizzera (Basilea), in Messico, in Italia una prima volta (Arezzo, serie B), poi a Sapri, in C2 in Sardegna con Emerson, poi a San Marino, in Equador (serie A), in Germania (serie C), in Cina, in Honduras…è dura ricordarle tutte (ride)… poi ho fatto la serie C in Argentina (vincendo il campionato), poi di nuovo in serie A in Honduras, poi ancora in Sardegna e infine a Potenza, a Taranto e poi di nuovo a Potenza.
d: Appunto, dopo aver girato il mondo, com’è stato il suo primo impatto con la nostra città?
Ha toccato un tasto difficile…Beh, arrivammo che la Società non c’era più, non c’era Presidente, né preparatore atletico, di stipendi non ne parliamo proprio (perché non ne prendevamo), non avevamo nemmeno l’acqua, io facevo avanti e dietro da Salerno con una macchina vecchia…
d: Viveva a Salerno?
Sì, per tre mesi, perché a Potenza non si trovava casa, e se dicevi che eri calciatore (non essendoci una società alle spalle) era peggio…
d: Al di là delle difficoltà del Potenza Calcio, la città in sé che impressione le aveva fatto?
La vedevo poco, perché facevo il pendolare e appena potevo scappavo da mio figlio. In un secondo momento, una casa a Potenza la trovammo, in via IV Novembre, ma fu un vero e proprio inferno, perché cadeva a pezzi…non mi vergogno a dire che dovemmo chiudere una camera (perché dopo sole due settimane si era riempita di muffa), e per due mesi con mia moglie e mio figlio abbiamo dormito in salotto, per terra!
d: Eppure, oggi, dopo qualche anno, in città si dice che lei si sia talmente innamorato del Capoluogo, da volerci rimanere anche dopo la carriera di calciatore.
Dopo essere stata la peggiore in assoluto (dal punto di vista calcistico e non), questa esperienza è diventata anche la migliore (seppur con alti e bassi). In quei primi mesi di difficoltà estrema, avevo infatti già trovato un accordo col Cerignola, ma poi non tenni fede a quanto già stabilito, perché arrivò Caiata, il Potenza si riformò, e io quasi divorziai con mia moglie: non sapevo come dirle che saremmo rimasti in “quell’inferno”! Ma avevo una sensazione forte e positiva, anche perché avevo trovato persone che –nella difficoltà- mi avevano voluto bene (e io a loro). Insomma, nonostante nessuno credesse, sperasse o sapesse che avremmo vinto il campionato, aveva una grande voglia di accettare la nuova scommessa qui a Potenza. Non so bene perché, ma era quello il mio sentimento…
d: Ma a lei adesso Potenza piace proprio COME CITTÀ, e ci vuol rimanere anche dopo…
Certo, sì. Dopo i due anni che mi hanno visto andar via per giocare a Taranto (a seguito di qualche incomprensione con Caiata), ove abbiamo anche vinto il campionato, avevo anche proposte migliori dal punto di vista calcistico, ma io, mia moglie e mio figlio volevamo tornare a Potenza, e abbiamo “circondato” il Presidente per questo scopo. Lui ha accettato, oggi siamo di nuovo qua, con la voglie di restare, anche dopo il calcio.
d: Spero e credo che la sua casa sia migliore, adesso.
Certamente, pian piano le cose si sono sistemate. Ripeto: la mia voglia è rimanere qua. Anche mio figlio me lo chiede sempre.
d: Scusi se mi ripeto. Abbiamo intervistato moltissimi giocatori, negli anni, che hanno ritenuto questa città (senza che sia una colpa, ovviamente) come un luogo di passaggio e che ne hanno usufruito come “dormitorio” o poco più. Perché lei, invece, dopo aver girato il mondo, vuole stabilirsi proprio qui?
Per le persone. Mi hanno dimostrato un affetto…guardi, ho qui amicizie vere che non ho neanche in Argentina. Farei dispetto a molte persone se le raccontassi un singolo episodio. In quei momenti di difficoltà, c’era gente che mi portava da mangiare (formaggi etc.), chi mi veniva a prendere all’aeroporto, di tutto di più. Si dispiacevano per me e per la mia famiglia: come dicevo, per mesi non ho percepito stipendio, mia moglie (per nostra scelta) non lavora …e ho rischiato quasi il divorzio. I potentini hanno dato a me e alla mia famiglia un amore immenso: sono stato in altre città, dove mi hanno trattato benissimo, ma non mi sono mai aperto come in questo caso. E’ questione di feeling, di un amore che è nato.
d: La città poi è tranquilla…
Sappiamo tutti che per i più giovani la città non ha molto da offrire come "movida"; pensi che mia moglie è abituata al centro di Buenos Aires, che non finisce più ed è pieno di persone e negozi, specie per i gusti femminili; ma come madre- e io come padre- pensa comunque che Potenza sia il posto più adatto per crescere un bambino. Lui può correre in via Pretoria, e magari dopo trecento metri lo ferma un mio amico, o comunque qualcuno che mi conosce, e gli dice “Che ci fai qui da solo? Aspetta tuo padre!”. C’è questo rapporto della città coi bambini… e in futuro io voglio lavorare con loro.
d: Da cittadino di Potenza, cosa chiederebbe al sindaco o comunque a chi comanda?
Gli direi che il futuro di ogni società sono i bambini, e quindi di attivarsi affinché loro abbiano le migliori possibilità. Mo’ non mi voglio mettere in politica (sorride)… ma direi di fare più cose per i bambini, più strutture, più campi da calcio, più parchi, per farli crescere meglio, affinché non stiano solo davanti la tv o ai videogiochi. Una volta c’era la strada per giocare, oggi non più…
d: Veniamo al calcio vero e proprio. Ma secondo lei Caiata se ne va veramente?
Posso dirle quello che mi auguro in cuor mio (poiché solo lui e la società, o forse manco loro, sanno come andrà a finire). Lui ha parlato di quote e cose del genere…e io non saprei dire, ma mi auguro possa continuare in un qualche ruolo: sarebbe un bene per la squadra e per la città.
d: Lei ha parlato anche di qualche incomprensione…
..sì, ma ci sono anche fatti di procuratori…cose del genere…
d: A me interessa sapere la cosa più bella che Caiata le ha detto finora.
Dopo quei famosi sei mesi difficili, di “inferno” a Potenza, lui mi chiamò in Argentina perché voleva tenermi qui e mi disse: «Signore Guaita, le offro una possibilità irripetibile, non la sprechi». Dopo cinque anni, è una frase che ancora ho in mente. Va detto che a livello economico avevo proposte molto migliori, ma lui come imprenditore sa fare il suo lavoro, sa convincerti, è un numero uno. Oggi è un politico, ma lui già di suo sa parlare, ha questa dote che magari altri non hanno.
d: Il suo momento più emozionante qui a Potenza?
Il gol della salvezza, senza il quale il sogno di questi ultimi cinque anni non ci sarebbe stato.
d: I potentini quando la vedono per strada, che frase le dicono per caricarla?
Sicuramente quella più famosa…
d: “U’ Putenza è semb nu squadron”?
Sì! (ride). Tutti si identificano in quella frase.
d: Lei è uno che non si nega quando viene invitato a eventi e manifestazioni…quest’anno –se tutto va bene- tornerà anche la Festività di San Gerardo, con le canzoni popolari, quelle di Michele di Potenza…
Sì, mi piacciono! Sono stato anche a un pranzo con lui!
d: Probabilmente si confonde con Agostino Gerardi.
Sì, scusa, con Agostino Gerardi! (in effetti il suo erede – ndr) Proprio lui. Con la mia famiglia ho avuto modo di partecipare a tre festività, e l’ultima volta, durante la Sfilata, mi hanno riconosciuto e mi hanno chiesto di tirare la “carrozza”: io ho iniziato a tirare, ma a un certo punto mi sono accorto che gli altri si erano fermati e tiravo solo io (risate). E’ stato bellissimo, uscì pure sul giornale.
d: A Potenza quando c’è qualche problema si dice “San Gerardo pensaci tu!”. Ha qualcosa di particolare da raccomandare al Santo?
Parliamo a livello calcistico: spero che le cose vadano bene, come nei miei primi tre anni, tornando a fare campionati di vertice. I tifosi potentini lo meritano: le altre squadre non ne hanno di supporters così, e non lo dico per piaggeria.
d: Intanto Leo Guaita ci sarà l’anno prossimo.
Mi auguro di sì. Deve decidere la società che verrà, ma finché non mi cacciano, io resto (ride).
d: Il film che la rappresenta?
Mi piace la serie di Rocky, in particolare quella scena nel film “Rocky Balboa” (del 2006 – ndr), in cui lui dà una lezione di vita al figlio, spiegandogli che dopo le sberle bisogna rialzarsi. Io stesso ho preso quel tipo di schiaffi che ti lasciano al tappeto…
d: La scomparsa di suo fratello.
Sì. Ma se non ti rialzi, rimani lì a terra per sempre, e poi io ho una famiglia che conta su di me...
d: La canzone?
Una canzone argentina che ha anche a che fare con questo, “Resistirè”. E’ la sigla di una trasmissione televisiva: «Resistere contro i venti forti, la pioggia e la neve».
d: Il libro?
Mi piacciono le biografie di calciatori come Guardiola, Simeone. Nel calcio c’è la vita.
d: Mettiamo che fra cent’anni scoprano una targa a suo nome qui al “Viviani”, cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
Un domani voglio insegnare ai ragazzini il vero spirito del calcio e dello sport in generale. Voglio lasciare soprattutto qualcosa a loro. E vorrei essere ricordato per quello.
- Scritto da Antonella Sabia
- Sabato, 07 Maggio 2022 08:47
CLIKKA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE IL VIDEO ANDATO IN ONDA SU LUCANIA.TV
Pino Brindisi è il responsabile della Protezione Civile del Comune di Potenza, e dunque anche alle ormai note Tende “del Qatar”. Da un po’ di tempo, l’hub vaccinale resta aperto solamente il giovedì e il venerdì, dalle 08 alle 14. Ci dice in apertura che ancora qualche giorno fa, si è presentato qualcuno per la prima dose, “esattamente sono state di 13 prime dosi, un dato che fa pensare, ma molto probabilmente si tratta di persone che per altre patologie o complicazioni non si erano ancora vaccinate; anche se va detto che questo flusso delle prime dosi non si è mai interrotto, molto ha influito il Green Pass rafforzato, infatti proprio in quel periodo, siamo arrivati anche ad oltre 100 vaccinazioni”.
d: Oggi invece le quarte dosi sono destinate solo ad alcune categorie di persone.
r: Ultraottantenni e soggetti fragili, c’è sempre bisogno della prenotazione, per poi essere registrati e ci si organizza in questi due giorni, presso l’hub vaccinale di Potenza o presso gli altri centri dello stesso distretto ASP.
d: Com’è il dato finora (mercoledì – ndr) sulla quarta dose?
r: Altissima partecipazione non c’è stata, la risposta è nella media di quello che ci si aspettava, sono soprattutto over 80: ricordiamo che ci sono state anche vaccinazioni a domicilio. Mi piace sottolineare un particolare: è stato un elemento di distinzione, ed è stata una grande soddisfazione, gli over 80 nella primissima fase della vaccinazione Covid furono esattamente dei “soldatini”.
d: …cioè?
r: Per disciplina e partecipazione: ricordo la grande risposta durante quella nevicata importante che ci fu. Indubbiamente ci sono state tante difficoltà negli hub vaccinali, sono successe tantissime cose, ma tutte superate. Temevamo la preoccupazione degli over 80, ma praticamente sono stati un esempio di educazione e di disciplina, con la quasi totalità dell’adesione.
d: Adesso, in generale, la situazione è più rilassata e tranquilla, ma mi rifaccio alle parole del presidente dell’AVIS Potenza dell’Avis, sull’importanza dei volontari in questa drammatica situazione, e su cosa sarebbe stato senza la loro presenza.
r: Una piccola premessa, quando abbiamo impiantato queste tende, con l’Esercito e con i rappresentanti del Qatar, siamo venuti in questa zona, c’è stata quasi una sassaiola perché c’era paura, si pensava che sarebbe diventato un lazzaretto, e così non è stato. Per la poca conoscenza insita in iniziative “spontanee” -non sapendo quale sarebbe stato l’afflusso- ci furono le giornate degli open day, dove siamo stati sopraffatti dalla gente. Io rappresento la Protezione Civile del Comune di Potenza, a cui fanno capo tanti altri comuni; nella primissima fase emergenziale siamo andati a Matera, nelle carceri, abbiamo raggiunto tante realtà sprovviste di una struttura come questa. E’ una parte importante e fondamentale, una delle funzioni che noi attiviamo come assistenza per la popolazione è proprio il volontariato. Devo necessariamente ricordare la Croce Rossa, l’Esercito -che ci ha supportati anche nella costruzione delle tende- e la Marina Militare che è stata con noi per mesi, nei capannoni adiacenti con l’hub per i tamponi. Voglio ricordarle un po’ tutte: la Croce Rossa, la VOVA, le Aquile lucane, i Falchi della Lucania, ANPAS, ANPS, addirittura altre di carattere sociale, altra grande scoperta, tutte quelle che afferivano alle attività ospedaliere: AVO, che erano fermi da un po’ di tempo, VIVERE DONNA, quelli che prestavano servizio presso il reparto oncologico, ABIO che si occupa di bambini, e altre come AGESCI, le MISERICORDIE, Corpo soccorso Emergency, Aquile Lucane, Movimento Azzurro e UNITALSI.
d: Cosa sarebbe stato assolutamente senza tutte queste realtà?
r: Assolutamente un grande problema.
d: La Regione dovrebbe dire grazie?
r: La Regione deve dire grazie, il Comune deve dire grazie, noi dobbiamo dire grazie assolutamente a una realtà che risponde sempre. Sono responsabile oggi, ma provengo dalla parte tecnica della Protezione Civile. Siamo andati su tutte le zone terremotate d’Italia, siamo accolti ogni volta che andiamo -indipendentemente dalla provenienza del nucleo di volontari- in un modo esemplare e meraviglioso; ci offrono da mangiare e posti per dormire, in molte realtà ritroviamo anche nostri compaesani a disposizione. Conosco i nomi di tutti perché ogni singolo è importante. Con il sindaco e il Comune di Potenza ci accingiamo a celebrare una cerimonia per il rilascio di una Benemerenza a tutti i volontari, non solo alle associazioni. Non potrei dire qualcosa di negativo, ovviamente nemmeno sulla parte sanitaria, questa volta la Protezione Civile è stata di ausilio alla sanità, ma alla fine ci si amalgama un po’ tutti, c’è proprio un’osmosi, si è andati avanti come un corpo unico.
d: In questi mesi si sono lette sui giornali anche tante proteste, qual è stata secondo lei una critica particolarmente ingiusta?
r: Le proteste sono state tante, una ce l’hanno scritta qui davanti: “assassini”. Ci sono stati momenti molto particolari, ci fu anche un signore che si avvicinò dicendomi “lei è un oppressore”. Abbiamo cercato di non dare seguito a queste cose, non poteva mancare da parte nostra, come Protezione civile istituzionale, la comprensione, in una vicenda particolare come questa emergenza epidemiologica, incomprensibile e sconosciuta. La stessa vaccinazione, in un certo senso, l’abbiamo subita, ma in realtà è stato un grande aiuto. Tanti hanno compreso dopo, molti l’hanno accettata forzatamente perché dovevano andare a lavorare, non è una sorpresa.
d: È successo che se la prendessero con voi?
r: Abbiamo vissuto situazioni particolari, e un ringraziamento importante va anche alle Forze dell’Ordine, sono stati spesso presenti con noi anche agenti della Polizia locale, non solo Polizia di Stato e Carabinieri. In una delle giornate di open day ci furono oltre 1700 persone: all’inizio buttarono per aria letteralmente le nostre barriere, i volontari furono aggrediti. Ci fu tanta concitazione tra la gente, a noi stessi la notizia dell’iniziativa era arrivata solamente la sera prima, e abbiamo visto arrivare fiumi di persone. Per giorni abbiamo vissuto uno stress totale, non è stato facile. Però è stato raggiunto un risultato positivo.
d: Sulla parete dietro di noi ci sono una serie di istantanee di questi due anni: ricorda un giorno emblematico per la sua bellezza?
r: È sola una parte delle fotografie che sono state scattate, ricordano giornate particolari. La nostra gratificazione maggiore sono i volontari, c’è il gruppo comunale, con ragazzi universitari, ex tirocinanti, sono stati di un aiuto fondamentale. A un certo punto, in occasione della riapertura delle scuole, abbiamo allestito in contemporanea anche un altro hub vaccinale su indicazione del nostro sindaco Guarente e del presidente Bardi, il centro sportivo di via Roma. Con i ragazzi della Marina Militare abbiamo collaborato per oltre un anno, e prima che si susseguissero altre realtà, ci salutammo con una festa e una estrema commozione reciproca.
d: Cosa chiederebbe oggi a chi governa, in questo caso Regione e ASP? E cosa ai cittadini?
r: Le Istituzioni devono fare esattamente quello che è previsto dalle norme; ai cittadini, la parte più importante, direi che bisogna credere in ciò che la scienza ci dice e ci offre. Nel Codice 1 della Protezione Civile del 2018, vengono riportati dentro due grandi motivi, la parte culturale e quella scientifica, che non sono avulse da ciò che viviamo tutti i giorni. Bisogna fidarsi, credere nella scienza, anche se a volte può sembrare un’ imposizione.
d: Qualche NoVax ricreduto l’ha conosciuto?
r: Assolutamente, di persona, anche molto vicini. Abbiamo dovuto allontanare alcuni volontari che all’inizio non si sono vaccinati e non potevano assolutamente essere presenti. Sono tornati, si sono ricreduti, parliamo anche di insegnanti, di professionisti, che sono stati lo zoccolo duro perché le persone più umili, più semplici, hanno scelto di farsi accompagnare. Negli open day per gli insegnanti, con alcuni è stata letteralmente una battaglia, molti sono andati via, alcuni poi sono tornati dopo la campagna dedicata. La vaccinazione è stato ciò che ci ha salvato, quello che oggi ci permette di stare solo due giorni aperti. Proprio in questi giorni c’è stata una commissione di pubblico spettacolo, perché riprendono molte attività: impensabile un anno fa, come i concerti, le feste all’aperto. Oggi possiamo parlare di tutto questo anche perché ci siamo vaccinati. E’la verità.
Testo di Antonella Sabia, su testimonianza video di Walter De Stradis e Donato Colangelo-Lucania.Tv