- Redazione
- Sabato, 03 Febbraio 2024 08:52
Cari Contro-Lettori,
nel Capoluogo, la notizia della settimana è stata, purtroppo, quella della chiusura di una storia edicola del centro storico. Il fatto, che a un’occhiata distratta potrebbe sembrare soltanto uno dei tanti micro detriti rotolanti nello sfaldamento inarrestabile della parte vecchia, se non della Città tutta, in realtà è piuttosto grave e complesso, sotto vari punti di vista. Non escluso quello relativo a una certa ipocrisia da social (che sono, senza cercare alibi, fra le tante cause del crollo di vendita e lettura dei giornali), che caratterizza- come accade in tutto il mondo- anche alcune dinamiche della nostra città. Diversi e diversificati sono stati infatti i “de profundis” reiterati su tastiera (alcuni dei quali, va detto, davvero belli e sentiti) e c’è stato anche chi non ha perso occasione per postare la solita foto fatta nei pressi o sul “luogo della tragedia”, per testimoniare la propria vicinanza. Si chiude la stalla, insomma, dopo che sono scappati i buoi? Viene inoltre da domandarsi se qualche foto in meno (specie “post-mortem”) e qualche acquisto di giornale (o rivista, libro, fumetto, gadget, dvd, cd: perché non esistono soltanto i quotidiani) in più, non sarebbe stato, magari, di maggior aiuto (il discorso, ovviamente, valeva e vale anche per le altre edicole, perché non tutti abitano in Centro).
Soltanto pochi giorni prima, per dirne una, c’era stato il sesto anniversario della scomparsa di Antonio Infantino, genio culturale che il resto del Paese ci invidiava, ma che è morto nella solitudine e nell’oblio riservatigli da molti, qui da noi, anche istituzionalmente parlando. Eppure, anche in quel drammatico caso, su Facebook e Instagram, ci fu la corsa a scavare nei propri archivi e a pubblicare foto in compagnia del Maestro (scattate magari solo perchè era un tipo originale e incuriosiva), fatte in occasione di un qualche suo vecchio concerto estivo, ascoltato, con ogni probabilità, gratuitamente.
Alcuni lucani, insomma, sono piuttosto lesti a indignarsi, specie quando le responsabilità di una grande o piccola tragedia paiono attribuibili a un mondo, un pianeta, che “va così” (come se noi tutti si abitasse sul leggendario Nibiru).
Anche nel caso delle manifestazioni sul caso Claps, avvenute in concomitanza del trentennale e/o della messa in onda della fiction Rai, più di qualcuno ha fatto rilevare che fra i molti che, sentitamente e coerentemente, partecipavano, c’erano anche quelli che magari quel giorno si erano presi un permesso (per andare in strada) o una pausa caffè (per postare slogan su Facebook) da posti di lavoro che avevano ottenuto appecoronandosi proprio a quei “poteri forti” che ora contestavano.
Ma, ugualmente, quello che è stato più volte definito “il risveglio delle coscienze” c’è sicuramente e genuinamente stato. Se non per tutti, allora, sicuramente almeno per quei giovani studenti che hanno organizzato manifestazioni esemplari e che continuano a interrogarsi e a documentarsi sulle ingiustizie.
Per tutti gli altri, giovani e non, il caso ha voluto che la prova dell’ipocrisia, varia ed eventuale, sia alle porte: le elezioni. E lo segnaliamo come fatto culturale e basta, in valore assoluto. Anche se la cosa avverrà al chiuso della cabina elettorale (ma non manca mai chi si disvela sui social), ognuno di noi avrà ben di che confrontarsi con la propria partecipazione ai fatti “del mondo” (o con la propria “indignazione”), specie se a corrente alternata.
Walter De Stradis