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Cari Contro-Lettori,

 

ben si capisce perché la Regione Basilicata, mesi orsono, avesse bisogno di un “sondaggio” che eventualmente rendesse nota la “promozione” tributata a Bardi e i suoi dai Lucani, in ambito gestione emergenza Coronavirus. E che per questo fosse ben disposta a cacciare anche diversi soldi. I nostri.

E sì, perché se l’assessore alla sanità Leone reagisce così alle critiche del segretario della Cisl, attribuendo addirittura ai sindacati la corresponsabilità della sofferenza in molti comparti, compreso quello sanitario, ben si comprende che loro, poverini, quelli alla Regione, allora in questi casi hanno davvero un comprensibile bisogno di un sondaggio con esito benevolo, magari realizzato da una società –ci aiutiamo con le parole dei consiglieri pentastellati- «il cui responsabile amministrativo risultava ricoprire ruoli all’interno del movimento politico Idea, alleato di Bardi alle ultime elezioni». Ma cos’aveva detto il segretario Cisl Gambardella di tanto “grave”? Che «il piano d’emergenza annunciato a luglio dal governatore si è rivelato una scatola vuota: sul tracciamento dei contagi, sulla riorganizzazione dei trasporti e sulle residenze per i contagiati a bassa intensità non è stato fatto nulla (…) la pandemia ha evidenziato la debolezza di un modello sanitario regionale che ha abbandonato il territorio per concentrarsi con mezzi e risorse umane sulle due aziende ospedaliere di Potenza e Matera, evidenziando l’assenza di una politica di coordinamento e sostegno alla rete dei medici di base, letteralmente abbandonati a se stessi se nel fronteggiare senza mezzi l’emergenza nelle aree interne regionali. (…) Per non parlare delle numerose vicende che hanno alimentato polemiche e cronache giornalistiche, dagli ospedali da campo donati dal Qatar alla mancata individuazione delle residenze di cura post Covid (…) la nostra perplessità di oggi è dovuta alle dichiarazioni del presidente Bardi circa l’esistenza fin dal 2 luglio scorso di un piano d’emergenza”.». E l’assessore al ramo che fa? Risponde nel merito dei vari, numerosi, punti? No, troppa fatica. Meglio parlare delle «incapacità del governo nazionale» (salvo poi fregiarsi, nello stesso comunciato, dei complimenti di ministri e viceministri) e puntare il dito contro quei rappresentanti sindacali che «hanno preferito vivere di poltrone e rendite di posizione», cercando «visibilità, a scapito della realtà». Chissà, forse i sindacati capiranno “la lezione” e si faranno fare un sondaggino di gradimento pure loro. Tanto per poter rispondere “ad armi pari”. Anche perché loro, a differenza della Regione, e di QUESTA Regione, il problema di un eventuale interessamento della Corte dei Conti non ce l’hanno. C’est la vie.

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

 

«… Eppure, tutto era nulla a confronto dell’immagine di Giancarlo Siani con il capo riverso nel fuoristrada, il 23 settembre del 1985.

         Devo spiegare perché?

Otto anni dopo, nel ’93, avevo la foto di Giancarlo nel portafogli.

         Quando la Cassazione confermò le condanne, la rimettemmo nel vecchio fascicolo da cui l’avevamo presa.

Vita da pubblico ministero e da investigatori significa anche caricarsi con gesti simbolici.

         Facile definirli ingenui, a posteriori.

         Ma forse adeguati rispetto alla rilevanza del delitto».

A parlare, anzi a scrivere, è Armando D’Alterio, autore del libro “La Stampa Addosso – Giancarlo Siani, la vera storia dell’inchiesta”, edito da Guida e distribuito gratuitamente dal quotidiano La Repubblica.

D’Alterio, oggi Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Potenza, fu il magistrato che condusse le indagini sull’omicidio del giovane cronista anti-camorra, portando alla condanna all’ergastolo di mandanti ed esecutori.

Il suo libro, un documento storico sviscerato col piglio del romanzo, è stato il “la” che ha dato il via a una lunga conversazione tenutasi nella sua stanza presso il Palazzo di Giustizia di Potenza.

Si è parlato in generale del contrasto alla criminalità e della funzione della stampa d’inchiesta, ma anche di aspetti più “intimi” connessi alla funzione, al ruolo e alla figura del pubblico ministero.

E, sì, si è parlato anche di questi tempi “dettati” dal Covid, se è vero, come sostengono Ottavio Ragone e Conchita Sannino nell’introduzione al volume, che «trentacinque anni dopo, Covid e Camorra compongono un sinistro binomio nel Mezzogiorno falcidiato dalle povertà educative e dalle disuguaglianze che crescono, nel Sud dove restano i giovani con lavori precari e poca istruzione ed emigrano quelli più formati e brillanti».

E scusate se è poco.

http://www.controsensobasilicata.com/administrator/index.php?option=com_content&view=article&layout=edit&id=4579

Walter De Stradis

 

 

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Cari Contro-Lettori,

 

«la bocca sollevò dal fiero pasto», diceva il Sommo Poeta, che ben sapeva che –per quanto possa risultare indigesta la masticazione del cuoio capelluto di un vecchio alto prelato- poter addentare il cranio del potente (nel caso specifico appunto un arcivescovo) che ti aveva beffato da terga, non ha prezzo.

Ed è altrettanto curioso notare che nel termine “rimpasto”, piuttosto in voga negli ultimi giorni in Viale Verrastro a Potenza, vivacchi sempre –maliziosamente- anche la parola “pasto”.

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Cari Contro-Lettori,

 

chi scrive qualche tempo fa era seduto in solitaria al tavolino di un tipico ristorante del posto, quando a un certo punto sono entrati alcuni personaggi (rimaniamo sul generico) del centrodestra locale (restiamo sul generico). Assieme a loro c’erano anche i primi cittadini di un paio di paesi lucani. Manco si sono seduti, hanno iniziato a parlare fra loro con fervore. Chi scrive non è uno di quelli che cammina col registratore in tasca, ma lo stesso –nel concitato parlottio- erano ben percepibili nell’aria locuzioni che si ripetevano quasi come un loop: «Ora dobbiamo prenderci questo…», «Ora dobbiamo prenderci quello…». E’ parso subito chiaro che si parlava del più tipico, atavico, endemico, congenito, lucanissimo concetto dello “spoil system”. In gergo tecnico significa: “Un meccanismo in forza del quale gli alti dirigenti della pubblica amministrazione ricoprono il loro incarico solo finché resta in carica il soggetto politico che ha vinto le elezioni e vengono ‘destituiti’ al momento in cui cessa il suo mandato”; in gergo pratico lucano, si po’ tradurre con un “Levati tu, che m’aggia mett io”.

Non avendo nulla con cui provarla, chi legge può credere o meno a questa storiella, fa poca differenza (il fatto in sé non è certo qualcosa di inedito o clamoroso dalle nostre parti), e pertanto a mo’ di aneddoto ve lo consegniamo (“Particolare curioso, inedito, raccolto a fine moralistico o ricreativo più che storiografico, in margine a un personaggio o ad un evento famoso”).

Tuttavia, quel che invece pare incontrovertibile –ahinoi- è il proliferare sui social e sui rotocalchi di foto o video di (ex) dive un tantino agée, che reindossano i loro attillati abiti di venticinque anni prima, e poi esultano nel comunicare (ai noi poveri mortali con la panza) che quei vestiti calzano ancora a pennello. Fateci caso, è l'ultima tendenza. Beh, non ce ne voglia il Generale se a noi comuni sudditi a volte dà l’impressione di volersi atteggiare anch’egli a ex campione d’incassi di Hollywood tutto preso a dimostrare che –nonostante sia quasi al quarto giro degli “anta”- i vestiti dei bei tempi che furono gli stanno ancora addosso che levati. Ed è vero: il Presidente ha un look e un phisique du role invidiabili (va riconosciuto), ma peccato che si è messo gli abiti di un qualche governatore di centrosinistra di venti/trent’a anni fa. Nomine, stipendioni, ricchi premi e cotillons per i suoi uomini fidati (assai spesso non lucani), è “farò quello che posso” per tutti gli altri. Clamoroso? Manco per niente. Noi Lucani queste storielle le conosciamo da tempo. E infatti, il discorso stipendi e potere e quant'altro potrebbe forse (e sottolineo forse) passare anche in secondo piano in presenza dei risultati. Ma i Lucani sono fermi al palo. E' non è certo il Palo della Cuccagna (almeno per alcuni di loro).

Walter De Stradis          

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Cari Contro-Lettori,

in Italia, Paese zeppo di calciatori, allenatori e pallonari vari, si sa, il Calcio si divide da sempre in due categorie: il calcio giocato e il calcio parlato. Il più delle volte è il secondo a prevalere sul primo. Allo stesso modo, da qualche tempo, qui in Basilicata si sta praticando uno sport molto simile, relativo alle estrazioni petrolifere. Anch’esso quindi pare agitarsi fra petrolio estratto (o, se volete, “giocato”, in tutti i sensi) e petrolio parlato. Or dunque, anche i raccattapalle di bordo campo (e quanti ce ne sono dalle parti della Regione!) sanno che in Lucania il petrolio estratto è un fatto, un fenomeno inarrestabile e imperturbabile, con un fiume di denaro che scorre parallelo a quello dell’oro nero che si ricava (anche se l’Eni, che si dice “pronta” a investire sul lavoro, lamenta pastoie burocratiche a livello nazionale e denuncia un misero 15% di livello produttivo). E mentre la Basilicata continua ad arrancare in questa sua affannosa ricerca di quel Graal chiamato sviluppo (una coppa alla quale si abbeverano re e regine, ma che pare del tutto sconosciuta alle secche labbra del popolino), qui si parla, si parla si parla. E si scrive, anche. E così, tanto per limitarci all’ultimo paio di giorni, il Generale Bardi prende carta e penna e scrive a Conte, e ai ministri Boccia (affari regionali) e Patuanelli (sviluppo economico). Ma è l’assessore Cupparo (e ti pareva) a illustrare il contenuto della missiva Bardiana a sindaci, sindacati e imprese: «Il rinnovo delle concessioni petrolifere dell’Eni in Val d’Agri non è più rinviabile non solo per la regione, ma per il fabbisogno energetico dell’intero Paese e per le pesanti ricadute sull’economia, l’occupazione e l’imprenditoria della Basilicata (….) So bene che senza il rinnovo delle concessioni tutto è più difficile, ma l’Eni deve investire nel futuro e pertanto promuovere attività di manutenzione impianti e di altro che assicurino continuità ad aziende e dipendenti lucani». Riassumendo: il Governatore scrive la lettera, l’assessore ce la “traduce”… e il Governo la legge? Mah, sta di fatto che la partitella settimanale di petrolio parlato (e scritto) è stata poi conclusa dal senatore pentastellato De Bonis, che, dal canto suo, ha inoltrato un’interrogazione a un ulteriore, terzo ministro (Costa, ambiente), per sapere «se e quali iniziative intenda assumere per arrestare le attività di coltivazione del pozzo “Pergola 1”, delle infrastrutture e dei 9 km di oleodotto di collegamento al Centro Olio Val d’Agri di Viggiano, visto che vengono sistematicamente prorogate e dove si ricorre perfino a pericolose perforazioni orizzontali side track ed al riutilizzo di pozzi esausti work over (pur di aggirare il rischio dei tempi e dei vincoli del PiTESAI - Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee)». De Bonis paventa insomma una forte contaminazione delle acque lucane… ma ecco che l’arbitro fischia, tutti negli spogliatoi! Per il petrolio parlato per questa settimana può bastare.

Il petrolio estratto invece, beh, non c’è “novantesimo” che tenga. Ma lo stesso noi lucani siamo perennemente ai “tempi supplementari”. A quando sto benedetto “golden goal”???

Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

nel numero di riapertura dopo la pausa agostana, eravamo soliti pubblicare in prima pagina una carrellata fotografica dei nostri politici, sorpresi simpaticamente a masticare nelle varie sagre estive disseminate sul territorio regionale. Quest’anno, ahinoi, niente salsiccia, gnomiriedd e puparuli cruschi per loro, e niente foto per la nostra pagina d’apertura. Meno male che, in questa penuria di eventi (e di bancarelle) dovuta alle opportune restrizioni Covid, secondo l’assessore comunale di Potenza alle Pari Opportunità, Marika Padula, almeno un fiera c’è stata: quella –parole sue- “dell’ipocrisia”. Evidentemente, con invidiabile disinvoltura, l’assessora ritiene di essere stata messa ingiustamente sulla graticola e data in pasto ai lucani, manco fosse un pecorino di Filiano, per la questioncella del bonus Covid da lei incassato, parimenti alla collega leghista Patrizia Guma. Inutile dire che la notizia -clamorosamente “succosa”, in un periodo storico in cui la maggior parte dei cittadini, (alcuni di essi con partita Iva) che NON percepiscono la ROBUSTA indennità assessorile, sono costretti a mandar giù bocconi amari- qualche imbarazzo alla giunta comunale lo ha pur creato (anche se non quanto quello creatosi in Idea, partito della Padula). Aumentando, in questo modo, lo “stress da rientro” per il sindaco Guarente? Non più di tanto, a quanto dicono, sebbene le preoccupazioni non mancano per il primo cittadino, col riavvio settembrino di diversi ingranaggi della macchina pubblica, scuole in primis, ma anche con le sollecitazioni che arrivano dal tessuto sociale: interessante l’intervento di Lorenzo della FISAC CGIL, a proposito del centro storico che si sta depauperando anche delle filiali bancarie. E il presidente Bardi? Anche per lui è stata un’estate pazzerella: arrivato secondo (in una gara a due) sulla spinosa questione delle dimissioni di Ferrara al Cotrab (che al fine –udite udite-si è dimesso per la “violenta” campagna stampa!!!) con l’assessora Merra che era riuscita a dire le cose meno felici della sua intera esperienza politica (ed è tutto dire), sembra almeno aver risolto salomonicamente la questione della dirigenza al San Carlo, le cui dinamiche avevano raggiunto un parossismo prossimo al ridicolo. Ma le problematiche sanitarie lucane, intese come “salute” dei cittadini, sembrano ben lungi dall’essere risolte. Insomma, occorre darsi da fare. La vacanza è finita. Oppure no?

Walter De Stradis    

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Cari Contro-Lettori,

a causa della sua assonanza con termini piliferi o con aggettivazioni goliardiche di alcuni attributi del corpo umano, sul concetto di “Pil”, da buoni Italiani, spesso si ironizza, derubricando la faccenda a questioni statistiche che poco hanno a che vedere col vivere quotidiano. Ma lui, il Pil (Prodotto Interno Lordo), sornione alla maniera orientale, aspetta sempre che passi il cadavere di noi ironici Italioti sul proverbiale fiume di parole del Belpaese.

Ma le chiacchiere stanno a zero, il PIL a -14 e passa.

La variazione acquisita del Pil per il 2020 è infatti negativa, pari a -14,3%. Così fa sapere l’Istat, dando conto del risultato che si otterrebbe nel caso in cui in tutti i restanti trimestri dell’anno si registrasse una crescita congiunturale nulla.

Insomma, pur con i quaranta gradi all’ombra di questi giorni, stiamo freschi.

“Dopo la forte riduzione registrata nel primo trimestre (-5,4%), l’economia italiana nel secondo trimestre 2020 ha subito una contrazione senza precedenti (-12,4%) per il pieno dispiegarsi degli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate”: è sempre l’Istat nel commento ufficiale alle stime preliminari del Prodotto interno lordo. “Con il risultato del secondo trimestre il Pil fa registrare il valore più basso dal primo trimestre 1995, periodo di inizio dell’attuale serie storica”, sottolinea l’Istituto. Si tratta quindi di un record negativo, un minimo storico.

La caduta registrata dal Pil nel secondo trimestre “è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i comparti produttivi, dall’agricoltura, silvicoltura e pesca, all’industria, al complesso dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta”, spiega l’Istituto di statistica.

“La caduta del Pil si colloca all’interno di un contesto internazionale dove le principali economie registrano riduzioni di analoga portata a causa del diffondersi della pandemia”, così l’Istat, sempre lei, nel commento alla stima sul Prodotto interno lordo italiano nel secondo trimestre del 2020.

Questi i dati. La Politica come reagisce? Con quel motivetto che ci pace tanto: parole, parole, parole.

E siccome chi scrive non è migliore di coloro che fanno le battute sul Pil, vi segnaliamo a pagina sette –nella consueta rubrica delle Interviste a Pranzo- un articolo che parla tanto di caduta del Pil, quanto di caduta del CaPil. Come leggerete, battute a parte, i due argomenti paiono connessi.

Buona estate a tutti.

Walter De Stradis

 

 

 

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Cari Contro-Lettori,

secondo le proiezioni di Ires-CGIL a fine 2020 la Basilicata perderà l’11,2% del Pil con un calo del 2,7% dell’occupazione, ovvero 4.700 occupati in meno. Risulta inoltre che in Basilicata, nel periodo della quarantena, il blocco delle attività ha coinvolto imprese che incidono per il 27% sul valore aggiunto regionale, «danneggiando soprattutto i settori dell’automotive, del turismo, dell’edilizia e per il commercio»: nel primo trimestre le esportazioni hanno avuto una flessione del 17,2% e le importazioni del 18,3%. I dati, come accennato, sono contenuti del rapporto “La Basilicata tra e dopo il Covid”, realizzato da Ires Basilicata e Cgil, presentato a Potenza dal segretario Angelo Summa e dal direttore scientifico dell’Ires, Riccardo Achilli. «Le diseguaglianze nell’impatto della crisi non sono soltanto sociali –viene spiegato nel rapporto- ma evidentemente lo sono anche in termini territoriali. Le economie più fragili del Meridione d’Italia, benché meno colpite dal virus, rischiano, anche in ragione della forte dipendenza dei poli produttivi meridionali dai sistemi manifatturieri del Centro Nord, di scontare effetti più gravi». Ne consegue, secondo Summa, che «La Basilicata risente della politica economica e sociale al pari di altre regioni molto più colpite dal virus». E sono soddisfazioni.

«Com’è ormai ben chiaro –ha contemporaneamente illustrato il presidente di Confindustria Basilicata Francesco Somma- l’emergenza Covid 19 ci consegna una crisi senza precedenti: dal rapporto di Confindustria e Cerved, in collaborazione con SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, il 44 per cento del fatturato delle PMI lucane si concentra in settori in cui l’impatto della pandemia è molto intenso. Complessivamente, il calo del fatturato stimato per il 2020 rispetto all’anno precedente sarà del 13,5 per cento. La caduta di margini e ricavi, insieme ai potenziali impatti sulla struttura finanziaria, già di per sé fragile, delle nostre PMI avrà forti implicazioni sul rischio default che potrebbe interessare il 18, 6 per cento delle nostre realtà lucane. Percentuale che potrebbe salire al 24,6 nell’ipotesi di una eventuale recrudescenza del Covid-19 in autunno».

Sono questi soltanto gli ultimi “bollettini di guerra” in una regione al comando di un Generale in pensione (pur magari benintenzionato), ove gli unici dispacci diffusi hanno toni tuttappostisti (l’aggettivo “virutoso” è il più gettonato del momento), ma il morale della truppa (i cittadini, perché in guerra ci siamo primariamente noi) è basso, il rancio è tutt’altro che “ottimo e abbondante” e- se le previsioni ci hanno azzeccato- la gavetta di metallo sarà sempre meno colma. Ah, dimenticavo, in tutto questo confortante contesto, l’ufficiale medico, ovvero il direttore dell’ospedale più importante della Basilicata, annuncia (in procinto di fare ricorso al Tar) in Commissione consiliare che se i tagli della Regione dovessero perdurare, sarà lui poi a dover tagliare «tutti i servizi esterni e l’acquisto di materiale, bloccare il piano di assunzioni e ridurre tutte le attività di tipo territoriale (prestazioni ambulatoriali) che il San Carlo fa». E buon weekend a tutti.

Walter De Stradis

PS: l'immagine è tratta da "Fantozzi SUBISCE ancora"

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Cari Contro-Lettori,
con la stagione turistica ormai nel pieno, e con l’amaro contesto del Covid, periodicamente qui da noi ci si interroga su quanti VIP quest’anno sceglieranno la nostra regione, le sue spiagge, i suoi musei, le sue bellezze storiche ed artistiche. Ci si esalta nell’apprendere che un Gianni Morandi si è sparato un selfie a Matera e quasi (e sottolineo quasi) si rimpiangono gli scatti di un Salvini che esponeva il villoso, ma floscio petto sul canotto a Policoro.
Salvo poi accorgersi, che i VIP noi ce li abbiamo in casa, anzi, “fatti in casa”.
A leggere le indiscrezioni di alcuni quotidiani locali, infatti, sembra che gli inquirenti stiano cercando di appurare se –quando infuriava l’epidemia- alcune very important person lucane abbiano potuto usufruire (a quanto pare dal 17 marzo in poi) di “corsie privilegiate” nell’accesso ai tamponi, quando questi certo non abbondavano. Si cerca di capire, insomma, se qualche furbacchione ammanicato o ritenuto (o ritenutosi) “una personalità” di riguardo abbia potuto usufruire di questo vitale esame, pur in assenza degli allarmi necessari, e di conseguenza “passando sopra” a qualcun altro che ne aveva più urgente bisogno, e che poi magari per il Coronavirus ci è pure morto. Il Quotidiano del Sud ha parlato di “tamponi d’oro”. E’ un tipo di articolo, questo, che ad uno come Astronik sarebbe piaciuto molto scrivere, cittadino coscienzioso prima che pubblicista, animato da una viscerale e genuina sete di verità e di trasparenza (non motivata, cioè, dalle solite e tutte potentine manie di primadonnismo "social" o da ritorni economici e/o politici). Il “destino” beffardo (e la Magistratura scoprirà se è stato soltanto lui) ha però voluto che proprio Antonio dovesse pagare lo scotto più alto di un sistema generale che ha subito rivelato i suoi “bug” (per usare un termine informatico).
Si è letto che gli inquirenti sarebbero in possesso dei nomi dei presunti VIP. Ma d’altronde, siamo nel Paese e nella regione del “si salvi chi può”, del “se non ci vediamo più speriamo dipenda da te”, e del “lo fanno gli altri, vuoi vedere che proprio io…?”. E quindi sarebbe “naturale” (nel senso peggiore del termine) che qualcuno abbia cercato di pararsi il … suo profilo migliore nel momento di maggiore paura, e pazienza se magari qualche povero cristo se ne stava a casa in preda alla tosse e alla febbre, in attesa che qualcuno si ricordasse di lui.
Ma, attenzione, siamo solo all’inizio delle indagini e delle indiscrezioni che trapelano sulle pagine dei giornali, pertanto qui si è in presenza di mere e pure ipotesi e il ragionamento è esclusivamente accademico.
Se ci sono i nomi, e se si dimostrerà che un illecito o anche solo una “preferenza” è stata compiuta, è molto probabile che verranno fuori. Ma, ahinoi, è questa una regione in cui il tempo è particolarmente bravo a curare le ferite. A volte a cancellarle proprio. Perché il guaio dei Lucani è che essi dimenticano.
E la nostra è una città strana. Impossibile non citare Lucio Tufano ("La cultura dei corridoi, dello stipendio, dell'assitenza", leggete a pagina 11): «(A Potenza) Dai primi, secondi e terzi piani delle palazzine IACP condominiali, dai soggiorni e dalle “cucine degli italiani” e dai capodimonte, dai saloni con tappeti, acquario e piante grasse, escono fratelli e sorelle ingegneri, cugini architetti, nipoti medici e assessori, dottori in scienze economiche e commerciali». Possiamo star certi che –comunque vada- i VIP di cui sopra torneranno prima o poi a passeggiare impettiti per Via Pretoria, con la faccia di bronzo lucidata a dovere. La coscienza è un altro paio di maniche. Walter De Stradis

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Cari Contro-Lettori,

«quando una compagnia con i dollari incontra un popolo con le pezze al sedere, quello con le pezze al sedere è un popolo morto».

In effetti questa traslazione della famosa frase del film “Per un Pugno di Dollari” (che, insieme al titolo richiamato in prima pagina e a “Il Buono, il Brutto, il Cattivo” fa parte della cosiddetta “Trilogia del Dollaro” del regista Sergio Leone) può apparire un po’ ardita e pessimistica, ma la portata socio-economico-culturale dell’equazione rimane intatta, specie se si parla del “Far West” Basilicata.

La storia (vera) dei popoli nativi americani (che nei film di frontiera sono gli “Indiani”) sta lì a dimostrarlo: l’arrivo di una “potenza” su un territorio per alcuni versi in stato di atavica arretratezza, porta inevitabilmente alla soccombenza, si diceva soprattutto culturale e sociale, di quest’ultimo.

Ovviamente, se non ci si corazza in maniera adeguata.

E chissà come avrebbe musicato, il compianto Ennio Morricone (che aveva sublimato i film western del citato Leone e non solo) un lungometraggio sulla vicenda petrolifera lucana, dalle origini ai giorni nostri. Forse inizialmente sarebbe ricorso di nuovo ai famosi fischi di Alessandro Alessandroni, che avevano contraddistinto alcuni dei suoi temi più famosi, ma poi si sarebbe interrogato sul fatto che di “fischi” qui da noi (unitamente alle pernacchie) se ne registrano già tanti, e allora avrebbe optato per un altro suo marchio di fabbrica, il verso dei "coyote", animali che da queste parti prolificano in tutte le stagioni dell’anno (e che, com'è noto, vanno sempre in coppia).

Tuttavia, a sentire il presidente lucano di Legambiente –intervistato “a pranzo” a pagina 7- “Qualche dollaro in più” non risolve affatto la situazione, laddove occorrerà invece che Eni la smetta di fare l’Indiano («La proposta di una Energy Valley in Val D’Agri è a dir poco vergognosa», dice Lanorte) e decida di cambiare (non di voltare) faccia.

Lo stesso ci si attende, più o meno, dalla politica locale, che la faccia –almeno ufficialmente- l’ha cambiata, ma dalla quale è più che lecito pretendere qualche segnale di fumo (in senso buono).

E anche un po’ d’arrosto, magari.

Perché non dimentichiamoci mai -per citare un altro film della Trilogia del Dollaro musicata da Morricone- che «Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava». Chi, in questo momento, abbia in mano una pistola carica e chi solo una pala, decidetelo voi.

Walter De Stradis

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