- Redazione
- Sabato, 03 Ottobre 2020 08:49
di Walter De Stradis
Cinquantotto anni compiuti qualche giorno fa, il dottor Sergio Manieri è il Direttore dell’Unità di Pediatria dell’ospedale San Carlo di Potenza, nonché il Presidente regionale della Società Italiana di Pediatria.
D: Come giustifica la sua esistenza?
R: Non la giustifico, l’accetto così com’è. Il mio percorso non è stato facile, provenendo da una famiglia numerosa e molto umile di Tursi e avendo perso mio padre in tenera età.
D: E’ stato difficile per lei crearsi una posizione qui in Basilicata, ove regnano i baronati e i vari figli di papà (e mammà)?
Io ho studiato a Pavia e inizialmente non volevo più tornare (poi mi convinse mia moglie), proprio a causa di questa realtà da lei descritta. Una realtà dove NON regna la meritocrazia. E quindi sì, è stato difficile, ma ho portato avanti un mio percorso senza aiuti o “spalleggiamenti” di sorta.
D: Ma la politica l’ha mai cercata?
Sì e l’ho anche fatta: sono stato segretario provinciale di Italia dei Valori e mi sono anche candidato alla Camera nel 2001. Ma non ne ho tratto vantaggi per la mia carriera, anzi il contrario, sono stato ostacolato: i miei progressi li ho fatti quando dalla politica mi ci sono allontanato.
D: Quindi la Politica CONTA nei corridoi dell’ospedale…
Siiii, conta però se fai parte della politica “vincente”, altrimenti ne sei ostacolato.
D: L’ex dg Barresi è andato via dal San Carlo dopo mille polemiche. Adesso c’è il Commissario Spera. Che aria tira dalle vostre parti?
Ma guardi che tutte le direzioni che si sono avvicendate al San Carlo hanno comportato poco in termini di “salti di qualità”. Nel senso che sono state attente più agli aspetti amministrativi, che non clinici. Non influenzano l’attività dell’ospedale perché a mio avviso la vedono come un aspetto marginale. Come diceva un mio amico «Il san Carlo è diventato una grossa macchina amministrativa con ANNESSA una dependance clinica».
D: E scusate se è poco.
L’aspetto clinico dovrebbe essere al centro.
D: Ma se non positivamente, un direttore generale può comunque influire negativamente…
Beh, in capo a loro c’è comunque la responsabilità della gestione e del controllo. E oggi certo non è facile governare 500 medici e 1500 infermieri (con l’allargamento agli altri presidi sanitari del territorio).
D: La scorsa settimana il senatore pentastellato Lomuti è tornato sulle “morti anomale” al San Carlo, che sarebbero avvenute in piena emergenza Covid. Il nostro sistema sanitario ha saputo o non ha saputo reggere il colpo del Virus?
E’ un discorso che va fatto in un ambito generale: attualmente nel Mondo ci sono 27 milioni di casi, con un milione di morti; in Italia ci sono 300mila casi, con 26mila morti. Ne consegue che il virus non era facilmente governabile allora, che non era “atteso”, ma anche oggi, che lo è: le variabili sono molte, come le “comorbilità”, ovvero le altre patologie che vengono aggravate dal Covid.
D: Siamo alle porte della “brutta stagione” in cui circoleranno vari tipi di influenza, a prescindere dal Coronavirus. Ci dobbiamo aspettare un panico generale ogni qual volta un bimbo starnutirà?
In effetti la situazione si complicherà: ci saranno centinaia, migliaia di virus recanti ognuno diverse problematiche e sarà quindi già difficile discernere una virosi generica da un’infezione da Coronavirus. Pertanto, mai come adesso è necessaria una straordinaria alleanza fra i vari stakeholders che si occupano dei bambini: famiglie, insegnanti e pediatri.
D: Le famiglie?
Dovranno capire che se un bimbo è raffreddato o ha la tosse, a scuola è meglio non mandarlo (se ha febbre è chiaro che non ci può andare).
D: Gli insegnanti?
Devono relazionarsi coi genitori col maggior garbo possibile, invitandoli a non portare a scuola bambini che tossiscono o starnutiscono in classe.
D: E i pediatri?
Con l’autorevolezza della loro competenza, devono spiegare ai genitori che i raffreddori in generale non sono pericolosi. Famiglie, insegnanti e pediatri sono ciascuno una maglia della catena, e questa regge solamente se ogni pezzo fa il suo dovere. E’ l’unico modo di contenere il panico e l’allarmismo generale.
D: Mi risulta che alcuni genitori non stanno mandando i figli a scuola per precauzione. E’ un atteggiamento comprensibile o è sbagliato in partenza?
Secondo me è comprensibile, perché non tutti i sistemi sono pronti. In Italia si è deciso di aprire, d’accordo, ma bisogna procedere con la massima cautela possibile, ecco perché è necessaria quella “alleanza” di cui le parlavo prima.
D: Quindi il discorso: “un bimbo positivo = scuola chiusa” è la cosa migliore?
Se c’è un positivo, a rigor di logica, significa che potenzialmente ce ne sono anche altri nell’istituto. Una volta individuatone uno, non dico che bisogna chiudere la scuola, ma fare immediatamente il tampone ai contatti e a tutto l’entourage.
D: Dal punto di vista psicologico le risulta che i bambini possano aver subito un qualche tipo di contraccolpo per non essere andati a scuola per tanti mesi?
La scuola è un momento di aggregazione sociale, ma non credo che il lockdown abbia causato degli scompensi psicologici particolari, a parte qualche caso selezionato. La conseguenza è stata invece una grande voglia generale di tornare in classe.
D: Ma è ACCERTATO che i bambini sono meno soggetti a contrarre il virus? No, perché si è letto tutto e il contrario di tutto.
Sì, i bambini sono meno suscettibili di contrarre il virus: quest’ultimo entra nell’organismo attraverso un recettore (“ingannandolo”), che si chiama “Ace 2”; nei bambini questo recettore funziona meno e quindi il virus ha meno possibilità di entrare. Poi è noto che nei piccoli c’è un’attività immunitaria in fermento, per cui il loro sistema è in grado di bloccare prima il virus. Inoltre i bambini non hanno “comorbilità”, non sono fumatori, non sono esposti allo smog etc.: tutti fattori che contano.
D: L’assessore regionale è proprio un suo collega, il pediatra Rocco Leone. Crede che la gestione della sanità in Basilicata possa aver beneficiato del fatto che il suo referente politico è un medico? O trattasi di un’occasione sprecata?
In generale essere un medico per un assessore alla sanità può essere un vantaggio, se uno lo mette a frutto.
D: Se potesse prenderlo sottobraccio cosa gli direbbe?
Di cercare un’alleanza più forte con i medici e di stimolarli con più vigore, perché sono loro il primo presidio contro il virus.
D: Perché, finora non l’ha fatto?
Ma no, guardi, gestire questa emergenza non è facile per nessuno. E poi le dinamiche infettive hanno un loro percorso, c’entrano poco i meriti della politica. Sarò più chiaro: indipendentemente da chi governa, l’epidemia ha un suo decorso, tende a salire, poi ha un suo acme e poi tende a scendere. Chi governa può decidere le dinamiche di distanziamento, l’apertura o la chiusura delle scuole, delle discoteche… e non ritengo che fino ad ora l’assessore alla sanità abbia commesso errori su queste questioni.
D: Pertanto, quando la Basilicata è stata a lungo Covid-Free era principalmente per “merito” della scarsa densità demografica e per il comportamento dei cittadini (e non già per le misure politiche locali e nazionali)?
Sì è così: al primo posto c’è la nostra densità abitativa. Non mi risulta inoltre che la Basilicata brulichi di discoteche. E poi i Lucani sono persone che –perlopiù- si attengono alle disposizioni.
D: E’ possibile stilare una pagella del nostro conterraneo Ministro della Salute? C’è chi Speranza lo ritiene “un fortunato” per l’alta carica acquisita (fino a qualche giorno prima per lui impensabile), mentre altri lo reputano “sfortunato” per essere divenuto Ministro della Salute nel peggiore momento storico possibile.
Una calamità naturale del genere avvantaggia sempre i politici, perché alla gente non resta che affidarsi a loro. Pertanto, basta andare in televisione e dire: «Se trovo qualcuno in giro…»
D: «… vengo col lanciafiamme!»
Bravo, e il gioco è fatto. Tenga presente che TUTTI i sindaci e i politici che hanno detto qualcosa del genere sono stati RIELETTI.
D: Compreso Cosma, il sindaco della sua Tursi, che minacciava di “rompere il muso” ai trasgressori.
Infatti. Tornando a Speranza, anche lui ha beneficiato di questo vantaggio implicito. Se potessi, gli chiederei di tutelare sempre le classi sociali più in difficoltà di fronte al sistema, di organizzare meglio la sanità, anche se –per la verità- questa è governata soprattutto a livello regionale. Anzi, questo è proprio un aspetto su cui occorrerebbe lavorare, per evitare disparità –che ci sono- tra le regioni.
D: Leggendo i giornali cosa l’ha fatta più arrabbiare: i politici (assessori potentini compresi) che hanno preso il bonus di 600 euro o i presunti “vip del tampone” che ci sarebbero stati a Potenza (a discapito dei sintomatici non ammanicati)?
Per quanto riguarda i bonus io credo che sia stato perlopiù un fatto pragmatico, banale: il commercialista che intravvede questa possibilità, legale, per il suo cliente e la mette in atto, senza troppe riflessioni. Perché secondo me nessun politico avrebbe chiesto quegli effimeri 600 euro senza valutare le possibili, disastrose, conseguenze.
D: E i presunti tamponi ai vip asintomatici?
Beh, in una regione dove siamo congenitamente abituati a farci raccomandare pure per fare prima l’esame del sangue…!!! Guardi, è proprio il popolo lucano che è fatto così. “Vip” o meno. Io dico sempre che per cambiare la Basilicata occorrerebbe “trapiantarvi” la provincia di Bergamo (dove vivevo con mia moglie). Non è una questione politica, ma di mentalità: lei cita i “Tamponi ai Vip”, ma io sono convinto che anche il più accanito “accusatore”, se ne avesse avuto l’occasione, ne avrebbe approfittato.
D: La canzone che la rappresenta?
“La Guerra di Piero”.
D: Il film?
“Taxi Driver”.
D: Il libro?
“Anna Karenina”.
D: Fra cent’anni al reparto pediatria del San Carlo scoprono una targa a suo nome. Cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
«Al medico che ha fatto il suo dovere con passione».
D: In conclusione: ma non sarà che i politici lucani a volte fanno i bambini?
(Sorride) Ma se lei considera che molti di loro non hanno un mestiere, e che se non facessero la politica non saprebbero cos’altro fare…