- Rosa Santarsiero
- Sabato, 15 Dicembre 2018 10:01
In Italia un bambino su milleduecento nasce con la sindrome di Down, una condizione genetica responsabile di ritardi nello sviluppo mentale, motorio e fisico della persona.
Eppure tutti i bambini affetti da questa patologia, riconosciuta nel 1866 dall’omonimo ricercatore, sono in grado di raggiungere le medesime conquiste professionali, umane e formative di qualsiasi altro individuo. È quanto accaduto a Rocco, un ragazzo di ventitré anni di Pietrapertosa che, tutte le mattine, sale sull’autobus per raggiungere il bar Chico Cafe’ di Potenza alle otto del mattino. Rocco fa parte, infatti, di un progetto formativo della durata di venti giorni organizzato dall’Associazione Italiana Persone Down di Potenza e patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità. Le finalità del progetto sono molteplici: favorire l’inserimento lavorativo, sensibilizzare le famiglie dei ragazzi e l’opinione pubblica ma, soprattutto, scardinare l’idea che l’inserimento occupazionale delle persone Down dipenda da finalità terapeutiche, anziché da un contributo reale alla produttività aziendale. Abbiamo incontrato la signora Latorre, proprietaria del bar insieme al marito Massimiliano, la dottoressa Roberta Maulà, referente del progetto nonché tutor del nostro barista d’eccezione, e Rocco Zottarelli che, dallo scorso lunedì, partecipa attivamente alla vita lavorativa del bar potentino. La signora Linda Latorre ci ha spiegato il perché ha deciso di aderire al progetto di inserimento occupazionale promosso dall’AIPD. «Venti anni fa ho avuto modo di conoscere le attività dell’Associazione italiana persone Down, anche se una collaborazione vera e propria è nata da poco, e cioè quando ho deciso di organizzare un aperitivo all’interno del bar servito dagli stessi ragazzi dell’associazione. Uno stage formativo di venti giorni certo non consente al ragazzo di acquisire fi no in fondo le competenze professionali necessarie per esercitare questa professione, ma certamente lo aiuta a comprendere se è il lavoro più adatto a lui e, allo stesso tempo, può essere utile per noi datori di lavoro, in virtù di eventuali assunzioni a tempo indeterminato. Agli imprenditori di Potenza, indipendentemente dal tipo di attività, dico di vincere ogni timore o resistenza, perché queste persone rappresentano un valore aggiunto e un valido aiuto, e non una zavorra». La dottoressa Maulà è la referente del progetto di formazione, orientamento al lavoro e inserimento occupazionale delle persone Down per la sede di Potenza. A lei abbiamo chiesto quali sono le difficoltà che l’associazione quotidianamente incontra nel favorire la piena realizzazione di simili azioni di inclusione. «Ci tengo anzitutto a precisare che ogni tirocinio formativo si avvale della presenza costante di un tutor pagato dai genitori dei ragazzi e che, in aggiunta, tutti i soggetti coinvolti vengono prima preparati da noi durante un corso formativo di 10 incontri che li aiuta a conoscere le proprie potenzialità, le abilità alle differenti mansioni, o semplicemente a costruire un curriculum vitae. La formazione in Basilicata, a seguito della chiusura dell’APOFIL, viene svolta unicamente da enti che propongono un ciclo di lezioni d’aula di natura teorica, va da sé che per un soggetto affetto da disabilità mentale certo non è la soluzione più opportuna. I nostri ragazzi imparano sul campo, confrontandosi quotidianamente e dinamicamente con i compiti da svolgere. La nostra associazione si fa carico di ogni aspetto, dalla selezione degli imprenditori al disbrigo delle pratiche presso l’ufficio del lavoro, dallo studio della tipologia contrattuale da applicare alla presenza costante durante il periodo di tirocinio. Si tratta di compiti che, nelle altre realtà italiane, vengono svolti dalle agenzie di inserimento lavorativo regionali, mentre qui siamo noi ad occuparci di ogni aspetto, compresa una forma di monitoraggio permanente. Noi chiediamo anzitutto di rivedere la normativa dei tirocini, per far sì che ne venga estesa la durata e che i datori di lavoro non debbano pagarli in maniera spropositata,cosa che invece oggi accade. La formazione professionale in Basilicata, dopo la chiusura dell’APOFIL, non si sa chi è che la svolge e, comunque, i bandi che prevedono ore ed ore di lezioni teoriche non sono adeguati ai nostri ragazzi. Perché, invece, i normodotati vengono messi nelle condizioni di portare a termine i corsi di formazione e i disabili no? È questa, a mio parere, la vera discriminazione». Rocco è diplomato all’Istituto Alberghiero, con indirizzo di specializzazione in sala e bar, e tra un caffè e la pulizia quotidiana di tazze e bicchieri ha anche modo di entrare in contatto con i clienti scambiando qualche parola con loro. Rocco -ci ha confessato timidamente- da sempre sogna di fare il barista. L’augurio della redazione di Controsenso è che non solo lui, ma anche tutti gli altri ragazzi coinvolti nei progetti dell’Associazione italiana persone Down possano realizzare con successo ogni aspirazione o desiderio.