- Antonella Sabia
- Sabato, 13 Gennaio 2018 11:05
Il suo mondo è la danza, che pratica dall’età di 6 anni. I genitori, anche loro insegnanti di ballo, non lo hanno mai ostacolato, ma hanno voluto che finisse prima le scuole superiori per poi lasciarlo libero di andare a studiare fuori. Inizia così l’avventura di Giammarco Corrado, un ventottenne potentino, che dal capoluogo lucano è partito alla volta di Roma per cercare di raggiungere i suoi obiettivi. Oggi è in scena con il musical “On your feet”, ma sogna l’America.
Sei andato via “già grande”…
Sì, mi sono prima diplomato qui. A 18 anni poi sono andato a Roma, ho fatto un provino in un’accademia privata, dove ho vinto una borsa di studio al 100%.
Hai capito subito che questo sarebbe stato il tuo mondo?
Fin da piccolo mi sono avvicinato alla danza, il mio sogno era quello di andare fuori, di ballare in televisione, ed ero anche un grande appassionato dei balletti del teatro. Per un uomo, il ballo perlomeno qui a Potenza, ma in generale in Basilicata, non è uno sport usuale. Io in realtà ho fatto diversi sport, tra cui il calcio, il nuoto, il pattinaggio, basket e pallavolo. I miei genitori mi hanno dato la possibilità di fare tutto, ma soprattutto la libertà di scegliere.
Cosa hai trovato a Roma?
Sono andato a Roma consapevole di quello che volevo fare e mi sono impegnato molto. Quell’anno è servito molto per migliorarmi, lavoravamo ogni giorno, per 10 ore, tante lezioni con professionisti preparati che ti mettono in condizione di migliorare ma soprattutto di farti capire se fare il ballerino è quello che realmente vuoi fare. E poi lì a Roma vivevo da solo, i miei genitori mi hanno aiutato i primi periodi ma poi ho iniziato lavorare in una pizzeria nonostante gli orari dell’Accademia. Sono stato preso quasi subito nella compagnia di Giacomo Molinari, e mi sono accorto subito qual è la vita del ballerino.
E qual è la vita del ballerino?
Una vita di sacrifici, si lavora tutti giorni, ti confronti ogni giorno con tante persone. Devi essere molto modesto, gentile con tutti ma anche intelligente a capire tante situazioni. È un mondo molto particolare, in cui c’è tanta competizione.
Hai lavorato solo in Italia o anche all’estero?
Subito dopo firmato un contratto in Arabia, all’Opera House nella compagnia di Gianni Santucci con il balletto la Carmen. Al ritorno da questa bellissima esperienza mi sono reso conto che in Italia il balletto stava vivendo un periodo buio, contratti dimezzati e molto meno lavoro, anche i teatri chiudevano. Così ho fatto un provino come ballerino sulle navi da crociera, sono stato preso da questa compagnia tedesca, insieme a mio fratello, ballerino anche lui. Le navi da crociera sono delle città che galleggiano, all’interno hanno dei teatri veri e propri. Ho firmato tre contratti di seguito, e questa esperienza mi ha aiutato a capire che la danza non era solo modo per guadagnare, ma ho sfruttato appieno questa esperienza, girando il mondo e imparando 3 lingue.
Partire da una realtà piccola come quella di Potenza, ti ha creato qualche problema, nel confronto con altri ballerini?
L’arte ce l’hai o non ce l’hai, non la puoi comprare negli anni. I risultati arrivano se uno si impegna. Ed io sono partito da Potenza proprio per cercare di raggiungere livelli alti. Dopo le navi da crociera infatti, nel 2015, ho fatto un provino per l’Opera di Parigi, mi chiamano dopo tre giorni dall’audizione per dirmi che mi avevano preso e ho firmato un contratto di cinque mesi.
Quanto conta avere bravi insegnanti?
Tutti i miei maestri sono stati importanti, ma Luciano Melandri più di tutti, è stato fondamentale, mi ha messo sotto nel lavoro e mi ha insegnato che cosa fosse realmente il mondo della danza. Ho lavorato anche nella sua compagnia, l’ho seguito per il piacere di seguirlo perché mi piaceva molto il suo stile, e la persona che è.
E Potenza in tutti questi viaggi, ti è mai mancata?
Mi manca la mia famiglia più che altro, ma loro stessi sono consapevoli del mio lavoro. In quanto agli amici, ne ho alcuni qui, ma col tempo si perdono i contatti. Quando torno a Potenza mi sento perso, al di là della mia famiglia e dei ricordi di quando ero piccolo, la mia vita sento che non è più qua. Ad un certo punto mi sono detto che dovevo andar via perché qui non avrei mai raggiunto ciò che avrei voluto, e che in qualche modo sto facendo ora.
Hai qualche rimpianto?
No alla fine ho fatto tutto ciò che mi sentivo di fare, a volte ci sono riuscito, altre meno.
Hai mai partecipato a qualche audizione per Talent Show televisivi?
Ci ho pensato quando ero più piccolo, a 18 anni ho provato ad Amici ma parliamo di televisione, un mondo in cui ci vuole raccomandazione. Ero salito da poco a Roma, ero piccolo, non conoscevo nessuno ed ero anche abbastanza immaturo. In tv non ho mai provato ad entrare perché non mi interessa, mi piace proprio l’ambiente del teatro. La televisione è come la vedi, non è reale, non hai contatti mentre a me piace salire sul palco e guardare negli occhi il pubblico
Ma fino a che età si può fare il ballerino, quindi di conseguenza come vedi il tuo futuro?
Ho maestri che hanno ballato oltre i quarant’anni, ma è una questione di testa. Continuare a ballare, studiare tutti giorni, mettersi continuamente alla prova. Se il corpo va, ma la testa dice no, potresti fermarti anche solo a trent’anni.
Ti piacerebbe insegnare o aprire una scuola tua?
Mi piacerebbe in ogni caso rimanere in teatro, come assistente coreografo o regia. Già adesso quando mi chiamano a fare qualche stage, insegno, lo faccio per me, per mettermi alla prova e far vedere agli altri quello che io per primo ho imparato.
Quali sono le ultime “fatiche” di Giammarco?
Dopo Parigi, mi sono trasferito a Berlino, per il musical Tarzan. Sono stato scelto dalla commissione della compagnia della Stage Entertainment, una compagnia internazionale, figlia della Brodway. Mentre ora sono nel cast del musical On Your Feet di Gloria ed Emilio Estefan, sempre con la compagnia Stage entertainment e sono l’unico italiano nel cast. Siamo in Olanda, ad Utrecht nel teatro Beatrix.
Un sogno nel cassetto?
Il mio sogno rimane comunque quello di andare in America. In particolare a New York, dove si può esprimere al meglio non solo la danza ma l’arte in generale.