- Redazione
- Sabato, 29 Gennaio 2022 09:16
Cari Contro-Lettori,
mercoledì scorso, una volta attraversati i Calanchi e –a distanza di alcuni anni dall’ultima volta- raggiunta Aliano (provincia di Matera), subito ci sono riaffiorate alla mente le immagini del film di Francesco Rosi, cioè prima ancora di quelle evocate dal romanzo originale di Carlo Levi (ovviamente, parliamo di “Cristo si è fermato a Eboli”). Chi scrive appartiene alla progenie dei cine/tele-condizionati, e tant’è, nel passeggiare sotto la casa-confino (politico) dello scrittore e pittore, la memoria (fotografica) è andata subito a ri-cercare gli stessi muri, gli stessi vicoletti e le stesse finestrelle sfiorate dal pensoso Levi-Gian Maria Volontè del lungometraggio.
Per la verità, il film fu girato -nel 1979- non solamente nel paesino che fu teatro della vicenda storica, bensì anche nei vicini Craco e Guardia Perticara (con qualche puntatina anche in Puglia). Al regista serviva probabilmente uno scenario che meglio rendesse -ancor più della sola Aliano, evidentemente- lo straniamento che doveva aver colpito allora il torinese Levi, trovatosi all’improvviso al cospetto di un paesaggio malandato, quasi marcito, e alieno (e lo “spaccato” di Craco vecchia offerto nelle scene iniziali del film è davvero sconcertante), e di gente –inizialmente- imperscrutabile.
Col sindaco di Aliano, ospite della nostra rubrica di interviste “a pranzo”, abbiamo anche discusso delle polemiche circa la presunta obsolescenza dell’immaginario e del patrimonio “leviano”, visto e considerato che –dicono alcuni fra i critici del “levismo”- la Basilicata è ormai lanciatissima nella modernità, e non è più quella scalcagnata, disperata e rugginosa terra dei ricordi dello scrittore e pittore torinese, che vi aveva forzatamente soggiornato ormai più di ottant’anni fa.
Probabilmente, e non è ponziopilatismo, le contraddizioni che caratterizzano il modus vivendi (e operandi) di questa regione rendono davvero arduo prendere una netta e chirurgica posizione circa la reiterazione o riproposizione di una certa iconografia.
Limitiamoci infatti a osservare che se negli anni 30 del Ventesimo secolo, la nostra terra era “l’impoverished region” (per citare i titoli di testa in inglese della versione integrale e restaurata della Rialto Films), in cui si veniva “confinati”, cioè ove si veniva mandati per punizione (per ragioni politiche), oggi la Basilicata con tutti i suoi piccoli borghi, è una meta turistica ambita e promozionata (giustamente) come tale; un accogliente rifugio ove si viene dunque “per premio” (etero o auto-concesso che sia); un set naturale, storico e meraviglioso in cui le produzioni cinematografiche e televisive ormai fanno a gomiti, e non solo quelle didascaliche, documentaristiche o di denuncia (persino il muscolare James Bond ultima generazione è venuto a fare qui le sue ultime acrobatiche scorribande). Tuttavia, siamo ancora lungi dall’essere diventati, nei titoli di testa, una “enrichened region”.
Ma cosa ne è stato di quei paesi che offrirono le location a quel commovente, suggestivo, lunghissimo film di Rosi?
Dopo i fasti (?) di Matera (e dei suoi Sassi) –la quale, da quel “serraglio umano” che nel film aveva sconcertato la sorella di Levi (interpretata da Lea Massari), è diventata Capitale Europea della Cultura 2019- oggi tocca proprio ad Aliano (ri)proporsi come candidata a Capitale Italiana della Cultura 2024 (e per larga parte, in forza al lascito di Levi). Guardia Perticara, dal canto suo, ospita gli uffici di una grossa compagnia internazionale, la Total, impegnata nelle estrazioni petrolifere lì nei pressi. Fato diverso è toccato però a Craco vecchia, che da paese “fantasmagorico” che era ai tempi del film di Rosi è nel frattempo diventata in tutto e per tutto un paese “fantasma”, cioè abbandonato (ma quanto fascino, però).
Tuttavia gli “abbandoni” che affliggono e angustiano la nostra terra oggi sono ben altri.
Oggi i “confinati” lucani sono di due tipi.
I primi (intercambiabili con i secondi) sono i giovani (e non) lucani costretti (oggi come allora) all’esilio in altre regioni o all’estero per conclamata anemia di opportunità nella loro regione; i secondi (intercambiabili con i primi) sono tutti quelli che rimangono qui, confinati in casa loro, costretti a convivere da decenni con una folla di onnipotenti racco-mandati e racco-mandanti, incapaci e indolenti (ma non facciamo di tutta un’erba un fascio: ci sono pure gli incompetenti).
Satira a parte, che voi si appartenga alla prima o alla seconda categoria, sappiate che siete, in ogni caso, anche voi confinati “politici”. Walter De Stradis