- Walter De Stradis
- Sabato, 02 Febbraio 2019 10:03
“Non tutti sanno che” (chiedo venia per l’incipit da Settimana Enigmistica) in Val D’Agri –centro nevralgico delle estrazioni petrolifere lucanerisiede ormai da tempo l’ex ministro del commercio e degli affari esteri del Venezuela. Reinaldo Figueredo, un atletico ottantenne dai tratti aristocratici, è venuto a vivere nella nostra regione con la consorte (originaria proprio di Marsico), col preciso scopo di studiare una terra più unica che rara, la nostra.
Come presidente onorario, inoltre, è riuscito a far accreditare a livello mondiale il Gruppo Lucano di Protezione Civile, che oggi è consulente dell’ONU in tema di “resilienza”, argomento assai caro a Figueredo. L’ex politico centroamericano, divenuto cittadino italiano, si side al tavolo e risponde a tutte le nostre domande, col volto ombrato -inevitabilmente- da una visibile inquietudine per quel che sta attualmente accadendo nel suo Paese natale.
Come giustifica la sua esistenza?
Sono arrivato in Italia, una quindicina d’anni fa, proprio quando gli Stati Uniti rifiutarono l’idea di un programma di sviluppo umano, dunque il mio è stato un vero e proprio ritiro. Con mia moglie –venezuelana di origini lucane (l’ho costretta a un’emigrazione “al contrario”)- abbiamo scelto l’unico posto in Europa capace di annoverare la presenza dei quattro vettori di sviluppo: energia, acqua, ambiente ed “economia della conoscenza”: la Basilicata e, nello specifico, la Val d’Agri.
Lei ha subito cercato di dare un contributo alla nostra “causa petrolio”, come intellettuale ed esperto.
Certo, io ho ottant’anni, non sono mica in cerca di fama o danaro. Ho subito provato a condurre qui i più grandi esperti in tema di sviluppo, energia, ambiente, economia e conoscenza. Vede, quando sono arrivato in Basilicata, circa quattordici anni fa, ho partecipato a un primo incontro -stimolato dall’allora consigliere regionale Rocco Vita con il senatore Bubbico: la mia proposta era farlo confrontare con grandi esperti in campo petrolio, tuttavia lo stesso Bubbico -che inizialmente aveva detto “ok”- è riuscito poi a liquidare tutto, piuttosto malamente, devo dire. Successivamente, con De Filippo, siamo riusciti a fare una cosa interessante, parlando in termini di petrolio. Qui, infatti, non veniva applicata la cosiddetta Misura Zero, attraverso la quale le compagnie sono obbligate a elaborare alcuni dati come le matrici di aria e acqua, in maniera tale da poter avere un confronto reale tra le condizioni di inizio dell’estrazione e quelle del durante e dopo l’attività stessa. Ciò non era mai avvenuto in Basilicata prima dell’insediamento all’Arpab di Raffaele Vita. Il primo comune ad avere applicato la Misura Zero è stato Marsico Nuovo, a Pergola 1, su iniziativa mia, del sindaco e anche delle compagnie. Quindici giorni dopo –snap! (schiocca le dita – ndr)- Raffaele Vita è saltato.
Oggi su cosa occorrerebbe farLI “ragionare”?
In questo momento vorrei discutere con la gente dell’incremento della produzione del Centro Oli, che è un dato assolutamente positivo, perché ci dà gli elementi giusti per rinegoziare le condizioni in termini di contropartite: addirittura potremmo raggiungere la quota dei cinquemila barili al giorno, e non è una cosa da poco, considerando le carenze dell’Italia in termini di energia. Siamo fra i più vulnerabili.
Ma la Basilicata come sta affrontando la questione petrolio?
Molto male. C’è stato un primo incontro sul tema, circa tredici anni fa, fra l’allora governatore De Filippo e un gruppo influente di esperti, ma in quella stessa occasione lui si è limitato a proferire un discorso di circostanza, di pochi minuti, per poi salutare tutti e andare via. Non sono stati ascoltati subito alcuni miei consigli, come quello dell’istituzione di un Osservatorio Ambientale. Quando la Banca europea di investimento ha concesso circa venti milioni di euro all’Eni, lo ha fatto con un preciso scopo: l’istituzione dell’Osservatorio ambientale, mentre nella realtà quei fondi sono stati utilizzati per tutt’altro scopo (Agrobios etc.). Probabilmente non l’hanno ritenuto importante, tanto è vero che l’Osservatorio, praticamente, è rimasto una proposta su carta. L’assenza di infrastrutture, inoltre, acuisce una totale mancanza di fiducia. Qui ognuno fa il suo gioco: l’Eni continua a fare utili, la Regione a incassare royalties per mantenere lo status quo ed erogare qualche finanziamento alle società e il territorio rimane incapace di organizzarsi. E così, è stata effettivamente inaugurata una sorta di Osservatorio Ambientale a Marsico Nuovo (ma c’era solo la struttura), tuttavia in seguito è diventata una Fondazione, di stanza a Potenza e a Matera, ma cosa faccia di concreto non saprei dirlo. Loro si limitano a prendere i dati dall’Eni –che vanno anche bene- ma io voglio verificare anche altri indicatori, come lo stato di salute dei cittadini e la qualità dell’ambiente.
Se fosse una partita di calcio tra i cittadini e le compagnie petrolifere, quale sarebbe il risultato attuale?
Dieci a zero. Per le compagnie petrolifere, ovviamente. E i motivi sono tre: un allenatore che non esiste, giocatori individualisti e persone che non sanno fare il loro lavoro. Quando ho parlato a chi di dovere in Regione, chiedendo loro di mostrarmi le “curve di produzione”, mi hanno risposto: “Che???!!!”. E io ho pensato “Oh, mio Dio…”. È ovvio che le compagnie petrolifere mirano al massimo profitto, tuttavia sono le curve di produzione (un mix di quelle delle compagnie, dello Stato e della Regione) che definiscono nel dettaglio quanto puoi andare a estrarre senza avvelenare il pozzo o esaurire prima le risorse. Quando si parla di riserva di petrolio, come quello che esiste qui (leggero e pulito, magari ce lo avessimo in Venezuela!) si parla di riserva primaria. Successivamente ci sono la riserva secondaria (ove necessitano attività per stimolarne la fuoruscita) e poi così la terziaria. Qui in Basilicata non è dato sapere in quale percentuale si parla di fonti primarie, secondarie o terziarie.
Abbiamo parlato d’incapacità, incompetenza e forse anche mancanza di volontà della politica e della burocrazia. Ma i cittadini, sula loro pelle, cosa stanno ricevendo dal petrolio?
Assai poco. Ci vorrebbe una conoscenza più approfondita, da parte del governo regionale, di cosa fare nei confronti delle compagnie. Qui, invece, si verifica l’esatto contrario, nel senso che è l’ente Regione a recepire le direttive dalle compagnie stesse. E stop. Le royalties, che qui tengono in piedi le spese correnti regionali e non vengono impiegate per lo sviluppo, sono comunque ridicole. In Bolivia, cinquant’anni fa, e cioè quando hanno iniziato a sviluppare le politiche estrattive, c’erano delle royalties al 50%, e non certo al 7%: e glielo dissi a De Filippo!
A quanto dovrebbero ammontare le royalties in Basilicata?
Almeno al 30%. Con le compagnie si può e si deve parlare, ma se non gli vengono posti i problemi, non saranno certo loro a farlo di propria iniziativa. Io, al momento, chiederei una negoziazione seria, pretendendo subito di passare dal 10 al 30% di royalties, ma per poi scendere anche al 15%, man mano che –in cambio- con l’attività estrattiva si concretizzano alcune condizioni di valore aggiunto, indispensabili per il territorio – programmante congiuntamente come l’incremento lavorativo, un miglioramento delle reti infrastrutturali e tanto altro ancora. È una “giocata”politica complessa, ma si può fare.
…una giocata che non si vuole giocare?
Sì, perché per il Nord noi non contiamo nulla, mentre i politici locali non si sono mai posti il problema. E invece avremmo diritto a una sorta di federalismo energetico. Quando Kofi Annan era segretario generale all’Onu, presso l’Organizzazione mondiale di commercio e sviluppo, con sede a Ginevra, si cercava di riequilibrare un po’ le discussioni tecniche e legali tra i paesi in via di sviluppo. Io ne ero direttore e ho lavorato con l’economista argentino Raul Prebisch che, a sua volta, suggeriva una valutazione sugli aspetti economici, sociali e ambientali. Quando mi hanno chiesto di tirare fuori una conclusione sul perché alcuni paesi in via di sviluppo non riescono ad inserirsi in questo filone, come può essere il caso della stessa Basilicata, sono giunto alla conclusione che la globalizzazione attuale non favorisce quel che si definisce uno sviluppo UMANO sostenibile. Ci sono quattro vettori strategici che escono fuori dall’indagine dell’Onu, voluta dallo stesso Kofi Annan: il primo riguarda l’energia, il secondo vettore è l’acqua (la gente continua a fuggire da alcuni paesi, come l’Africa, non solo per le guerre, ma specialmente per la siccità); il terzo vettore è l’ambiente e, infine, il quarto è “l’economia della conoscenza”, poiché senza istruzione e formazione non si può trovare un’occupazione.
E noi Lucani potremmo/ dovremmo fare “poker”.
Unica in Europa, la Basilicata li ha tutti e quattro. Ed è il motivo per cui sono qui, come studioso. Ci sono in pieno i primi tre vettori e anche un po’ del quarto (tramite le tante agenzie operanti sul territorio come l’Enea e l’Arpab). Il problema è che i direttori generali fanno ciò che gli viene ordinato dalla politica…
Con Pittella ha mai parlato?
Sì, quando ha deciso di chiudere l’Osservatorio Ambientale a Marsico. L’ho messo in guardia sulle possibili conseguenze, ma rimane una delle stupidaggini più grandi, perché l’Osservatorio deve insistere nei luoghi in cui avvengono le estrazioni.
Con queste premesse, come vede la Basilicata tra dieci o venti anni?
Fuori, morta. Per incrementare la conoscenza ci vuole un’offerta universitaria capace di impedire la fuoriuscita degli studenti, quello che in economia si chiama valore ritenuto. Bisogna trattenere i giovani, motivandoli con maggiori opportunità. I giovani lucani si dividono in due categorie: quelli che vanno via e quelli che si affi dano al politico di turno, chiedendogli un lavoro, anche se poi aspettano per anni nella piazza del paese in attesa che ciò accada realmente.
Se lei potesse prendere sotto braccio il prossimo governatore, cosa gli direbbe?
Di fare una vera politica di sviluppo con energia, acqua, ambiente ed economia della conoscenza. Gli aspetti dei quali le parlavo poc’anzi.
Lei è d’accordo ad estendere le royalties anche ai comuni non interessati dalle estrazioni?
Assolutamente sì, ma tutto dipende da cosa si offre. Le royalties non devono diventare un conto corrente, bensì fonti di sviluppo. Ci sono dei comuni come Calvello o Guardia Perticara che sono bellissimi, ma vuoti, poiché privi di attività e di persone.
Dunque il problema più grande –stringi stringi- è la qualità della classe politica che ci rappresenta?
ASSOLUTAMENTE SÌ. Quando sono venuto a vivere in Basilicata, a Marsico Nuovo, ho invitato alcuni dei migliori cervelli, come il francese Tranvantin, il fondatore dell’Organizzazione mondiale del commercio, che si sono prestati a studiare la regione senza chiedere neanche un euro in cambio, per semplice amicizia e rispetto nei miei riguardi. Oggi non li invito neanche più, mi vergognerei, poiché non spenderebbero neanche cinque minuti del loro tempo a soffermarsi sulla situazione regionale con certi interlocutori.
La canzone che la rappresenta?
“Gracias a la Vida”, di Violeta Parra.
Il film?
“Gandhi”, con Ben Kingsley.
Il libro?
“Que diable allait-il faire dans cette galère?” di Moliere.