- Redazione
- Sabato, 05 Gennaio 2019 10:00
L’INTERVENTO - Ho visitato centinaia, se non migliaia, di posti e ho sempre rifiutato di seguire le indicazioni offerte dalle guide stampate o localmente o dal Touring Club; avrei avuto l’impressione di dover vedere ciò che era stato scelto da altri o non dal mio istinto, dalla casualità, dal “vagabondaggio” che spesso dà sorprese straordinarie.
Ma quest’anno ho dovuto arrendermi alle sollecitazioni di Franco Villani che, conoscendomi come uno degli innamorati più accesi di Matera (ho pubblicato sette libri sulla città dei Sassi, oltre duemila poesie e nessuna che si ripeta) mi ha proposto l’alternativa Potenza, facendomi dono di un volume ricco di fotografie, di testi e di note che spiegano e illustrano, che danno indicazioni preziose e invitano a percorrere i luoghi uscendo dagli stereotipi. Già, perché su Potenza pesa il luogo comune più barbaro: è una città brutta, mancano gli spazi, manca la storia… A sfatare per primo questo pregiudizio è addirittura Giovanni Caserta, sì, ho scritto il nome giusto, proprio il fedele storico e il figlio più legittimo di Matera! Evidente che qualcosa dunque è sempre sfuggito a chi, visitando la Basilicata, non si è soffermato a lungo su Potenza e anzi l’ha snobbata o si è fatto imbrigliare dalle dicerie. Personalmente devo dire che a Matera andai la prima volta ch’ero bambino, come ho raccontato in più d’una occasione nel dover “giustificare” la valanga poetica di “Matera e una donna”, ma andai a Potenza quando avevo più o meno venti anni, per donare del sangue. Sarà stato lo stato d’animo di chi è appena uscito da un ospedale, seppure per compiere una bella azione, sarà stata l’immagine dei grattacieli stagliati “impropriamente” secondo il mio sentire di poeta, non avvertii nessun richiamo, nessun afflato. E le donne, pur essendo belle e con un portamento austero ed elegante, non mi turbarono. A Matera avevo sentito più volte il fremito, la danza di sussurri che mi avevano acceso verso volti sublimi, verso corpi che sembravano sculture palpitanti. Questi però sono fatti personali, sensazioni, percezioni. Altra cosa è entrare a Potenza cominciando a conoscere la sua storia, visitare i musei, le chiese, gli scorci, partecipare agli eventi religiosi, letterari, artistici e musicali; altra cosa è vivere la Festa del Santo Patrono o salire le gradinate, varcare le antiche porte. In questo modo la città entra nel proprio immaginario e si svela, anzi si denuda in tutti i particolari, e mostra perfino le stimmate di una antica storia, addirittura più antica, a quel che apprendo, di quella di Matera. Insomma, questo libro di Villani, che poi è una “Guida Turistica”, mi ha riconciliato con Potenza e adesso ricordo per immediata associazione di sensazioni subito la meravigliosa Mostra di Giorgio De Chirico e non più la siringa e l’infermiera che mi tirò il sangue. Sentite come Giovanni Caserta è preciso: “Potenza va analizzata, percorrendola per vicoli e vicoletti; Matera va guardata dall’alto, nel suo insieme compatto. Potenza ebbe vita economica sociale e varia; Matera ebbe l’uniforme latifondo. Potenza ebbe una classe intermedia di artigiani, commercianti e dottori; Matera, divisa in due, ebbe padroni e servi. Potenza ebbe individualità; Matera ebbe il ceto chiuso dei proprietari e quello dei ‘foresi’. Potenza ebbe famiglie emergenti e palazzi, frammisti ai ‘sottani’; Matera, divisa in due, ebbe, distinti, il piano e i Sassi. Il piano si vergognò dei Sassi”. Due mondi diversi, dunque, due civiltà che hanno camminato con un passo assolutamente dissimile, inseguendo approdi lontanissimi tra loro. E dunque perché tra le due città c’è stata sempre la guerra? Ha scritto Rafael Alberti, il grande poeta andaluso, che quando gli veniva proposto di scegliere tra Madrid e Santa Maria di Cadice, dov’era nato, lui rispondeva che Santa Maria era la sposa e Madrid l’amante prediletta. Vi prego, non mi fate mai una simile domanda, vi scandalizzerei. Ma fatta invece a Franco Villani la risposta arriva decisa: “Potenza è fidanzata, amante e sposa”, ignorando completamente che gli era stato chiesto che cosa fosse Matera e che cosa fosse Potenza. Risposta radicale, come a dire che è bella soltanto Marilyn Monroe e silenzio assoluto su Brigitte Bardot. Dai, Franco, il tuo libro, così ben impostato, con un pullulare di notizie sempre interessanti, con immagini nitide e con particolari davvero affascinanti, mi ha riportato, giustamente, a Potenza in modo diverso da come c’ero stato prima. Ma per forza dobbiamo vivere Potenza tenendo vivo un paragone che non ha ragione di esistere? Sono due realtà, due entità che, pur essendo unite dall’appartenenza alla medesima regione, non hanno nulla in comune. Restando al paragone delle donne, sono due bellezze diverse e per farti dispetto ti dico che io, comunque, amo quel caldo materano che mi fa sognare sempre. Il caldo di Potenza ancora non mi è arrivato nel cuore, anche se sento lontani suoni di tamburi… Un rimprovero però ai potentini lo devo fare. Perché verso la fine del XIX secolo hanno esportato il p r o v o l o n e in Lombardia? Non hanno capito che i barbari lombardi non potevano mai rendersi conto del dono ricevuto? La provola impiccata è un rito che Dio in persona ha dato alla città verticale; i lombardi non hanno palato.
Dante Maffia, poeta calabrese candidato al premio Nobel