- Redazione
- Sabato, 02 Novembre 2024 07:00
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di Walter De Stradis
Con i suoi recenti trionfi ottobrini all’IBFF World Championship (la più grande manifestazione di Bodybuilding e Fitness alla quale hanno preso parte, in Slovenia, oltre 400 atleti provenienti da tutto il mondo), il trentacinquenne pignolese Stefano Rosa è giunto alla straordinaria quota di 5 titoli mondiali, di cui tre di categoria e due tra i professionisti, inserendosi nella strettissima schiera dei “Classic Body builder” più forti di sempre.
«L’ultimo campionato del mondo l’ho vinto pochi giorni fa in Slovenia, in una categoria che si chiama “athletic” (in cui avevo già vinto altre volte) e in più sono l’unico Italiano nella storia del bodybuilding, federazione IBFF, a vincere sia la Coppa del mondo sia il World Cup Pro (al Giffoni Film Festival nel 2023). Da quando ho iniziato questa carriera, sono un atleta di un metro e settantasei che gareggia tra i 68 e i 69 chili al massimo: dunque sono un atleta completamente pulito».
d - Cosa intende per “pulito”?
r - Come in tutti gli sport, capita di imbattersi in atleti che utilizzano sostanze dopanti pur di accrescere la propria performance sportiva. Io questa pratica non la faccio.
d - E’ legale, nel suo sport, usare sostanze dopanti?
r - Assolutamente no, come in tutte le discipline. Persino io, avendo vinto tanto, e gareggiando con molti atleti che fanno uso di doping, vengo etichettato come uno di loro; ma io riesco a batterli in maniera pulita, e non perché sono più grosso, ma perché nella mia categoria (ove vengono valutati definizione, volume e bellezza estetica), riesco a portare un corpo più vicino a una statua. Infatti, quando alcuni vedono in me il campione del mondo di bodybuilding, si sorprendono perché si aspettavano un gigante: un ragazzo con un fisico da modello, invece, per loro è una cosa completamente diversa. Per me lo sport è vita e salute, e non qualcosa che ti deve rovinare.
d - Ma le federazioni sono a conoscenza del problema doping di cui lei parla?
r - Tutte le federazioni ne sono a conoscenza. Pensi che esiste la gara per eccellenza (alla quale non sono ancora riuscito a partecipare, non avendovi una categoria), ovvero l’Olympia, beh, vi trovi atleti di un metro e settanta che pesano centotrenta chili! Per me, si vede che una cosa innaturale. Non nego che anche dietro l’atleta che usa doping ci siano sacrifici e rischi immani, una dedizione pari alla mia, ma sembra che per raggiungere certi livelli si debba far ricorso a quelle sostanze. Pertanto io sono rimasto un gradino sotto, nelle federazioni ove accolgono la mia categoria, pur di rimanere pulito e dedicare la mia vita allo sport e alla salute.
d - Però certamente non è l’unico atleta pulito di questo sport.
r - No, non sono l’unico. Tanti mi chiamano “la mosca bianca” nella IBFF, ma anche in altre federazioni in cui ho gareggiato ci sono atleti di assoluto livello, che purtroppo non ottengono grandi riconoscimenti dai loro enti locali, né vengono fatti conoscere. Questa è però una cosa tipicamente italiana: in Slovenia, fino a pochi giorni fa, ero una star, firmavo autografi, andavo ospite alle tv locali...
d - E in Italia nulla?
r - Peggio, siamo visti come la macchia nera dello sport.
d - Perché appunto magari c’è questa “visione” di atleti che si dopano, a cui interessa solo gonfiarsi, essere belli, praticando uno sport che tra l’altro non fa neanche bene alla salute.
r - E’ vero, è un luogo comune che dobbiamo curare. La palestra è per tutti. Pensi che in Slovenia abbiamo infranto un altro record: io e mia madre (Anna Colucci – ndr) siamo stati gli unici Italiani nella storia a fare la gara di coppia madre-figlio! Mia madre ha cinquantasei anni ed è risultata vice campionessa nella categoria mondiale “Miss Over 55”, e ha vinto un “Olympia Over 55” a Taranto nel 2024.
d - Quindi lei in realtà è figlio d’arte.
r - Assolutamente sì. Tuttora pratico calcio (il mio idolo è Francesco Totti) e arti marziali, ma ho legato queste discipline al bodybuilding -che preferisco chiamare “fitness” o “cultura fisica”- perché questo sport, a sua volta, lo consente. Se fossi stato un “fissato” del culturismo e basta, non avrei potuto certo praticare anche altri sport. Ripeto, interpreto il mio sport come unica fonte di vita e salute.
d - Quanti sono in Basilicata a praticare il bodybuilding?
r - Come praticanti siamo in netta crescita (anche in virtù del “richiamo” dei social), ma come agonisti siamo in pochi, in tutto saremo venti o trenta, a certi livelli.
d - Cosa NON si deve aspettare chi si approccia a questo sport?
r - I soldi. In tutti gli altri sport, quando uno vince una medaglia importante, Olimpiadi etc., riceve una “monetizzazione” da parte dello Stato. Per noi non c’è nulla, a differenza di quanto accade in Slovenia, Ungheria, Serbia, Francia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Spagna (tutti luoghi in cui ho gareggiato), per non parlare di India o Sudafrica.
d - E quindi lei che è professionista come guadagna? Con gli sponsor?
r - Da solo o tramite chi, come il qui presente presidente Caffaro, crede in me e nella mia “politica”.
d - Il presidente della Regione Bardi, però, le ha dato un riconoscimento.
r - Sì, si è documentato per verificare chi fossi davvero e poi mi ha premiato come Eccellenza Lucana nel Mondo. Contestualmente, però, mi ha detto che fondi per il bodybuilding non ce ne sono, al massimo mi possono essere riconosciuti in rimborsi spese per le gare. Ma in tutto questo, il presidente Bardi non c’entra, il problema è più generale: se da Roma non viene sdoganato qualcosa, il mio è un settore destinato a morire. E sarebbe un peccato, perché le palestre sono in netta crescita, e infatti l’unica arma che ho sempre avuto per promuovere la mia attività, ovvero la mia palestra, è stato cercare di ottenere più titoli personali possibile, entrando nell’elite nel bodybuilding.
d - A questo punto chiediamo a Sandrino Caffaro, presidente di ASC Basilicata (Attività sportive confederate), presente al pranzo, perché un giovane dovrebbe avvicinarsi al bodybuilding.
r - Come ha già detto Stefano, sarebbe più idoneo parlare di “cultura fisica”. Oggi anche lo Stato riconosce l’alto valore sociale dello Sport, che per i giovani è fondamentale dal punto di vista della crescita psico-motoria, ma che per questioni di salute lo è anche per gli anziani. La cultura fisica mira dunque a una costruzione del corpo a 360 gradi, pur senza dare indirizzi specialistici come disciplina sportiva, e a mio avviso è fondamentale.
d - Stefano, lei quante ore si allena giornalmente?
r - Mi devo adeguare rispetto ai miei impegni lavorativi, non essendo, come dicevo, un atleta che riceve emolumenti pubblici. A volte riesco a fare una “session” completa, diversamente la divido mattina-sera.
d - Un altro luogo comune sul bodybuilding è l’essere costretti a far palestra tutta la vita, se poi non ci si vuol ritrovare con parti del corpo sgonfie e flosce.
r - E infatti è un falso anche questo. Mio padre, che ha sessantacinque anni, ed è stato un personaggio di spicco del bodybuilding del passato (pur non avendo mai voluto gareggiare), oggi ha una forma invidiabile. Mangia sano, e si allena due-tre volte a settimana, tutto qui. Mia madre, che si allena massimo tre quattro-volte a settimana, fa persino le gare! A dimostrazione che questo è uno sport super longevo. E non solo: un medico, figura di spicco della mia palestra (la “Dynamik” - ndr), ha combattuto il cancro, salvandosi grazie a uno sport sano e pulito. Questa è una disciplina che, fatta in questo modo, favorisce una vita più sana e longeva. Il mitico maestro Alfani -uno che a suo tempo ha battuto Schwarzenegger in Canada!- ha ottantasette anni e sembra un ragazzino. Mi vede come un figlio ed è uno di quelli che mi chiama “la mosca bianca”.