- Antonella Sabia
- Sabato, 01 Settembre 2018 10:00
“Io e Paolo siamo entrambi salitori della Iaccara, io sono salito nel 2016, Paolo nel 2017. Lo abbiamo fatto dopo la morte di Agostino, per continuare la tradizione che forse sarebbe andata persa. In questa nostra salita siamo stati sicuramente ispirati alla memoria di Agostino e Donato (proprio questa settimana l’anniversario della scomparsa- ndr), la vorremmo dedicare a loro e al nostro maestro Senesi che ci ha insegnato la filosofi a della montagna, di andare senza guide, alla maniera antica, con sacrificio, anche aspettando anni prima di conquistare un traguardo”.
È il pensiero principale di Pio Belmonte, che con un altro potentino, Paolo Di Giovanni, il 19 Agosto hanno effettuato la salita del Monte Bianco (4810 mt. s.l.m.) dalla difficile e poco frequentata via “De Le Trois Mont Blanc” (Dei Tre Monti Bianco), dal versante francese, comune di Chamonix- Mont-Blanc. Abbiamo fatto una chiacchierata con Pio Belmonte, uno dei due scalatori potentini che fanno parte della sezione lucana della Federazione Arrampicata Sportiva Italiana - Ass. Sport. “Lucania Natura Verticale”
Ci racconti questa esperienza…
Non è la via normale francese per salire al Monte Bianco. È una via diversa, di difficoltà maggiore, soprattutto molto selvaggia e molto poco frequentata. Ci si trova a salirla in solitudine, le cordate sono pochissime. Per fare un esempio, sulla via normale nei weekend salgono all’incirca 200 persone, su questa via eravamo in 13, 4-5 cordate peraltro distanziate tra loro. La nostra cordata era composta da solo due persone, senza l’ausilio di guide perché adottiamo lo stile che ci ha insegnato il nostro maestro Antonio Ottelio Senesi: si arriva fin dove si riesce con le proprie forze.
Da quanto tempo vi allenate?
Da diversi anni, abbiamo fatto diversi 4000 su Alpi francesi, Italiane e anche Svizzere dove ogni massiccio ha tante vette da conquistare. Il Monte Bianco è la vetta massima. Noi ci alleniamo sia con l’alpinismo sulle Alpi, che sui nostri versanti Nord dove d’inverno la neve ghiaccia e ci sono condizioni simili a quelle estive dei 4000. Ci siamo allenati molto, soprattutto salendo le scale della nostra città, con uno zaino di 10-15 kg sulle spalle, ripetendolo per 6-8 volte.
Per chi non conosce questo sport, in sostanza in cosa consiste l’allenamento?
Esercitare tantissimo la resistenza, in salita però, che è diversa da quella in piano che si allena andando a correre al Pantano. Fortunatamente Potenza consente gli allenamenti anche in città, sulle scale, come vuole l’allenamento classico, antico ma pur sempre validissimo. Del resto, quando si diventa grandi, si lavora, non c’è altro modo di allenarsi; a 20 anni si può decidere di prendersi un anno per andare sulle montagne, ma per noi non è più possibile.
Cosa si prova a scalare una montagna in quelle condizioni?
Allora, questa è una via che abbiamo scelto di ripiego, perché già nel 2014 provammo a scalare il Monte Bianco dalla via normale francese e non ci siamo riusciti: a 300 mt dalla vetta abbiamo dovuto mollare per eccessivo affaticamento, mal di montagna ed eccessiva lentezza della cordata. Abbiamo ripiegato su questa perché l’altra era troppo affollata e non c’era posto nel rifugio, per cui l’abbiamo cominciata con una grande paura, pensando al 2014, con in testa un altro possibile fallimento in questa via, che è molto più lunga e pericolosa, con difficoltà tecniche maggiori, perché ci sono passaggi di scalata su ghiaccio vivo, passaggi delicati, molto fisici e severi.
Quanto tempo si impiega?
La salita dura 9-10 ore, ci siamo bloccati a metà, perché una cordata di baschi si era fermata su un passaggio obbligato su ghiaccio molto ripido, erano nel panico, hanno bloccato anche noi, ed è stato un momento faticoso perché stare fermi a quell’altezza, in equilibrio sulle punte su una parete di ghiaccio è molto provante.
Quando si decide di affrontare un’arrampicata, quanta paura c’è e quanto questa può rappresentare un ostacolo?
Coraggio non è assenza di paura, l’abbiamo capito durante una riflessione che facevamo con Paolo mentre salivamo. Se uno non ha paura, non è difficile affrontare le sfide; è proprio quando si ha paura, che la sfida porta a più grandi soddisfazioni. Il coraggio è proprio questo: avere paura, ma riuscire ad andare avanti. Ne abbiamo avuta tanta in almeno 2-3 passaggi, in un punto a forte rischio caduta seracchi, abbiamo avuto paura sotto due montagne che ogni anno fanno diversi morti, abbiamo poi avuto paura di non arrivare in vetta perché a 400mt di dislivello dalla vetta eravamo veramente esausti. Abbiamo creduto di non farcela più, invece siamo andati avanti nonostante queste difficoltà. Può immaginare la sensazione di pienezza quando siamo arrivati in vetta.
Avete già qualche programma per il futuro? (Ride). Quando abbiamo superato l’ultimo passaggio pericoloso, la mia frase a Paolo è stata: “Questa via ci ha visti adesso e non ci vede più!”, però non lo so, mai dire mai.
Raggiungere la vetta vi ha spronato a fare meglio?
Non è stata forse la più difficile, ma sicuramente la più soddisfacente. È uno di quei traguardi che possono dare senso a una vita. Vedremo in futuro…