- Walter De Stradis
- Sabato, 06 Ottobre 2018 09:04
Cari Contro-Lettori,
una volta o l’altra, sarà capitato anche a voi di incontrare quell’amico o conoscente musicofilo che vi ha spiegato la differenza fra il suono del cd e quello dell’ellepì. E magari avete anche ascoltato. In questo caso, avrete sicuramente appreso che il vecchio vinile è caratterizzato da “solchi”, che visti alla lente d’ingrandimento appaiono come vere e proprie, sinuose, onde sonore; al contrario, le “tracce” del supporto digitale sono delle “riproduzioni”, se non proprio delle “imitazioni” di un suono. In sostanza, un compact disc non emette onde sonore, ma “dice” al computer o allo stereo quali suoni produrre. C’è una bella differenza, vi avrà spiegato il vostro amico, un po’ nerd, nostalgico, inconsolabile e un po’ rompiscatole. Certo, vi avrà detto, l’ellepì ha dei difetti (il fruscio, i graffi , la puntina che salta, la canzone che si “inceppa”), mentre il cd ha un suono più “pulito” e apparentemente “ad alta fedeltà” (“uno vale uno”, insomma, master e riproduzione): ma vuoi mettere –ha sicuramente insistito il musicofilo- “il calore” della musica che proviene da un vinile? Andrea Di Consoli, scrittore che ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata “Discoteche”, evidentemente questa differenza la conosce bene: tanto da mettere sul piatto del suo giradischi, ultimamente, qualche vecchio “padellone” targato Pd. Per molti un’etichetta discografica ormai fuori moda come la Motown o I Dischi del Sole, o quantomeno seriamente minacciata dai fruitori della democrazia (musicale) digitale, che con le loro chiavette USB sono stati artefici e protagonisti di un recente, apocalittico, giro di vite. Vero: il mangianastri che per decenni ha suonato sempre la stessa tarantella lucana, da par suo, il nastro se l’è mangiato eccome (anche questo sarà capitato un po’ a tutti), ma quelli come Di Consoli (pentito e disperato per aver sparato sul Pianista Democratico, e che si dice anche pronto, eventualmente, a scendere in campo) potrebbero rappresentare una prima avanguardia di un “revival”, anche abbastanza “folk” (nel senso di “popolare”), che a sua volta potrebbe riservare delle sorprese in superclassifica. Gli “Inconsolabili” (banale gioco di parole col cognome del noto scrittore, lo ammettiamo) potrebbe essere il gruppo (di suonatori/ elettori). “Si stava meglio quando si stava peggio”, il loro ritornello. Anche perché –dicono i maligni e soprattutto temono i digimusicanti- i Lucani sentono la (nuova) canzone e non se la comprano. Rimaniamo sintonizzati. Ne sentiremo delle belle.
Walter De Stradis