- Redazione
- Sabato, 20 Maggio 2023 08:50
di Antonella Sabia
Si è svolto martedì scorso presso il Palazzo della Cultura a Potenza l’importante “Seminario sulle indagini digitali” organizzato da SILP CGIL (Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia) e ONIF (Osservatorio Nazionale Informatica Forense), che ha offerto una panoramica sulle principali sfide e opportunità nel campo delle indagini digitali, andando a porre particolare attenzione sulle ultime tendenze e sulle innovazioni tecnologiche, grazie alla presenza di esperti del settore che hanno condiviso esperienze e discusso di soluzioni e strategie possibili. Solo qualche settimana fa, su queste stesse pagine, si era discusso di questi temi con il segretario generale SILP CGIL Basilicata Francesco Mobilio (Sovrintendente Capo della Polizia di Stato) e con il segretario Pasquale Di Tolla (Sostituto Commissario della Polizia di Stato).
All’evento dello scorso 16 maggio era,presente, tra gli altri, lo stesso Presidente dell’ONIF, Paolo Reale (tra l’altro anche consulente del noto programma televisivo “Quarto Grado” su Rete 4).
A nostra domanda diretta sulle “due velocità” -nell’ambito delle nuove tecnologie- che corrono tra forze di polizia (nonché autorità giudiziaria) e criminalità organizzata, ha affermato: “Ci sono tante sfaccettature diverse e l’Italia è proprio tappezzata con competenze e risorse che cambiano a seconda della regione, del luogo e della città di riferimento. È vero, ci sono alcuni ambiti in cui l’autorità giudiziaria non è al passo con i tempi, mancano risorse e competenze, ma talvolta anche fondi, perché stiamo parlando di una materia in cui necessitano degli investimenti. Dall’altra parte, la criminalità, ci sono delle strutture che sono davvero attrezzatissime, all’avanguardia. La situazione, quindi, è abbastanza frastagliata, non univoca, ma quello che manca molto è la sensibilità, in particolare a livello politico, su come sta evolvendo questo tema, non solo sulle frodi informatiche, ma anche sulla sicurezza e sulle indagini digitali”. Reale ha accennato poi anche alla questione degli emolumenti -non sempre adeguati- per i professionisti, laddove invece la criminalità organizzata non bada a spese. “Mancano investimenti sulle competenze, ma anche sui professionisti. Per esempio, un consulente che lavora per una Procura. o che fa il perito per un giudice, è pagato “a vacazioni”, cioè periodi di due ore in cui si guadagna quattro euro l’ora lordi. Questo cosa significa: che i migliori consulenti tendono a lavorare per i privati, cioè presso chi è disposto a pagare la competenza che sta acquisendo, mentre quelli che lavorano per le procure molto spesso tendono a fare più lavori, proprio per riuscire a ottenere un corrispettivo dignitoso, semplicemente per vivere. Questi prezzi sono stati valutati 40 anni fa, non sono mai stati aggiornati in nessuna occasione legislativa. Spesso si dice che il professionista che mette a disposizione le sue competenze nell’ambito del processo non deve essere strapagato perché comunque lo fa per una questione di giustizia: è vero, ma quattro euro l’ora sono oggettivamente indecorosi”, ha affermato Reale.
Con Reale noi di Controsenso abbiamo poi anche discusso sulla necessità di coniugare le esigenze di giustizia con il diritto alla privacy del cittadino. “Sono stato invitato alla Seconda Commissione Giustizia del Senato non più tardi di un paio di mesi fa, poiché era in corso l’acquisizione di una serie di informazioni e hanno richiamato una serie di stakeholder per raccontare la situazione dell’Italia. Mi sono reso conto che c’è una scarsa sensibilità del legislatore sul tema, mi auguro che all’esito di questo ascolto possano cominciare realmente a mettere in fila tutte le problematiche. Oggi come oggi, anche per reati minori, è prevista la possibilità di mettere un Trojan sul telefono, ma il Trojan è come un far west, perché alcuni sono in grado di modificare il contenuto del telefono. Oggi non succede, ma potenzialmente funziona in questo modo. Pertanto è necessaria una legislazione che tenga conto da un lato dell’esigenza del cittadino sulla privacy, e dall’altro bisogna capire quali sono le effettive funzionalità che devono essere messe a disposizione, anche a seconda della gravità dei reati, e capire laddove intervenire con strumenti così invasivi della privacy (perché stiamo parlando di uno strumento che se inserito sul cellulare, si accorge di qualunque cosa, da quando sono in bagno o a letto con mia moglie, o in una qualunque occasione sociale). Il punto è: a quale titolo questa spia mi segue dappertutto, se non ho commesso reati gravissimi? E’ un equilibrio che deve essere trovato, insomma, ma ancora non ci siamo. Spero che si possa arrivare a formulare qualche ipotesi un po’ più circostanziata. Come tecnici siamo sempre stati a disposizione per dare il nostro contributo, ma anche su questo c’è poca capacità di cogliere: il mondo digitale e le regole di funzionamento d certe cose, infatti, sono diverse dal mondo reale”.
In materia di sinergia, criticità e futuro, tra polizia giudiziaria, ausiliari, CTU e CTP nelle indagini digitali, ha relazionato il Dott. Pier Luca Toselli, Luogotenente Guardia di Finanza CFDA: “C’è indubbiamente un gap tra le tecnologie a disposizione dei criminali e quelle degli inquirenti, colmabile solo attraverso l’interazione ad alto livello tra tutti gli attori che sono chiamati in gioco (polizia giudiziaria, CTU, CTP, ausiliari, avvocati, ma anche la magistratura stessa), sempre se in maniera trasversale hanno uno scambio di esperienze, di informazione e di nozioni. Questo è l’elemento che può aiutarci a contrastare i fenomeni criminali che sono sicuramente un passo avanti a noi. Da cosa bisogna cominciare? L’informazione è fondamentale, ma tutto deve essere incrementato: dai fondi, alla formazione, alla presa di consapevolezza della realtà””. E circa la consapevolezza da parte della politica su come la criminalità si sia digitalizzata nel tempo, il dottor Salvatore Filograno, super-perito, ci ha riferito: “Penso ci sia ancora molto ignoranza, poca divulgazione di questo settore e questi segnali servono per dare un’impronta diversa a chi ci segue, per capire quali sono le difficoltà che si incontrano oggi per bypassare, ad esempio, un blocco sul telefono quando i criminali ci mettono una password”.