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di Walter De Stradis

 

 

 

 

La loro ultima creazione, in ordine di tempo, è stata un simulatore di “slittovia” -attrazione che verrà effettivamente inaugurata a Castelmezzano il 25 aprile prossimo- portato alla BIT di Milano per illustrare l’iniziativa. I tricaricesi Giuseppe e Paolo Fedele, di professione “creativi”, ormai da anni si muovono tra progetti multi-mediali che hanno a che fare tanto con la tradizione quanto con l’innovazione. Fra questi, vanno citati almeno: il documentario sul “Canto Popolare di Tricarico”; un altro realizzato per i cento anni della Congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico; tour immersivi per la valorizzazione del patrimonio religioso della loro Diocesi; eventi per gli anniversari di Rocco Scotellaro (nell’ambito di “Matera 2019”). I due fratelli, inoltre, gestiscono da anni la comunicazione e la promozione di eventi per la Pro Loco Tricarico, tra cui il famoso Carnevale.

d - Partiamo dal lavoro sul “Canto di Tricarico”, che ha visto il coinvolgimento, tra gli altri, del cantore Antonio Guastamacchia. In Basilicata si registra musica “sul campo” dagli anni Cinquanta, perchè quest’altro, ulteriore, documento?

GIUSEPPE(G) - Il canto popolare, in sè, non ha un autore singolo, ma è un lavoro di comunità. Ancora oggi, tuttavia, quello nostrano è molto “inquinato” da pizzica salentina, canti calabresi e pugliesi; pertanto volevamo mettere un punto fermo su ciò che fosse autenticamente e sicuramente di Tricarico (non a caso molti canti sono “a cappella”). E da lì ripartire, magari seguendo l’esempio di Major Lazer che, muovendosi dal campionamento di brani indiani, ha poi fatto altro.

PAOLO (P) - A proposito di “tradizione”, noi siamo sempre più innamorati del concetto di “continuo tradimento”, cercando di non fossilizzare il “com’era”. Anche nel Carnevale e in altri nostri progetti, ci preme sempre inserire il discorso “innovazione”. In quel caso specifico, però, ci interessava fissare un “punto zero” per poi capire in quale direzione può andare la nostra tradizione.

d - Ma tutto questo lavoro, me lo chiedo da tempo, ha poi un reale valore in Basilicata? Matera 2019, ad esempio, è stato un grande calderone di eventi e di progetti, ma alla fine la nostra regione ne esce più arricchita, in qualche modo, o torniamo sempre al punto di partenza?

G - Mah, dal canto nostro riteniamo ci sia sempre bisogno di uno sguardo “esterno”, al di fuori della nostra “bolla” comunicativa. A volte, cioè, arriva qualcuno esterno che ci fa innamorare delle nostre cose o che, magari, ci dice anche ciò che non funziona.

d - Cioè noi Lucani non siamo buoni giudici di noi stessi?

G - Ma no, è una cosa insita all’uomo. Di solito uno cambia atteggiamento - e molto spesso capita anche gli artisti- quando arriva una “spinta dall’esterno”, che riconosce il tuo valore.

d - Ma tutta questa recente attenzione sulla Basilicata (mi riferisco anche alle serie tv e ai film girati in regione, persino a Potenza) ha portato lavoro a professionisti “creators” come voi?

G - No, in generale, non ci arriva “l’indotto”. Tuttavia, noi che con Matera 2019 ci abbiamo lavorato, siamo in grado di dire che non è vero che sul territorio non ha lasciato nulla. La stessa Tricarico, in quel contesto, ha avuto cinque eventi.

P - Il punto, però, qual è: è vero, manca un indotto che ti possa connettere con gli altri creativi e con gli organizzatori, però molto dipende anche dai lucani stessi. Si tratta di saper “intercettare” o meno. Noi, a Tricarico, abbiamo portato, tra l’altro, “Il buon compleanno di Scotellaro” (in occasione del 95esimo); essendo presenti nel web team di Matera 2019, abbiamo saputo intercettare, accorgendoci che gli eventi non stavano andando granché bene. Così proponemmo a Palo Verri di portarli in provincia, e lui colse l’opportunità. Da quella riflessione, nacque anche il progetto “Capitale per un giorno”, che coinvolse, a turno, i comuni.

G - Tuttavia, il coinvolgimento esclusivo dei comuni, e non anche delle associazioni, fu un primo limite. Le amministrazioni, oberate come sono di urgenze quotidiane, anche spicciole, non hanno la lucidità per capire certe proposte. In quel contesto, cioè, non è facile capire quale messaggio un paese di 500 abitanti può lanciare all’Europa intera. Si poteva coinvolgere, insomma, tutto un mondo intellettuale, che in Basilicata certo non manca.

d - Proprio Tricarico, con Scotellaro, Infantino, Delle Nocche ...beh, è uno dei riconosciuti centri nevralgici di questo mondo di storia e cultura. Tutto ciò crea anche un po’ di responsabilità?

G - Dovrebbe (sorride). Non sempre, però.

P - L’ambiente di Tricarico, come ben sa, è “pepato”, e a volte pratica l’auto-sabotaggio.

G - E’ lo “zero a zero”. Una cosa molto lucana, in realtà. Se tu fai goal, io devo provvedere ad annullartelo, piuttosto che segnare anch’io.

P - E’ una cosa che non fa crescere i creativi lucani. L’abbiamo visto con Matera 2019, la scena creativa e culturale si era riunita, ma c’è sempre voluta una spinta “esterna”. “Basilicata creativa” adesso è un altro cluster che comunque funziona, ma ci manca sempre un progetto per metterci insieme.

G - A proposito dello “zero a zero”, ho fatto una riflessione osservando il manifesto del “Carnevale Potentino” e mi sono chiesto: perché non investire quei soldi e mandare la gente nei paesi dove fanno il Carnevale, piuttosto che crearne un altro? Oltretutto, uscire e conoscere il territorio è sempre una cosa positiva.

d - Ma questa è forse una riflessione che andrebbe fatta a livello regionale, non di comuni, perché ognuno cerca di fare il proprio lavoro.

G - No. Ma perché mai ogni comune deve credere di essere autosufficiente in tutto? Non c’entra la Regione, bisogna comportarsi come tra fratelli.

d - Cioè Potenza dovrebbe rinunciare al suo Carnevale per favorire quello di Tricarico?

G - Sì, ma anche a beneficio di quello di Satriano etc. Ma, ripeto, deve essere una logica “tra fratelli”. Non c’è bisogno di una Regione che ti dica di farlo, devi capirlo da solo. Visto che le risorse di questa “famiglia” sono poche, andrebbero distribuite secondo una logica: a te i servizi, a te quest’altro...

d - Lei dice: Potenza ha già i servizi, a noi lasciateci il Carnevale...

G - Per i comuni ci sono solo quattro occasioni all’anno per far venire i turisti e agevolare i negozi locali, se gli leviamo anche quello...

d - E quindi alla Regione, per la promozione di eventi culturali e turistici, non chiedereste nulla? Va tutto bene?

P - No, non va tutto bene, ma alla Regione spetta proiettarci su un altro livello, al di fuori del territorio.

d - E viene fatta questa cosa?

G - No, anche se con Matera 2019 c’è stata l’esperienza di internazionalizzare e di convogliare nel territorio intellettuali e creativi esteri, che magari qui si arricchiscono culturalmente, e poi tornano. So di musicisti che ci sono tornati a spese proprie, in Basilicata. La Regione, ecco, dovrebbe capire che quella è una “best practice”, intercettare i creativi e dire loro: “sparpagliatevi”.

d - Se un domani vi assegnassero un incarico politico o amministrativo (non si sa mai), quale sarebbe la prima pratica sulla vostra scrivania?

G - Io lavorerei sull’accessibilità, in senso totale. Non solo sulle strade, ma anche sui vicoli, su tutte queste “chianche” che non sono accessibili nemmeno a un passeggino. Guardi, la “provincia”, in generale, ci porta a capire che la competitività tra le città non ci appartiene. L’unico aspetto “competitivo” deve essere la vivibilità, quella deve essere garantita.

P - Io creerei delle borse di studio “sola andata”, per tutti coloro che qui si sentono stretti, per consentire loro di andare via.

d - Nella Basilicata dello spopolamento? Ma poi ci vorrebbe una borsa di studio per farli tornare!

P - No, no, no. Se ne dovrebbero andare e basta. E’ un esperimento.

d - Sì, ma quale vantaggio ne trarrebbe la Basilicata?

P - Che quelli che rimangono non vengono più infastiditi e resi tristi dagli scocciatori.

d - E chi sarebbero gli scocciatori?

P - Tutti quelli che si lamentano, che stanno scomodi, che non si trovano bene nei paesini o a Potenza e Matera. Bisognerebbe dar loro quei soldi, per farli stare fuori, almeno sei mesi. Mi rendo conto che è un rischio: all’inizio si potrebbe pensare di perdere anche 200mila abitanti.

G - E’ stato fatto un esperimento del genere in Islanda, e ha dato i suoi frutti.

P - Si crea l’ambiente giusto, uno spazio in cui risiedono soltanto gli ottimisti, coloro che hanno accettato le regole dello stare in Basilicata, ovvero strade e servizi un po’ così. Ma lo accettano. Noi l’abbiamo fatto, e tenga conto che spesso, a Roma o altrove, ci è stato proposto di trasferirci. A Roma, se ti trovi in un bar e racconti di aver inventato un algoritmo, magari alle tue spalle c’è un investitore che subito ti assume, a Potenza, invece, ti rispondono di trovarti un lavoro serio.

d - Da tempo siete tra gli organizzatori del Carnevale di Tricarico, che ha preso il via il 17 gennaio scorso, con la festa di Sant’Antonio Abate.

G - Evento che ci piace definire “a dismisura” di turista. Lo facciamo sempre in quella data, in qualsiasi condizione atmosferica, e sempre alle cinque del mattino. Ma da buoni “integralisti” riconvertiti, non lo vogliamo spostare in date più “favorevoli”. Ci sono dei tempi morti? Non ce ne frega nulla. Così è, se vi piace. E’ un evento soprattutto per noi.

d - Scusi, ma prima non diceva che a Tricarico voleva i turisti?

G- I turisti li vogliamo all’ultimo giorno del Carnevale e al raduno delle maschere antropologiche, che si fa a giugno. Se vogliono venire a gennaio, sono i benvenuti, ma non ci devono scocciare.

P - Anzi, da alcuni anni noi proponiamo di vestirsi, di essere parte della mandria. E siccome i costumi costano, si potrebbe creare un “indotto”. Invece di spendere i soldi per la settimana bianca, vieni a Tricarico e ti vesti da toro, o da vacca.

d - Facciamo un passaggio su Antonio Infantino (col quale avete collaborato): da quando è scomparso, il “patrimonio” che rappresenta, è adeguatamente valorizzato a Tricarico?

G - C’è un circolo Arci a lui intitolato, che ha avviato alcune attività. Ma tenga conto che per molti Infantino è ancora presente, così come lo è per noi. Pertanto è ancora presto, e noi non abbiamo fretta. Perché, tra l’altro, dare ordine e priorità a tutto ciò che ci ha lasciato, non è facile.