- Redazione
- Sabato, 09 Novembre 2024 07:05
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di Walter De Stradis
Forse, più che un giornalista, per descrivere la bellezza sfolgorante del contesto, ovvero la Sellata, ci sarebbe voluto un poeta (ma bisognerà accontentarsi). E’ infatti in quella splendida e coloratissima cornice, che abbiamo incontrato -al Parco Ricevimenti Hotel Pierfaone (di cui è direttore)- il presidente dell’Associazione Cuochi Potentini, Donato Pessolani.
d - Presidente, la sua associazione esiste addirittura dal 1975.
Sì, l’anno che viene compieremo cinquant’anni. Rappresenta tutti gli associati sul territorio, tantissimi colleghi professionisti che ne fanno parte da tanto tempo, ma anche molti allievi, ai quali si cerca di trasmettere i valori della professione del cuoco.
d - Però l’associazione è aperta, mi pare di capire, anche agli amatoriali, agli appassionati di cucina.
r - Esattamente, vi partecipano anche amatori e tutti coloro che si vogliono avviare al mondo della cucina e delle ristorazione. L’associazione nasce preminentemente per rappresentare la nostra professione, con particolare riferimento alla trasformazione dei prodotti del territorio. Noi siamo paladini, portiamo la Basilicata fuori dai confini, attraverso i prodotti che ci offre.
d - Mediaticamente parlando, questo è un momento in cui la cucina, i cuochi, gli chef, hanno grande visibilità; sono dappertutto, disseminati in moltissimi programmi televisivi. Il messaggio che arriva ai telespettatori è sempre quello giusto?
r - Occorre distinguere. E’ vero, oggi la televisione ci offre una grande vetrina e il cuoco non è visto più soltanto come uno “spadellatore”, trattandosi invece di un uomo di cultura che trasforma i prodotti in un certo modo, rispettando il territorio e gli abbinamenti utili a un’alimentazione più corretta. Pensi alla citatissima “dieta mediterranea”, che ben rappresenta ciò che facciamo noi. Però, come dicevo, bisogna distinguere lo “show” che appare in tv, dal mestiere vero e proprio, che rimane dietro le quinte, ove c’è tutta una conoscenza, un sacrificio, una dedizione, impiegati affinché i clienti si sentano bene. Tra l’altro noi lucani siamo ottimamente rappresentati in Federazione nazionale, in virtù della presidenza di Rocco Pozzulo, fattore che contribuisce alla visibilità del cuoco lucano a ogni livello.
d - Ambasciatori dei sapori lucani, ma -abbiamo detto- anche dei valori. In che modo?
r - Abbiamo cucinato in vari posti del mondo, Brasile, Francia, la settimana prossima saremo a Tirana. Il punto è far conoscere il nostro prodotto in modo tale che anche all’estero noi si venga riconosciuti come terra di coltivazione: abbiamo il peperone di Senise, il canestrato di Moliterno, il formaggio podolico, i fagioli di Sarconi. Ci sono poi gli abbinamenti coi vini dell’Aglianico e le trasformazioni che proiettano all’esterno l’immagine di una Basilicata che ESISTE e che è foriera di grandi prodotti.
d - Ma c’è un minimo comune denominatore, fra tutti questi prodotti, che differenzia la cucina lucana da tutte le altre?
r - Credo che la nostra differenza risieda in una cucina, tra virgolette, povera. La patata rossa di collina, assieme al peperone, per i nostri contadini rappresentava il cibo da portare in campagna quando si andava a lavorare. Pensi al nostro strascinato, con peperoni cruschi e mollica di pane: nasceva da un grano di grande qualità, quello del senatore Cappelli e poi, il pane che avanzava, sbriciolato, con un po’ di olio extravergine, magari di Ferrandina, andava a comporre, assieme a una sbriciolata di peperoni, un “piatto povero”, ma saporito e consistente.
d - A proposito di “povertà”, la vostra associazione è stata spesso protagonista di “pranzi sociali”, come “U muzz’c d San Gerard”, tenutosi qualche giorno fa.
r - Per noi, essere a disposizione anche di chi non può avere un pranzo fatto per bene la domenica, è fondamentale. Prima di Natale ripeteremo un’esperienza simile all’Hospice. Si cerca di lenire un po’ di sofferenza per queste persone, facendole sentire bene a tavola, all’interno di una giornata diversa dal solito.
d - Questi pranzi solidali che immagine vi restituiscono a proposito della povertà nel capoluogo?
r - Il problema c’è dappertutto. Noi giriamo un po’ tutte le regioni d’Italia e a Potenza, come in tutte le città, ci sono persone che hanno bisogno di essere aiutate, accolte, integrate. Noi, come associazione, ci occupiamo del lato cibo, ma poi avremmo bisogno di tante altre realtà -e anche forse della politica- affinché queste persone possano essere accolte in maniera dignitosa. L’altro giorno, in occasione del “Muzz’c”, è stato bellissimo: c’eravamo noi, il vescovo, il sindaco, l’assessore Mongiello. Tutti insieme, disponibili a far vivere questa bella giornata. Serviamo un po’ tutti, ecco.
d - Come associazione avete qualcosa da chiedere alla politica?
r - La ringraziamo, la politica, perché -per quel che ci riguarda- sono sempre molto disponibili. Non è una risposta di facciata: ovunque siamo andati, abbiamo chiesto il loro sostegno, e sono sempre al nostro fianco. Credono nei cuochi e nel fatto che possiamo esportare la conoscenza della Basilicata. Guardate che il nostro lavoro, oltre a quello di cucinare bene, è anche quello di far conoscere la regione!
d - Ai clienti lo raccontate, anche, il piatto?
r - Assolutamente sì. Spieghiamo come viene fatto il prodotto a chilometro zero, come si tratta, come si cucina, come si conserva...Il connubio politica e associazioni è molto importante perché la Basilicata, ahimè, non proprio è riconosciuta in tutti modi. E quindi, serviamo anche noi, ma abbiamo bisogno di aiuto. Ma sono convinto che riusciremo tutti in questo intento.
d - Ma il cliente vi chiede anche le “storie”, quelle di una volta, che ci sono dietro i piatti e le ricette?
r - Il cliente è MOLTO interessato a questo. Attenzione: fra vent’anni, i nostri figli e nipoti non sapranno più cos’è la pasta di casa, come si fa il maiale, come si prepara la salsiccia e si conserva la sugna. I clienti chiedono e noi ci stiamo applicando per far sì che le nostre tradizioni siano portate nel tempo.
d - Le faccio una provocazione: visto che ne siamo circondati, è immaginabile, in futuro, anche la nascita di un qualche “All you can eat” di cucina lucana?
r - Non giudichiamo mai il lavoro che fanno gli altri, ma la nostra non può diventare una cucina di massa. La nostra cucina va ricercata, vissuta, gustata. D’altronde, in questa Basilicata che propone un turismo all’insegna della vita “lenta”, della natura, della passeggiata, noi abbiamo bisogno di gustarli, i nostri piatti. Non si può massificare. Il prodotto di nicchia non lo trovi tanto facilmente, va ricercato e poi venduto, o servito, con una certa esperienza e qualità.
d - Due parole sulla location. Lei stesso ha denunciato, sulle nostre pagine, che non sempre la Sellata si è fatta trovare pronta all’appuntamento coi turisti che vogliono praticare sci da queste parti. Siamo alla vigilia della stagione: com’è la situazione?
r - Sembra che gli impianti si apriranno, sempre che arrivi la neve. Vorrei fare una premessa: oggi la montagna non è solo sci, l’impianto deve girare 365 giorni all’anno, perché la zona va vissuta in tutte le sue sfaccettature. Oggi, come può ben vedere, è una giornata fantastica d’autunno, da vivere con delle passeggiate. E qui serve la politica. Occorre dare una “accoglienza certa”, che si verifica se l’impianto gira tutti i giorni. Da parte nostra, stiamo cercando di dar vita a un consorzio, un’associazione di imprese, sia con Viggiano sia con Lauria, poiché la seggiovia è la montagna, non è solo “sci”, ma tutto un insieme. E la politica, così come sostiene i costi di un pullman che fa la tratta Abriola-Potenza, o Calvello-Potenza, dovrebbe sostenere i costi di un impianto che gira tutti i giorni e fa vivere la montagna. Altrimenti, diventa faticoso aprire “all’occorrenza”: non è un lavoro che si può fare “a bottone”. La politica DEVE sapere che in un contesto professionale, in presenza di questa offerta ricettiva a 360 gradi, i servizi servono tutti i giorni. La montagna va passeggiata, va vissuta. Qui abbiamo un clima pazzesco, fantastico, da vivere all’insegna della salute e del benessere, visto anche lo stress che c’è nelle città.
d - Mentre parliamo (è mercoledì – ndr), alla radio discutono della vittoria di Trump alle presidenziali USA. Cosa gli cucinerebbe, se fosse invitato alla casa Bianca, e perché?
r - In linea con quanto ho detto finora, userei il peperone crusco di Senise, il nostro pane, e la farina del grano senatore Cappelli. Gli cucinerei gli strascinati, che sono la nostra tradizione: olio extravergine, molliche di pane preparate a parte e aromatizzate; saltiamo tutto in padella, e aggiungiamo il cacioricotta nostrano. Secondo me, si farebbe bella figura. E Trump sarebbe ben contento.