lopez_e_de_stradis.jpgdi Walter De Stradis

 

 

Quando, ogni

notte, negli

studi romani

di Via Teulada,

un ospite di

Sottovoce” sceglie il “suo”

brano, è Dina Lopez ad

eseguirlo al piano e a cantarlo.

Ebolitana di nascita,

«orgogliosamente venosina»

d’adozione, residente a

Potenza da sempre, la cantante

e maestra di canto, da un paio

d’anni, nel celeberrimo salotto

televisivo di Gigi Marzullo su

Rai Uno, sta probabilmente

vivendo il momento più felice

della sua già lunga carriera,

ma senza perdere mai di

vista i “valori” che la musica

può infondere alla vita. E

viceversa.

d- Come giustifica la sua

esistenza?

r- Lo scopo della mia vita è

fare del bene e credere in

Dio. Tutto ciò che faccio è in

funzione di Gesù.

d- E si può far del bene

cantando?

r- Assolutamente sì.

d- Sant’Agostino diceva “chi

canta prega due volte”. Più

in generale, invece?

r- Più in generale, la musica è

aggregazione, un momento

sicuro per voler del bene a

qualcuno. Pertanto credo che

essa stessa sia un dono di Dio.

d- Tuttavia, di recente, al

Premio “Brassens” di

Marsico Nuovo (lei era in

giuria), dal palco è stato più

volte detto che la musica pop

italiana di oggi ha preso una

deriva preoccupante, per

quanto attiene al contenuto

dei testi. Esiste dunque

anche la musica negativa?

r- Assolutamente sì.

d- E qual è?

r- La musica che non viene

guidata, curata, quella che

cresce magari in contesti...

in una società diversa da

quella in cui, fortunatamente,

abbiamo vissuto noi. I

contenuti pertanto spesso

sono sterili, e penso sia una

situazione irrimediabile.

d- Indietro non si torna?

r- Io credo di no. E ci ho

provato, anche, con i ragazzi

della nostra scuola di canto.

Molti non sono assolutamente

disposti a tornare indietro. Ho

trovato, con alcuni di loro,

una vera barriera; con molti

altri, per fortuna, si riesce a

trasmettere il concetto che la

musica è un’altra.

d- Certi ragazzi, insomma,

sembrano attratti da quella

Trap” (chiamiamola così)

con contenuti a volte anche

sessisti.

r- ...sessisti e pieni di parole

sconce. Non mi ci rivedo

affatto. La musica è anche

comunicazione, e comunicare

certi concetti sterili, e a volte

anche aberranti, per me non è

certo una cosa positiva.

d- Magari certi giovani

pensano che quello sia un

modo per avere successo

subito.

r- Purtroppo sì, e a volte

utilizzano persino un

linguaggio che io non capisco.

Ma noi siamo lì apposta, per

poterli ridimensionare, anche

e soprattutto dal punto di vista

tecnico.

d- Una volta perlomeno si

cantava.

r- (sorride) Infatti. La musica

di una volta prevedeva

le cosiddette “fioriture”:

melismi”, “acciaccature”,

mordenti”. Oggi sembra

quasi il contrario: se lei ci fa

caso, in un “Talent show”,

se un concorrente fa cose

del genere, viene subito fatto

fuori. Whitney Houston?

Sorpassata”. Christina

Aguilera? “Troppo blues”. E

così si privilegiano melodie

più “lineari”, con dei testi

a volte privi di significato,

con arrangiamenti sempre

uguali. Sono queste le cose

che piacciono nei “Talent”.

Ma anche le voci stanno

diventando tutte uguali, e

a volte è davvero difficile

distinguere un brano da un

altro.

d- Facciamo un passo indietro:

lei quando ha capito che

nella sua vita avrebbe fatto

la musicista di professione?

r- Devo tutto a mio padre,

il primo ad accorgersi di

questo mio, chiamiamolo

così, talento. A due anni e

mezzo già cantavo bene e a

tre anni e mezzo mi ritrovai

allo “Zecchino D’Oro” col

Mago Zurlì. Vinsi due volte

le selezioni regionali e poi fu

chiamata a far parte del Coro

dell’Antoniano di Bologna.

Ero già stata presa, mancava

solo la firma, ma purtroppo

questa cosa avrebbe stravolto

la vita della mia

famiglia e per

i miei genitori

non fu possibile

acconsentire.

d- La mette nel

c u r r i c u l u m

questa cosa

dello Zecchino

d’Oro?

r- Sa che spesso

mi dimentico

di farlo? Però

di recente

credo di averlo

scritto. Poi sa,

in verità, è mio

marito Stefano

che si occupa

di tutte queste

cose, perché io

spesso faccio

c o n f u s i o n e !

(ride)

d- Molti anni

dopo quella

d e l u s i o n e ,

però, si è presa una

rivincita”, approdando alla

trasmissione “Sottovoce” di

e con Gigi Marzullo.

r- Sì. E’ successo che ho mandato

un provino, ma devo dire

che nel corso degli anni ho

conosciuto diverse persone che

si sono rivelate fondamentali

per il mio percorso musicale.

Ringrazierò per sempre

Enzo Campagnoli (maestro

d’eccezione a Sanremo, dal

curriculum impressionante);

e poi ho avuto contatti con

Mario Rosini, con gente di

grande valore, insomma.

Tutto ciò mi ha convinto che

potevo andare avanti, e quindi

ho fatto il provino, e sono

piaciuta. Marzullo ha deciso

di farmi lavorare con lui.

d- Marzullo le ha detto

qualcosa in particolare?

r- Assolutamente no. E’ successo

che sono andata a fare questo

provino, e c’era il presentatore

di “Agorà”, Roberto Inciocchi

-che io stimo moltissimo- e

ho eseguito un brano di Pino

Daniele (“Vivo come te”). In

realtà quello doveva essere

solo un provino, appunto,

una “puntata zero”, e invece

è andato in onda!  Per me

è stata una vera e propria

apoteosi, mi sono commossa,

sulle prime non capivo

cosa stesse succedendo. Poi

finalmente ho realizzato... e

grazie a Dio sono ancora lì.

d- Fa la pendolare Potenza-

Roma?

r- Sì, e non so se mi trasferirò

mai. Vivere Roma è molto

difficile, ho notato. E poi

non vorrei lasciare la nostra

scuola di canto (“Pianeta

Voce”), che esiste da dieci

anni. Se me ne andassi,

lascerei i miei ragazzi in balia

delle onde.

d- In balia della Trap.

r- Eh sì! (risate). Ma non

generalizziamo, perché ci

sono artisti che comunque

valgono.

d- Lavorare in Rai con

Marzullo l’ha in qualche

modo cambiata?

r- Direi di no, perché io

vivo e continuo a vivere

nell’umiltà. Certo, è un lavoro

impegnativo, che non tutti

possono fare, in cui non ci si

può permettere di sbagliare.

d- A chi le piacerebbe

rivolgere una domanda

marzulliana”?

r- Non ci ho mai pensato.

Marzullo è introspettivo, e le

sue domande non sono mai un

caso. L’ho notato nel corso

delle puntate, quando gli

ospiti si fermano a riflettere,

perché vogliono rispondere

bene.

d- Le suggerisco allora la

domanda che sottopongo a

tutti: “Se potesse prendere

il presidente della Regione

sottobraccio, cosa gli

direbbe?”.

r- Eh. Purtroppo, credo che

qui da noi la musica debba

ancora crescere. Spesso

abbiamo umilmente chiesto

degli interventi, degli aiuti,

ma è difficile essere ascoltati.

Credo che ci voglia un po’ di

varietà nello scegliere anche

gli aspetti musicali e artistici.

Pertanto direi al Presidente:

Per piacere, ci vuole aiutare

a crescere? E magari aiutare

anche persone che non

possono permettersi di pagare

un corso di canto?”.

d- Lei ha fatto anche studi

di etnomusicologia. Se

non ricordo male, una sua

registrazione effettuata “sul

campo” ha portato anche a

una piccola scoperta.

r- Già. Francesco Foschino,

della redazione del giornale

MATHERA”, mi contattò

perché voleva delucidazioni

sul ritrovamento di un canto di

tradizione orale, che si diceva

fosse pugliese. Invece, grazie

ai miei studi -del 2000- sulla

tradizione orale acheruntina,

si è scoperto che quel canto,

presente nella mia raccolta,

potrebbe essere anche lucano.

Il condizionale in questi casi

è d’obbligo, ma l’articolo che

poi pubblicò“MATHERA”

aveva per titolo: «Un caso

risolto».

d- La mia domanda

tormentone: sarà mai

possibile creare qui in

Basilicata, così ricca di

tradizioni musicali, un

evento della portata de “La

Notte della Taranta”?

r- Penso di sì, ma, come dicevo

prima, ci dev’essere la

collaborazione della Regione

e dei comuni. Penso che il

problema sia quello: di natura

economica.