- Redazione
- Venerdì, 07 Giugno 2024 11:18
clikka sulla foto per guardare il video andato in onda su Lucania TV
di Walter De Stradis
Il cavalier Michele Prestera è il tipico
Levantino (è per metà Lucano e per
metà Venezuelano) dal piglio fattivo,
con i capelli e baffi bianchi che spiccano
sulla pelle olivastra. Dopo essere già
stato diverse cose (sindacalista di lungo
corso, vice sindaco a San Chirico Raparo,
nonché co-fondatore ed ex presidente del
Parco della Grancia) attualmente è presidente
del Centro di Solidarietà Don Tommaso
Latronico ETS, che dal 1991 si occupa di
sostegno alimentare, convenzionato col
Banco Alimentare della Campania. E’ inoltre
membro della segreteria regionale di UIL
Pensionati, con delega all’handicap e in
ambito culturale e storico ricopre la carica di
presidente del Centro Studi “Carlo Alianello”
APS.
D - Cavaliere, come giustifica la sua esistenza?
R - Grazie a Dio non mi sono costruito da solo
(sorride), ma esisto a seguito dell’incontro tra
mio padre e mia madre. Sono nato a Caracas,
Venezuela, ma sono cresciuto in un piccolo
paese come San Chirico Raparo; in questo
modo ho scoperto una serie di sollecitazioni,
provenienti dalla cultura popolare lucana,
dai rapporti di vicinato; si tratta di valori in
cui ancora mi riconosco, oltre all’esperienza
cristiana che ancora oggi mi sostiene in ogni
cosa che faccio.
D - Come nasce e di cosa si occupa il Centro
Solidarietà Don Tommaso Latronico?
R - Don Tommaso Latronico, originario di Nova
Siri, è stato il fondatore di Comunione e
Liberazione in Basilicata. Io lo conobbi
una cinquantina d’anni fa, 1973-73; ero un
operaio metalmeccanico, e rimasi affascinato
da questo suo progetto che allora si avviava.
Fui uno dei primi ad aderire a questa proposta
cristiana, all’insegna del “qui e ora”. Il
Cds è solo una delle tante realtà venutesi a
creare, ma ancora oggi assiste oltre cento
famiglie bisognose. Ma quella del “dono”
è solo una risposta fi sica; si tratta in realtà
del bisogno di condividere un’esperienza,
acquisendo maggiore consapevolezza di sé e
del senso della vita.
D - Cento famiglie riferite a quale territorio?
R - Potenza. Con la partenza, a settembre, del
Banco alimentare regionale, rafforzeremo e
allargheremo la nostra presenza.
D - Che tipo di assistenza offrite a queste
cento famiglie?
R - Oltre al fabbisogno alimentare, c’è un tipo
di sostegno, psicologico, che si traduce
nel rispondere a domande sulla vita,
dando risposte che in qualche modo fanno
risollevare la persona.
D - Quindi è vero che a Potenza la povertà non
è solo “economica”, ma anche e soprattutto
sociale? E’ vero che c’è molta solitudine?
R - Esattamente. E col Covid questa realtà si è
accentuata. La paura di avere contatti con
l’altro, porta alla diffidenza, che a sua volta
rende il clima sociale a rischio. Ognuno,
dunque, pensa di avere di fronte a sé un
“avversario”, il che rende molto difficile
collaborare, creare magari un’associazione,
un’attività culturale e quant’altro.
D - Alcuni suoi colleghi del sociale
lamentavano l’assenza di comunicazione
che in primis si registrerebbe proprio fra
voi operatori del settore (associazioni, enti
benefici e quant’altro).
R - Ed è così. Riallacciandomi anche alla
mia attuale esperienza nella Uil in ambito
disabilità, tempo fa ho scritto una lettera
a disagio, onde dar vita a un Osservatorio
comune, e abbattere questi muri di diffidenza,
di pregiudizio, questi “isolotti” che si sono
venuti a creare. Da solo nessuno può farcela.
D - Ma perché ci sono questi “orticelli” anche
nel volontariato? E’ un atteggiamento
tipicamente potentino?
R - No, io ritengo che ci sia proprio la paura
di mettersi insieme, la paura che qualcuno
possa invadere il campo dell’altro.
D - Associazionismo e volontariato possono
rivelarsi una “vetrina” per altri scopi?
R - Sicuramente. Purtroppo, l’esperienza
ci insegna che su certe vicende c’è chi
ha strumentalizzato e si è costruito una
postazione di potere. Tuttavia, io ancora
sostengo che se questa esperienza di amore
riesce a scavalcare certi ostacoli, insieme si
può ancora costruire e bene. L’uomo non è
fatto per vivere da solo; basta ritrovare il
senso genuino della solidarietà nei confronti
dell’altro.
D - Come Cds ricevete fondi pubblici? Come
vi sostenete?
R - Con il 5 x mille, tra l’altro siamo stati la
prima esperienza in Basilicata (parliamo
di fi ne 1991), e quindi -nonostante i fondi
non bastino mai- diciamo che una certa
“tranquillità” ormai ce l’abbiamo.
D - Si può tracciare una sorta di “identikit”
del povero dei giorni nostri, qui a Potenza?
R - Come dicevo, non mi fermerei alla questione
del fabbisogno alimentare: vedo delle
persone smarrite, sfiduciate, senza un senso
della vita, ingabbiate in una sensazione
da cui non riescono più a uscire. Il nostro
compito diventa quindi quello di sganciarli
da quella dimensione, esaltare la persona,
rimetterli in gioco riguadagnandoli al gusto
per la vita.
D - E come si fa a riguadagnare alla vita una
persona che è priva di speranze?
R - Standogli affianco, e non giocando sulla
dimensione umana (cosa che spesso accade).
D - “Non giocando sulla dimensione umana”:
sarebbe?
R - Se uno vive e si cimenta in un'esperienza
d’amore, è difficile che possa approfittarsi
di quella situazione stessa. Diversamente
accade se la vera intenzione è quella di
diventare un qualcuno o un qualcosa.
D - Chiarissimo. Cambiamo argomento:
Potenza è una città a misura di disabile?
R - No, per carità.
D - Perché?
R - Barriere architettoniche, mancanza
d’attenzione...questa è una città piena di
difficoltà, per i bambini, per i disabili, un
po’ per tutti. E’ una città che ha perso la sua
identità. E’ una città che avrebbe bisogno di
essere ricostruita.
D - Siamo a poche ore dalle elezioni comunali.
Il prossimo sindaco su cosa si deve mettere,
immediatamente, a lavorare?
R - Per cominciare, dovrebbe valorizzare tutto
l’ambito del Terzo settore. Perché? Perché
è quella dimensione che dà una risposta
immediata a un bisogno: disabilità, banco
alimentare, infanzia, terza età etc. E parliamo
sempre di volontariato, quindi non ci sono
per lo mezzo chissà quali interessi. Bisogna
lavorare insieme su una progettualità, per
avere una città più armonica.
D - Potenza si riprende se...?
R - Se si riparte dall’uomo, dalla persona
umana, dal cuore delle esigenze dell’uomo.
D - Veniamo alla questione Grancia che, dopo
qualche difficoltà, da un po’ di tempo
è ripartita. Come sta, oggi, la sua co-creazione?
R - E qui mi apre una ferita. Oltre a esserne stato
co-fondatore, sono stato anche presidente
dell’Associazione dei Volontari del parco
della Grancia. Partimmo da zero, quando di
associazioni e realtà dedicate a quel periodo
storico praticamente non ce n’erano. Col
tempo, anche alcuni volontari sono diventati
professionisti, nonché presidenti di varie
associazioni, dando vita a un indotto di
attività culturali e storiche molto importante.
D - Però?
R - Però, come sempre accade, qualcuno a un
certo punto ritiene di essere diventato la
massima autorità in materia, con tanto di
Vangelo in tasca. E così le cose diventano
complicate. Il Parco di difficoltà ne ha avute,
ne ha, e ne avrà sempre, il problema vero è
rimettere nella giusta proporzione il rapporto
tra politica e privati. Quella della Grancia
stata proprio la prima, seria, esperienza
di rapporto tra politica e privati, ma a un
certo punto la politica ha cominciato a
sconfinare in ambiti non di sua competenza,
imponendo veti, ingerenze e prevaricazioni,
anche sulla parte “sociale”. E’ così, dopo
dieci anni di queste vicissitudini, ho preso
e me ne sono andato. E tenga conto che
io, come gli altri, ho sempre operato da
volontario, e cioè senza mai percepire
alcunché.
D - Rimaniamo in tema. Da Presidente
dell’Associazione “Carlo Alianello”, qual
è, secondo lei, il libro che tutti i lucani
dovrebbero leggere?
R - Beh, sono tre: “L’eredità della Priora”,
‘”L’inghippo” e “La Conquista del Sud”.
Alianello ha raccontato la storia dei
perdenti, dei vinti, delle persone al di fuori
di quel tipo di maggioranza che non fa
respirare la minoranza. Un tempo, la Cultura
o era di parte o non era. Invece la verità va
raccontata. E Alianello ha raccontato la
storia dei pov’r omm, di gente che ha fatto
la fame e ha pagato, anche, con la morte.
E ancora oggi nel Cinespettacolo della
Grancia ci sono cose di Carlo Alianello. La
nostra associazione nacque con l’esigenza,
che ci fu manifestata dai parenti dello
scrittore, di preservare alcuni suoi documenti
(testi, manoscritti, disegni etc.). Col Comune
di Tito facemmo dunque nascere un Fondo
Carlo Alianello, che ancora oggi, nei suoi
locali, ospita tutto questo materiale. Adesso
sarebbe necessario digitalizzarlo, metterlo in
rete: spero che con la nuova amministrazione
tutto questo si possa fare.