- Redazione
- Sabato, 09 Luglio 2022 09:33
di Antonella Sabia
Dopo due anni di fermo causa Covid, ripartirà anche dalla Basilicata l’aereo dell'UNITALSI per Lourdes. La pandemia però ha fatto scoprire nuovi modi di stare vicino ai malati e ai bisognosi, l'associazione ha infatti sostenuto la Protezione Civile alle tende del Qatar per le vaccinazioni, ma ha messo in campo anche tanti piccoli progetti che hanno aiutato anziani e non a sentirsi meno soli. Ce lo ha raccontato Michela Consolo, presidente della sezione di Potenza dell'UNITALSI.
d: Qual è il ruolo dell'associazione sul territorio? Che cosa fanno i volontari?
r: L’Unitalsi ha una storia lunghissima, risale al 1903 e comprende in Italia più di 100.000 aderenti. Ha come base la carità, e l'acronimo dice Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali, l’esperienza di Lourdes non era esaustiva, pertanto si è pensato di portarla nella realtà per 365 giorni l’anno. Le attività che facciamo sul territorio sono innumerevoli, parliamo di pre Covid, e speriamo riprenderanno. Eravamo veramente una costante del Don Uva, si andavano prendere gli ammalati per portarli a messa la domenica, così come nel reparto di oncologia medica eravamo presenti dal lunedì al venerdì, un servizio che abbiamo dovuto interrompere perchè è un reparto delicatissimo. Altra esperienza bellissima, all’Istituto penale dei minori, dove andiamo una volta settimana, e per esempio adesso che stanno all’aperto, giochiamo a calcio con loro. Inoltre, quando i ragazzi scontano un terzo della pena, ce li affidano per fargli fare un percorso di volontariato, l’ultima esperienza vede un ragazzo che ha iniziato a seguirci in oncologia, che si prodigava fisicamente con l’ammalato, cosa che non è da tutti, tanto da aver immaginato di intraprendere un corso da OSS, oltre che abbandonare la sua religione per prendere tutti i sacramenti cristiani grazie a Mond. Ligorio.
d: In che modo vengono gestiti e supportati gli ammalati?
r: Abbiamo aderito ad un progetto di mobilità garantita e grazie ad alcuni imprenditori del posto, per cinque anni avremo in comodato d’uso gratuito un pulmino nuovo con la pedana elettrica, più semplice e più dignitoso. Oggi la vita è diventata frenetica e molto spesso le famiglie troppo impegnate, pertanto, con questo, accompagniamo le persone dal dentista, a fare la tac, ma stiamo accompagnando anche persone a fare la chemio. Ci sono dei casi comunque abbastanza gravi e allucinanti.
d: Quanti sono i volontari che prestano servizio?
r: Associati ce ne sono tanti, che prestano il loro servizio non siamo tantissimi perché c’è chi lavora e da quando c’è stata la pandemia, molti hanno avuto paura dei contatti, quindi c’è stata qualche perdita. La speranza è sempre quella di formare e di avere giovani che si affacciano al mondo del volontariato e che presto possano sostituirci perché ci rendiamo conto che ci sono tante malattie, e tantissimi casi di solitudine...a dire di no, ti piange il cuore, a volte ci facciamo in quattro pur di rispondere ad ogni esigenza.
d: C’è una sorta di formazione per chi si avvicina per la prima volta l’associazione?
r: Per quanto riguarda l’oncologico, facciamo una formazione di 10 lezioni con personale specializzato, medici, psicologi e con il cappellano, una formazione a tutto tondo in primis per non portarti a casa tutto quello che assimili, perché vuoi non vuoi alla fine si crea un legame e poi perché bisogna sapere come avvicinarsi, in particolare all’inizio quando l’ammalato è spesso avverso. Però in generale chi si avvicina alla nostra associazione, lo dico sempre, sono tutte persone un po’ speciali, gli leggi una luce negli occhi particolare. Io per prima mi sono innamorata di questa associazione nel 1999 perché ho intravisto negli occhi dei soci qualcosa di diverso e quindi chi si avvicina a noi ha un carisma innato, naturale, che poi aumenta con l’esperienza e i viaggi a Lourdes. Siamo anche sede di Servizio Civile con otto ragazzi che ci supportano e vengono impiegati proprio nell’assistenza delle nostre utenze in alcune attività quotidiane come leggere un libro, portare il cane fuori, la spesa, le medicine o il pagamento delle bollette.
d: Si è accennato a solitudine e situazioni al limite, com’è la vita di un ammalato qui in Basilicata?
r: Va detto che il terzo settore fa tanto, integra il pubblico, non è semplicissima a causa delle barriere, ma poi grazie a queste realtà associative si tenta di superare qualche ostacolo e difficoltà. Inoltre, alla malattia fisica, quella che vedi, è lampante e tangibile, ci sono tante altre malattie della testa e solitudini, da sempre la cosa che mi colpisce di più. È proprio per questo che abbiamo dato vita al laboratorio di cucito Bernadette, che nasce per le esigenze più spicciole come una piega al pantalone per chi non se lo può permettere, ma col tempo ci siamo resi conto che era aggregante, e ci ha contattato una psichiatra che ha mandato da noi delle persone e ha visto che diminuiva la terapia farmacologica. Lo stare insieme diventa terapeutico, in particolare per le persone anziane, vedove, con problemi di depressione, ma anche per i ragazzi down, che due volte a settimana vengono da noi a trascorrere qualche ora. Può sembrare la cosa più residuale dell’associazione, ma è un’attività che durante la pandemia si è rivelata fantastica perché abbiamo prodotto insieme all’Assessorato alle pari opportunità, una quantità di mascherine, calzari, cuffiette e grembiuli che poi sono state donate al San Carlo, alla Polizia, stiamo parlando chiaramente nel primo periodo della pandemia quando mancavano i presidi. Queste persone lavoravano da casa e io giravo con un cestino, facendomi lanciare tutto dal balcone. In questi ultimi tempi poi, abbiamo ricevuto una grande donazione di lana da un negozio storico che ha chiuso, dalle offerte ricevute, abbiamo raccolto un po’ di soldini con cui andremo ad abbattere le quote per il pellegrinaggio a Lourdes, o per la benzina quando accompagniamo qualcuno con il pulmino, visto che tutti i nostri servizi sono assolutamente gratuiti.
d: Le istituzioni a cui faceva riferimento prima, vi sono vicine in qualche modo?
r: Per quanto riguarda la nostra associazione, hanno molta sensibilità e ci stanno molto vicini, sia per quanto riguarda il fitto di questo locale ma anche per tutte le iniziative che ci vedono coinvolti. Da parte nostra c’è anche molta disponibilità nei confronti dell’amministrazione, per esempio nel giorno della commemorazione dei defunti, durante il Giro d’Italia, nella Parata dei Turchi abbiamo messo a disposizione questo pulmino per agevolare lo spostamento degli ammalati con assistenza continua.
d: UNITALSI, lo dice il nome, ruota tutto intorno al viaggio a Lourdes.
r: È il fulcro dell’associazione, quest’anno torniamo a Lourdes dopo i due anni di fermo per la pandemia, c’è una voglia pazzesca, si torna in aereo tra mille difficoltà non da ultimi questi casi di nuova variante. Tra l’altro quest’anno presiederà il pellegrinaggio, il nostro vescovo mons. Salvatore Ligorio, proprio lì festeggerà i cinquant’anni di sacerdozio, è molto devoto ai santuari Mariani e ci aveva fatto questa promessa di voler tornare, cogliendo quindi l’occasione di questa data importante. Sarà indubbiamente un pellegrinaggio bellissimo, di rinascita e di ritorno dove ci saranno tantissimi giovani, parteciperanno anche l’Azione Cattolica e gli Scout, questo significa che i giovani animeranno questa settimana. All’interno di questi treni bianchi, ci sono due vagoni con i lettini e la possibilità di poter tenere sotto controllo tutte le terapie per i malati allettati, e oltre a noi volontari semplici, ci sono anche medici, infermieri e OSS, che assistono h24. È un posto magico, sembra quasi come se ci si estrania dal mondo reale, raggiungi una pace interiore incredibile.
d: Chi può partecipare al pellegrinaggio?
r: Tutti, volontari, pellegrini, chiunque si voglia avvicinare per fare un’esperienza di fede. L’organizzazione dell’UNITALSI è veramente strutturata, c’è un programma che viene rispettato nel dettaglio con tante cerimonia solenni organizzate e concordate con il santuario di Lourdes. È un pellegrinaggio sezionale di tutta la Basilicata, un viaggio gioioso, gli stessi ammalati ci regalano tantissimi momenti di gioia, sui nostri treni non c’è malattia, quella è solo negli occhi di chi la vuole vedere. I miracoli accreditati alla fine sono solo 64, pochissimi, ci sono però tanti altri miracoli personali e interiori, quelli che ti portano ad accettare la sofferenza, portano una tranquillità interiore. Non si torna mai a casa uguali a come si è partiti.