- Redazione
- Sabato, 05 Dicembre 2020 08:45
di Antonella Sabia
Donare il sangue è una scelta di responsabilità, un atto di civiltà. Utile, talvolta indispensabile per salvare vite. Tra dubbi e paure, in questi mesi di pandemia, l'attività dell'AVIS non si è mai fermata, anzi è stata occasione per tessere una fitta rete di connessioni. Ce lo ha raccontato Anthony Clementi, presidente AVIS Potenza.
D: Quale impatto avuto il Coronavirus sulle donazioni?
R: La donazione è considerata un’attività d’urgenza, finanche in lockdown, si poteva uscire per donare, oltre a fare spesa e acquistare farmaci. Garantiamo il sangue sia ai malati cronici, sia alle sale operatorie, motivo per cui l’attività non si è potuta concedere assolutamente pause.
D: Qual è lo stato d’animo dei donatori oggi?
R: Si può immaginare che da parte dei donatori abituali ci siano stati una serie di dubbi e titubanze, ma li abbiamo potuti rassicurare, poiché già solitamente la donazione avviene in un clima di massima sicurezza, a tutela del donatore e di chi dovrà ricevere il sangue. Abbiamo un questionario iniziale di 6 pagine per l’anamnesi, con una serie infinita di domande per non lasciare nulla al caso. A seguire c’è l’intervista con il medico, relativa agli ultimi spostamenti, ai contatti.
D: Si può dire quindi che donare è sicuro?
R: Abbiamo semplicemente potenziato una serie di controlli che per noi rappresentano la routine. Siamo stati avvantaggiati perché la nostra unità di raccolta, sita in Largo Don Uva, è particolarmente spaziosa, c'è stata la possibilità di distanziare i donatori e lavorare con la massima sicurezza, previa misurazione della temperatura, seguendo tutte le indicazioni. È avvenuto tutto in modo programmato, si faceva prima, più che mai in questi mesi, in modo tale da avere una data ed un orario per garantire il distanziamento. C’è stato un capillare controllo a monte e inoltre è stato verificato che il virus non fosse trasmissibile per via ematica, in ogni caso la sacca di sangue veniva utilizzata non prima di 15 giorni.
D: Negli ultimi mesi sono diminuiti o aumentati i donatori?
R: Dal mese di marzo ad oggi, abbiamo avuto circa 200 donatori in più, gente che ha risposto agli appelli e si è messa a disposizione.
D: Come se ci fosse stato un risveglio delle coscienze?
R: È un effetto molto italiano, nelle situazioni eccezionali quando si crea un’emergenza sangue, rispondono talmente tante persone che si arriva allo stop delle donazioni, come già accaduto in passato. Solitamente però si ferma, invece durante questa pandemia si è trattato di persone che si sono volute iscrivere alla nostra associazione, qualcuno che avrebbe voluto farlo da tempo. Dal canto nostro abbiamo spiegato che far parte dell’Avis, significa riuscire a garantire il fabbisogno di sangue, evitando di volta in volta sia le eccedenze che le mancanze.
D: Qual è il numero totale dei donatori?
R: L'Avis Potenza conta 2200 donatori circa, afferiscono anche da Pignola e Brindisi di Montagna.
D: Come si è lavorato in questi mesi?
R: Abbiamo vissuto questa emergenza con totale disponibilità, a tratti è stato davvero emozionante. C’è stato un lavoro di segreteria molto importante, le nostre due dipendenti non hanno preso un giorno di ferie nè di malattia prima dell’estate. Io stesso sono stato in sede tutti i giorni, mi occupavo della veicolazione delle analisi, rispettando tutte le norme. È stata inoltre un’occasione per potenziare il sistema di rete che credo sia fondamentale in qualsiasi ambito, in particolare nel volontariato. Siamo entrati in contatto con tantissime ONLUS, gruppi sportivi, Esercito, a maggio anche con i Portatori del Santo e altri gruppi legati a San Gerardo, tutti nel loro piccolo si sono organizzati per una giornata di donazione. La pandemia in alcune occasioni ha tirato fuori il peggio, ma sarà comunque una stagione da ricordare poiché ha fatto fiorire tante disponibilità sopite che cercavano semplicemente qualcuno che le risvegliasse.
D: Oggi si parla molto di plasma per curare i malati Covid, come funziona la raccolta?
R: Bisogna fare un distinguo, noi continuiamo a raccogliere il plasma che serve per gli emoderivati, per alcuni farmaci salvavita. Il plasma di cui si sta parlando in questo periodo, quello dei guariti, ricco di anticorpi che può essere somministrato ai malati Covid, non ha a che fare con i nostri donatori. È direttamente l’ospedale che si occupa della raccolta, considerando che gli elenchi di chi ha contratto la malattia sono registrati e gestiti dalla Task Force regionale.
D: Alcuni vostri associati hanno chiesto informazioni a riguardo?
R: Quotidianamente, poiché ci associano a qualsiasi tipo di attività donazionale, noi ovviamente possiamo dare le giuste indicazioni, indirizzandoli ai riferimenti telefonici per il plasma dei guariti.
D: L'Avis come si sostiene?
R: Da parte della Asl c’è un rimborso per ogni donazione effettuata, noi riusciamo a coprire gli stipendi delle due dipendenti e le utenze, dopo tanto tempo quest’anno siamo riusciti a fare un piccolo gadget. L’Avis di Potenza storicamente è sita in via Volontari del Sangue, che ha preso il nome proprio per la presenza della nostra sede, e questi locali sono di proprietà dell’Ater. Va detto che da parte del Comune c’è sempre stata un’estrema vicinanza e disponibilità, anche adesso che si prospetta un eventuale opzione di cambiare sede.
D: Comune e Regione in che modo vi sostengono?
R: Devo dire che si il Sindaco Guarente sia il suo predecessore De Luca ci sono stati molto vicini. C’era anche una sorta di protocollo d’intesa per essere di mutuo aiuto: in occasione di iniziative da parte del Comune, siamo sempre presenti con un nostro stand per dare un valore aggiunto. Il Comune (l'ufficio anagrafe) ci ha supportato anche nell’invito ai neo diciottenni ad effettuare la prima donazione di sangue. In genere le piccole Avis nei paesi vengono ospitate in strutture del Comune, anche perché una realtà associativa come la nostra ha una rilevanza notevole: non si tratta solamente di volontariato e gratuità del servizio, ma di aggregazione sociale perché si fa cultura della donazione, è una situazione virtuosa. Per questo, laddove non è possibile avere una sede, viene mandata l’autoemoteca dall’Avis regionale, anche se il numero dei donatori non è così alto da giustificare la spesa.
D: Per concludere, come ci si avvicina alla donazione?
R: Potrei raccontare diversi aneddoti. Abbiamo un assiduo donatore, il signor Domenico, che ha paura dell’ago, ma dona da quando suo suocero è stato ricoverato a lungo, ricorrendo ad una serie di trasfusioni. Ha toccato con mano il bisogno e da allora è un donatore abituale. Si gira dall’altro lato, non guarda, perché la voglia di ripagare quanto ricevuto da suo suocero si è fatta molto più forte della sua fobia. Questa estate una giovane scout potentina ha avuto un terribile incidente, ha subito un intervento e ha avuto bisogno di numerose sacche di sangue. C'è stata una grande mobilitazione di tutto il gruppo scout che si è organizzato per donare, è stato molto bello. Potrei dire ancora di mio figlio William, che da piccolo ha subito un paio di interventi e vari prelievi di sangue. Per convincerlo, e per aiutarlo a farsene una ragione, gli dicevamo che donava il sangue per i bambini poveri, solamente in seguito gli abbiamo detto la verità. La speranza è che ogni donatore si avvicini a noi con lo stesso candore di un bambino di tre anni, che ha donato semplicemente pensando di aiutare un coetaneo sfortunato. In una società ideale non dovrebbero esistere l’AVIS, la FIDAS, l’Associazione Donatori Organi, ma ognuno lo dovrebbe fare in maniera spontanea. Questa è la nostra utopia.