- Redazione
- Sabato, 04 Luglio 2020 08:33
di Antonella Sabia
«La sfida educativa sarà una delle più impegnative e allo stesso tempo strategiche per costruire l’Italia del futuro». Commentava così, lo scorso 17 giugno, l’inizio degli esami di maturità, Enrico Gambardella, segretario regionale CISL, con cui abbiamo parlato di ripartenza, scuola, sanità e lavoro.
R: Come è cambiato il nostro Paese in questi mesi?
D: Abbiamo scoperto un nuovo modo di lavorare, non inedito, per molti versi non utilizzato perché si è sempre preferito il lavoro in presenza. Lo smart working è sempre stato considerato un aspetto molto marginale nei modelli italiani, mentre ora siamo stati costretti ad adottarlo in maniera così diffusa, e molti lo hanno apprezzato. Come l’adozione di tanti ammortizzatori sociali che ha fatto emergere il lavoro sommerso, che per la sua natura non poteva accedere alle richieste.
R: Termineranno in questi giorni gli esami di maturità, e si ha la data di inizio per il nuovo anno scolastico, ma come sarà il ritorno tra i banchi?
D: Ritornare a settembre all’attività scolastica significa interrogarsi, cosa che stiamo facendo in questi giorni con il Dipartimento Formazione e Istruzione della Regione Basilicata, su tanti aspetti, il più importante quello degli spazi affinché siano finalmente adeguati, e non ci siano più classi pollaio nelle aree urbane, mentre quelle periferiche soffrono invece di dispersione. Frutto dell’accordo tra sindacati e Ministero della Pubblica Istruzione, si è arrivati alla conclusione che è necessario riattivare vecchi siti scolastici dismessi e abbandonati, significa però anche avere personale in più, non solo docente, ma anche di supporto, personale ATA, per mantenere scuole aperte e garantire i livelli di sicurezza.
R: Servirà dunque manutenzione, sarà possibile accedere all’EcoBonus del Decreto Rilancio?
D: La richiesta delle organizzazioni sindacali, che non è inedita, è quella di un grande programma di manutenzione degli edifici scolastici, che inseriamo nell’ambito di un più ampio programma di intervento sugli edifici pubblici, che versano in condizioni abbastanza precarie. Significa valorizzare il patrimonio pubblico di immobili, ma anche cominciare a programmare un’attività lavorativa che potrà portare investimenti e occupazione. Stato e Regioni dovranno definire delle linee per utilizzare le risorse a disposizione. Alla misura dell’EcoBonus potranno aderire con grande beneficio anche i soggetti pubblici proprietari di immobili destinati all’edilizia scolastica, i Comuni per le Scuole dell’infanzia, le Province per le Scuole Superiori.
regioni.
R: In questi mesi che rapporti sono intercorsi con gli amministratori regionali?
D: Dopo parecchie insistenze ci sono stati degli incontri su temi generali con il presidente Bardi, con cui abbiamo affrontato il tema della mobilità, vista la ripresa delle attività produttive sul territorio, alla luce anche delle nuove misure di distanziamento sui mezzi pubblici. L’altro tema è stato quello della sanità, come aveva risposto il sistema regionale all’emergenza e come invece doveva ripartire per far fronte alla normale richiesta di salute dei cittadini.
R: Ad oggi questo rappresenta ancora una criticità?
D: È uno dei punti dolenti, la ripresa è molto lenta e in questi mesi si sono accumulate un’enormità di prestazioni arretrate a causa dei ritardi di accesso a cure specialistiche, visite ambulatoriali, tutto ciò che una normale sanità non può permettersi. Da questo dipende poi la scelta di migrare dalla Basilicata, figlia di questa incapacità di far fronte a tutte le richieste di diagnostica specialistica che vengono dalla popolazione. Inoltre, se prima la migrazione sanitaria veniva verso sistemi sono sanitari più evoluti, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, oggi c’è una migrazione verso le regioni limitrofe (Puglia e Campania) per pura necessità.
R: Nell’ambito della riforma sanitaria, cosa può insegnare questa emergenza?
D: Siamo di fronte a indiscrezioni, sul disegno di legge sul riordino della sanità regionale, anche questo senza alcuna forma di confronto e informazione. Ahinoi ci ritroviamo di fronte ad un ennesimo riordino che risponde ad esigenze burocratiche, equilibri di palazzo, e non ai bisogni di salute, ignora i Lea, e non considera ancora una volta che la salute pubblica si gioca intorno al potenziamento della medicina di territorio. Si pensa ad un nuovo organigramma, un’azienda ospedaliera unica, un’azienda sanitaria unica per tutta la regione, due mostri che saranno molto difficili da gestire, tanto complessi e con competenze troppo ampie, non in grado di rispondere alle esigenze del territorio, perché le risorse si concentreranno solo nel centro. Siamo passati da un riordino “ospedale-centrico”, quello varato dalla precedente giunta Pittella, ad un ulteriore mostro che anziché correggere questi errori, addirittura li esaspera.
R: I report della Caritas non fanno ben sperare: nuove fasce di popolazione si sono ritrovate in condizione di povertà, in aggiunta alle tante famiglie che già prima chiedevano aiuto. Come siamo messi in materia di lavoro?
D: Sarà necessario riflettere sulle modalità di ripartenza, tema che abbiamo già affrontato con gli Stati generali del Lavoro, questo documento unitario che abbiamo varato insieme CGIL-CISL-UIL con le associazioni datoriali, in cui viene sollevato anche il tema della qualità del lavoro. Ridurre il tema del lavoro al semplice fattore di produzione è un concetto che si sta pian piano superando, mettere al centro il lavoro e dargli un valore primario significa fare in modo che l’economia del territorio funzioni.
R: In un territorio come quello della Basilicata, ricco di risorse naturali, quali settori potrebbero rappresentare il punto di ripartenza?
D: Sono state messe in luce le debolezze di un sistema legato a concetti anacronistici, faccio l’esempio del petrolio. È una ricchezza naturale, ma è un fattore produttivo molto importante che dovrebbe determinare un effetto moltiplicatore per l’economia di un territorio. Ancora oggi c’è una concezione di sfruttamento, a distanza di trent’anni in Val d’Agri, da poco nella Valle del Sauro: non a caso la terminologia tecnica parla di sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo, mentre bisognerebbe reinvestire sul territorio una parte dei profitti con attività alternative.
R: Ci sono degli incontri già fissati con le istituzioni? Su quali temi?
D: Le misure che sono state adottate fino ad oggi non sono state frutto di accordi siglati con i soggetti sociali e neanche di confronto, solo in alcuni casi siamo stati informati di una volontà. È per questo motivo che ci vedremo con tutti i firmatari il prossimo 11 luglio, per il lanciare i temi del documento unitario degli Stati generali e chiedere un confronto con il governo regionale.
R: Qual è il futuro della Basilicata?
D: Abbiamo dilapidato un patrimonio di risorse comunitarie e naturali, senza che questa terra sia cresciuta in termini di Reddito Pro Capite e di PIL, non considerando la parte legata alle esportazioni di FCA. Se aggiungiamo i 25 anni di royalties dell’Eni, beh obiettivamente è rimasto ben poco. Occupiamo gli ultimi posti delle classifiche, talvolta dietro altre regioni del Mezzogiorno, abbiamo un tasso di occupazione leggermente migliore, ma non dappertutto. È ancora irrisolto il tema delle aree interne, della mancata adozione di politiche a contrasto dello spopolamento, e c’è il tema della migrazione giovanile da noi è più sentito che altrove: le possibilità di occupazione giovanile in Basilicata sono mediamente al di sotto del 20% rispetto alla media nazionale. L’ultimo aspetto riguarda una pubblica amministrazione oramai ingessata e invecchiata, impoverita di competenze e soprattutto scarsa in termini di occupazione. Chiediamo che si parli di un programma di assunzioni che porti competenze e giovani all’interno della pubblica amministrazione per renderla più efficiente!
Non voglio inneggiare ai tempi passati, ma c’è bisogno di ritornare a quel periodo della storia della Basilicata in cui si era sviluppata una classe dirigente decisamente aperta all’innovazione, propensa gli investimenti, che aveva una matrice pubblica definita. Tutto questo gradualmente lo abbiamo perso, nelle guerre di campanile tra amministrazioni locali, a causa di una tardiva gestione politica, ma soprattutto dell’incapacità di valorizzare davvero le competenze.