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Quale che sia l’opinione politica che uno può avere, è obiettivamente assai difficile ritrovarsi con “Tanino” in un posto di Potenza, senza che lui venga riconosciuto, fermato e/o salutato da qualcuno.

Tutti lo conoscono e lui li conosce tutti.

E’così, naturalmente, anche al ristorante.

Il professor Gaetano Fierro, potentino verace (figlio di un dipendente delle Poste e nato in una casa del centro storico, in Via Carlo Pisacane n.6) con l’inconfondibile e un po’ pigra “D”, tipica dell’inflessione locale («Incredibilmente, mi ha aiutato molto con l’Inglese, di cui sono stato docente!»), è stato il sindaco del capoluogo per ben tre volte.

La prima, sicuramente l’esperienza più intensa, si è consumata in corrispondenza del Terremoto dell’80: la sera del 23 Novembre lui era in un campagna a rilassarsi, ma quando il mondo cominciò a girare s’infilò in macchina e tornò di corsa nella sua città: «Da quella volta, non ricordo quanto tempo passò prima che potessi tornare a dormire la notte».

Ma, a quanto ci racconta, non furono solo le notti di lavoro la parte più dura di quel periodo, ma anche lo sguardo di sfida (al limite del dileggiamento) col quale qualche politico di lungo corso gli/si domandava quanto sarebbe durato –in quella situazione- un giovane sindaco come lui. «Ma gli ho fatto un mazzo così»: Fierro è eloquente, anche a gesti, nel fornire il senso del lavoro svolto e la misura dei risultati conseguenti.

Già professore d’Inglese nella Scuola Pubblica («Mi sono realizzato prima nel lavoro») e successivamente funzionario alla Regione Basilicata, oltre a quelle da sindaco Tanino ha avuto esperienze anche come assessore e consigliere regionale.

Oggi, il Professor Fierro, un uomo di studi e di pensiero («Sennò le lauree che le ho prese a fare?!») che si ritiene solo prestato alla Politica, è animatore del “Laboratorio Civico di Centro” e di dibattiti socio-culturali al suo “Circolo Angilla Vecchia”, nell’omonima via cittadina.

D: Come giustifica la sua esistenza?

R: In politica nulla nasce per caso. E’ il modo più compiuto per significare che ci vuole studio e impegno civile. Due aspetti che caratterizzano l’azione di chi vuole lasciare un’ impronta del proprio operato sociale. Questo modo di pensare mi ha permesso di trasferire nell’attività politica le esperienze fatte nello studio e nella vita associativa.

D: Che momento vive la nostra regione?

R: La Basilicata è in bilico, sta scomparendo nell’indifferenza generale. E’ la Cenerentola d’Italia nel campo dello spopolamento, povertà, disoccupazione, fuga dei giovani, trasporti, cultura e sanità.

D: La salute, in particolare, sembra essere uno degli argomenti più “caldi” del momento.

R: Sì. In regione, ad esempio, ci sono più obesi che disoccupati. Il numero dei diabetici e cardiopatici è in forte progressione. Lo stato sociale generale, con le diseguaglianze in atto, peggiora giorno dopo giorno. Non c’è governo regionale che tenga. Per onestà intellettuale va detto che la crisi, sociale ed economica, perdura da oltre un ventennio e dipende dal modo di governare “a vista” e senza un minimo di programmazione di medio e lungo respiro.

D: Come si rifette questo stato di cose sulla “sua” Potenza e sulla (ormai ex) Capitale della Cultura?

R: Anche le due Città, Potenza e Matera, vivono infatti il disagio generale, ma si ignorano e non svolgono un ruolo di coordinamento sovra-territoriale che a esse compete. Entrambe sono chiuse e non si aprono organicamente ai territori limitrofi. A tal proposito va detto che, mentre Matera come Capitale della Cultura ha ricevuto una boccata di ossigeno attraverso ingenti finanziamenti (di questo siamo felici), la Città di Potenza (che negli anni 70/80, in applicazione del principio di sussidiarietà, ha assorbito le istanze di occupazione dell’intera regione, crescendo demograficamente e amministrativamente), in questo momento storico in presenza della spoliazione amministrativa in atto (15 presidi di primo livello sono stati trasferiti fuori regione), sta perdendo colpi, amministrativamente e demograficamente, tornando ai livelli di vita degli anni 60/70. Affinché la Basilicata sopravviva, come accennavo, bisogna andare oltre gli Alburni.

D: Ci siamo. Si spieghi.

R: Voglio dire che il discorso (Macro Regioni e Magna Grecia) non vuole essere un “espediente culturale”, bensì è una necessità esistenziale da considerare a breve.

D: Lei è infatti, da tempo, un propugnatore della “Grande Lucania”. Ma non rischiano di essere solo parole dall’aroma classicistico e basta?

R: La Grande Lucania esiste ! Non la si vede geograficamente, ma vive nel nostro modo di essere quotidiano, di nutrirci, di condividere l’aria, la luce, il mare, i monti, le stesse tradizioni ivi presenti. Allora, di cosa parliamo? Perché ci dividiamo istituzionalmente con il Cilento e Taranto, quando facciamo parte della stessa famiglia? Sembriamo come i coniugi separati in casa. 

D: …ma perché questo matrimonio “s’ha da fare”, secondo lei?

R: …riprendendo il discorso dell’obesità che affligge oltre il 50% della popolazione lucana, soprattutto i giovani, abbiamo a disposizione a livello culturale e scientifico la Scuola Cilentana della Dieta Mediterranea, invidiataci da tutto il mondo, ma trascurata dalle nostre Istituzioni, dalle famiglie, dalle scuole, dal mondo sportivo. A tal riguardo c’è la Legge Regionale 27/2008, passata nel dimenticatoio e non applicata dai Comuni. Sempre per parlare “del retto vivere” dei Lucani, esiste a Chiaromonte l’Istituto demo-antropologico “Edward C. Banfield”, sorto per studiare le popolazioni locali dal punto di vista sociale ed etico, culturale ed economico, volutamente sottovalutato dal mondo accademico e scientifico. Eppure potrebbe essere un riferimento di carattere internazionale. Peccato!

D: Ma lei una “dieta” per la politica regionale ce l’ha o no?

R: E infatti a questo punto nasce spontaneo chiedersi: “Cosa si può fare per invertire la rotta ed evitare il collasso della Basilicata definitivamente?”. Prima di ogni cosa necessita che le forze politiche prendano atto della gravità della situazione, ma per i pregiudizi esistenti la vedo dura; come seconda cosa, lancio l’idea provocatoria della costituzione di un “Governo di solidarietà regionale”, che unisca le migliori energie esistenti nella maggioranze e nella minoranza, al fine di definire pochi punti di un programma politico-amministrativo condiviso decennale, che rimetta al centro “Il Cittadino lucano, con le sue istanze”.

D: E dunque una “solidarietà” fondata su cosa?

R: Su un programma che punti al lavoro dei giovani, ai trasporti, alla sicurezza e alle disuguaglianze sociali, coinvolgendo in primis le due aree urbane, come pure le aree interne e di montagna da cui si fugge in continuazione.          Si tenga in conto che ogni anno si spegne la luce di un paese e che nel 2050 i lucani saranno poco più di 300.000,00 anime, di cui il 70% composto da persone anziane.

D: Solamente la Politica deve darsi una svegliata?    

R: Mi rendo conto che per realizzare questo progetto, non occorre solo la volontà dei partiti, ma quella della cultura e dell’associazionismo organizzato. L’Università, che già vive le proprie problematiche, faccia da traino per far sentire il proprio peso e la propria responsabilità.           Occorre, anche, che la società civile, spesso timida ed accomodante, si associ “a quest’alba nuova” che illumini la Chiesa, i Sindacati, le Associazioni di categoria, di luce propria e non riflessa, com’è accaduto nel’ultimo ventennio.

D: Insomma, occorre una “sveglia” bella grossa…

R: Se non si comprendono le difficoltà esistenti, non c’è speranza alcuna, per i pochi giovani rimasti e questi, purtroppo, non hanno colpe.

D: Ma lei, un rammarico -una cosa che avrebbe voluto fare da sindaco di Potenza e che è rimasta nel cassetto- ce l’ha?

R: L’aeroporto.

D: Me lo aspettavo.

R: Si poteva fare, ma poi chi si è trovato al mio posto ha pensato bene di lasciar perdere.

D: La canzone che la rappresenta?

R: La sente? Casualmente è proprio qui in sottofondo: Leonard Cohen, “Hallelujah”.

D: Il libro?

R: Adoro la letteratura di viaggio, io stesso ne ho scritti cinque, di libri del genere. Perciò dico “Viaggio in Italia” di Goethe.

Il film?

R: Mi piacciono i western di Sergio Leone: “Per un Pugno di Dollari”.

D: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?

R: «Uomo di Centro coerente e disponibile».