SIMONAbonito

Lei è Simona Bonito, potentina, esperta in comunicazione, progettazione e servizi formativi alle imprese presso la sede potentina di Progea, un importante ente di formazione accreditato dalla Regione Basilicata e, più di recente, neo presidente dell’Assofor, l’associazione che raggruppa buona parte degli organismi di formazione della Basilicata.

I beninformati, tuttavia, sono soliti abbinare il suo nome anche alla nota associazione culturale Letti di Sera che, dal 2013, promuove e diffonde cultura in città, mediante l’organizzazione di incontri di rilievo e di un Festival annuale della letteratura. Abbiamo incontrato Simona Bonito insieme al suo inseparabile Artù, uno splendido beagle di taglia media, per discutere proprio di cultura e di quanto sia difficile cercare di operare in nome della sua diffusione, in una comunità sempre più distratta.

 

L’Assofor siede ai tavoli regionali per favorire la condivisione di avvisi pubblici, ponendosi sempre a tutela dei vari organismi di formazione nei rapporti con le Istituzioni.

Quando si parla di progettazione, si riferisce anche ai fondi europei?

Certamente, anzi su questo aspetto è necessario aprire un capitolo a parte. La Regione Basilicata non sempre riesce a spendere molti fondi, tanto è vero che spesso si parla della necessità di istituire dei laboratori o delle strutture che possano accogliere, al loro interno, delle figure professionali esperte in progettazione europea capaci di offrire un valido contributo sia ai privati sia alle istituzioni. Uno dei miei primi obiettivi, da quando sono diventata presidente dell’Assofor, è quello di organizzare un seminario aperto per raccontare cosa succederà dopo il 2020. Tutti parlano, infatti, della programmazione che si concluderà tra un anno, ma nessuno sa cosa accadrà allo scadere di quella data, salvo l’Europa.

 

Il suo impegno culturale e sociale si lega in maniera indissolubile anche all’associazione Letti di Sera…

La collaborazione con l’associazione culturale Letti di Sera nasce insieme alla mia attività professionale e, tutt’ora, entrambe viaggiano di pari passo. C’è un filo invisibile che lega le due cose. Quando ho iniziato a lavorare ero ancora una studentessa e, all’epoca, mi sono ritrovata a conoscere le persone con le quali, oggi, condivido il mio percorso lavorativo. Nel caso specifico di Letti di Sera, tutto è nato da un incontro e da una profonda sintonia d’intenti con Paolo Albano, fondatore dell’associazione, poiché volevamo creare a tutti i costi una rete di eventi sul territorio. Si trattava di un progetto ambizioso, poiché vent’anni fa nessuno parlava dell’organizzazione di incontri culturali in città. Da piccoli eventi sporadici siamo riusciti a costituire dapprima un’associazione, poi a dare vita alla Notte Bianca del Libro che, dallo scorso anno, è diventato uno dei Festival più importanti del Sud. Tutte le anime che contribuiscono all’associazione e all’organizzazione degli eventi lo fanno esclusivamente a titolo gratuito, e questo aspetto è bene sottolinearlo.

 

Quando si parla di cultura, la città come e cosa recepisce?

Quando abbiamo iniziato, si avvicinavano a noi le persone appassionate di lettura, dunque eravamo in pochi. Dopo qualche anno la cosa ha iniziato a prendere piede e siamo riusciti a costituire una rete di rapporti sul territorio con altre associazioni culturali, o gruppi spontanei. La cultura non è semplicemente associata alla conoscenza, bensì io parlo di diverse culture da tenere insieme, poiché è proprio dallo scambio di idee differenti che si riescono a creare degli scambi validi, ed è un po’ ciò che accade durante la Notte Bianca del Libro: diversi eventi, differenti tra di loro.

 

Una delle piaghe più evidenti della città è la mancanza di lavoro. Secondo lei la cultura può diventare un florido indotto occupazionale?

Ne sono fermamente convinta, anzi sono certa che sensibilizzare chi può a investire in cultura potrebbe creare un volano occupazionale di assoluto rispetto. C’è ancora tanto da fare, anche perché sono in tanti a credere che la cultura sia un hobby, ossia un qualcosa da praticare solo nel tempo libero. Provare, invece, a orientare i giovani tramite le tante facoltà universitarie di stampo umanistico dell’Ateneo lucano potrebbe rivelarsi una strategia vincente.

 

Che tipo di rapporto si è instaurato con le istituzioni locali?

Noi abbiamo un dialogo aperto e positivo con le Istituzioni locali, che ci riconoscono come produttori di cultura. L’istituzione può dare le direttive, ma la cultura che parte dal basso e dall’idea delle persone deve andare ad inserirsi in un contesto differente, pertanto c’è la necessità che entrambi gli aspetti possano interagire tra di loro. Come associazione stiamo provando a coinvolgere sempre di più i giovani, i neolaureati e i ragazzi che sono rientrati a Potenza, con lo scopo di creare delle iniziative rivolte a loro. Cultura e comunità non sono due cose separate, ma viaggiano sempre insieme.

 

…Cosa, invece, rimprovera alle precedenti amministrazioni?

Più che un rimprovero vero e proprio, mi sento di offrire un suggerimento. È necessario creare una banca dati aperta sul sito del Comune di Potenza, ove poter inserire tutti gli eventi. Di recente, infatti, c’è una produzione esponenziale, cosa che rende difficile l’effettiva partecipazione della gente, visto l’accavallamento in una sola giornata di più manifestazioni. Con una sorta di agenda elettronica a disposizione, tutti gli organizzatori potrebbero pianificare al meglio ogni incontro, senza inutili accavallamenti.