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Non sta facendo dormire sonni tranquilli agli olivicoltori in Puglia, particolarmente nel Leccese e nel Salento e anche nel Materano e nel Vulture.

Parliamo della xylella fastidiosa, un batterio gram-negativo che prolifera nei vasi xilematici delle piante di olivo (apparato conduttore della linfa grezza, ossia dell’acqua e dei soluti in essa disciolti), causandone l’occlusione e quindi una serie di alterazioni in grado di determinare anche la morte delle piante infette. Il micidiale parassita da qualche tempo sta inesorabilmente distruggendo i floridi uliveti nel Leccese della penisola salentina e non solo.

Le cause di questa moria improvvisa hanno dato un bel grattacapo ai ricercatori di Bari, in quanto non sembra esserci una causa unica. "Il CDRO”, spiega ancora Giovanni Paolo Martelli, a capo del laboratorio che si sta occupando delle indagini sulla causa della malattia, “è verosimilmente il risultato dell'azione di tre diversi attori: il lepidottero Zeuzera pyrina (rodilegno giallo), le

cui larve scavano delle gallerie nel tronco e nei rami dell'olivo che facilitano

l'ingresso del secondo attore, un complesso di funghi microscopici del generePhaeoacremonium. Il terzo attore è il batterio Xylella fastidiosa. La sintomatologia e la rapidità della diffusione della malattia mi avevano fatto pensare al possibile coinvolgimento del batterio e le analisi molecolari effettuate hanno confermato che l'intuizione era corretta. La presenza del batterio nei tessuti fogliari degli olivi malati è stata poi confermata da osservazioni al microscopio elettronico che lo hanno identificato nei vasi legnosi.

In attesa delle risultanze degli studi in corso, che permettano la formulazione di un piano di contenimento e di lotta, si è suggerita al Servizio Fitosanitario Regionale l'adozione di interventi da intraprendere con immediatezza per: (1) delimitare l'area contaminata, (2) identificare una zona tampone; (3) bloccare la movimentazione di piante e di materiali di propagazione nelle e dalle zone considerate. Il 23 luglio 2013 la Commissione europea ha stabilito, fra l’altro, l’eradicazione e distruzione degli alberi infetti al fine di evitare la diffusione del batterio. Decisione, in verità, contestata dall’assessore alle Risorse agroalimentari della Puglia, Fabrizio Nardoni, perché ritenuta “eccessiva”, allo stato attuale non indispensabile se non come extrema ratio.

Tuttavia il rischio di diffusione della resta alto anche nella nostra regione che conta vasti e floridi uliveti sia nel Materano e sia nel Vulture.

L’olivo in Basilicata vanta origini antichissime: scavi archeologici effettuati presso Metaponto, nel cuore di quella che fu la Magna Grecia, hanno consentito il ritrovamento di resti di olivo risalenti all’VIII sec. a. C.

La Basilicata ha produzione relativamente piccola ma dotata di forte tipicità dovuta alle caratteristiche pedoclimatiche, alle varietà allevate, alle caratteristiche organolettiche e alle modalità di lavorazione e trasporto del prodotto. Tale da meritare la DOP (Denominazione di origine protetta). L’olio extravergine prodotto si fa particolarmente apprezzare per la qualità del sapore, del colore e del delicato profumo che lo rendono straordinariamente competitivo.

La nostra regione si caratterizza per le tre aree geografiche particolarmente vocate alla coltivazione dell’olivo: “Vulture”, ” Colline Materane” e “Colline del Ferrandinese”. Le principali cultivar locali sono la Maiatica di Ferrandina, l’Ogliarola del Bradano, l’Ogliarola del Vulture e la Faresina.

In Basilicata, secondo stime recenti, la superficie impegnata per la coltivazione dell’ulivo si aggira sui 37 mila ettari (Potenza 19 mila; Matera 18 mila), con una produzione di olive pari a 678 mila quintali circa (Potenza 198 mila; Matera 480 mila) con una produzione media di olio di 137 mila quintali (Potenza 34 mila, Matera 103). In regione operano quasi 40 mila aziende per lo più di piccole dimensioni. Sono circa 300 i frantoi in attività nell’intera regione.

Nell'area del Vulture sono circa tremila gli ettari di terreno coltivati a oliveti, buona parte a coltura promiscua (oliveto, vigneto, frutteto ecc.), con una produzione di olive che si aggira sui 60 mila quintali e una produzione di quasi 10 mila quintali di olio. Sono una trentina i frantoi operanti nell'intera zona, di cui una decina di cooperative di agricoltori. La varietà di oliva coltivata è "l'ogliarola", un frutto dalla polpa carnosa che si raccoglie direttamente sull'albero (spiccatura) al momento della giusta maturazione.

La minaccia di contaminazione, anche se allo stato attuale è solo paventata, esiste anche per gli uliveti del Vulture e preoccupa fortemente gli olivicoltori. E’ necessario, quindi, che da parte delle istituzioni scientifiche, in primis

l’Università della Basilicata (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali. Alimentari e Ambientali) e del Dipartimento Agricoltura della Regione, facciano tutto il possibile per prevenire tale sciagura che rappresenterebbe la distruzione di un comparto produttivo, l’olivicoltura, punta di forza dell’economia del Vulture e della Basilicata in genere.

L'unica soluzione possibile è eliminare le piante colpite e a rischio e reimpiantare varietà tolleranti, confidando nella possibilità di trovare tipologie immuni. Speriamo bene!