- Walter De Stradis
- Sabato, 18 Maggio 2019 10:02
Ha gli occhi di sua madre (il giudice Felicia Genovese) e la carnagione di suo padre (il dottor Michele Cannizzaro, già diggì del San Carlo e consigliere comunale uscente); Francesco Cannizzaro, avvocato amministrativista di 40 anni, candidatosi al consiglio comunale del capoluogo con “Potenza Civica – Guarente Sindaco”, rivela di primo acchito una forte personalità, composta, ma assai decisa.
Come giustifica la sua esistenza?
Mi viene in mente una battuta: non è giustificabile! Io cerco di fare ogni cosa con serietà, e ciò mi fa stare in pace con me stesso.
Ritiene ci sia stato mai un momento, qui in città, in cui per lei è stato difficile chiamarsi Cannizzaro?
Comprendo la domanda e le rispondo volentieri. In realtà mai. Ho sempre portato il mio cognome con grande orgoglio, e certo per me ciò non è mai stato un problema. Ognuno sa da dove viene e dove sta andando, e il dove si sta andando, spesso, deriva proprio dal dove si proviene. Le eredità servono per guardare in avanti con la giusta prospettiva.
Spulciando la pagina Facebook del candidato Cannizzaro, fra le motivazioni che l’hanno spinto “a scendere in campo” si leggono frasi come «questa è la mia città»… e «qui ho deciso di tornare». A me ha ricordato un po’ il celebre discorso di Berlusconi del ‘94...
(Risate, ndr). L’accostamento è un po’ eccessivo, anche se veritiero. Nel senso che eravamo abituati alla politica fatta dai politici, fino a quando questo meccanismo è saltato e ci siamo trovati di fronte a persone pronte a proporsi. Chi come me ha avuto la grande fortuna di andare a studiare fuori (Bologna) e di iniziare lì una propria attività professionale, quando poi rientra nella sua città, e si rende conto di essere tra i pochi ad aver portato a compimento questa scelta, lo fa certamente perché avverte un po’ di senso di appartenenza, oltre che per cercare di dare il proprio contributo affinché le cose che non vanno possano migliorare.
In caso di successo, una sua elezione a consigliere si potrebbe considerare come una sorta di passaggio di consegne fra lei e suo padre Michele?
Sicuramente raccolgo un’eredità, anche perché mio padre, negli ultimi cinque o sei anni, ha svolto un ruolo nella politica attiva. Io non lo definirei, tuttavia, un “passaggio di consegne”, perché potrebbe sembrare una gestione familiare, quando in realtà si tratta di un percorso che ha raccolto insieme tanti amici intorno a un progetto comune e a dei valori. La figura di mio padre è certamente diversa dalla mia in virtù dell’età e dell’esperienza, ma è altrettanto vero che qualsiasi percorso politico cammina in parallelo con le persone e con i loro valori.
Lei proviene dal mondo dell’associazionismo, tuttavia ha sostenuto il candidato sindaco Guarente fin dall’inizio.
Con Mario ci siamo ritrovati quasi all’inizio di questo percorso. Quando tempo fa sono rientrato Potenza, non conoscevo Mario di persona, eppure il suo nome circolava nell’ambito dell’attivismo e dell’associazionismo, al punto che la sua figura mi incuriosiva particolarmente. L’ho conosciuto personalmente quando, cinque anni fa, abbiamo proposto alla città la candidatura di mio padre, dunque da lì è iniziato un rapporto personale e politico. Per me, dunque, è una conseguenza naturale essere qui a sostenere Mario Guarente.
...Mi dice una caratteristica, una e una sola, per la quale Mario Guarente è il candidato sindaco ideale per questa città?
Non posso dirne una sola, sicuramente l’entusiasmo e la serietà. Mario è un ragazzo che ha dimostrato di credere in ciò che fa. Noi abbiamo vissuto cinque anni di consiliatura durante i quali sono cambiati gli schieramenti politici, le maggioranze e gli equilibri, di conseguenza tutti consiglieri hanno girato intorno alla figura del sindaco, sostenendolo oppure opponendosi alla sua azione amministrativa. Mario invece no, lui è rimasto sempre dalla stessa parte.
Lei ha definito la sua candidatura come una sorta di evoluzione naturale: cos’è, tuttavia, che l’ha convinta a mettersi in gioco in prima persona?
La condivisione con il candidato sindaco di una serie di valori, oltre che di un progetto comune per la città.
Ma poteva farlo anche senza candidarsi.
Sì, ma un certo punto bisogna assumersi la responsabilità e metterci la faccia, dunque forse era arrivato il momento di scegliere, tra un gruppo, una o più persone che potessero rappresentare gli interessi dei cittadini. Chiedere il voto è importante, non è come domandare a un passante di offrirti una sigaretta: si tratta di chiedere alle persone un grande atto di fiducia. Questa cosa viene a volte sottovalutata da chi si candida.
Lei è un avvocato: se eletto, avrà un mandato, e quindi sarà anche un po’ un “legale di fiducia” dei potentini. In cosa vanno difesi?
Credo che più che difesi, i cittadini di Potenza abbiano bisogno di qualcuno che li aiuti a risolvere i problemi. L’accezione generale dell’avvocato è sì quella di difendere i suoi clienti, ma il più delle volte il suo intervento è finalizzato a risolvere delle problematiche specifiche grazie a delle competenze tecniche acquisite con lo studio. I cittadini di Potenza hanno bisogno di un gruppo di persone volenterose e capaci di risolvere una serie di problemi, secondo una scala di priorità.
...Mi descriva i gradini di questa scala.
Sarò pure un’ovvietà, ma c’è una priorità complessiva, ossia un miglioramento significativo della qualità di vita dei cittadini, e ciò vale per tutta la città, anche se i problemi sono differenti. Nelle zone più periferiche, ad esempio, mancano ancora i servizi essenziali; in città, invece, si registrano delle difficoltà notevoli per quanto riguarda la viabilità e l’accessibilità da parte di coloro che provengono da fuori regione, con un conseguente rallentamento dell’economia cittadina e, dulcis in fundo, c’è poi la questione del centro storico che va affrontata globalmente insieme a tutte le altre. La priorità sulla quale è necessario intervenire subito è la mobilità, specialmente per ciò che concerne il trasporto pubblico.
Lei dunque è d’accordo con Guarente quando sostiene che è necessario costituire una municipalizzata?
Non sono appassionato alla gestione del servizio, bensì al servizio in sé per sé e a cosa di esso non funziona. È necessario pensare al trasporto pubblico come a qualcosa di complesso, anche perché Potenza è una Città capoluogo che eroga dei servizi quotidianamente, come i numerosi autobus extraurbani che, a mio avviso, non dovrebbero certo camminare in città. L’obiettivo è quello di convogliare questi stessi autobus in un punto dal quale tutti i pendolari possono muoversi liberamente e agevolmente. In questa città, inoltre, si vedono spesso degli autobus troppo grandi e troppo vuoti che girano per le vie un po’ più centrali, creando disagi notevoli al traffico. Dirò un’altra ovvietà, ma è ingiusto che i cittadini non sappiano quali autobus passano davanti a una fermata, o quali sono in partenza o in arrivo. Lo stesso discorso, tuttavia, vale anche per le scale mobili o per il trasporto ferroviario: i problemi sono tanti. Bisognerebbe iniziare a pensare seriamente a come investire nel trasporto pubblico per i prossimi cinque anni.
Un discorso, questo, collegato indubbiamente anche alla questione della crescita economica.
Il rilancio dell’economia cittadina implica un flusso maggiore di persone in città, un’azione che definirei orientata. Coloro che raggiungono la città dai paesi limitrofi lo fanno sia per motivi di lavoro sia per usufruire di servizi specifici, dunque spesso mi chiedo cosa possiamo fare, ad esempio, per la persona che accompagna un parente per una visita in ospedale e ha bisogno di trascorrere delle ore di attesa in città? Siamo in grado di fargli raggiungere il Centro, o qualsiasi altra zona, per ingannare il tempo con una passeggiata o con un caffè al bar? C’è un problema di fruibilità del servizio di mobilità, oltre che di conoscenza e di un’informazione specifica. Una persona non ha la minima idea di come muoversi in questa città, non a caso si preferisce sempre l’auto e, di conseguenza, il traffico aumenta e i parcheggi non sono mai sufficienti.
Il tema sicurezza ricorre spesso nelle tematiche affrontate dai candidati a sindaco. Secondo lei Potenza ha realmente un problema sicurezza?
Potenza ci ha abituato negli anni a non avere degli allarmi sociali, almeno per quanto riguarda la microcriminalità. Credo che ci siano dei fenomeni da affrontare, ma non penso che si tratti di un’emergenza, anche se ciò dà un’ulteriore responsabilità a chi andrà a governare, visto che in questi casi ciò che conta di più è la prevenzione. Oggi facciamo ancora in tempo ad affrontare il problema seriamente e a prevenire i fenomeni criminali più eclatanti, tipo i furti di appartamenti nelle zone più isolate. La sensibilizzazione dei cittadini è fondamentale, e anche una presa di coscienza da parte loro lo è.
In questa intervista lei ha detto più volte “parlo di cose banali”. Perché, dunque, non sono state fatte fino ad ora?
Bella domanda... Una ragione sicuramente ci sarà, anche se io non riesco a capire perché non si può organizzare un intervento diretto rispetto ad alcune problematiche. Ci sono delle azioni che sicuramente creano dei problemi per i costi, ma è altrettanto vero che molte altre dovrebbero essere automatiche, come la manutenzione delle strade, che certo non deve essere richiesta e segnalata a gran voce dai cittadini. Un po’ di programmazione in più avrebbe consentito di utilizzare al meglio quei pochi soldi presenti nelle casse.
Qual è la baggianata più grande che ha sentito dai candidati a sindaco in questa campagna elettorale?
Ehm, diciamo che mi auguro che chiunque vada ad amministrare la nostra città rimanga in contatto con i suoi problemi reali, dotandosi di una scala di priorità. Nei programmi dei candidati sindaci sento parlare spesso di investimenti per l’innovazione tecnologica, e ben venga, ma rendiamoci anche conto che a Potenza ci sono ancora delle zone mancanti di fognature, del metano e di tutta una serie di servizi essenziali. Chiederei, dunque, un impegno al mio candidato sindaco (ma, ovviamente, avendone discusso, siamo già sulla stessa linea) e a tutti gli altri affinché possano ascoltare i reali problemi della città e considerarli come prioritari, poiché corrispondono alle necessità dei cittadini. Ci sono dei temi essenziali e altri un po’ meno, cioè azioni che possono essere affrontate in un secondo momento, dunque se si riesce a fare tutto va bene così, ma se si devono considerare delle priorità bisogna sempre partire dalle cose più serie. Coloro che ci amministrano devono sapere che i soldi che gestiscono sono stati affidati loro dai cittadini (anche questo a volte si sottovaluta) per usufruire di appositi servizi , dunque bisogna assumersi specifiche responsabilità, che poi sono simili a quelle che porta sulle spalle un qualsiasi padre di famiglia. Insomma se a casa mia la lampadina non funziona, io devo pensare a come aggiustarla subito!
Se Guarente dovesse affidarle una delega, quale le piacerebbe?
È un argomento che non mi appassiona particolarmente, anche perché credo che il contributo di chi come me si è proposto per l’elezione in Consiglio comunale debba essere di collegamento tra i cittadini e l’amministrazione. Il vincolo che si instaura tra il consigliere e i suoi elettori è simile a una sorta di trait d’union, ossia una porta alla quale i cittadini devono sentirsi liberi di andare a bussare quando hanno bisogno di chiarimenti, o quando sentono di dare in prima persona dei suggerimenti riguardo l’attività amministrativa.
Il film che la rappresenta?
Sono un grandissimo appassionato di cinema, ma uno dei miei film preferiti è “C’era una volta in America”.
La canzone?
“Liberi Liberi” di Vasco Rossi, anche perché mi ricorda molto la mia adolescenza.
Il libro?
“Il passato è una terra straniera” di Carofiglio è un libro che mi è piaciuto particolarmente.
Tra cent’anni, cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
La lascerei “in bianco” per dare a chi mi ha conosciuto in vita la possibilità di riempirla con una frase.