- Giovanni Martemucci
- Venerdì, 22 Marzo 2019 10:00
Alla vigilia delle elezioni regionali abbiamo affrontato con Peppino Bianco, storico componente della Consulta Regionale dell’Artigianato di Basilicata, il tema del ritardo infrastrutturale di Matera e più in generale dei problemi della Capitale Europea della Cultura. Una città con tanti guasti che andrebbero riparati partendo dall’impegno della classe dirigente e delle corporazioni che hanno perso la loro rappresentatività.
Cosa è cambiato con il titolo di capitale Europea della cultura? E’ arrivata la spinta giusta per lo sviluppo?
“Matera è l’unica città Italiana con tre titoli onorifici di questa portata: Capitale della civiltà contadina, Patrimonio dell’Unesco e Capitale Europea della Cultura, in più, negli anni 50 Matera beneficiava del più grande programma di opere pubbliche dell’epoca, chiamato Piano Marshall, grazie al quale sono stati creati i presupposti per riqualificare i Sassi ed il borgo rurale La Martella. Di contro invece, i mulini, i pastifici, la centrale del latte, il macello comunale, compreso i loro indotti, che rappresentavano l’ossatura del sistema produttivo del territorio hanno chiuso inaspettatamente, generando una grande sconfitta sociale con conseguente disoccupazione che ha messo in ginocchio migliaia di famiglie del posto”.
Cosa ha frenato il processo di sviluppo?
“Dal 1993, dalla nomina di Matera a Patrimonio dell’Unesco non c’è stato nessun indirizzo da parte della politica comunale nel pianificare delle corrette strategie di accoglienza e nel destinare spazi a soste di autovetture ed autobus in visita alla città. Non sono stati realizzati o riqualificati i servizi igienici nel centro cittadino, rimasti incomprensibilmente chiusi e che ancora oggi rappresentano la nostra vera vergogna”.
A livello ambientale quale è la situazione?
“La qualità dell’aria che respiriamo è pessima, abbiamo un’alta percentuale di morti per gravi malattie, la Cementeria brucia di tutto e di più senza nessun monitoraggio costante dell’aria e la Zona La Martella, dove convivono a qualche centinaia di metri famiglie e le poche aziende rimaste attive, è diventata una discarica incontrollata, con grande danno per l’ambiente. Bisognerebbe ricordare ai nostri amministratori che essere patrimonio Unesco significa innanzitutto prevenire alle inefficienze che conducono ad un malessere sociale, significa salvaguardare il diritto alla salute, alla cura e al benessere in senso lato degli abitanti del posto, contrariamente a quello che invece accade”.
Quindi la nomina a Capitale della Cultura ha avuto anche dei risvolti negativi?
“Con la nomina nel 2014 a Capitale Europea della Cultura per il 2019 crescono gli interessi di alcune caste. Tre mesi sono passati dal 2019, la città è ancora un cantiere a cielo aperto, le opere sono in grande e grave ritardo di realizzazione; a tutto ciò si aggiunge l’inadeguatezza delle associazioni di categoria che solo rare volte e solo per lavarsi la faccia hanno fatto qualcosa per il tessuto imprenditoriale locale, che andava invece, rappresentato e protetto”.
Cosa dovevano fare le associazioni di categoria?
“Le associazioni di categoria dette Rappresentative, non sono in grado di rappresentare neanche se stesse. Direttori e Presidenti attaccati alla poltrona da diversi decenni pensano a sfidarsi tra loro, rinnovandosi incarichi e cercando di acquisirne il maggior numero possibile, senza avere tra l’altro, nessuna competenza. Con questi presupposti, la crescita e lo sviluppo del tessuto imprenditoriale sarà difficile se non impossibile. Altra nota dolente è espressa dal comparto dall’edilizia che senza un Regolamento Urbanistico della Città, assente dal 1989, ha permesso di costruire in maniera selvaggia senza nessuna regola, ove l’unico interesse è stato quello di recuperare volumetrie e cubature attraverso numerose varianti, approvate a più riprese, che hanno fatto nascere quartieri dormitori rimasti incompleti da oltre 20 anni, a solo e unico vantaggio del Dio denaro”.