pranzoMELE

Attivista per i diritti delle persone con disabilità, opinionista, blogger, autore di cortometraggi, commentatore di canzoni e di servizi meteo, tirocinante pubblicista, da poco laureato col massimo dei voti: tutte queste cose Stefano Mele, 24enne di Calvello (Pz), le fa quasi esclusivamente dalla sua stanza e dal suo letto, ma la distrofia muscolare di Duchenne –contro la quale lotta quotidianamente insieme a due genitori straordinari- per lui è anche una missione.

Come giustifica la sua esistenza?
Più che individuare uno scopo specifico della vita, direi che la mia è una vera e propria missione. Forse la malattia è una croce, ma che qualcuno ha deciso di far portare a me, poiché la riesco a sopportare e a supportare. A volte la malattia non colpisce la persona, è anche per questo che cerco di mostrare la mia piena disponibilità anche agli altri. La mia vita è una bella vita, la considero comunque come un dono.


…Come mai asserisce che la malattia non colpisce la persona?
La malattia spesso e volentieri cambia le persone, tuttavia non sempre è lei il vero problema. Bisogna guardare il dolore dritto negli occhi per cercare di superarlo, un po’ come dice la canzone di Cristicchi, “Abbi cura di me”. A volte, ad esempio, mi dimentico di essere malato. Bisogna andare avanti e lavorare per la vita. So bene di avere dei limiti, ma chi ha voglia di volare può farlo anche da un letto, magari guardando fuori dalla finestra. Oggi la tecnologia, grazie al cielo, ci viene in soccorso.


Spulciando sulla sua pagina Facebook, balza agli occhi un post da lei condiviso, ossia quello di un attore che, impersonando un portatore di handicap, afferma “Io non sono diversamente abile, sono un disabile! Basta con questa ipocrisia”.
Sono assolutamente d’accordo. Tempo fa mi è capitato di leggere un articolo di Iacopo Melio che, a proposito dell’espressione diversamente abili, disse: “a questo punto, rivolgendoci alle persone, dovremmo dire che c’è gente onesta, o diversamente onesta”. Prima della malattia, c’è sempre la persona. La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità afferma che bisogna soffermarsi sulle “abilità”, e non sulla parola “diversi”, anche perché ognuno di noi lo è, perfi no un albero è diverso dall’altro. Invito tutti a fare uno sforzo, cioè quello di rivolgersi a noi come “persone con disabilità”.


Lei si è laureato da poco…
Sì, in Scienze dei servizi sociali, all’Università Suor Orsola Benincasa di Salerno, il 20 ottobre del 2018.


Sono molte le persone con disabilità che scelgono questo indirizzo di studi?
Ho conosciuto un ragazzo campano di nome Luca che, come me, ha portato a termine gli studi e si batte costantemente per l’abbattimento delle maledette barriere architettoniche.


A proposito di barriere architettoniche, la prima battaglia vinta, insieme ai suoi genitori, riguarda l’installazione di una pedana sull’autobus scolastico Calvello-Laurenzana. Cosa ricorda di quel periodo?
È stato un momento della mia vita particolarmente fiorente, grazie anche all’impegno del giornalista Rai, Nino Cutro, oltre che della Provincia di Potenza e del suo presidente Lacorazza. Noi disabili abbiamo il diritto di vivere la vita come tutte le altre persone, che siano studenti o turisti in movimento. Mi dispiace, tuttavia, che nella maggior parte dei casi la politica non accolga le istanze dei cittadini, e non si tratta di un discorso populista, bensì di ascoltare le persone. Un’altra battaglia che spero trovi immediata realizzazione riguarda la creazione di un primo lido inclusivo. Il comune di Bernalda è il primo a volerlo realizzare, ma se il demanio non dà l’ok continuerà a rimanere uno dei tanti progetti nel cassetto.


Sua madre mi ha parlato di una frase che lei ripete spesso, tra l’altro molto bella: “Noi persone con disabilità magari arriviamo un po’ in ritardo, ma chiediamo di arrivare…”
È fondamentale: tra l’altro quest’anno ho realizzato un cortometraggio intitolato “Libero” che parla proprio di questo aspetto. Mi rendo conto che per alcuni paesi della Basilicata questo principio è scarsamente applicabile, vista la situazione penosa dei collegamenti e delle infrastrutture, ma basterebbe qualche progetto in più, magari chiedendo consiglio alle persone con disabilità. La Regione potrebbe finalmente attuare, ad esempio, un bando speciale per l’abbattimento delle barriere architettoniche.


So che la presidente Franconi è venuta a trovarla diverse volte a casa. Cosa le ha chiesto nello specifico?
Più servizi e meno problematiche. I centri semi-residenziali, se non hanno contributi, finiscono per chiudere i battenti e per lasciare le persone a casa. La politica e, nello specifico, la Franconi mi è sembrata particolarmente riflessiva e attenta alle mie istanze, ma nella maggior parte dei casi lo scoglio maggiore è rappresentato dalla burocrazia. La Basilicata non può rimanere indietro nelle politiche sociali, tanto più che in regione il numero delle persone con disabilità non è poi così elevato, di conseguenza facilmente gestibile. Matera 2019 per me non rappresenta una fine, ma un inizio che deve essere sfruttato al meglio in nome del cambiamento.


In cosa il sistema sociale e sanitario della Basilicata ancora non funziona?
Le dico solo che per un semplice controllo noi disabili siamo costretti a emigrare da questa regione e andare a Roma. Non chiediamo certo un centro di alta specializzazione bensì, in virtù della posizione centrale di questa regione, si potrebbe dar vita a un centro idoneo per tutte le regioni del Sud, oltre a quello già attivo che, purtroppo, è collocato a Messina. Basterebbe concepire un accordo con altri nosocomi prestigiosi del panorama italiano, come il Gemelli di Roma, d’altro canto per il San Carlo non sarebbe certo la prima collaborazione. Dal punto di vista sociale, qui a Calvello c’è un centro semiresidenziale, ma se i fondi arrivano in ritardo, o sono irrisori, come si fa a pagare il personale, a fare dei laboratori o, semplicemente, a progettare un programma valido e attuabile?


E per quanto riguarda l’assistenza domiciliare? Qui in Basilicata è legata indissolubilmente all’ISEE familiare, uno dei pochi casi fra le Regioni in Italia…
È una grande disuguaglianza. Quando non ci saranno più i miei genitori, come farò? La malattia non è certo legata al fattore economico. Se si chiedono sacrifici ai cittadini, allora io chiedo uno sforzo maggiore anche alla politica, specialmente nell’attuazione di una programmazione a lungo termine.


Abbiamo parlato a lungo dei diritti delle persone con disabilità, ma quali sono secondo lei i doveri?
Fare i cittadini e impegnarci per far cambiare il mondo, anche attraverso il voto. Spesso si parla di welfare, ma non dev’essere solo un principio calato dall’alto, deve riguardare l’intera comunità.


Le famiglie delle persone con disabilità: spesso non tutti hanno una presenza di spirito e soprattutto di DENUINCIA. Se ciò è vero, perché?
Una malattia neurodegenerativa spaventa. Quando c’è la rabbia si ha ancora voglia di lottare, mentre quando subentrano la paura e la rassegnazione tutto sembra perduto. Io lo dico sempre: se nei paesi, nelle piccole comunità ci guardano, è perché siamo belli. I genitori, dal canto loro, devono operare per il bene dei propri fi gli e impegnarsi per vederli sereni, nonostante la sofferenza sia tanta.


Quella volta in cui le sono cadute le braccia…!
A Maratea, quando in un famoso e rinomato hotel, apparso anche in qualche film sulla Basilicata, ho scoperto mio malgrado che mancava il bagno dei disabili. Innanzitutto è un atto fuori legge, andava chiuso in quell’istante, ma la cosa che mi ha fatto più male non è l’essere stato costretto a farmela addosso e dover ricorrere al pronto soccorso, ma l’indifferenza delle istituzioni. A distanza di tempo ho saputo che il bagno per i disabili è stato realizzato in uno “scantinato”. Avrei anche accettato delle scuse –mai arrivate, tra l’altro- ma noi non dobbiamo essere costretti a chiedere “permesso”. Ho inviato personalmente, all’indomani dell’accaduto, una lettera all’allora Procuratore Generale della Repubblica di Lagonegro e al Comune, ma non ho mai ricevuto risposta. Al Procuratore citai una frase di Borsellino, a me molto cara, “Con la paura si muore ogni giorno”. E io non ho paura a dirlo, anche se finora l’ho sempre taciuto. Ho fatto una denuncia formale, ma a tutt’oggi (si era nel 2011), non so che fine abbia fatto il fascicolo, se sia stato archiviato o se perlomeno esista. Con quell’episodio è stata calpestata la mia dignità e le assicuro che sentirsi un “nulla” è terribile. La Giustizia dovrebbe essere per gli ultimi e non può lasciarci da soli.


Lei ha realizzato due cortometraggi: “Uniti più di prima” e “Libero”. Le è mai capitato di sentirsi solo e bloccato come nei video?
Sì, spesso mi è successo di rimanere bloccato a causa di porte e strutture non idonee. Succedeva a scuola, a Laurenzana, per esempio: aprivano solo un’anta di una porta d’ingresso. Ho voluto traslare questa storia sull’altalena che si vede nel video “Libero”, per trasmettere e mostrare agli altri quanto sia difficile scontrarsi con un mondo che finisce per privarci dell’autonomia.


A Calvello, parlando di barriere architettoniche, come state messi?
Ho fatto abbattere delle rampe nella piazza del paese, installare dei servoscala al Comune e nelle scuole, realizzare delle pedane sugli autobus e creare ex novo un’altalena, ma tanto altro rimane ancora da fare.


La politica l’ha mai cercata?
Io ho cercato loro, non mi sarebbe dispiaciuto candidarmi. È un impegno e la politica va vissuta, a partire dal proprio paese d’origine.


Se il nuovo governatore della Basilicata dovesse venire a farle visita, cosa gli direbbe?
Gli direi innanzitutto di fare le cose giuste. Bisogna lavorare per la disabilità. Le persone sono la benzina per cambiare realmente questa regione, e non solo la politica.


Lei è appassionato di meteo, che tempo si prospetta per questa regione?
Be’, lo chiederei a Gaetano Brindisi (ride, ndr). Sicuramente è un periodo difficile e allo stesso tempo fruttuoso, vista la presenza di Matera 2019.


Petrolio sì, petrolio no?
Io non sono totalmente contrario. Se non ci fossero le royalties, paesi come il mio sarebbero rimasti ancora più indietro. Ci vuole il giusto equilibrio tra il rispetto dell’ambiente e le estrazioni. Il problema maggiore di questa regione, tuttavia, riguarda anche le tante discariche abbandonate e mai bonificate, oppure la presenza dell’acqua per la quale non ci vengono restituite delle royalties.


Il film che la rappresenta?
“Quasi amici”.


La canzone?
“Per te ci sarò” de Il Volo.


Il libro?
“Giù al Sud” di Pino Aprile.


Se tra cent’anni un lettore dovesse imbattersi in un libro su Calvello contenente un capitolo dedicato a lei e alla sua opera di rimozione delle barriere architettoniche, con quale frase le piacerebbe essere ricordato?
«Nella vita bisogna essere attori e protagonisti, e non rimanere dietro le quinte ad aspettare che ci chiamino e che le cose accadano».

 

È possibile seguire Stefano Mele attraverso il suo canale Youtube e sul suo Blog: http://stefanomeleblog.blogspot.com/