- Giovanni Martemucci
- Sabato, 20 Ottobre 2018 10:00
Una singolare storia di emigrazione “al contrario” quella di Daniela Venezia, laureata in scienze della Formazione a indirizzo Interculturale, che sceglie di ritornare nella sua città, Matera, ma si scontra con il lassismo e la chiusura delle istituzioni lucane (sempre pronte a dire di si ad ogni progetto, ma mai concrete nel realizzarlo).
La storia che Daniela racconta a Controsenso, con un pizzico di rabbia, è emblematica di quello che accade a tanti lucani che sperano di mettere a frutto l’esperienza di studio e lavoro fatta fuori, ma poi trovano solo porte chiuse e istituzioni miopi, rafforzando la convinzione che nessuno è profeta in patria. Nel 1993 Daniela frequenta un seminario su metodologie e tecniche interculturali presso il Centro Europeo della Gioventù di Strasburgo, ed entra a far parte dello YEN, network europeo finalizzato allo sviluppo di progetti rivolti a target in situazioni di svantaggio. Da allora si occupa costantemente di multi e interculturalità, didattica delle lingue straniere, diversità, inclusione sociale e partecipazione. “Nel 2013 -afferma Daniela quando con più evidenza si cominciò a parlare di Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019, contattai il Comune, facendomi portatrice di una proposta che parlava di lingua e cultura italiana per stranieri, sicura di avere in mano argomenti che potevano trovare una buona collocazione nell’ambito di una ormai conclamata vocazione al turismo culturale. Cercavo il dialogo, finalizzato alla possibilità di sviluppare discorsi e opportunità, in sinergia con quanto stava accadendo con la candidatura della città a Capitale Europea della Cultura, di cui non conoscevo i processi, le fasi, i contorni, i possibili protagonisti. Non trovai alcuna accoglienza vera se non quella politica, in cui si porta a spasso la gente con frasi di circostanza e, a volte, coup de théâtre, finalizzati a confondere il cittadino, fargli avvertire un senso di inadeguatezza e infine scoraggiarlo nel cercare ulteriori contatti”. Nel frattempo Daniela realizza svariati progetti europei, finalizzati all’inclusione sociale e all’allargamento degli orizzonti culturali di giovani in situazioni di svantaggio, prima a Matera e poi nelle periferie metropolitane di Roma. “Non andò meglio -continua- con la Fondazione Matera 2019. Nell’impossibilità di incontrare il Direttore, o di ricevere risposta a telefonate e mail in più momenti inoltrate, fui accolta dai suoi più stretti collaboratori in maniera molto garbata e amichevole, anche qui senza mai avere alcun riscontro in merito alla proposta culturale di cui mi facevo portatrice, e tanto meno essere messa nella possibilità di lavorare ad eventuali declinazioni ed inserimenti nei “meccanismi” della Capitale Europea della Cultura. Dai toni trionfanti del Dossier sentivo dire che l’obiettivo di noi ‘abitanti culturali’ era quello di prolungare la permanenza dei turisti a Matera e portare i soggiorni da uno a due pernottamenti. Dinanzi a tali affermazioni, non potevano non ritornarmi in mente i documenti presentati ai vari Enti nei quali veniva opportunamente sottolineato che le attività di turismo linguistico, si rivolgono a persone straniere che soggiornano in città svariate notti, con un indotto economico non indifferente”. In assenza di risposte a livello comunale, Daniela si rivolge agli Uffici Regionali, contattando l’Ufficio Cooperazione Internazionale, e il Consiglio Regionale, al quale fanno capo le Associazioni di Lucani all’Estero, luoghi nei quali lingua e cultura italiana assumono uno spessore in più, quello identitario che riguarda le seconde e le terze generazioni dei nostri emigrati. “Chiamai in un caldo giorno di Agosto -prosegue- mi risposero prontamente (già questo fu motivo di positivo stupore!), dandomi piena disponibilità ad incontrarmi. Non solo rispondevano, ma addirittura ascoltavano, e si mostravano disponibili al dialogo! E infatti, dialogo fu. Si procedette ad una progettazione: un piccolo progetto per una piccola Associazione, quale era quella che avevo fondato, che si poneva come base di un dialogo secondo le direttrici programmatiche dell’Ente Locale. Il progetto fu portato a conclusione con buoni risultati”. Nel frattempo, però, la nomina di Matera a Capitale Europea della Cultura per il 2019, veniva estesa a tutta la regione, e si passava a Matera-Basilicata 2019. “Valutai -conclude Daniela come lungimirante, per una regione, quale la Basilicata, con comuni piccoli, agonizzanti e difficilmente raggiungibili, la decisione di coinvolgere l’intera regione nel processo di visibilità a livello nazionale ed internazionale. Da quel momento, però, il dialogo sviluppato con gli uffici regionali, si è di colpo interrotto. Niente più risposte telefoniche (salvo chiamare da numeri sconosciuti e ricevere scuse che non hanno avuto alcun seguito), impossibile proseguire nello sviluppo di co-progettazioni già in fase avanzata e presentate in bozza, impossibile ottenere risposte decifrabili, come si converrebbe a qualsiasi relazione di collaborazione. C’era in effetti lungimiranza nella decisione di estendere il titolo, ma non nel senso in cui io, abituata ad un’Europa ‘un po’ più open’, avevo sperato, bensì piuttosto nel chiudere i giochi anche a livello regionale, come già era successo anzitempo a livello cittadino”. Dopo questa breve esperienza di “emigrazione di ritorno” in Basilicata, Daniela sta pensando di lasciare nuovamente la sua città, Matera, proprio alla vigilia dell’appuntamento con la Capitale Europea della Cultura. Con buona pace dei programmi che mirano ad attrarre qui “abitanti culturali”. Purchè non siano locali.