- Redazione
- Sabato, 17 Marzo 2018 10:05
L’INTERVENTO - La vittoria schiacciante di Cinquestelle nel Sud è stata una novità assoluta, che contrasta con la storia meridionale, lungo la quale i suffragi si sono sempre concentrati su chi era al governo, per la semplice ragione che, in terra complessivamente inferiore, si cerca sempre il sostegno del più forte.
All’interno di tale meccanismo si sono inserite mafia, camorra e ‘ndrangheta, che sono poteri ben più forti di chi comanda. La vittoria di Cinquestelle arriva, invece, come una fi umana che tutto travolge. E travolge il PD, partito-regione da sempre, di fatto primo responsabile dell’arretramento economico, sociale e culturale della Basilicata. È una nuova forma di “jacquerie”, che è come il ritorno di Masaniello. Sempre, però, come è noto, questi travolgimenti fluviali si sono presto persi nel mare o, peggio, nella pianura paludosa. Si aspetta perciò, con curiosità e anche tra mille dilemmi, cosa e come i dirigenti del Movimento – se ce ne sono – sapranno mantenere la fiumana nell’alveo irrigatorio e costruttivo, resistendo alle pressioni del familismo amorale e dell’assistenzialismo, se non della capillare corruttibilità. In questo quadro si inserisce il caso Matera. Nel resto del Sud i suffragi al movimento Cinquestelle si sono aggirati intorno al 45-46%; in Basilicata si è al 44,35%. A Matera, però, si è arrivati al 53%. Il che significa che, ogni due elettori, più di uno ha votato per Cinquestelle. Eppure si dà il caso che Matera, da quattro anni, vive una sua stagione particolare. Da quattro anni circa, essa è capitale europea della cultura, destinataria di una notevole quantità di denaro. I banditori–imbonitori di Matera capitale europea della cultura gridano da quattro anni al grande evento, capace - dicono - di segnare una svolta nella storia economica e sociale della Città, della Regione, del Sud e, perché no?, dell’Italia tutta. Lo abbiamo sentito dire. Ora, però, coloro che hanno ripetuto a tutti i venti questo messaggio palingenetico, dovrebbero spiegare perché, in un momento particolarmente felice, hanno perduto in modo catastrofi co e perché hanno vinto, in modo travolgente, Cinquestelle, fi - nora forza di opposizione, di denunzia e di messaggi degni di Masaniello, o degni di Caronte, che gridava: “Guai a voi, anime prave!”. Potrebbe entrarci la condizione politica a livello comunale, che vede l’esistenza di un governissimo, cioè una amministrazione senza opposizione tranne il solo consigliere di Cinquestelle, “vox clamantis in deserto” (e spesso nemmeno tanto “clamantis”). Purtroppo, a dispetto degli impegni assunti e delle messianiche promesse, si tratta di un governissimo che non ha fatto registrare alcuna svolta significativa, tranne un ulteriore assopimento della politica e del dibattito, oltre che il naturale allargamento dei “clientes”. La città, oggi, è di fatto più che mai grigia e tutt’altro che culturalmente viva. Si può pensare, in prima battuta, che quella parte di opposizione che era del PD se l’è presa, mettendola insieme alla propria, il movimento Cinquestelle, moltiplicando all’inverosimile i suoi suffragi. Si può pensare, in seconda battuta, ad una rivolta e a un sordo rancore contro un governo cittadino su cui pesa la cappa del potere regionale PD, potentino e pittelliano, con cui si è tolta autonomia alla città, già dormiente sotto la cupola isolante del Comitato tecnico-scientifico 2019, operante tutto chiuso dall’alto dell’Olimpo o dal basso del Casale. Scelga il lettore. Ci può essere un terzo motivo, consistente nella esistenza di una abbondante e succulenta torta, al cui consumo si stanno sedendo, di volta in volta, gli amici di Picone, lasciando che gli altri facciano i volontari, oppure si arrangino con le frittelle e le “pèttole” (se possono). Altri, pur laureati, hanno solo da indossare - e non è facile - la livrea di ossequiosi portieri d’albergo, o la camicia con papillon di camerieri sottomessi al cuoco spesso assimilabile al Mangiafuoco di Collodi. Se ne è visto qualche esemplare. Altri, i migliori, ma non sono meno numerosi, emigrano in un sussulto di dignità, alla ricerca di più “spirabil aere”. E la città, di nome capitale europea della cultura, di fatto si fa, culturalmente, sempre più povera, perché a nulla serve il costoso campanile di cartone o la costosa festa dei volontari (per fortuna disertata) o il minacciato falò di san Giuseppe o gli esercizi da costruzione LEGO. Nessuna opera strutturale o infrastrutturale, che resti, finora si è vista. Si è visto, invece, un non ben giustificato rifacimento della pavimentazione del centro storico – il troppo enfatizzato “salotto buono” - con eliminazione di marciapiedi che, qualcuno, in futuro, chissà, potrebbe proporre di rifare. Di certo i vantaggi ottenuti non giustificano una spesa, che poteva essere indirizzata sulla periferia o in altri generi di lavori. Qualcuno, certo, di vantaggi ne ha tratti. E sono i proprietari dei locali al centro, già di per sé ricchi, che hanno immediatamente provveduto ad aumentare i prezzi di fi tto. Grande, perciò, si è fatta la delusione alla vigilia del 2019, anno con cui si pensava di contare la nuova storia di Matera, così come è successo con la nascita di Cristo e con la fondazione di Roma. Non potremo dire ab anno 2019, né ante annum 2019. Tanto che, sabato scorso, 10 marzo, si sono mobilitate CGIL,CISL e UIL, insieme con tutte le forze attive della città, per una manifestazione di massa, che dia uno scossone negli ultimi cento metri della corsa e spinga al redde rationem la sussiegosa fondazione Matera- Basilicata 2019. Che cosa, dunque, potevano fare i molti giovani disoccupati o inoccupati e frustrati, spesso con una o due lauree e qualche master, viventi con la pensione dei genitori e dei nonni? Hanno votato in blocco per Cinquestelle, quale disperato e sdegnato segno di malcontento. Ci vuole tanto a capirlo?
Giovanni Caserta, Storico e critico letterario