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di Walter De Stradis

 

(foto Cecere)

 

 

Tanto il Capoluogo (con il film “La notte più lunga dell’anno” e la serie di prossima uscita dedicata al caso Claps), quanto la più “gettonata” Matera (che, fra le mille altre cose, ha ospitato le scorribande di 007 ed è la sede “naturale” delle avventure del magistrato Imma Tataranni), hanno consolidato la Basilicata come “terra di cinema”. Ma ormai si può dire che anche il mondo delle "nuvole parlanti" rappresenti una degna, ulteriore “dimensione” del pianeta lucano. Oltre alla nutrita schiera di fumettisti di fama -fra i quali Rosari Raho (impegnato su Nick Raider), Giulio Giordano (nella scuderia di Diabolik) e il decano Giuseppe Palumbo- negli ultimi tempi si sono infatti registrate anche le assidue frequentazioni di Topolino e Paperino, raffigurate nelle splendide cornici di alcune locations lucane, non ultima quella del Maggio di Acettura.

E proprio nei giorni in cui nel comune in provincia di Matera si tenevano le celebrazioni propedeutiche al famoso e antichissimo rito arboreo, noi di “Controsenso” avevamo la possibilità di incontrare a Napoli uno dei massimi scrittori italiani dediti alla nobile arte fumetto, Giancarlo Berardi, che –scusate se è poco- negli anni Settanta ha dato vita a un personaggio ancora oggi amatissimo (e ristampatissimo), disegnato da Ivo Milazzo: Ken Parker, protagonista, particolarmente “umano”, di storie ambientate in un West realistico e lontano dalle facili e convenienti dicotomie alla John Wayne.

L’intervista con Berardi è avvenuta nel contesto della seconda edizione del Festival del Giallo di Napoli, tenutasi anche quest’anno al Palazzo Grenoble in Via Crispi. “Testimonial” della manifestazione, era infatti "Julia Kendall" (le cui storie sono pubblicate da Sergio Bonelli Editore), detective che “indossa” il volto di Audrey Hepburn e che è stata creata nel 1998 per l’appunto da Berardi (che già negli anni Ottanta si era comunque dedicato alla trasposizione a fumetti di alcune avventure di Sherlock Holmes).

A parere di chi scrive, Julia ha anticipato proprio i fasti investigativi di personaggi come la “nostra” Imma Tataranni. E in tutto questo, c’è una (ulteriore), importantissima, nota lucana nella vita di Giancarlo Berardi; non ne eravamo a conoscenza e l’abbiamo scoperta nel corso dell’intervista che ci ha concesso. Si è trattato, stavolta, di un pranzo “solo virtuale” (considerati i tempi stretti e il comprensibile scalpitare di colleghi e fan che “reclamavano” l’autore), in cui però lo scrittore nativo di Genova ha dialogato con la classe e sincerità, da vero “straordinario gentleman” del fumetto quale, notoriamente, è.  

d: Lei ha detto, in uno degli incontri tenutisi proprio durante la kermesse napoletana, che il cinema è una delle forme d’arte che lei riversa nella sua attività di scrittore di fumetti. Nel caso specifico di “Julia” si può sostenere che un po’ ha anticipato una moda oggi diffusissima su libri e in Tv, ossia quella delle magistrate e/o donne detective come, ad esempio, Imma Tataranni.

r: Penso di sì, o per lo meno lo spero, perché quando un personaggio forte si presenta al pubblico e quest’ultimo ne dichiara il suo palese gradimento, beh, è chiaro che ciò influenza altre idee o proposte.

Quando ho iniziato la saga di “Julia”, nel 1994, eravamo lontani dall’idea di donne protagoniste, specialmente nell’ambito investigativo, anzi a quei tempi era un’idea piuttosto rara. Ho avuto la giusta intuizione, ma è un po’ quello che succede a tutti gli autori che devono prevedere le evoluzioni e gli scenari futuri. Per me è, dunque, una grande soddisfazione che tale figura abbia influenzato altre produzioni e, perché no, altri personaggi.

d: Approcci con il cinema e con la Tv ci sono stati?

r: Certamente, anzi, direi molti, ma tutti insoddisfacenti, perché spesso i produttori che si avvicinano al fumetto pensano che sia qualcosa di serie B o di serie C, dunque mostrano un atteggiamento piuttosto superficiale, cosa che a me non piace.

d: Lei che rapporto ha con il suo personaggio? Ci troviamo al Festival del Giallo perciò corre subito in mente, a mo’ di analogia, il rapporto travagliato tra Conan Doyle e Sherlock Holmes, un autore che odiava a tal punto il suo personaggio da desiderarne la morte. Le è mai capitato di sentirsi stanco di “Julia”?

r: Assolutamente no. Quello con Julia è simile a un rapporto padre-figlia, perché è costruito non come un personaggio bensì come una persona. Io la seguo, ma alcune decisioni le prende lei, perché ha un suo carattere e una personalità definita che non possono certo essere forzate con i miei pensieri. Ad esempio, immaginavo che nel tempo avrebbe scelto un fidanzato con pochi capelli, invece lei ha preferito un ricciolone italiano, per giunta genovese. Dunque come spesso succede ai padri: mi sono rassegnato.

d: Può dunque succedere a un autore che un personaggio acquisisca talmente tanta autonomia da condurlo a situazioni o scelte che magari non piacciono?

r: Assolutamente sì. Se ben costruito, il personaggio porta avanti da solo una storia. È come se prendesse in autonomia delle decisioni legate alla sua personalità, poiché coerenti con il personaggio stesso.

d: Ha dichiarato, durante uno dei tanti incontri qui al Festival del Giallo di Napoli, di aver letto una quantità indefinita di libri, saggi e scritti di vario genere che, come è giusto che sia, la ispirano e influenzano nel suo lavoro quotidiano, a tal punto da non sapere come spesso andrà a finire una sua storia. Si è mai lasciato trasportare, invece, dai tanti fatti o casi di cronaca reali della nostra Nazione?

r: Probabilmente qualche spunto c’è stato, anche perché si immagazzinano talmente tante nozioni da non sapere più da dove siano state attinte. Quello che mi interessa sono principalmente i personaggi, amo costruirli a tutto tondo e sono proprio loro a portare avanti una storia, compreso il finale.

d: Lei è anche l’autore di Ken Parker, un personaggio tra i più celebri del fumetto, nonché tra i più ristampati. Durante un suo incontro con i più giovani una ragazza ha sostenuto che ci sarebbe bisogno di Ken Parker ora, in un momento politico particolare come quello italiano, con i suoi valori di tolleranza e pacifica convivenza. Una giovane che fa un’osservazione come questa che fotografia offre del momento storico in cui viviamo?

r: Una bella fotografia, anche perché si pensa sempre che i giovani siano lontani dalla vita del Paese e, invece, così non è. Io vedo semplicemente dei giovani che guardano la nostra società con occhi limpidi e che cercano di trovare la loro strada, talvolta notandone le storture. Io molta fiducia nei giovani.

d: Qui a Napoli ha raccontato del suo rapporto con la città partenopea, ma ha anche un qualche legame con la Basilicata?

r: Ho un rapporto strettissimo con la Basilicata, poiché mia moglie, che purtroppo è mancata qualche anno fa, era proprio lucana (originaria di San Mauro Forte, ci spiegherà a microfoni spenti – ndr). Alla Basilicata mi legano, pertanto, molti piacevoli ricordi e conosco anche un po’ del vostro dialetto.