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È una domenica

mattina piuttosto

indaffarata quando

i n c o n t r i a m o

la Consigliera

regionale di Parità, l’avvocata

Ivana Enrica Pipponzi, per

fare il punto sule attività svolte

nei centri di ascolto delle

discriminazioni sul luogo di

lavoro, attivati sul territorio.

D: Consigliera Pipponzi,

facciamo insieme una

ricognizione generale delle

tante situazioni limite

affrontate.

R: I centri di ascolto sono due

poiché, oltre al mio uffi cio,

che rimane a disposizione

per tutte le vittime di violenza

di genere, qualche tempo fa

ne è stato attivato un altro,

presso l’Ispettorato del lavoro

di Potenza, che si occupa

prevalentemente di casi di

discriminazione sui luoghi di

lavoro.

La Consigliera di Parità, in

qualità di pubblico uffi ciale,

è una fi gura istituzionale

deputata alla prevenzione e

al contrasto della cosiddetta

discriminazione di genere

sul posto di lavoro, dunque

donne e uomini, lavoratrici

o lavoratori, possono

tranquillamente rivolgersi

a me per segnalare specifi ci

casi. Per agevolare ancora

di più questa funzione

istituzionale, già a maggio del

2017, ho stilato un protocollo

d’intesa con l’Ispettorato del

lavoro della Basilicata e in

particolar modo con la sede di

Potenza ove, in collaborazione

con la dottoressa Rocchina

Rosa, abbiamo aperto un vero

e proprio centro d’ascolto.

Periodicamente mi reco di

persona al centro di ascolto

attivato all’Ispettorato per

raccogliere le denunce delle

lavoratrici anche se, in verità,

si sono rivolti a noi anche

dei lavoratori. Inizialmente

viene effettuata una sorta

di scrematura dei casi dalla

dottoressa Rosa, poi questi

stessi casi vengono segnalati

alla mia attenzione per

raccogliere le denunce delle

vittime. Dopo questa prima

fase, si apre un procedimento

presso il mio uffi cio che inizia

sempre con una convocazione

della parte datoriale per

tentare una conciliazione,

vale a dire per rimuovere la

condotta discriminatoria e

dirimere la controversia. Lo

scopo principale dell’uffi cio,

infatti, è quello di trovare una

conciliazione e di preservare

l’occupazione della vittima.

Ci tengo a sottolineare che

si tratta di un procedimento

gratuito, al quale la parte

datoriale è obbligata a

partecipare, poiché in

presenza di una convocazione

effettuata da un pubblico

uffi ciale. Non è detto che la

conciliazione abbia il suo

effetto, ma spesso si riesce a

mediare.

D: Il fenomeno della

discriminazione sui luoghi

di lavoro in Basilicata è così

allarmante?

R: Molti casi rientrano

nell’alveo dell’induzione alle

dimissioni per motivi legati

alla maternità e, dunque, di

una specifi ca discriminazione

di genere. Magari ci sono casi

in cui ci troviamo di fronte ad

una mancata concessione del

part-time, della fl essibilità

oraria, delle misure a presidio

della conciliazione vita/

lavoro, ossia del telelavoro,

dello smart working, oppure,

nel peggiore dei casi, si

costringe la lavoratrice o il

lavoratore a dimettersi. La

maggior parte degli episodi

trattati hanno avuto una

soluzione favorevole, mi viene

in mente un lavoratore di

un’azienda locale pubblica

che aveva richiesto più volte

il telelavoro, senza che gli

fosse stato concesso, mentre

dopo il nostro intervento è

riuscito ad avere la meglio, o

il caso di un altro lavoratore

che si è rivolto ai nostri uffi ci

per richiedere che il datore

di lavoro si decidesse a

concedergli il permesso per

l’allattamento.

È evidente che, tra le

discriminazioni più gravi, ci

sono le molestie sui luoghi

di lavoro, e con ciò intendo

sia quelle sessuali sia quelle

verbali. Si tratta di un

fenomeno subdolo, anche

perché spesso le lavoratrici

rinunciano a denunciarlo,

poiché temono di non essere

credute, di essere giudicate e

di subire condotte ritorsive,

come il licenziamento. Di

recente, uno dei casi che

ha fatto più discutere –di

cui non mi sono occupata

specifi catamente, ma di cui ho

appreso a livello mediaticoriguarda

la condanna

per molestie comminata

al presidente del Cotrab,

Ferrara.Si tratta di un caso

molto grave. Ci sarà tempo e

modo per verifi care se, oltre

alla condanna principale, ci

siano o meno delle sanzioni

accessorie, tuttavia è chiaro

che l’azienda deve mettere

in pratica delle necessarie

cautele a favore della vittima,

che certo non può più trovarsi

a lavorare nello stesso

uffi cio del Ferrara. Non so

cosa prevede il contratto

collettivo di lavoro, cioè se

Ferrara perderà o meno il

suo posto, ma l’interesse della

vittima in questo caso deve

prevalere, d’altronde siamo

in presenza di una sentenza

defi nitiva che, in quanto tale,

deve essere onorata. Vorrei

ricordare che nell’ambito del

sito www.consiglieradiparita.

regione.basilicata.it ho

creato una pagina che si

chiama “Io ti ascolto”, ove

chiunque può segnalare,

anche anonimamente, il suo

caso, chiedendo informazioni

specifi che.

D: Vediamo insieme i dati

inerenti le discriminazioni

in ambito lavorativo

dell’ultimo triennio.

R: Nel 2017, sono stati trattati

nove casi, due dei quali sono

stati defi niti con transazione

positiva. Nel 2018, i casi

sono saliti a quindici, cinque

dei quali sono stati defi niti

con transazione positiva.

Dall’inizio del 2019 ad oggi,

abbiamo affrontato diciassette

casi, di cui sei hanno avuto

una defi nizione positiva. Un

solo caso è confl uito innanzi

al Giudice del lavoro, in virtù

di una causa pendente per

mobbing, e il mio uffi cio si

è costituito, con ricorso ad

adiuvandum, per sostenere

le ragioni della lavoratrice.

Le azioni dell’uffi cio da

me rappresentato spesso

avvengono sotto traccia,

anche perché dobbiamo

mantenere sempre un profi lo

molto basso, nel rispetto della

privacy di tutte le persone

coinvolte,