- Redazione
- Martedì, 08 Ottobre 2019 15:32
È una domenica
mattina piuttosto
indaffarata quando
i n c o n t r i a m o
la Consigliera
regionale di Parità, l’avvocata
Ivana Enrica Pipponzi, per
fare il punto sule attività svolte
nei centri di ascolto delle
discriminazioni sul luogo di
lavoro, attivati sul territorio.
D: Consigliera Pipponzi,
facciamo insieme una
ricognizione generale delle
tante situazioni limite
affrontate.
R: I centri di ascolto sono due
poiché, oltre al mio uffi cio,
che rimane a disposizione
per tutte le vittime di violenza
di genere, qualche tempo fa
ne è stato attivato un altro,
presso l’Ispettorato del lavoro
di Potenza, che si occupa
prevalentemente di casi di
discriminazione sui luoghi di
lavoro.
La Consigliera di Parità, in
qualità di pubblico uffi ciale,
è una fi gura istituzionale
deputata alla prevenzione e
al contrasto della cosiddetta
discriminazione di genere
sul posto di lavoro, dunque
donne e uomini, lavoratrici
o lavoratori, possono
tranquillamente rivolgersi
a me per segnalare specifi ci
casi. Per agevolare ancora
di più questa funzione
istituzionale, già a maggio del
2017, ho stilato un protocollo
d’intesa con l’Ispettorato del
lavoro della Basilicata e in
particolar modo con la sede di
Potenza ove, in collaborazione
con la dottoressa Rocchina
Rosa, abbiamo aperto un vero
e proprio centro d’ascolto.
Periodicamente mi reco di
persona al centro di ascolto
attivato all’Ispettorato per
raccogliere le denunce delle
lavoratrici anche se, in verità,
si sono rivolti a noi anche
dei lavoratori. Inizialmente
viene effettuata una sorta
di scrematura dei casi dalla
dottoressa Rosa, poi questi
stessi casi vengono segnalati
alla mia attenzione per
raccogliere le denunce delle
vittime. Dopo questa prima
fase, si apre un procedimento
presso il mio uffi cio che inizia
sempre con una convocazione
della parte datoriale per
tentare una conciliazione,
vale a dire per rimuovere la
condotta discriminatoria e
dirimere la controversia. Lo
scopo principale dell’uffi cio,
infatti, è quello di trovare una
conciliazione e di preservare
l’occupazione della vittima.
Ci tengo a sottolineare che
si tratta di un procedimento
gratuito, al quale la parte
datoriale è obbligata a
partecipare, poiché in
presenza di una convocazione
effettuata da un pubblico
uffi ciale. Non è detto che la
conciliazione abbia il suo
effetto, ma spesso si riesce a
mediare.
D: Il fenomeno della
discriminazione sui luoghi
di lavoro in Basilicata è così
allarmante?
R: Molti casi rientrano
nell’alveo dell’induzione alle
dimissioni per motivi legati
alla maternità e, dunque, di
una specifi ca discriminazione
di genere. Magari ci sono casi
in cui ci troviamo di fronte ad
una mancata concessione del
part-time, della fl essibilità
oraria, delle misure a presidio
della conciliazione vita/
lavoro, ossia del telelavoro,
dello smart working, oppure,
nel peggiore dei casi, si
costringe la lavoratrice o il
lavoratore a dimettersi. La
maggior parte degli episodi
trattati hanno avuto una
soluzione favorevole, mi viene
in mente un lavoratore di
un’azienda locale pubblica
che aveva richiesto più volte
il telelavoro, senza che gli
fosse stato concesso, mentre
dopo il nostro intervento è
riuscito ad avere la meglio, o
il caso di un altro lavoratore
che si è rivolto ai nostri uffi ci
per richiedere che il datore
di lavoro si decidesse a
concedergli il permesso per
l’allattamento.
È evidente che, tra le
discriminazioni più gravi, ci
sono le molestie sui luoghi
di lavoro, e con ciò intendo
sia quelle sessuali sia quelle
verbali. Si tratta di un
fenomeno subdolo, anche
perché spesso le lavoratrici
rinunciano a denunciarlo,
poiché temono di non essere
credute, di essere giudicate e
di subire condotte ritorsive,
come il licenziamento. Di
recente, uno dei casi che
ha fatto più discutere –di
cui non mi sono occupata
specifi catamente, ma di cui ho
appreso a livello mediaticoriguarda
la condanna
per molestie comminata
al presidente del Cotrab,
Ferrara.Si tratta di un caso
molto grave. Ci sarà tempo e
modo per verifi care se, oltre
alla condanna principale, ci
siano o meno delle sanzioni
accessorie, tuttavia è chiaro
che l’azienda deve mettere
in pratica delle necessarie
cautele a favore della vittima,
che certo non può più trovarsi
a lavorare nello stesso
uffi cio del Ferrara. Non so
cosa prevede il contratto
collettivo di lavoro, cioè se
Ferrara perderà o meno il
suo posto, ma l’interesse della
vittima in questo caso deve
prevalere, d’altronde siamo
in presenza di una sentenza
defi nitiva che, in quanto tale,
deve essere onorata. Vorrei
ricordare che nell’ambito del
sito www.consiglieradiparita.
regione.basilicata.it ho
creato una pagina che si
chiama “Io ti ascolto”, ove
chiunque può segnalare,
anche anonimamente, il suo
caso, chiedendo informazioni
specifi che.
D: Vediamo insieme i dati
inerenti le discriminazioni
in ambito lavorativo
dell’ultimo triennio.
R: Nel 2017, sono stati trattati
nove casi, due dei quali sono
stati defi niti con transazione
positiva. Nel 2018, i casi
sono saliti a quindici, cinque
dei quali sono stati defi niti
con transazione positiva.
Dall’inizio del 2019 ad oggi,
abbiamo affrontato diciassette
casi, di cui sei hanno avuto
una defi nizione positiva. Un
solo caso è confl uito innanzi
al Giudice del lavoro, in virtù
di una causa pendente per
mobbing, e il mio uffi cio si
è costituito, con ricorso ad
adiuvandum, per sostenere
le ragioni della lavoratrice.
Le azioni dell’uffi cio da
me rappresentato spesso
avvengono sotto traccia,
anche perché dobbiamo
mantenere sempre un profi lo
molto basso, nel rispetto della
privacy di tutte le persone
coinvolte,