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di Walter De Stradis

N

onostante avesse 102 anni di età, la notizia della scomparsa di Padre Vitale Dartizio ha colpito la città Capoluogo come il proverbiale fulmine a ciel sereno. Quando lo intervistammo “a pranzo” (solo simbolico, a causa della pandemia), nell’aprile del 2020 (in occasione del suo 98esimo compleanno), su queste pagine lo definimmo un “Inno alla Gioia che cammina su due gambe”. Oggi, nel refettorio di quello stesso convento dei frati minori sito nel rione Santa Maria a Potenza (ove il francescano era stato parroco, per poi tornarci a vivere negli ultimi dieci anni), abbiamo voluto incontrare un suo confratello, il vicario parrocchiale Frate Antonio Monaco -un “giovane” barbuto di cinquant’anni- che si è particolarmente distinto nel cercare di portare avanti quella “fiaccola”, anche attraverso un mezzo di comunicazione che Padre Vitale prediligeva: la radio.

d - Frà Antonio, proprio nello spirito di Padre Vitale, che per tanti anni è stato anche speaker radiofonico coi suoi programmi religiosi, lei conduce dagli studi di “Radio Cantiere”, che si trovano qui in parrocchia, un programma con ospiti, assieme al cantante e poeta Vito Viglioglia.

r - Si tratta di una radio che vuole innanzitutto propugnare i valori cristiani; poi, dal canto mio, seguendo i dettami di San Francesco, cerco di seguire la “via della Bellezza”, tragitto sul quale si incontra Dio. E lo facciamo senza parlare di Fede in modo diretto, ma attraverso gli incontri, soprattutto, con personaggi del mondo musicale e artistico. Abbiamo infatti ospitato musicisti come Graziano Accinni, Danilo Vignola, Antonio Nicola Bruno e il poeta Domenico Brancucci.

d - Lei è infatti appassionato di musica.

r - Sì, mi sono anche cimentato nel songwriting, con alcuni cantautori del napoletano, e ho avuto modo di seguire per due anni un laboratorio di scrittura con Gnut. Il mio genere d’elezione è il country, ma nell’esperienza diretta mi rifaccio al cantautorato italiano, seppur con quel tipo di venature.

d - Dunque non c’è il rischio che i confratelli qui in convento le chiedano di abbassare il volume dello stereo!

r - (Sorride) No, no, io ascolto di tutto. E poi nella buona tradizione conventuale usiamo le cuffie! (risate)

d - Quella di Radio Cantiere è la sua prima esperienza?

r - No, ne ho fatta un’altra, quando vivevo in Campania, nell’ambito della “Gioventù Francescana”. Il programma, assai legato al mondo giovanile, si chiamava “Parlami d’amore”, e io curavo una rubrica musicale. In ogni puntata commentavo un brano di un cantautore. Si trattava anche in questo caso di una web radio.

d - Torniamo a Padre Vitale, col quale lei ha convissuto fianco a fianco qui in convento negli ultimi due anni, e che lascia un grande vuoto in questa città. Aveva 102 anni: è stato lucido fino all’ultimo?

r - Certamente. Poche ore prima di avere il malore, era come sempre lì al telefono, a chiamare gente. Pensi che solo qualche settimana prima aveva portato un gruppetto di persone in pellegrinaggio a Monte Carmine; a maggio, quasi senza dirci nulla, aveva organizzato praticamente da solo un altro pellegrinaggio, a Pompei. Era una figura davvero energica.

d - Celebrava ancora la messa?

r - Certo. Qui a Santa Maria, per via della struttura, concelebrava, ma a contrada Dragonara, nella rettoria del Divino Amore, celebrava ogni domenica, fino all’ultima, prima di avere il malore.

d - Si sentiva tranquillo negli ultimi tempi?

r - Sì, l’unica cosa che diceva -e noi un po’ sorridevamo- era che iniziava a sentire “il peso degli anni” (sorriso generale). Tuttavia continuava a progettare nuovi pellegrinaggi...

d - Ma secondo lei qual era “il segreto” di Padre Vitale? Non so, mangiava poco...

r - No, mangiava come tutti e non aveva nessun segreto particolare. Per come l’ho vissuto io, se dovessi definirlo con alcune parole, direi “Tra tenacia e testardaggine”. Era molto ostinato nelle sue cose e forse era questo il suo segreto. In aggiunta, era un grande ottimista. Una delle sue parole ricorrenti era “futuro”. Aveva sempre questa proiezione. E in una persona di 102 anni, certo faceva riflettere. Era molto attento alle notizie di cronaca e seguiva con molta passionalità tutte le situazioni di conflitto nel mondo; e quando leggeva di un qualche spiraglio di pace, lui subito esultava, come se la guerra fosse già finita. Le cose andavano poi diversamente, come sappiamo, ma lui non smetteva mai di sperare.

d - Lei ha praticamente già anticipato la mia prossima domanda: qual è il più grande insegnamento che le ha lasciato e in che modo lei cercherà di darvi seguito?

r - Portando avanti proprio questo senso di speranza, molto forte. Quando Padre Vitale incontrava qualche giovane gli diceva sempre di andare avanti, di guardare verso il futuro. E poi, nel mio piccolo, come mi ha fatto notare lei (io non ci avevo mai fatto caso!), continuare in questo discorso della radio, raccogliere questa fiaccola e portarla...

d -...nel futuro.

r - Esatto!

d - Tantissimi sono stati i messaggi di cordoglio, sia da parte dei cittadini sia da parte delle istituzioni. Ce n’è stato uno che lei ritiene particolarmente significativo?

r - Più che una frase (in un momento del genere, come sa, le parole sono tante), mi è rimasto impresso un episodio, che più che altro mi ha fatto sorridere. L’altra sera una signora è venuta a pregare davanti al feretro e a un certo punto ha esclamato: «Ah, non ha neanche una ruga!». Questa cosa mi ha divertito, perché è sintomatica dell’impressione di “eternità” che Padre Vitale trasmetteva: molte persone non avevano cognizione di avere di fronte un uomo di 102 anni. Se proprio devo citare una frase, durante le esequie, il Generale dell’Ordine dei frati minori, nel suo messaggio ha ricordato con parole anche divertenti la tenacia di Padre Vitale. Il nostro Provinciale, infatti, a un certo punto -vista l’età- gli aveva chiesto di riconsegnare la patente di guida, e lui a sua volta aveva scritto al Generale, per poter continuare! Ma poi, piano piano, Padre Vitale ha compreso che la guida gli costava fatica e ha accettato serenamente. Mi colpiva davvero, questa sua tenacia.

d - Tornando alla musica, qui in parrocchia, questa estate avete ospitato un evento, “Note di Pace”, che ha visto protagonisti molti importanti artisti lucani e che ha avuto anche un piccolo “riconoscimento”.

r - Lo scopo dell’evento era una raccolta fondi da donare alla popolazione di Gaza, in cui è presente una piccola comunità cristiana. All’inizio, in realtà, dovevamo devolvere soltanto a questi ultimi, ma poi abbiamo deciso di allargare. Abbiamo raccolto una somma non grandissima, ma quei 600 euro ho avuto la possibilità di consegnarli direttamente nelle mani del Patriarca di Gerusalemme, Sua Beatitudine Pizzaballa (che era venuto nella nostra provincia religiosa, a Cava De’ Tirreni, per ordinare quattro frati che sono diventati sacerdoti). In risposta, lui ci ha inviato un ringraziamento formale. “Note di Pace” l’ho organizzata insieme a Vito Viglioglia dei Meteopanik e al presidente dell’associazione “Il Cantiere”, Franco Mastrangelo (che gestisce anche la radio) e stiamo riflettendo sul ripetere questa esperienza, perché è stato anche un momento di riflessione sulla musica lucana, che è così poco conosciuta. In ogni caso, le attività del “Cantiere” continueranno, e ci sono dei progetti che vorremmo inserire nell’ambito di “Potenza Città dei Giovani”...

d - Ma Potenza, secondo lei, è davvero “a misura di giovani”?

r - (Sorride) Secondo me “potrebbe”. Ci sono molti spazi vuoti che potrebbero essere utilizzati per i giovani (in ambito artistico o sportivo), tipo lo slargo a via Mazzini, sovrastante le scale mobili.

d - Un messaggio, un consiglio al sindaco Telesca?

r - Gli chiederei, da vero potentino (fino ai 24 anni ho vissuto sempre qui), di valorizzare una città che ha tante potenzialità, e che deve riscoprire. Gli direi di guardare lontano, non soltanto alle urgenze, ma sopratutto alle possibilità.