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di Walter De Stradis

 

foto di Luigi Cecere

 

 

 

Giornalista, scrittore, docente universitario, contributor di prestigiose testate nazionali, il quarantanovenne Michelangelo Iossa, napoletano, di origini lucane (Francavilla in Sinni), è uno dei massi esperti internazionali del fenomeno “James Bond”, personaggio che da qualche tempo, qui in Basilicata, avvertiamo particolarmente “nostro”, dopo i recenti fasti di “No Time to Die” (2021), girati anche a Matera.

Iossa lo abbiamo incontrato a Napoli, nella splendida terrazza del Parker’s Grand Hotel (uno dei più antichi alberghi d’Italia), a pochi metri dal Bidder Bar, che da quasi vent’anni ospita un Bond Point ufficiale, nel quale vengono serviti i 283 cocktail selezionati dai film e dai libri che hanno 007 come protagonista. Dopo “Operazione Suono” (Rogiosi 2020), incentrato sulle colonne sonore della saga cinematografica, Iossa è al secondo libro dedicato al vastissimo universo di 007: “Fleming/Luciano – Ian e Lucky a Napoli” (Jack Editore).

D- Come e quando nasce questa sua passione per James Bond?

R -Trasmessami da mio padre, è iniziata quando avevo otto anni. Era l’agosto del 1982 e Napoli in quel periodo, come accadeva allora anche nelle altre città, era svuotata. Un giorno, dopo aver gironzolato un po’, ci trovammo davanti al Cinema “Vittoria”, all’ Arenella, ove davano una retrospettiva su 007. Mio padre a suo tempo era andato a vedere quei film con mio nonno, e pertanto pensò fosse una buona idea. All’epoca non sapevo affatto cosa fosse un “agente segreto”, ma quella volta, subito dopo la visione di “Goldfinger” (un capitolo di quasi vent’anni prima, con Sean Connery), mi innamorai del personaggio. Mi avevano colpito la donna dipinta d’oro, le abilità di 007 e soprattutto la sua auto, dotata di mitragliatrice e geo-localizzatore. A un certo punto, la passione divenne professione, in quanto 007 (così come anche i Beatles) si trasformarono in oggetto di studio.

D- Questo “Fleming/Luciano” ha anche molto a che fare con questa città, Napoli, in quanto narra di un incontro che avvenne qui tra Ian Fleming, lo scrittore che ha creato 007, e Lucky Luciano, il boss che per primo aveva “riunito” le cosche mafiose.

R -Sì, da un lato infatti c’è Ian Fleming, giornalista, scrittore, reporter per la Reuters in Russia, egli stesso agente segreto per le forze navali inglesi, e naturalmente romanziere, creatore di James Bond; dall’altro abbiamo forse il più temibile mafioso di tutti i tempi. Fu Luciano a capire che il mondo dei gangster, così com’era, approssimativo e anche un po’ “baraccone”, doveva cambiare pelle, e di conseguenza “inventò” un modo di fare mafia completamente diverso, “modernizzandola” e creando addirittura un organismo di vertice che chiamò “la commissione”. Parlandone col suo braccio destro, Meyer Lansky, sentenziò: «No, questa organizzazione non deve avere alcun nome, è Cosa Nostra». E da quel momento tutti i giornalisti la chiamarono così. Di fatto, è stato probabilmente il mafioso più potente di tutti i tempi: Messina Denaro, Buscetta (tra l’altro un suo allievo) e Riina messi insieme, forse non arrivano a fare un Lucky Luciano. Pensi che una volta estromesso dagli USA e arrivato a Napoli, organizzò oltre venti summit, tra qui e Palermo, con tutte le organizzazioni più potenti. Di fatto, quella di Lucky Luciano è una “Spectre” (l’associazione criminale internazionale contro cui combatte James Bond – ndr). Non è un caso che –anche in virtù di una promessa fatta a Raymond Chandler- Ian Fleming volle intervistarlo. Pertanto, i due si incontrarono a Napoli nel 1960, ma la cosa incredibile è che l’anno successivo il romanziere inventò (nel libro “Thunderball”) il personaggio di Emilio Largo, facendolo nascere proprio a Napoli, e modellandolo sui miti, i riti e i modi di fare di Lucky Luciano. Di fatto, dunque, la “Spectre” è un po’ figlia di Cosa Nostra.

D- Tra l’altro, se non sbaglio, in quell'intervista con Fleming, Luciano disse la famosa frase: «La Mafia non esiste, è un’invenzione di voi giornalisti».

R -Esatto. L’intervista si chiuse proprio con quella frase, degna di un vero “cattivo” di Bond.

D- Precedentemente, però, come lei racconta nel libro, c’era stata anche l’operazione “Husky”.

R -Si tratta della grande svolta nella vita di Lucky Luciano. Esattamente ottant’anni fa, nell’estate del 1943, avvenne il più colossale sbarco degli “Alleati”, in Sicilia. Una risalita verso Messina, che com’è noto cambiò il volto della Seconda Guerra Mondiale. Quell’operazione, in realtà, avvenne anche grazie alla collaborazione di Lucky Luciano, che dal suo carcere newyorkese, facendo da “burattinaio a distanza”, aiutò la Marina americana, motivo per cui nel 1947 fu graziato dal Procuratore Capo dello Stato di New York, per “servigi resi”. E poté essere rimpatriato.

D- Motivo per cui nel 1960 era bellamente a Napoli a farsi intervistare.

R - (Sorride) Esatto, se si esclude un “lieve” obbligo di firma. Aggiungo che l’operazione “Husky” a sua volta era figlia di un’altra operazione, inventata col contributo di Ian Fleming. Si chiamava “Minced meat” (“Carne tritata”). Gli Inglesi si erano resi conto che Hitler era a conoscenza del fatto che le loro truppe sarebbero sbarcate in Sicilia, e quindi pensarono di depistarlo, facendogli credere che la meta dello sbarco fosse la Grecia. Ian Fleming, che già lavorava per il “Naval Intelligence”, fu reclutato anche per questa operazione. Si trattò di prendere il corpo di un militare morto, rivestirlo come fosse operativo, e “imbottirlo” di documenti falsi. Per l’occasione, Fleming scrisse un vero e proprio romanzo, in pratica la sceneggiatura di una delle operazioni militari più importanti (Fleming partecipò anche alla “Goldeneye” -che poi divenne il nome di un’avventura di James Bond e della stessa villa giamaicana in cui lo scrittore creò 007- e alla “Copperhead”). Quindi Fleming creò una vera e propria storia, con documenti credibili: nei vestiti del militare morto infilò persino una falsa lettera della fidanzata e un sollecito di pagamento (che abbiamo un po’ tutti), nonché, ovviamente, l’informazione che lo sbarco sarebbe avvenuto in Grecia. Questo corpo fatto trovare alle porte del Portogallo, arrivò alla polizia spagnola, che lo identificò come un militare inglese naufragato, cosa poi confermata dai colleghi tedeschi (i documenti erano “finti”, ma pur sempre prodotti dalle autorità britanniche). E fu così che Hitler si convinse che lo sbarco sarebbe avvenuto in Grecia.

D- Tutte queste cose che ci sta raccontando, rispondono inequivocabilmente alla domanda che spesso si pongono giornalisti, studiosi e critici, ovvero: “Chi era il VERO James Bond che ha ispirato Ian Fleming?”. E spesso, come sa, si legge anche di questa o quella spia, realmente esistita, che avrebbe ispirato il personaggio letterario e poi cinematografico. Ma, tutto considerato, il VERO 007 sembra essere proprio Ian Fleming!

R -Ovviamente, Ian Fleming è la persona più vicina al Bond letterario. Anzi, di tutti gli autori di storie di spionaggio che conosciamo, è quello più simile alla propria creazione. E’ vero, anche Tom Clancy (che non si chiamava così) era stato una vera spia (un po’ operativa e un po’ “da scrivania”), così come John Le Carrè (una spia “da scrivania”), ma Ian Fleming è quello che somiglia di più al suo personaggio, anche se era un po’ meno “action man”. Poi ci sono state delle figure che hanno ispirato dei singoli romanzi: è certificato che Dusko Popov, una spia di origine dalmata/ungherese soprannominata “Triciclo”, in quanto “triplogiochista” (fra Russi, Tedeschi e Inglesi), ispirò a Fleming la storia di “Casino Royale” (il primo romanzo di James Bond – ndr). Con fondi del Tesoro, infatti, Popov giocò al casinò cercando di battere un nemico, che nel romanzo diventa il personaggio di “Le Chiffre”. Quindi Popov è sicuramente tra le fonti d’ispirazione, ma come uomo d’azione, mentre tutto quello che Fleming conosceva dei Servizi Segreti finì nel romanzo: un “Q” (ovvero il “Quartermaster”) esiste realmente, così come esiste realmente un “M”, e cioè un Capo, ed esiste la segretaria di questi. Non esiste un “doppio zero” per la licenza d’uccidere, ma una licenza d’uccidere per le missioni c’è realmente, tant’è vero che è ormai accertato che anche lo stesso Ian Fleming in servizio abbia ucciso qualcuno.

D- Di recente lei ha partecipato a un evento che si è tenuto a Carolei, in provincia di Cosenza, paese d’origine della famiglia di “Cubby” Broccoli (storico produttore dei film di 007), a cui è stato dedicato un busto. Erano presenti la figlia Barbara e il figliastro Michael G. Wilson, attuali produttori della saga. Alla famiglia Broccoli è stata inoltre conferita la cittadinanza onoraria. Cosa ci può dire sul prossimo attore che interpreterà il personaggio? L’era di Daniel Craig si è definitivamente conclusa, e c’è chi dice che il prossimo Bond potrebbe essere di colore o anche una donna.

R -Guardi, il nome del prossimo attore che interpreterà James Bond è sempre il segreto meglio custodito al mondo, al pari di quello di Fatima. Se volessimo scoprire i codici di lancio di un missile della NASA forse avremmo migliore fortuna. Tra l’altro, il prossimo sarà il numero sette, cifra di particolare valore nella cosmologia bondiana. Ci sono tanti candidati: quelli più accreditati sono Aaron Taylor-Johnson (già John Lennon in “Nowhere Boy”), Richard Madden (protagonista de “Il trono di Spade”, attualmente impegnato proprio come una specie di Bond in “Citadel”) e il “solito” Henry Cavill (già Superman, già Sherlock Holmes e già spia in “Operazione UNCLE”). La produzione di 007, tuttavia, da sempre cerca attori non particolarmente famosi: se si fa eccezione di Roger Moore, i vari Connery, Lazenby, Dalton e Craig erano tutti alle loro prime esperienze. Ma posso assicurarvi (e Barbara Broccoli me lo ha confermato di persona a Carolei) che il prossimo Bond sarà comunque un uomo. Pertanto, a mio avviso sarà sempre bianco e anglosassone, proprio per richiamare “l’inglesità” del personaggio originale. Ian Fleming voleva fosse così: un uomo, tra i 40 e i 50 anni, inglese. Lo stesso Albert Broccoli diceva ai figli: «Quando siete in difficoltà, tornate sempre ai libri di Ian Fleming. Lì trovate gli ingredienti perfetti». Non ci sarà dunque una “Janet” Bond. Con Barbara Broccoli abbiamo anche parlato dei luoghi, e- a sorpresa- mi ha citato anche Capri, ove però, finora, non hanno girato nulla. Che mi abbia lanciato un indizio sul prossimo film? Aggiungo che a Capri hanno vissuto sia Fleming sia Lucky Luciano…

 

 

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