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di Walter De Stradis

 

Dai modi pacati e la voce gentile, Francesco Bonito Oliva, nato a Polla (Sa) quarantanove anni or sono, attivo soprattutto nel settore imprese, da una decina di giorni è il nuovo Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Potenza.

d: Come giustifica la sua esistenza?

r: Come persona, da cattolico, ritengo che l’esistenza sia voluta da chi ci ha creati e che occorra svolgere al meglio la funzione assegnata a ognuno di noi. Come presidente dell’Ordine, la mia esistenza la giustifico in maniera un po’ “casuale”: sono entrato nel Consiglio alcuni anni fa, e dopo un po’ di esperienza, si sono verificate le condizioni perché adesso ricoprissi questo ruolo.

d: Lei è nipote di due personaggi molto noti, l’uno critico d’arte (Achille), l’altro medico (Prospero). Quando e come la professione di avvocato può diventare una forma d’arte?

r: Come ogni altra professione, può anche essere un’arte, fondata com’è sullo studio e sull’applicazione, ma anche sull’istinto –se vogliamo- e sulla creatività. Se invece la vogliamo paragonare alle “arti” in senso stretto, è piuttosto lontana, essendo fondata su logica e ragionamento.

d: E se invece l’avvocatura la intendiamo come una “medicina”, quali “mali” della Giustizia dovrebbe/potrebbe curare?

r: Mah, la nostra professione cambia molto a seconda del settore (civile, penale, imprese…). In generale io la vedo come un modo per risolvere i problemi degli altri, affermando i diritti. In questo senso è una professione molto vicina a quella medica, se ci pensiamo. Va detto che il nostro lavoro è molto cambiato nel tempo: adesso, c’è una forma di prevenzione importante quanto (se non di più) la risoluzione dei problemi.

d: Insisto: quali sono le “patologie” del tribunale di Potenza? I suoi predecessori mi parlavano di lungaggini importanti nei procedimenti (specie nel Civile), di magistrati “di passaggio”…

r: I grandi problemi della Giustizia italiana, civile e penale, sono gli stessi: è molto lenta. E il tribunale di Potenza non fa eccezione. Nonostante gli sforzi che vengono fatti, anche dai singoli magistrati, nel complesso è un tribunale che -ancorché vada migliorando nei tempi- generalmente ancora non riesce a dare una Giustizia in tempi rapidi (con le dovute eccezioni, ovvio). A mio modo di vedere, i tempi della Giustizia potentina, come quelli di gran parte dei fori italiani, sono ancora inaccettabili: non garantiscono pronunce in tempi brevi e spesso nemmeno in tempi utili a risolvere i problemi.

d: E’ dunque vero che il nostro tribunale è un po’ “ingolfato”…

r: … il nostro è un tribunale “di passaggio” per molti magistrati. Questo vuol dire che spesso è un tribunale di giovani magistrati che dopo un po’ tendono a tornare alle loro sedi. Quelli che si fermano qui a Potenza sono tendenzialmente quelli di origini lucane, ma sono solo una parte. Tutto ciò crea dei problemi, perché un giudice in due/tre anni si organizza il proprio ruolo…

d: …e poi lo deve passare ad altri…

r: …il problema non è nemmeno quello, ma il fatto che spesso si viene a creare una “vacatio” nel passaggio fra il vecchio e il nuovo magistrato. E’ QUESTO il vero problema. In quei periodi di “vuoto” si accumula altro arretrato e le prassi virtuose del magistrato andato via finiscono per vanificarsi. Accade a Potenza, come a Lagonegro, come a Matera e in tutti i tribunali periferici.

d: Quindi la questione non è la carenza di magistrati.

r: No, è ANCHE carenza di magistrati. Non ho dati aggiornati, ma non credo che il nostro tribunale sia a pieno organico. Le due cose si sommano: gli organici non sono completi e i magistrati che ci sono tendono ad alternarsi. E’ la combinazione peggiore, per garantire tempi brevi alla Giustizia.

d: Come si potrebbe rendere più “attrattivo” il nostro tribunale? Oppure, essendo Potenza una piccola città del Sud, è una questione che ci porteremo dietro per sempre?

r: Una soluzione? Non saprei dire, in quanto dovrebbe provenire da livelli più alti, e non locali. Delle soluzioni sono state anche provate, come quella di rendere Potenza una sede “disagiata”; (questo tipo di destinazioni sono molto più appetibili per i magistrati, in quanto implicano un considerevole aumento di stipendio). Ma questo non ha risolto il problema, perché i posti non sono stati comunque coperti. Evidentemente c’è uno scarso appeal della città, della regione, per via dei trasporti, per le difficoltà di accesso che un magistrato di Napoli incontra venendo qui e non ad Avellino, per esempio. E’ un problema di attrattività derivante anche dalla marginalità sul piano territoriale. E’ la stessa cosa alla base dell’esodo di molti giovani: ciò che spinge ad andarsene da qui, è anche ciò che rende difficile arrivarci. E’ un discorso che vale per i magistrati, per i medici…

d: …però di avvocati ce ne sono tanti.

r: Sì, tanti.

d: Troppi?

r: Mah, se guardiamo alle esigenze della Giustizia “classica”, possiamo dire che qui gli avvocati sono sovrabbondanti. Ma questo è un retaggio storico: ci portiamo dietro un gran numero di legali, che si è stratificato negli anni. Consideriamo anche che, da sempre, per alcuni l’avvocatura è solo una fase di passaggio, ma in assenza di concorsi e/o di altre occasioni, questa “avvocatura di passaggio” si cristallizza maggiormente. Adesso, in corrispondenza di una contrazione economica della nostra regione, i numeri dell’avvocatura sono particolarmente importanti.

d: Quanti sono gli avvocati iscritti all’Ordine che effettivamente vivono della loro professione?

r: E’ un dato che non le so dare, perché bisognerebbe guardare ai redditi di ciascuno, ma in ogni caso ci sono le statistiche che Cassa Forense pubblica ogni anno e da quelle si evince un quadro dei redditi dell’avvocatura assolutamente non paragonabile a quelli del Centro-Nord. C’è un grande gap. La sfida è rendere queste professionalità utili al sistema Giustizia, che non è fatto solo di cause, ma anche di mediazione, consulenza, prevenzione del contenzioso, di affiancamento all’Amministrazione. In ogni caso, per il quadro che le descrivevo, per forza di cose occorrerà comunque andare incontro a una contrazione dei numeri dell’avvocatura, in linea con quanto accade negli altri stati Europei.

d: Magari limitando l’accesso alle varie facoltà, con test d’ingresso?

r: Se lei osserva, gli attuali praticanti avvocati sono pochi, e non sono minimamente paragonabili ai tempi in cui la pratica la facevo io. C’è dunque già una riduzione del flusso, da parecchio. Il problema non sono quindi gli accessi alla professione, ma il numero di iscritti GIA’ esistente, che è sovrabbondante. Va trovato un modo per risolvere il problema, garantendo tutti: ma non esistono soluzioni ex abrupto.

d: L’Ordine degli avvocati di Potenza è particolarmente litigioso? Vengono attivati molti procedimenti disciplinari, tramite, magari, segnalazioni fra colleghi? Oppure no?

r: Per il tipo di attività svolte, ritengono che gli Ordini che maggiormente possano prestarsi a criticità disciplinari siano quello degli Avvocati e quello dei Giornalisti. Per quanto riguarda i legali, queste criticità possono manifestarsi nei rapporti con i colleghi, con i magistrati, con le forze di polizia. Insomma, i problemi disciplinari ci sono, ma in Basilicata non c’è certamente un’emergenza in tal senso. Trattasi di problemi fisiologici, anche generalmente non gravi (questioni minori), fermo restando che l’attenzione dev’essere sempre massima, nel rispetto del cittadino. Un avvocato non deve mai violare la legge, né confliggere con gli interessi del proprio assistito. Sono due valori fondamentali che a volte è difficile far andare d’accordo, ed è lì che possono palesarsi le criticità. Ma ogni avvocato sa bene quali sono i limiti della sua professione.

d: Torniamo allora alla questione “lentezza” della macchina giudiziaria. Sovente si sente dire che certe lungaggini sono cercate anche dagli avvocati difensori, nell’interesse dei loro assistiti. Per la serie: “campa cavallo…”.

r: Lo dico in maniera abbastanza netta: è un luogo comune. Generalmente gli avvocati non hanno interesse che la cause durino a lungo, tantomeno nel Civile.

d: Non vale più il detto “Finchè pende, rende”?

r: Oggi è cambiato anche il sistema retributivo degli avvocati, molto più legato al risultato finale; per dirla banalmente: “Io ti pago quando hai ottenuto il risultato”. Nel Civile è dunque un luogo comune. Nel Penale? Non sono un penalista e immagino che talvolta possa esserci una tendenza a cercare la prescrizione, ma in generale la prescrizione non dipende dall’avvocato, in quanto ci sono solo le sospensioni, delle udienze. Dunque, confermo: un luogo comune.

d: Se potesse prendere sottobraccio il Presidente della Regione (domanda che faccio a tutti) o, in questo caso, addirittura il Ministro della Giustizia, cosa gli direbbe?

r: Innanzitutto direi loro che non li invidio, perché sono posizioni molto scomode. In generale credo che un uomo da solo possa poco, e pertanto non credo di poter dare un consiglio specifico (e non perché non abbia idee). Il consiglio che darei a tutti è però quello di non cedere ai populismi (sarebbe il danno peggiore per la nostra società), ma di perseguire gli obiettivi, ragionati, nell’interesse pubblico, senza preoccuparsi troppo del consenso immediato, che è una trappola. I problemi, ahimè, richiedono scelte impopolari che attirano molte voci contrarie.

d: Il libro che la rappresenta?

r: Non ce n’è uno che mi rappresenti, ma un libro a me molto caro è “Il Gattopardo”.

d: «Tutto deve cambiare, perché tutto resti come prima».

r: In realtà però io sono un ottimista. Vedo le cose positivamente.

d: Il film?

r: Sempre “Il Gattopardo”: forse l’unico caso in cui il film è bello almeno quanto il libro.

d: La canzone?

r: Non me ne viene una in particolare.

d: Mettiamo che tra cent’anni all’Ordine scoprano una targa a suo nome…

r: … non credo che tra cent’anni qualcuno lo farà (sorride). Spero di essere ricordato come un Presidente che ha perseguito l’interesse degli iscritti, tentando di dare un proprio, piccolo, contributo per il funzionamento di una delle principali attività dello Stato: la Giustizia.