- Redazione
- Sabato, 26 Giugno 2021 09:21
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di Walter De Stradis
Quando nel marzo del 2020 i primi vagiti della Pandemia si fecero seriamente preoccupanti, un giovane sindaco della provincia di Potenza eletto solo pochi mesi prima, fece parlare di sé per l’invidiabile presenza di spirito mostrata. Paquale Caffio, oggi trentaseienne, di professione imprenditore agricolo, in poco tempo chiamò a raccolta tutte le sarte, ma anche le mamme e le nonne del suo paese, Banzi, e in poco tempo riuscì a dotare gli adulti della mascherina protettiva che, all’epoca, altrove tutti cercavano come il santo Graal. Lo abbiamo incontrato al ristorante “Matisse”, sito nella zona industriale della limitrofa Genzano di Lucania.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: E’ una domanda che mi pongo spesso anch’io. Direi con la decisione, presa subito dopo la Maturità, di rimanere qui, immaginandovi già un futuro. Sono rimasto a Banzi, mi sono inventato un lavoro, ma ho sempre agito anche nel sociale (per diversi anni sono stato nel direttivo della Pro Loco). Già capogruppo in Consiglio con Nicola Vertone, il mio predecessore, dal 2019 sono sindaco, in continuità con quel progetto politico, con la piccola ambizione di poter cambiare qualcosa nelle sorti della nostra Terra.
d: Tuttavia è facile immaginare che finora il suo mandato sia stato per lo più caratterizzato e condizionato dall’incombenza del Covid…
r: Nel marzo 2020, in corrispondenza dei primi contagi in zona e delle prime chiusure, ero sindaco da pochi mesi. Non è stato facile. Ce l’abbiamo messa tutta, ma in effetti l’azione amministrativa in sé ha subito uno stop, essendo tutti assorbiti dalla Pandemia.
d: Lei si è ritrovato quindi giovane sindaco di una piccola realtà che sicuramente (come chiunque nel Mondo) in quei primi momenti aveva molta paura…
r: Certo, la comunità era disorientata, cercava in me delle risposte, ma anche una guida, e dire alla gente di stare in casa all’inizio non era cosa da poco. Ma capimmo subito che non si poteva vacillare.
d: C’è stato un momento in cui è stato lei ad avere paura?
r: Sì. Quando sono scoppiati i primi focolai in zona. Ho temuto che la situazione potesse sfuggirci di mano, ma così non è stato, anche grazie alla fattiva collaborazione della gente. Ora lo posso dire: siamo riusciti a isolare ogni singolo caso di contagio.
d: Ritiene anche lei, come ci hanno riferito alcuni suoi colleghi, di essersi in qualche modo dovuto sostituire al servizio sanitario regionale?
r: Sì. E’ chiaro che si era in emergenza e nessuno di noi era preparato, pertanto se il sistema sanitario non è andato in tilt, ci è mancato davvero poco. Soprattutto nella prima fase ci siamo dovuti occupare un po’ di tutto, dai tracciamenti al far rispettare le ordinanze, al dare supporto agli uffici di igiene che erano in carenza di personale. C’è da dire che con noi la gente riusciva magari ad aprirsi più facilmente, e quindi nei tracciamenti siamo stati più certosini e puntuali, rispetto a una semplice telefonata di un ufficio Asp. Conoscendo bene il territorio e le persone, siamo stati in grado anche di individuare situazioni “sospette” e isolarle prima che il virus potesse allargarsi.
d: Ma tutto questo, in una situazione del genere, secondo lei è stato “fisiologico”, oppure a voi sindaci è stata comunque passata una patata bollente con troppa disinvoltura?
r: Direi che è stata una cosa obbligata, per poter sopperire in quel momento ai deficit del sistema.
d: Ma lei come valuta l’operato della Regione nell’azione di contenimento dell’emergenza pandemica?
r: Nella prima fase si è andati molto “a braccio”, e la situazione ha retto grazie ai sindaci, che conoscono capillarmente i loro territori e sono riusciti a “tamponare” diverse situazioni. Lo si è visto anche nella prima fase della campagna vaccinale: a noi sindaci è stato chiesto di occuparci della vaccinazione degli ultra 80enni, perchè forse non si avevano gli strumenti adatti per far fronte a quella necessità. Ed è stata una situazione che ha destabilizzato me, come credo anche gli altri colleghi, perché di solito un sindaco si occupa di tutt’altro, e non di vaccini. Ma ci siamo riusciti in maniera egregia: Banzi è stato uno dei primi comuni a vaccinare gli ultra 80enni, riuscendo a organizzare il tutto in maniera fluida e rapida. Tant’è che una sera Bardi mi telefonò per complimentarsi.
d: E’ stata l’unica volta in cui ha parlato con lui?
r: In realtà sì.
d: E ritiene sia un po’ poco, o magari è normale?
r: L’ho incontrato di sfuggita altre volte nel corso di eventi istituzionali, ma non ci ho mai parlato. E’ stato lui, qualche tempo fa, a far pervenire a noi sindaci una email, nella quale affermava di volerci incontrare uno per uno e di confermare una disponibilità per l'incontro. Io mi sono detto disponibile, ma…
d: …c’è anche chi dice che non è strettamente necessario avere a che fare col Presidente, ma basta conoscere o rapportarsi con qualche suo assessore…
r: Non ne sarei così sicuro. Gli assessori sono importanti, ma credo che un Presidente di regione DEBBA interfacciarsi con le realtà locali e con coloro che ne sono espressione.
d: Quindi lei aspetta di incontrarlo.
r: Sì, ma alla mia adesione alla sua richiesta, tuttavia non è mai arrivata risposta.
d: E se potesse prenderlo sottobraccio cosa gli direbbe?
r: Bella domanda. Le cose sono tante. Gli parlerei del calo demografico, spaventoso, di cui risentono in particolare i piccoli comuni, e della fuga dei giovani.
d: E cosa potrebbe fare un Presidente?
r: Creare le condizioni, i presupposti affinché i nostri ragazzi assumano una certa dose di coraggio. La nostra Terra ha tanto da esprimere, ma manca la consapevolezza che un lavoro lo si può anche inventare.
d: Quindi manca un po’ di coraggio anche nei lucani stessi?
r: Mmm. Forse sì. Ma è chiaro che le istituzioni devono fare la loro parte.
d: Magari già a partire dalle nomine in Regione…viste le polemiche sui famosi campani (e non) nominati da Bardi. O invece contano solo i risultati?
r: Sì, ma un lucano potrebbe anche risentirsene. Credo che qui in Basilicata ce ne siano tanti in grado di mettere a disposizione la propria professionalità. Ce ne sono poi molti altri in giro per il mondo: basterebbe rintracciarli e offrire loro posti di responsabilità qui da noi.
d: Gestione della Pandemia a parte, lei per quale risultato conseguito vorrebbe essere ricordato?
r: L’essere in continuità con la precedente amministrazione ci ha in qualche modo agevolato nella programmazione a lungo termine. L’incontro col Ministro Barca del 2014 ci permise di aprire un discorso sulle aree interne che oggi vede i primi frutti. Di concerto con le altre amministrazioni dell’area, abbiamo candidato alcuni importanti progetti che vanno a incrementare una serie di servizi che mancano forse anche a livello regionale. Fra questi il progetto “Dopo di Noi”, una struttura che si occupa di persone affette da gravi disabilità. E’ notizia di qualche giorno fa che il tutto ci è stato finanziato. Ripeto: era una realtà assente a livello regionale, che finora spingeva le persone a rivolgersi fuori regione.
d: Ho letto inoltre che siete stati destinatari del più grosso finanziamento della storia di Banzi.
r: Sì, riguarda la sistemazione idrogeologica del versante “Grotte di Notargiacomo”, prossime alle “Fons Bandusiae”, le celebri fonti decantate da Orazio. Per diversi anni l’accesso era impraticabile a causa di un distacco franoso, il che non ha permesso ai turisti di recarvisi. Era un cruccio che avevo da tanto tempo e sono riuscito a ottenere un importante finanziamento per poter ripristinare la viabilità.
d: Banzi ha molto da dare dal punto di vista storico e culturale. Cosa bolle in pentola per quest’estate?
r: La Pandemia ci ha a lungo bloccati e –amministrativamente parlando- è molto demoralizzante. Tuttavia non ci arrendiamo. Stiamo scaldando i motori: da poco abbiamo riaperto il museo multimediale e stiamo mettendo a punto un programma di eventi musicali e culturali. Il nostro è anche un turismo “di rientro”, e stiamo lavorando anche su questo.
d: Lei è un imprenditore agricolo e produce uva da vino. Che “vino” è questa Basilicata?
r: Dico sempre che l’Aglianico del Vulture rispecchia perfettamente l’anima dei lucani: un vino molto spesso, di grandi contenuti, di grande sapidità. Non rappresenta la Basilicata di adesso, ma sicuramente il carattere atavico di chi la abita.
d: Il film che la rappresenta?
r: Visto che abbiamo parlato di vino, direi “Un’ottima annata”, con Russell Crowe.
d: La canzone?
r: Ce ne sarebbero troppe da citare.
d: Il Libro?
r: Forse “Storie di coraggio”, di Oscar Farinetti. Parla di piccoli imprenditori che hanno fatto scelte di vita legate ai loro territori di appartenenza.
d: Fra cent’anni scoprono una targa a suo nome su al Comune: cosa le piacerebbe ci fosse scritto?
r: Spero mi venga riconosciuta la capacità di aver lasciato al mio comune qualcosa di bello, di importante, e soprattutto di duraturo.