LIBROPAGAbardi

Il neogovernatore della Basilicata, Vito Bardi, si sta accingendo a svolgere un compito molto difficile, quello, cioè, di provare ad invertire la rotta della navicella lucana che si muove in un mare tempestoso.

Fuor di metafora, il declino demografico, lo spopolamento di larga parte della regione, la stagnazione economica, la sfiducia personale e nelle istituzioni, le rilevanti migrazioni per lavoro, per cura e per l’istruzione, il lavoro che non c’è, le grandi povertà e disuguaglianze non sono fantasie di qualche improbabile politologo, ma fatti concreti che i cittadini lucani, le loro famiglie vivono quotidianamente. Dipendono in massima parte dalla cattiva politica fin qui attuata. Questa ovvia considerazione purtroppo viene messa in dubbio dai primi atti del neogovernatore che con la sua relazione programmatica non ci ha data la percezione di una grande voglia di cambiamento. Siamo all’inizio, per carità, ma se il buon giorno si vede da mattino, i primi segnali non sono incoraggianti. Partiamo dalla relazione programmatica di Bardi. I problemi della regione non sono stati neanche sfiorati. Il cambiamento finalizzato alla crescita socioeconomica non è obiettivo facile da perseguire. La costituency storica, territoriale, economica e soprattutto culturale della Basilicata prevede diverse montagne da scalare, cosa possibile soltanto con una leadership autorevole, tutta da scoprire, capace di mettere al primo posto gli interessi generali e non, come è successo finora, politiche che hanno operato secondo la sistematica eterogenesi dei fini, ossia privilegiando gli interessi particolari della classe dominante, per usare un eufemismo. Purtroppo, dalla relazione di Bardi non emerge la visione di una nuova Basilicata possibile. Ossia manca un progetto che la comunità percepisca come una missione generale a cui tendere, che la coinvolga, alla cui attuazione si senta partecipe, protagonista. E manca- e ciò è più grave- un inquadramento nella politica nazionale e di conseguenza dei suoi effetti sul Mezzogiorno. Dove Bardi intenda condurre la regione non si evince dalla sua relazione: non c’è disegno, non c’è conseguentemente una strategia da seguire, ma un semplice elenco di problemi e di indicazioni prospettiche, in assenza delle necessarie priorità, concepite in un contesto olistico che metta insieme “i saperi delle connessioni”. Un approccio questo che in verità non è mai stato nelle corde dei governi che si sono succeduti alla guida della regione. Il neogovernatore ha sorvolato sulla linea sciagurata quanto perdente in Europa perseguita da Salvini. Ossia dal moderno Robin Hood alla rovescia che nel famigerato “contratto” di governo è riuscito ad imporre ai grillini la flat tax e il regionalismo differenziato che altro non sono che ulteriori trasferimenti di ricchezza ai ceti benestanti ed alla regioni ricche del Nord, lasciando a Giggino Di Maio il piatto di lenticchie del reddito di cittadinanza. Manca una diagnosi dei mali della regione sulla quale basare una prognosi efficace. Il neogovernatore sottovaluta evidentemente la gravità della situazione regionale. Il suo richiamo al declino demografico, alla necessità di smetterla con gli interventi a pioggia, la denuncia sull’eolico selvaggio, l’obiettivo della difesa dell’ambiente, di una sanità efficiente e senza sprechi, la riorganizzazione della macchina amministrativa e la riforma dello Statuto non trovano supporto in adeguate argomentazioni risolutive. In soldoni, non emerge il tema fondamentale per una regione come la Basilicata della sostenibilità ambientale, che non riguarda soltanto la manutenzione del territorio, ma la sua resilienza fisica ed umana. In questo scenario, si ritornerà sull’ ingiustificabile piano last minute del raddoppio dell’eolico? Si metterà ordine nel consorzio di bonifica, uno dei luoghi più attivi del clientelismo nostrano? Si vorrà mettere mano alla forestazione gestita finora in modo irresponsabile e che in quanto tale qualche problema erariale lo pone, tirando fuori dai cassetti della regioni studi contenenti proposte di razionalizzazione del settore? Bardi ha sostenuto che bisogna invertire il rapporto tra spesa corrente e quella in conto capitale, proposito certamente apprezzabile, ma come lo si fa? Vorrà tagliare la spesa corrente relativa agli oltre 30 mila soggetti che stanno sul libro paga della Regione? E’ consapevole che la burocrazia regionale è nel suo complesso la palla al piede dello sviluppo, con la scarsa produttività del lavoro che esprime e che incide pesantemente sulla produttività degli altri fattori economici e sociali? Ritiene ancora difendibili i nostri 15 ospedali che sono nettamente sovradimensionati e che ciò nonostante non riescono ad arginare la costosa emigrazione sanitaria? Non è forse il momento, a 70 anni di distanza dalla riforma agraria, di pensare ad una nuova riforma nell’ottica di una agricoltura 4.0, destinando un “reddito di contadinanza” ai giovani che vogliano entrare in questo settore di attività, invece di distribuire sussidi sganciati da veri progetti lavorativi? Si è consapevoli che esiste una “questione urbana” in Basilicata? Bardi ha indubbiamente avuto coraggio nel ritenere il petrolio una risorsa che va utilizzata: ma occorrono paletti ben precisi in termini di impatto ambientale e un impiego delle royalties finalizzato alla crescita e non alla cristallizzazione e consolidamento del sistema assistenziale che ha impedito il possibile sviluppo della regione. Certo che ci vogliono le opere pubbliche, ma ne vanno verificate preliminarmente le reali utilità. Ad esempio, recuperare l’aeroporto di Pisticci fa cadere le braccia, come fa cadere le braccia la riproposizione della ferrovia Ferrandina-Matera. E fermo qui, per ragioni di spazio. Per stare con i piedi per terra, se vogliamo bene alla Basilicata, dobbiamo relazionarci e dialogare col governatore. Il presidente Bardi va incoraggiato, sostenuto, supportato da proposte, idee, progetti. E’ un compito che spetta alla società di mezzo, ai corpi intermedi, ad un Pd profondamente rinnovato, alla nuova rappresentanza politica che si è insediata nell’ente regione Basilicata, ad una borghesia professionale ed imprenditoriale che si svegli dal suo storico torpore, ad un ceto intellettuale che finalmente esca anch’essa dalla caverna lucana di Platone. Il cambiamento passa per la messa in moto di queste forze. Se rimarranno nel loro cronico immobilismo, il default è l’approdo finale della Basilicata.